Formazione Religiosa

Domenica, 06 Novembre 2011 15:57

La vita cristiana. Il comportamento sociale del cristiano (Pietro Rossano)

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Il suo rapporto con gli uomini è ispirato a un tempo dal senso della solidarietà con la società in cui vive, e dalla coscienza della fede e dei doni spirituali ricevuti, senza merito personale, da Dio.

Il comportamento sociale del cristiano

33. Nei rapporti con se stesso, il cristiano si misura realisticamente; è umile e sobrio; umile perché l’orgoglio è un’illusione, dal momento che tutto gli è stato concesso gratuitamente da Dio, al quale sa di dover ricorrere continuamente per le sue insufficienze e per ottenere il perdono delle mancanze; sobrio, cioè padrone del corpo e della sensibilità, perché sa che il disordine è sempre latente in lui ed esiziale, onde s’impone il dovere della vigilanza per realizzare, per quanto possibile, l’uomo perfetto e irreprensibile sull’esempio di Cristo. Per questo il cristiano si guarda dalla cupidigia e dall’invidia, anche solo interiori, ed ama talvolta esercitare il dominio su se stesso anche mediante piccole astinenze o digiuni, al fine di essere più docile all’impulso interiore della preghiera e della carità. La sua sobrietà riguarda anche il campo della sessualità e del bisogno istintivo di possesso; cerca quindi la purezza nel corpo e nello spirito, nella forma che si addice al suo stato.

34. Il cristiano ha ricevuto da Gesù Cristo la norma della limpidezza, della sincerità e della lealtà; controlla quindi l’uso della lingua e della parola. Ma da Cristo ha ricevuto anche il dono della pace interiore e della gioia. Avendo Dio come padre, egli non è afflitto da scrupoli o timori di potenze maligne che lo insidiano. Quando agisce per il bene, lo fa per amore, e l’amore scaccia il timore e ricolma di gioia. Per questo, anche in mezzo alle afflizioni, può conservare un fondo di serenità e di pace interiore.

35. Come uomo privato, egli pratica l’onestà in tutti i particolari, fino all’estrema delicatezza. leale e veritiero, fedele alla parola data, e senza orgoglio. Rifugge dalla violenza, rispetta i diritti degli altri, in particolare la libertà di coscienza, e li tratta con onore e rispetto. Per ciò che riguarda l’uso dei beni materiali e spirituali dell’universo e dell’umanità egli è libero e sovrano. Valgono per lui le norme di san Paolo: «Tutto è vostro, e voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio»; «tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, sia oggetto dei vostri pensieri».

36. Rispetta le leggi sacre della famiglia in qualità di sposo, padre, figlio. Come cittadino, adempie i doveri sociali «rendendo a Cesare ciò che è di Cesare», secondo il comando di Cristo. Come lavoratore si sente responsabile del corpo sociale in cui vive e si impegna individualmente e associativamente sia contro tutte le forme di ingiustizia e di sfruttamento dell’uomo, sia per promuovere un quadro di vita sociale in cui regni la giustizia e la collaborazione tra le parti, e la persona umana sia libera, rispettata e al centro di tutto.

37. Il cristiano non è un isolato tra gli uomini, ma sa di essere come un tralcio nella vite e un membro nel corpo. In particolare, come membro della Chiesa viva di cui fa parte, partecipa alla sua vita, alle sue feste, alle sue cerimonie, per dare la testimonianza pubblica della sua fede ed esprimere la propria solidarietà con i fratelli.
Considera suo dovere assistere alla santa messa, nella quale si unisce spiritualmente al sacrificio di Cristo in unione con la comunità, facendo la pace con tutti. Pratica l’astinenza e la mortificazione nei giorni prescritti. Si riconcilia con Dio e con la Chiesa mediante la confessione, condivide i suoi beni con i poveri per mezzo di elemosine proporzionate alle sue possibilità. Considera infine suo dovere ed onore, come appartenente al popolo di Dio sulla terra, di partecipare attivamente alla missione della Chiesa nel mondo, di promuovere la gloria di Dio e il dialogo con gli uomini

