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Lunedì, 09 Luglio 2012 09:10

Educare all'amore "imperfetto"

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Nel contesto attuale dove tutto deve essere a posto, dove tutto è perfetto, l'imperfezione diviene una realtà insopportabile. La vita come l'amore si nutre d'imperfezione. L'amore non è qualcosa che vive sopra le nuvole, non si alimenta di perfezione ma ha bisogno di un lungo tirocinio per potersi concretamente attuare nel vissuto delle persone.

L'amore più che uno stato o una condizione si presenta come un cammino. L'amore autentico non si rassegna alla routine di una strada già battuta. Il cammino dell'amore va riaperto di nuovo ogni volta. Ogni tratto risulta diverso dal precedente e che non può essere previsto e calcolato interamente in anticipo Come ogni cammino, questo viaggio, dunque, richiede la fatica del procedere in avanti, del conoscersi, del crescere, del ricominciare e del rinnovarsi continuamente. Non si può ignorare che questa storia si snoda in un susseguirsi di conquiste e disfatte, di progresso e regresso, di vita e di morte. Ci sono i momenti della gioia, ma anche quelli della sofferenza, l'esperienza della condivisione, ma anche quella della conflittualità, il tempo della parola, ma anche quello del silenzio. Esso non consiste tanto nell'essere modello di perfezione (il dialogo è sempre possibile, non esiste alcun attrito, il mattino ci si sveglia con un bel sorriso stampato sulla bocca ecc.), ma nella capacità di camminare e accogliersi nonostante quelle imperfezioni e incomprensioni.

Questo cammino, inoltre, può essere affrontato con attenzione o superficialità, con serietà o leggerezza, con impegno o no, essere pronti a lasciarsi formare o cambiare dal rapporto oppure restare fermi sulle proprie posizioni. Si possono considerare le crisi come abrasioni dolorose e occasioni per crescere oppure arrenderci. Il vero protagonista dell'amore, in questo senso, non è l'amore in se stesso, ma sono due persone che imparano ad amarsi, ad accettarsi, ad accompagnarsi, a modificarsi. Ogni grande opera richiede tempo. L'amore sa fare del tempo un alleato. Interessante in questo senso è ciò che si dice nell'incontro tra la volpe e il piccolo principe nel romanzo "Il piccolo principe" di Saint Exupery:

Che cosa vuol dire "addomesticare"? Chiede il Piccolo principe alla volpe. "Vuol dire creare dei legami" risponde la volpe. Nella risposta del Piccolo Principe "Creare dei legami?" c'è tutta la perplessità e l'incapacità di comprendere quello che la volpe gli comunicava.
"Per favore...addomesticami", continua la volpe.
"Volentieri", rispose il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici e da conoscere molte cose".
"Non si conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami".
Il Piccolo Principe con rinnovato stupore chiede "Ma cosa bisogna fare?". "Avere molta pazienza..." replicò la volpe.

Forse le repliche tra il Piccolo Principe e la volpe potevano protrarsi all'infinito, ma solo nella concretezza il primo riesce a comprendere fino in fondo la verità di una relazione. E' solo l'incontro con la "sua" rosa che lo porta alla radice della verità delle relazioni.

Il Piccolo Principe andò a rivedere le rose:

"voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente. Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora è per me unica al mondo...Voi siete belle, ma siete vuote. Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messo sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi. Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa" .

Infine, a conclusione di questo dialogo c'è una verità che la volpe rammenta al piccolo principe:

"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante"..."Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa...".

La tenerezza, quindi, non è un sentimento o un semplice moto dell'animo, ma è un atteggiamento preciso, che implica decisione e maturità. La tenerezza è tenace, resistente, capace di tenere e trattenere, di imprimere e di toccare, di sostenere e accarezzare, non è opprimente, fa sentire l'altro desiderato e desiderabile, lo rende un valore senza il quale la nostra esistenza risulta vuota.

