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Giovedì, 30 Dicembre 2004 19:57

Politica come carità: Un percorso educativo per la famiglia

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 Politica come carità

Un percorso educativo per la famiglia

· La politica — diceva Paolo VI — è la "forma più esigente di carità" · Eppure, quanti equivoci ha generato la presenza dei cattolici in politica! · Occorre rieducare ad una visione corretta dell’impegno sociale, e la famiglia è e deve essere il luogo privilegiato in cui si realizza questo compito · I valori che la famiglia può trasmettere: il senso di giustizia e di equità; imparare ad ascoltare e a discernere; la coerenza e la capacità di mediazione.

Prima Parte

La Chiesa italiana sta vivendo un nuovo fermento culturale strettamente legato al lungo periodo di transizione politica che il nostro paese sta attraversando. Tutto ciò è il risultato di una consapevolezza, sempre più diffusa, della necessità di "andare nella città e gridare" la propria notizia nelle forme più diverse, compresa quella politica.

Stiamo finalmente, con fatica, uscendo da un trentennio di equivoci sulla presenza politica dei cattolici, scaturiti da un'interpretazione parziale e datata di disposizioni conciliari in materia. Un contributo originale in questo senso, lo scopriamo oggi nella ormai famosa affermazione di Papa Paolo VI a proposito della politica, definita "la forma più esigente di carità". Tanta semplicità e chiarezza di pensiero - passata inosservata - riemerge, accompagnata da molteplici documenti del magistero, come un fiume carsico in tutta la sua forza dirompente di verità e di urgenza. Il Convegno di Palermo su "Evangelizzazione e testimonianza della Carità" ha avviato l'inizio del processo di ricostruzione e rigenerazione sociale e politica della cultura cattolica nella vita del nostro paese, ridisegnando la fisionomia della testimonianza e della partecipazione dei laici cattolici nella società civile.

PRIMO PASSO; UN PERCORSO EDUCATIVO IN FAMIGLIA

Lo sforzo principale da affrontare sarà quello educativo-formativo, anche specifico, oggi parzialmente assente, per dare contenuti e riferimenti valoriali alle migliaia di cattolici impegnati a vario titolo nei diversi gradi dell'agire politico. La prospettiva non può che essere di medio/lungo periodo, sapendo anche di dover agire soprattutto su noi stessi, poiché i cambiamenti, così come i progetti - nel nostro caso culturali -, vanno interiorizzati prima di essere praticati. Quanta fatica facciamo, nelle cose quotidiane, a cambiare i nostri atteggiamenti ed il nostro modo di pensare! Cambiare il nostro sguardo, affrontare la realtà con occhi diversi: ecco ciò che dobbiamo fare.

Questo impegno educativo, tuttavia, non approderà a nulla se delegato esclusivamente ad agenti esterni (istituzioni, scuola, associazioni, parrocchia, amici): ancora una volta, come sempre, l'onere e l’onore principale della responsabilità educativa spetta alla famiglia nel suo eterno ruolo di cellula fondamentale della società, luogo essenziale privilegiato dove sperimentare quotidianamente i valori e le virtù di una fede praticata e trasmessa di generazione in generazione.

La recente nota pastorale della commissione della CEI per i problemi sociali e del lavoro ha ribadito che "…la famiglia deve essere il primo ambito di educazione al sociale". Essa, infatti, ponendosi come crocevia tra pubblico e privato, può determinare un primo livello di maturazione positiva o avviare ad un modello di estraniazione. In che modo si attua tale processo? Anzitutto attraverso il "clima" di comunione e di partecipazione che caratterizza l'esperienza quotidiana della famiglia. Se le relazioni al suo interno esaltano e si fondano sulla gratuità, sul rispetto della dignità di ciascuno, sull'accoglienza cordiale, sul dialogo, sul servizio reciproco generoso e disinteressato, sulla solidarietà, la famiglia diviene, come ci ricorda Giovanni Paolo II, la "prima ed insostituibile scuola di socialità, esempio e stimolo per i più ampi rapporti comunitari all'insegna del rispetto, della giustizia, del dialogo e dell'amore".

