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Sabato, 04 Maggio 2024 12:04

Sesta Domenica di Pasqua. Anno B

Sesta Domenica di Pasqua. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  At 10,25-27.34-35.44-48

Dagli Atti degli Apostoli

Avvenne che, mentre Pietro stava per entrare [nella casa di Cornelio], questi gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Àlzati: anche io sono un uomo!».
Poi prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga».
Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio.
Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Quindi lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.

Salmo Responsoriale Dal Salmo 97

Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!

Seconda Lettura 1Gv 4,7-10

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.
In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.
In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.


Canto al Vangelo (Gv 14,23)

Alleluia, alleluia.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.

Alleluia.

Vangelo Gv 15,9-17

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

OMELIA

«Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (v.11).
Gesù parla qui di gioia, non di piacere o felicità.
Gioia è la parola più “alta” del nostro vocabolario esistenziale.
Se il piacere riguarda i sensi: una volta appagati il piacere svanisce, la felicità dipende dalle fortuite circostanze della vita. Si sarà felici nella misura andranno a verificarsi quelle circostanze immaginate benevoli per sé stessi. Il problema è che la vita non va quasi mai come l’abbiamo preventivata.
Piacere e felicità sono sentimenti sotto condizione.
E poi c’è la gioia, che altrove nel vangelo viene chiamata anche beatitudine. Essa è incondizionata, ossia non soggetta né ai sensi e tanto meno alle circostanze.
Si tratta piuttosto di ‘uno-stato-dell’essere’. Non deve giungere, accadere. È già data, come l’anima informa il corpo. Il problema è che non ne siamo consapevoli. La gioia è la sorella povera del piacere e della felicità, di continuo agognati come se una manciata di bigiotteria – procacciata a volte a costi altissimi – potesse valere quanto l’oro di cui siamo già costituiti.
San Francesco la definì ‘perfetta letizia’. E abita nei fondali esistenziali, a profondità abissali, che frequentiamo troppo poco, perché impegnati a stare sulla vivacità della superficie.
Etty Hillesum la chiamò sorgente e corrente interiore, e pian piano divenne consapevole di doversene occupare, con cura, in una costante ‘igiene interiore’.
Per Francesco, Etty, Gesù di Nazareth… una cosa è chiara, che questa gioia, questo ‘stato dell’essere’, questo sapersi radicati nel Tutto non potrà essere toccato da nulla e da nessuno. Niente nella vita potrà accedere a tali profondità: «nessuno vi potrà togliere la vostra gioia» (Gv 16, 23).
Va da sé che questa gioia perfetta, ‘assoluta’ ossia sciolta da prestazioni e legami, non risiede nella positività della vita. Non ci deriva dal costatare che le cose vanno bene, o dall’assenza di prove, malattie, sofferenze, ma piuttosto dalla negatività ‘assunta’ e accolta. È solo questione di integrazione delle proprie ombre e al contempo di disidentificazione con le medesime: io-non-sono-tutto-ciò che la vita mi riserva. Il mio centro, il mio vero Sé – Dio – sorgente interiore – fuoco (ognuno lo chiami come vuole) – rimane, nei miei abissi interiore, fortezza inattaccabile e inespugnabile.
Poco prima di morire ad Auschwitz, Etty in una lettera scrive: ‘Io non mi sento affatto derubata della mia libertà, e in fondo nessuno può farmi veramente del male. Sì, ragazzi miei, è così, ospito in me una curiosa specie di triste letizia. […] si può ben soffrire senza per questo cadere nella disperazione. […] Sai, qui se non hai una forza così grande dentro di te da poter vedere il mondo esterno come nient’altro che una serie di pittoreschi accidenti incapaci di rivaleggiare con la più grande beatitudine, che può costituire la parte inalienabile della nostra interiorità – allora qui è proprio una disperazione’. (Lettere 44 e 45, dal Campo di smistamento di Westerbork, 29 giugno e 11 agosto 1943).
 
Paolo Scquizzato
 
Venerdì, 26 Aprile 2024 11:41

Quinta Domenica di Pasqua. Anno B

Quinta Domenica di Pasqua. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  At 9,26-31

Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Saulo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo.
Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso.
La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero.