Essere amore, quindi, esige attenzione all'altro e riconoscere risorse e fragilità, impegna a incontrare l'altro ad un livello più profondo. Sollecita ad ascoltarlo e a parlargli con il cuore assumendoci la responsabilità delle sue fragilità e della sua crescita. In questo percorso è necessario rispettare l'altro nella sua diversità. L'altro non può essere omologato, appiattito ma rispettato nella sua novità. Tutto questo è difficile, com'è altrettanto difficile districarsi tra egoismo e altruismo. In alcune coppie nasce l'aspirazione a trasformare ogni spazio privato in un solo spazio comune. E' importante che rimangano sempre dei margini di diversità, di specifica identità, perché altrimenti quando si è consumata la dose di diversità, capace di rinnovare lo spazio comune, non resta più contesto di confronto e di rinnovamento progettuale. L'unico sentiero percorribile per non far languire l'amore è rinunciare a far diventare l'altro oggetto manipolabile. L'altro non è un oggetto, che può essere esplorato come problema, è un soggetto unico che si deve avvicinare come mistero.

Ci rendiamo subito conto quanto sia facile amare un "io" immaginario che prende forma nelle nostre fantasie. Nella costruzione dell'amore diviene fondamentale passare da una realtà ideale a una carnalità; dalla nostra persona con i propri gusti, le proprie aspirazioni, ad un altro essere che vive decentrato e in qualche modo scisso. Questa comunione esige una polarità di persone che debbono sussistere come tali, essa non tende ad annullare la loro identità personale, né lo spazio di solitudine necessario ad ognuno per essere pienamente se stesso. Le persone restano tali nella loro unicità irripetibile e misteriosa, nella loro autonomia, salvaguardando totalmente la loro individualità e personalità. Ogni tendenza alla fusione ha in sé qualcosa di possessivo (ridurre l'altro a se stesso) o di narcisistico (vedere se stesso rispecchiato nell'altro). Nella comunione al contrario i componenti della stessa si sentono riconosciuti come persone e sono aiutati a crescere in un cammino di liberazione e di personalizzazione. La realtà dell'amore è una realtà, che pur accettando il limite non rinuncia a guardare lontano: sa aprire nuovi percorsi, ricerca nuove prospettive, nuovi punti di vista. L'amore non può rinchiudersi nel presente, pur incarnandosi in esso, ha bisogno di aprirsi, di progettarsi. Se rimane ancorato nel presente senza progettualità rischia di essere travolto. L'amore-progetto diviene l'anima di una vera comunione. La coppia nasce quando due giovani stanno bene insieme, quando sentono battere il cuore l'uno per l'altro, ma soprattutto quando si impegnano a costruire la loro vita insieme. Pro-gettarsi significa, dunque, gettarsi avanti nel tempo, osare un atto di fede e di speranza nella vita. Significa accettare di affrontare la sorpresa e di vedere smentita la propria volontà di programmazione. Ancor di più, significa tenersi pronti a scusare e a perdonare, visto che nel viaggio non si mancherà di compiere un certo numero di ricerche e smarrimenti, che causeranno delusioni anche profonde. In questo contesto rientra la fedeltà ad un progetto. La fedeltà è contemporaneamente stabilità e rottura, sicurezza e rischio, ancoraggio nel passato e apertura verso il futuro. Essa viene misurata dalla realtà quotidiana, è prima di tutto rivolta alla persona, non al momento più o meno distante dell'incontro. E' dinamica come la crescita della persona, non è qualcosa di statico, di imbalsamato in un istante o in un momento, ma è una realtà continuamente rinnovabile. La fedeltà accompagna la persona e il rapporto di coppia lungo tutto l'arco della vita. La prima apre alla speranza, non si fa richiudere in un ambito ristretto, si pare verso una durata senza scadenze. E' la sicurezza che di ogni energia messa in atto, nulla va perduto, per vivere la realtà di coppia come una comunione da custodire e da alimentare. Vivere e costruire l'amore, infine, non è innanzitutto fissarsi un ideale e prefiggersi la perfezione, con la pretesa che l'altro sia la risposta ad ogni nostro desiderio, senza ombra, né sbavature: è, piuttosto, accettare di aprirsi per incontrare l'altro. E' rendersi in qualche modo vulnerabili, è cessare di difendersi, di guardarsi, di costruirsi, per impegnarsi nel servizio, in un'avventura piena di incognite, di imprevedibilità, di vita e di creatività.

Luca Tosoni

 

Letto 4322 volte Ultima modifica il Sabato, 01 Marzo 2014 09:04

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