I «centocinquanta specchi» che compongono il Salterio utilizzano un linguaggio particolare per narrare «le nostre rivolte e le nostre fedeltà, le nostre agonie e le nostre risurrezioni», il linguaggio poetico.
Il libro più usato della Bibbia è il Salterio. Fino a prima del Concilio vaticano II ogni sacerdote e membro di un ordine monastico aveva l'obbligo di recitarlo integralmente ogni settimana. Eppure forse è il libro più difficile della sacra Scrittura.
Chi in questi anni usa abitualmente il Salterio per pregare le Lodi o i Vespri, ricorda a memoria il numero di alcuni salmi: il Sal 22 è Il Signore è il mio pastore. Se però prende in mano La Bibbia di Gerusalemme, si accorge che il Sal 22 è diventato il Sal 23. Come mai?
Il libro dei Salmi viene chiamato in ebraico sefer rhillfm, «libro delle lodi», dalla radice ebraica hll, che significa appunto «lodare», da cui proviene il nostro «alleluia». Il nome ebraico del libro, dunque, ci dà un'indicazione relativa al contenuto: i salmi sono fondamentalmente lodi.
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