Salmo Responsoriale Dal Salmo 21

A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.

Scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva per sempre!

Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra;
davanti a te si prostreranno
tutte le famiglie dei popoli.

A lui solo si prostreranno
quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere.

Ma io vivrò per lui,
lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
annunceranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l’opera del Signore!».

Seconda Lettura 1Gv 3,18-24

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.
In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa.
Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito.
Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

Canto al Vangelo (Gv 15,4.5)

Alleluia, alleluia.

Rimanete in me e io in voi, dice il Signore,
chi rimane in me porta molto frutto.

Alleluia.

Vangelo Gv 15,1-8

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

OMELIA

Per Jacques Lacan, esiste una sola domanda veramente fondamentale per l’essere umano: «hai agito in conformità al desiderio che ti abita?». E qual è l’intimo desiderio inscritto nel cuore dell’uomo? Venire alla luce di sé. Uscire dal bozzolo e cominciare a volare. Rinascere.
In che modo? Dimorando al centro della nostra ‘grotta del cuore’, dove brucia il nostro vero sé, il divino in noi. Rimanendo in questa fornace ardente possiamo essere trasformati nel medesimo principio che ci abita.
Immersi nel fuoco dello Spirito, «fino al punto in cui l’uomo è Dio in Dio, e Dio è tutto in tutto l’uomo» (Giovanni Taulero).
Gesù non ha chiesto di fare della vita una questione morale, un affaticarsi nell’adempire o meno norme e precetti. Ma di essere luce, e luce lo si diventa incorporandola (cfr. Gv 8, 12; Mt 5, 14). Come la nuda zolla di terra che diventa fiore indipendentemente dal fare o non fare, ma semplicemente stando: «Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano» (Lc 12, 27).
“Essere calmamente attivi e attivamente calmi”.
In questo modo ci desteremo dal sonno, sorprendendoci che non esiste alcun abisso tra noi e Dio, ma di essere con lui una cosa sola, sua manifestazione, come il metallo che immerso nel fuoco non si distingue più da quest’ultimo.
«Il Tuo spirito si è mescolato poco a poco al mio spirito, in mezzo a un’alternanza di avvicinamenti e di abbandoni. E adesso io sono Te stesso. La tua esistenza è la mia, per mia stessa volontà intonata ormai alla Tua. Signore, mio Signore, ho abbracciato con tutto il mio essere il Tuo amore. Mi spogli tanto di me che sento che in me sei Tu. […] Sono divenuto Colui che amo e Colui che amo è comparso in me. Siamo due Spiriti infusi in un solo corpo» (Al-Hallaj).
 
Paolo Scquizzato
 
Venerdì, 26 Aprile 2024 11:32

Quarta Domenica di Pasqua. Anno B

Quarta Domenica di Pasqua. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  At 4,8-12

Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro:
«Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato.
Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo.
In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 117

La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo.

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell’uomo.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.

Ti rendo grazie, perché mi hai risposto,
perché sei stato la mia salvezza.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.
Rendete grazie al Signore, perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.

Seconda Lettura 1Gv 3,1-2

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.

Canto al Vangelo (Gv 10,14)

Alleluia, alleluia.

Io sono il buon pastore, dice il Signore,
conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.

Alleluia.