Antonia Fantini Carpi

Da "Famiglia domani" 3/99

Seconda Parte

I VALORI DELLA POLITICA. FRA GIUSTIZIA ED EQUITÀ

Proviamo allora a definire, consapevoli di portare una semplice testimonianza mutuata dall'esistenza, più che il "decalogo" del perfetto politico o del politico virtuoso, quali siano i riferimenti e gli atteggiamenti indispensabili per capire se nella nostra crescita personale di fede ed in quella che intendiamo offrire ai nostri figli diamo il giusto spazio alla interiorizzazione di concetti e comportamenti utili per una futura e possibile sensibilità politica permanente

Cominciamo col dire che le virtù sottese alle prove di carità "tradizionali" sono, in fondo, le stesse richieste a chi "serve" il Signore nella vita politica.

Il senso di giustizia e di equità per chi fa politica attiva è alla base di qualsivoglia ragionamento e successiva azione ordinatrice che si intenda realizzare. Senza la giustizia sono irrealizzabili i processi di pace; non solo: si deteriora la pace sociale laddove esiste. In casa si impara a dare a ciascuno ciò di cui ha bisogno e a privilegiare il bene comune. Un’educazione familiare dove emerga nel tempo la capacità dei propri componenti di scegliere ciò che è giusto per sé e per gli altri, l'esperienza di accettazione e di condivisione delle scelte comuni ritenute valide per tutti, l’abitudine al discernimento delle decisioni soprattutto quella di lungo respiro, sono la pratica migliore per preparare uomini e donne ad una costante ed esigente "attenzione" politica.

Strettamente legata a questo senso civico fondamentale, troviamo una virtù essenziale per il riconoscimento "esterno" dell'amore cristiano: la gratuità; cioè la libertà di pensare ed agire per gli altri senza badare al proprio interesse. Il pensare e l'agire (disinteressatamente) ha per una famiglia cristiana la sua fonte e il suo primo riferimento in Gesù: "il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti" (Mt 20,28); "Se dunque io, il Signore e mastro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato l'esempio infatti perché ciò che ho fatto io facciate anche voi" (Gv 13,14-15). Gesù è il buon samaritano che ha vissuto al massimo della gratuità il comandamento dell' amore: "Invece un samaritano, che era in viaggio… ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite... lo portò in una locanda e si prese cura di lui" (cf Lc 10,33-34).

La prima palestra per la formazione del carattere è la famiglia dove la condivisione è difficile ma necessaria, dove i conflitti sono inevitabili e vanno gestiti. Le agenzie esterne potranno fare il resto, "completare l'opera, ma non crearla". Perchè fondati sull'amore e guidati dall'amore, i rapporti familiari sono vissuti all'insegna della gratuità, la quale "rispettando e favorendo in tutti e in ciascuno la dignità personale come unico titolo di valore, diventa accoglienza cordiale, incontrò e dialogo, disponibilità disinteressata, servizio generoso, solidarietà profonda" (Familiaris consortio, 43). La famiglia diventa così "prima e insostituibile scuola di socialità, esempio e stimolo per i più ampi rapporti comunitari all‘insegna del rispetto, della giustizia, del dialogo, dell'amore" (ibidem).

 Sottolineo due atteggiamenti connessi all’esercizio politico nella sua parte finale di decisione. Per arrivare a prendere una decisione responsabile occorre prima ascoltare e discernere, in altre parole: osservare e valutare. Osservare la realtà, i suoi bisogni, gli interessi particolari e generali in gioco, le emergenze sociali, valutare le possibili risposte, le ricadute positive o negative di una scelta col il relativo costo sociale ed economico che ne deriva. Dobbiamo aiutarci a pensare secondo questo schema: "Se non ascolto non riesco a cogliere il problema, se non sono in grado di scegliere sono incapace di trovare le soluzioni".