38. Il suo rapporto con gli uomini è ispirato a un tempo dal senso della solidarietà con la società in cui vive, e dalla coscienza della fede e dei doni spirituali ricevuti, senza merito personale, da Dio. Per questo esercita il potere senza orgoglio, nella persuasione che qualunque cosa viene fatta al più umile tra gli uomini viene fatta a Gesù stesso. Sapendo che Cristo esige come contrassegno distintivo dei suoi l’amore reciproco e disinteressato, il cristiano è longanime e servizievole, ospitale e magnanimo. E’ un precetto fondamentale per lui perdonare le offese ricevute, fare del bene ai nemici e pregare per loro, ricambiare il male con il bene, secondo le parole di Gesù: «Se voi perdonerete agli uomini le loro offese, anche il vostro Padre celeste vi perdonerà le vostre; ma se voi non perdonerete agli uomini, neanche il vostro Padre vi perdonerà».

39. Ma il perdono e la pace non significano inerzia. Sapendo che l’umanità deve perfezionarsi e crescere fino alla misura perfetta stabilita da Dio, egli sente il dovere di farsi apostolo della giustizia sociale, della pace e della libertà. In una società offuscata dall’ingiustizia e dall’ipocrisia egli si oppone con l’esempio, con la parola e con tutti i mezzi a sua disposizione contro ogni forma di sfruttamento e di sopruso, pagando di persona il prezzo dell’elevazione degli altri.

40. Il cristiano non è un ozioso, avendo ricevuto dalla tradizione apostolica il precetto: «Chi non lavora non mangi». Ravvisando nel lavoro l’espressione della volontà di Dio verso gli uomini, considera il suo impegno lavorativo come la risposta personale e doverosa all’imperativo divino di continuare la creazione e di metterla sempre più a servizio degli uomini. Per questo la capacità e l’integrità professionale sono per lui la premessa indispensabile di ogni altra ricerca di perfezione.

41. Il cristiano è infine un uomo di speranza, e il suo impegno nella storia è in vista di un futuro che la rivelazione di Dio gli lascia intravedere per sé e per l’umanità. La sua vita è un servizio guidato da Dio per l’attuazione dei suoi disegni di grazia verso gli uomini. Per questo egli si rivolge tutti i giorni a Dio suo Padre celeste con queste parole: «Venga il tuo regno».

42. Di fronte al male e al dolore il cristiano si mantiene sereno e forte. Sapendo che Dio non li ha voluti e che la loro presenza tra gli uomini è frutto del peccato, combatte contro di essi con tutte le energie e le risorse della scienza, per alleviarli sull’esempio di Cristo. Ma poiché sa che essi ci saranno sempre in questa vita, li accetta quando si presentano senza ribellione, come segno della sua condizione di creatura, e facendone un mezzo di adesione alla volontà di Dio li sopporta in unione con Cristo, certo che come è partecipe delle sue tribolazioni, lo sarà anche della sua risurrezione.

43. La morte quindi pur rappresentando per lui una esperienza tremenda, e talvolta angosciosa, non lo atterrisce, ma lo stimola seriamente alla fedeltà. Egli sa che morendo in unione con Cristo si ritroverà con lui nella gloria, se sarà stato giusto e perseverante nel corso della sua giornata terrena. Così nell’obbedienza a Dio suo Padre, in unione con Cristo suo fratello e salvatore, e nell’intimità con lo Spirito Santo, «nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo», secondo una formula che ripete di frequente tracciando il segno della croce sulla sua persona, il cristiano vive per Dio e per gli uomini la sua ora decisiva sopra la terra.

Pietro Rossano

testo precedente: il colloquio del cristiano con Dio      (fine)

 

Letto 7639 volte Ultima modifica il Venerdì, 20 Aprile 2012 10:51
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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