Vangelo Gv 10,11-18

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

OMELIA

“Ho altre pecore che non provengono da questo recinto” (v.16) dice Gesù nel vangelo di questa domenica.
L’Amore è il principio che imbeve tutta la realtà; anzi, la realtà intera non è altro che una manifestazione dell’Energia divina che chiamiamo Amore. Questa non fa preferenza di persone (cfr. Rm 2, 11), e tanto meno può essere rinchiusa in un recinto.
All’interno di questo ‘ambiente divino’ non vi sono migliori o peggiori, preferiti o reietti. Nessuno che ‘meriti’ la salvezza, ma solo l’umano che si apre a un dono immeritato.
Se Dio è l’Amore che apre a ‘pascoli sconfinati’, aldilà dei recinti di religione, di credo o di appartenenza, Gesù è venuto a spezzare le staccionate che definiscono, separano, distinguono comprese quelle della morale e dell’integrità.
Egli chiama all’unità, che è l’esatto opposto dell’uniformità.
L’amore esalta le differenze, la paura uniforma, mescolando tutto in un indistinto, per poi chiamarlo ‘virtù’.
La vera pace accadrà quando le differenze saranno occasioni per vivere nell’amore, quando finalmente Caino accetterà che Abele possa essere altro da lui, senza il bisogno di eliminarlo per affermarsi come l’unico.
Laddove ci si ritiene cristiani, dovrebbe anche vigere l’esaltazione della diversità e del ‘diverso’, perché Dio altro non è che la Verità che rende liberi, liberi di essere finalmente se stessi, di amare e di credere in modo diverso.
«Il pluralismo di qualsiasi forma, non è una iattura bensì una ricchezza perché fa ridondare su tutti i carismi, le donazioni accordate a ciascuno. Quante energie sono andate perdute perché i Superman di turno hanno impedito ad altri di esprimersi. Papa Giovanni ripeteva che la Chiesa è un giardino tanto più bello quanto più ricco di molteplicità e varietà di fiori. È un campo in cui si ritrova ogni genere di piante, persino quelle che i profani dicono tossiche perché non ne conoscono le proprietà. Persino “i triboli e le spine” che stanno a ingombrare il terreno hanno la loro funzione che è quella di tenere sveglie le menti delle creature intelligenti» (Ortensio da Spinetoli).
 
Paolo Scquizzato
 
Sabato, 13 Aprile 2024 09:57

Terza Domenica di Pasqua. Anno B

Terza Domenica di Pasqua. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  At 3,13-15.17-19

Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Pietro disse al popolo: «Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l'autore della vita, ma Dio l'ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni.
Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 4

Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.
Oppure:
Alleluia, alleluia, alleluia.

Quando t’invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia! 
Nell’angoscia mi hai dato sollievo;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.

Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele; 
il Signore mi ascolta quando lo invoco.

Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene,
se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?».

In pace mi corico e subito mi addormento, 
perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare.

Seconda Lettura 1Gv 2,1-5a

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c'è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto.

Canto al Vangelo (Cf. Lc 24,32)

Alleluia, alleluia.

Signore Gesù, facci comprendere le Scritture;
arde il nostro cuore mentre ci parli.

Alleluia.

Vangelo Lc 24,35-48

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

OMELIA

«Quando penso alla mia morte mi trovo in uno stato di grande stupore. Mi chiedo dove andrà così tanto amore» (Marina Cvetaieva).
L’amore della poetessa, sappiamo noi ora dove è andato. È qui quando leggiamo i suoi versi, quando la sua luce illumina il buio dell’anima, quando le sue parole interpretano mondi.
L’amore delle persone amate non finisce. Cadrà tutto il resto, ma questo rimarrà. E circola nell’aria, e nell’anima. E lo si respira, lo si fa proprio, in un ininterrotto dialogo.
«Penso che il fondo di questa vita sia costituito da una conversazione incessante tra coloro che sono ancora qui e coloro che non ci sono più, tra ieri e oggi, e forse an che tra oggi e domani» (Ch. Bobin).
È bello che ‘l’unica cosa rimasta’ del Gesù precedente la sua morte, alla prova del riconoscimento dei suoi, siano le sue ferite, che mostra a questi, come trofei. Certo, perché sono le ferite procurategli dall’amore, le uniche destinate a rimanere. Neanche l’abisso del sepolcro le ha potute cancellare.
E mi piace pensare che l’invito del vangelo di oggi sia proprio quello di imparare l’arte d’offrire riparo e cura alle ferite che ci hanno segnato, affinché possano divenire materiale di risurrezione.
Le ferite impresseci nella carne e nell’anima ci rimandano forse agli schiaffi ricevuti da bambini, ai duri interventi degli adulti. Le ferite ai nostri piedi potranno farci memoria delle persone che ci hanno trattato come pezze da piedi; i nostri incubi notturni potranno farci memoria delle offese subite e del fatto che nessuno in quel momento fosse dalla nostra parte; le ferite del nostro costato ci riporteranno a quanto abbiamo sofferto per un amore fallito. Ma noi sappiamo che nel vangelo il materiale di scarto diviene ‘la pietra angolare’, fondamenta d’un nuovo edificio esistenziale, vita nuova dove sarà ancora tutto possibile.
Ogni ombra guardata in faccia può trasformarsi in esperienza di risurrezione, e i limiti accolti in luogo di comunione, come la ferita per l’ostrica è certo dolorosa ma anche unica possibilità perché si formi in essa una splendida perla.
 
