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Venerdì, 20 Agosto 2004 10:32

Cristo prega con noi, in noi, per noi

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Cominciamo dalla prima. È una preghiera di Cristo.

    E qui vi leggo una brevissima espressione del Concilio, nella Costituzione liturgica.

 

    La Sacrosanctum Concilum dice così al N. 83: “Gesù, prendendo la natura umana, ha introdotto in questo esilio terrestre quell’inno che viene eternamente cantato nelle sedi celesti”. Qui c’è tutta la teologia dell’Opus Dei. Cerchiamo di capire queste parole.

    Dunque c’è un inno che viene cantato nelle sedi celesti.

 

    Chissà che musica ha quest’inno? E che parole? Sapete che anche gli artisti si compiacciono di descrivere il paradiso come una festosa assemblea, dove si suona e si canta. San Giovanni aveva già aperto questa strada. Nell’Apocalisse ha proiettato sul cielo le celebrazioni terrestri. Ma non facciamoci illusioni, non prendiamo le cose troppo materialmente. Vi sarà una musica in cielo? Materialmente no. Vi sarà qualcosa di molto meglio, che trascende le nostre povere melodie.

 

    Ci saranno parole?

 

    C’è una Parola, una sola, è il Verbo, unica Parola attraverso la quale Dio da sempre ha espresso esaurientemente chi è Egli. È l’inno di lode che Dio canta a se stesso.

 

    A un certo momento si sono squarciati i cieli e questa Parola è scesa sulla terra, si è fatta carne nel seno di Maria, è diventata una parola, dice San Bernardo, “non più soltanto udibile alle orecchie, ma visibile agli occhi e palpabile alle mani”: è Gesù di Nazaret. Quando Egli pregava, traduceva nel nostro povero linguaggio umano quell’inno eterno che è Lui stesso. E così l’inno eterno è risuonato sulle strade di Palestina. Quando Gesù pregava con i suoi discepoli (il Vangelo ne parla poco), quando andava nella Sinagoga e partecipava alla preghiera con i suoi connazionali, quando (e qui il Vangelo lo dice e lo documenta spesso). Dalla sera sino alla vigilia per tutta l’estensione della notte, si raccoglieva da solo in preghiera sui colli di Galilea e la sua voce risuonava nel silenzio della solitudine (Breviario notturno! Cosa pagheremo per sapere cosa diceva Gesù! Potessimo saperlo come sappiamo cosa diceva Carlo de Foucauld nelle sue lunghe notti di adorazione, perché per fortuna pregava scrivendo), in tutti questi momenti quell’inno eterno si traduceva in termini umani nella preghiera di Gesù. Poi Gesù è tornato al cielo.

 

    Ma tutto quello che ha portato quaggiù l’ha lasciato qui.

 

    Non solo il suo grande sacrificio consumato sul Golgota l’ha lasciato nella Messa, ma la sua preghiera l’ha lasciata nella preghiera della Chiesa. E così l’inno eterno continua a risuonare quaggiù attraverso la preghiera della Chiesa, che è la sua Sposa. Sant’Agostino dice: “Se sono due in una sola carne, Cristo e la Chiesa, non saranno due in una sola voce?”

 

    Allora: prega la Chiesa? Prega Cristo. Non è più soltanto qualcosa che sgorga dal mio cuore e che fiorisce sulle mie labbra; è Cristo che prega in me. Vediamo come la Tradizione si esprime al riguardo. Agostino commentando il salmo 85, fa vedere che quel salmo è preghiera di Cristo, però dice: attenti, è preghiera di Cristo, ma anche preghiera nostra. Dice così: “Noi dunque preghiamo a lui, per lui e in lui. Diciamo con lui e lui dice con noi. Noi diciamo in lui e lui dice in noi l’orazione di questo salmo…nessuno dunque, quando sente queste parole, dica: non è Cristo che le dice. O al contrario: non sono io che le dico. Perché se si riconosce parte del corpo di Cristo, deve dire l’una e l’altra cosa: Cristo le dice, io le dico. Non dire nulla senza di lui, egli non dice nulla senza di te”.

 

    E vorrei adesso citare un’immagine che ricorre specialmente nell’Oriente, molto bella. Il testo che vi cito è di Clemente di Alessandria, ma l’immagine ritorna instancabilmente nei padri orientali. L’immagine dell’uomo come strumento musicale di cui Cristo con il suo spirito si serve per innalzare a Dio il suo canto.

