Vita nello Spirito

Domenica, 19 Giugno 2016 12:14

La notte (Antonino Rosso)

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«Il sonno che rimargina i solchi dolorosi del pensiero, che rifà ogni giorno l'uomo alla vita; bagno salutare che rinfranca il corpo stanco, balsamo che si diffonde sulle ferite dell'anima; refrigerio soave della natura che nutre la vita del suo migliore alimento» (Macbeth, atto II, 2).

Nella veglia dolorosa, alla vana ricerca del sonno, c'è il dipanarsi lento di ricordi del tempo trascorso non sempre felice e lo spettro del giorno che ritornerà con le sue fatiche e le sue angosce. Le ore non passano più. Allora la notte con i tentacoli misteriosi dei suoi silenzi rincrudisce la nostra sofferenza. È come se tutte le potenze dell'anima, favorite dalla solitudine che ci fascia, si dessero convegno per congiurare contro di noi.
I grandi drammi si sviluppano preferibilmente di notte. Saul fa evocare dalla «negromante di Endor» lo spirito di Samuele e ne resta terrorizzato. La scena lugubre sconcerta e scolpisce lo stato d'animo del re davanti alla traaica fine della sua carriera (1Sam 28).

Notti... luminose

Giovanni l'evangelista inquadra il dramma di Giuda con una semplice pennellata di sapore vivamente psicologico.  Il traditore si staccò dalla calda e luminosa intimità del Cenacolo, con le sue macchinazioni proditorie, che erat nox (era notte, Giov 13, 30). La tenebra del tempo inghiotte la tenebra del suo spirito.
Eppure in tanti drammi notturni quanta luce! L'innominato manzoniano si sente scosso, terrorizzato, annientato. «Il tempo gli si affaccia voto d'ogni intento, d'ogni occupazione, d'ogni volere, pieno soltanto di memorie intollerabili; tutte l'ore somiglianti a quella che gli passa così lenta, così pesante sul capo». Nell'esasperazione si domanda: «E poi? che farò domani? che farò doman l'altro? E la notte? la notte che tornerà fra dodici ore! Oh la notte! no, no, la notte!» (C. 21 ). Ma in quel rodìo soffocante ritrova «quel Dio di cui aveva sentito parlare, ma che, da gran tempo, non si curava di negare né di riconoscere, occupato soltanto a vivere come se non ci fosse» (C. 20).
Gesù, il Maestro del dolore, volle sostenere la sua prima e più grave agonia in una chiara notte di plenilunio. Oppresso, con la faccia al suolo e il grido di liberazione al Padre, Egli chiede pure a tre creature il sostegno di una compagnia umana. Quello che non ottiene dalla terra gli viene accordato dal Cielo: «Gli apparve un angelo a confortarlo» (Lc 22,43). Solo così può scattare, forte e dignitoso, incontro al martirio del giorno seguente: «Alzatevi, andiamo!» (Mc 14, 42).
A mezzanotte inizia la liberazione di Israele dalla schiavitù di Egitto con la decima piaga: la morte di tutti i primogeniti egiziani compreso quello del Faraone e il grande Esodo preceduto dalla veglia sacra (Esodo, 12, 42). La nascita di Cristo, vero Liberatore di cui Mosè era soltanto la figura, illumina la storia con lo splendore di una notte. I pastori che pernottano a custodia dei greggi «ne sono avvolti» (Lc 2, 9) e meravigliati, esultano.

Realtà ambivalente

Alla nascita corrisponde la resurrezione. «Alla prima luce del giorno» (Mt 28, 1) il fulgore degli angeli annuncia il trionfo della luce sulle tenebre della notte.
La notte è dunque una realtà ambivalente, terribile come la morte a cui viene spesso accostata e indispensabile come il tempo della nascita dei mondi: difatti la notte prelude ad una nuova alba. Ecco perché Dio prova i suoi eletti proprio di notte. Dio prova i suoi di notte: questo il concetto dei Sapienti e dei Salmisti che hanno trasferito nella vita individuale l'esperienza del giudizio divino che si compie appunto nella notte e per mezzo della notte. Così pure san Paolo: «Il giorno del Signore viene, come il ladro nella notte» (1Tes 5, 2).
Troviamo perfetta rispondenza di questo concetto nei mistici cristiani. Essi parlano di "notte oscura" con varie sfumature: "notte dei sensi" e "notte spirituale" accompagnate da grande aridità, tentazioni terribili contro tutte le virtù che insidiano la pace dell'anima, malattie strane.
Così Dio prova i suoi eletti preparandoli all'ultima ascensione prima di vincolarli stabilmente a Sé con 1'"unione trasformante" rivestita dei caratteri dell'intimità, della serenità e dell'indissolubilità.
Così la notte s'illumina a giorno perché dove c'è Dio c'è soltanto luce: «Dio è luce e non è alcuna tenebra in Lui» (1Giov 1, 5). «Neppure le tenebre sono oscure per Te, / e la notte brilla come il giorno / come l'oscurità così la luce (per Te)» (Salmo 130, 12).

Antonino Rosso

(da Missione Salute, N. 6, 2008, p. 79)

 

Letto 1967 volte Ultima modifica il Domenica, 19 Giugno 2016 12:34
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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