Antonia Fantini Carpi

Da "Famiglia domani" 3/99

Terza Parte

IL DIFFICILE COMPITO DI ESSERE COERENTI E PUNTARE AL BENE COMUNE

È necessario affrontare altri due aspetti, correlati ed erroneamente considerati contraddittori, derivati dalla libertà di pensiero descritta prima: la virtù della coerenza e la pratica della mediazione.

Partiamo da una domanda: può un politico mediare continuamente tra diverse posizioni rimanendo coerente ai propri principi ed alle proprie idee? La risposta è sì. Anzi, non "può", ma "deve"! Senza mediazione la politica diventa sbrigativa e pecca di decisionismo, autoritaria e non più partecipata, generatrice di conflitti più che risolutrice degli stessi. Senza la coerenza si perde di vista il fine ultimo del bene comune, la crescita della persona e della società nella continua ricerca di soluzione ai bisogni primari e secondari sempre presenti. Nelle scelte da compiere, occorre essere intransigenti nella sostanza ed indulgenti nella forma. Questo atteggiamento è indice di effettiva libertà sul cambiare idea sul "fare" politico conservando la necessaria coerenza ai fondamenti etici e cristiani dell’"essere" politico.

Oggi si confonde sempre più spesso la forma delle scelte con la sostanza delle scelte stesse; o meglio, se ne inverte il ruolo affidando alle regole (forma) il compito di esaurire in sé le risposte ai problemi. Perdendo di vista il senso della decisione, della soluzione del problema, anche la buona regola si svuota ed è inefficace. Dobbiamo abituarci a pensare ed agire perché la forma sia essa stessa espressione della sostanza che vogliamo affermare, in un meccanismo comportamentale che manifesti il fine ultimo a cui tendiamo anche attraverso il mezzo che utilizziamo.

D'altra parte al cristiano corre l'obbligo di farsi riconoscere dai gesti che compie.

Questo processo di esternazione politico/culturale, che sintonizza il mezzo con il fine, è propriamente ciò che intendiamo correlando la virtù della coerenza e la prassi della mediazione. In una parola potremmo definirlo "lo stile" politico cristiano.

La coerenza dunque in sé esprime fedeltà ad un'idea e ad un principio anche quando questi siano sbagliati o negativi. Essa genera rispetto se testimonia il vero bene dell'uomo,se testimonia l'amore incondizionato per il prossimo. In altri casi - la storia ne è foriera -- la fedeltà/coerenza ad ideologie disumane ha prodotto immane tragedie e generato terrore.

LA RESPONSABILITÀ, SINTESI DI TUTTE LE VIRTÙ

Queste considerazioni, certamente parziali, portano a sintesi l'argomento con una parola che molti cristiani hanno testimoniato nella vita politica: la responsabilità. Essa tocca un po' tutti gli aspetti e spiega a fondo la definizione papale di carità esigente, citata all'inizio. Potremmo descriverla come la capacità interiore di assumere coerentemente ed in pienezza il peso delle proprie scelte e delle scelte collettive, sapendo di rinunciare alle gioie del risultato immediato che altri servizi offrono, portando, spesso, il peso di errori precedentemente commessi da altri. Nella nostra esperienza familiare, ecclesiale, civile, abbinino acquisito questo atteggiamento? Questo modo di essere?

Nell’ambiente in cui viviamo, indipendentemente dalle scelte - giuste o sbagliate che facciamo, si dice di noi che siamo persone cosiddette "serie"? Degne di fiducia?

Dalle risposte a queste domande deriva la prima verifica attitudinale e di percorso per un servizio politico attivo.

Antonia Fantini Carpi

Da "Famiglia domani" 3/99

Letto 2056 volte Ultima modifica il Domenica, 20 Febbraio 2005 18:07

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