 

    Clemente alessandrino dice: “Il Verbo celeste canta sul trono immortale l’armonia nuova, che da Dio prende nome, il canto nuovo. Questo canto divino, sostegno del tutto, armonia dell’universo (qui si sente un po’ il filosofo), tutto accordò secondo il volere di Dio. Trascurando la lira e la cetra, strumenti senz’anima, per mezzo dello Spirito Santo ha armonizzato il mondo e l’uomo, piccolo mondo (microcosmo), la sua anima e il suo corpo. Il Verbo di Dio canta al padre con questo strumento dalle mille voci e accompagna la sua voce con questo strumento che è l’uomo.

 

    Avanti dunque di corsa verso la salvezza, verso la risurrezione, verso l’unico amore, verso l‘unità: unica sinfonia, unico il maestro, il Verbo che non cessa, finchè non sia detto in piena verità: Abba Padre”.

 

    Dunque non siamo mai così profondamente uniti a Cristo come quando dal nostro labbro sgorga la preghiera della Chiesa, che è il suo corpo. È un momento mistico quello dell’Opus Dei, perché un momento massimo di unione tra noi e Cristo. Bisogna sentirla questa voce di Cristo che passa attraverso la nostra voce.

 

    Voi sapete che nelle antiche absidi, penso a quella di San Paolo fuori le mura, c’è una grande figura di Cristo chiamata “Pantocrator”, figura gigantesca. L’abside domina il coro, il luogo della preghiera liturgica. Io mi sono chiesto spesso se non ci fosse una recondita intenzione nel fare Cristo così grande, mentre gli uomini ai suoi piedi (compresi i prelati e anche i papi) hanno dimensioni molto piccole; volevano esprimere con questo che il Signore riempie la nostra preghiera liturgica, che lui è il protagonista, che è veramente Opus Dei, facendo di quel Dei un genitivo soggettivo, opera di Dio, opera di Dio in noi.

 

    Per questo qualcuno l’ha chiamato genitivo mistico, perché è opera nostra e ha Dio come oggetto, ma è anche opera che Dio compie in noi.

 

    Lui in noi e noi in Lui.



Le ore sono momenti salvifici



C’è poi l’altra prospettiva, quella salvifica. Ecco come si esprime al riguardo la Liturgia delle Ore: “La Liturgia delle Ore estende alle varie ore del giorno le lodi, il ringraziamento, e inoltre il ricordo –anamnesi- dei misteri della salvezza, le suppliche e il gusto anticipato della gloria celeste, che vengono offerti nel mistero eucaristico, che il centro e il culmine di tutta la vita della comunità cristiana”.

 

Ecco qui bisogna capire bene questo paragrafo.

 

    Il tempo della Chiesa è tempo di salvezza. La Chiesa è strumento di salvezza, è stata creata dal Signore per salvar gli uomini.

 

    E diamo a questa parola tutta la sua densità originale: Salvare.

 

    Si salva ciò che si perde. Si salva uno che sta annegando e un fratello generoso si butta in acqua, lo prende e lo tira fuori.

 

    Questa è la salvezza. Ora la Chiesa cosa ha a disposizione soprattutto per salvare gli uomini? La parola e i sacramenti.

 

    E la parola in concreto trova la sua carica salvifica specialmente nei sacramenti. quindi gli atti sacramentali sono le grandi meraviglie che Dio compie nel tempo presente. L’Opus Dei è in stretta connessione con gli atti sacramentali, è un’irradiazione del grande sacramento dell’Eucarestia che è il fulcro di tutto l’organismo sacramentale. Questa salvezza che trova il suo punto focale nella celebrazione eucaristica, si irradia in tutti i momenti della giornata, attraverso le ore dell’Ufficio.

 

    Questa salvezza è legata al tempo, perché per salvarci Dio è sceso fra noi, si è fatto uomo , è entrato nella storia. Non ci ha salvati da lontano e dal di fuori, ma ci ha salvati da vicino e dal di dentro.

 

    E allora la salvezza è entrata nel tempo umano, e per questo anche il nostro tempo è storia sacra, e non solo quello della Bibbia.

 

    E in questo tempo di salvezza ci sono dei momenti forti, e i momenti forti sono appunto le celebrazioni sacramentali e la celebrazione dell’Ufficio divino. Momenti forti del tempo di salvezza!

 

    Vi avevo accennato all’inizio che i due cardini dell’Ufficio divino sono le lodi e i vespri. La tradizione cristiana ha collegato costantemente le varie ore dell’Ufficio divino a vari momenti del mistero di salvezza, che è il mistero di Cristo. Io vorrei mostrarvelo al riguardo dei due poli dell’Ufficio divino

 

    Le lodi sono legate alla risurrezione di Gesù e al mattino come momento della giornata; i vespri sono legati al suo sacrificio redentore e alla sera. Se non si capisce questo collegamento con il mistero della salvezza, difficilmente si capisce la bellezza della ore canoniche e in particolare delle lodi e dei vespri.

 

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