Paolo Scquizzato
 
Sabato, 13 Aprile 2024 09:44

Seconda Domenica di Pasqua. Anno B

Seconda Domenica di Pasqua. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  At 4, 32-35

Dagli Atti degli Apostoli

La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune.
Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore.
Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno.

Salmo Responsoriale Dal Salmo 117

Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.

Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.
Il Signore mi ha castigato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte.

La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d'angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!

Seconda Lettura 1 Gv 5, 1-6

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato.
In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.
Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.
E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l'acqua soltanto, ma con l'acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità.

Canto al Vangelo (Gv 12,26)

Alleluia, Alleluia.

Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto;
beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!

Alleluia.

Vangelo Gv 20, 19-31

Dal vangelo secondo Giovanni

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

OMELIA

Alla Maddalena Gesù dice, nel giardino della rinascita: ‘Noli me tangere’, non mi toccare, non mi trattenere, non ricondurmi alle categorie solite del conosciuto, del sensibile, del concettuale attraverso cui da sempre sei stata con me. È finalmente giunta l’ora d’apriti ad un’altra modalità e possibilità di conoscenza.
A Tommaso, l’incredulo Gesù invita a mettere la mano nella ferita del costato.
A ciascuno il suo.
La vita spirituale è un cammino, ‘Di cominciamento in cominciamento, di ripresa in ripresa, di cominciamenti e riprese senza fine’.
La Maddalena è la donna oltre, la donna matura che giunge a fare esperienza del suo Signore senza il bisogno di ‘toccare per credere’.
La via della mistica: esperire per via d’assenza.
Nell’assenza la presenza. L’abbandono come condizione per fare esperienza dello Spirito vivificante (cfr. Gv 16, 7).
È non toccando che fa esperienza dell’amato, è non vedendo che lo conosce. Solo ora che le sue idee, le sue immagini, i suoi concetti, l’assodato, l’acquisito l’hanno finalmente abbandonata può esperire il Vivente, l’Oltre, il Presente.
E Maddalena probabilmente avrebbe voluto dire a Tommaso, e quindi a me: ‘caro fratello, è quando diverremo ciechi alle cose di Dio che il Mistero si manifesterà e noi lo conosceremo per ciò che veramente è, cessando d’essere la proiezione delle nostre limitate attese’.
Da lì a poco avverrà che Paolo cadrà a terra dopo che il Mistero gli si rivelerà. Si dice che aprì gli occhi e non vide nulla. Solo così potè conoscere l’Amato.
“Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!” sono le parole di Gesù ai suoi.
E a me. Ancora cieco perché convinto di vedere.
 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 24 Marzo 2024 10:35

Domenica delle palme. Anno B

Domenica delle Palme. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Is 50,4-7

Dal libro del profeta Isaia

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.

Salmo Responsoriale Dal Salmo 21

Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.

Seconda Lettura Fil 2,6-11

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.

Canto al Vangelo (Gv 12,26)

Gloria e lode a te, o Cristo!

Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte,
e alla morte di croce.
Per questo Dio l’ha esaltato
e gli ha dato il nome che è sopra ogni altro nome.

Gloria e lode a te, o Cristo!
 
Vangelo Mc 11,1-10

Dal vangelo secondo Marco

Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”».
Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.
Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano:
«Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!
Osanna nel più alto dei cieli!».

OMELIA

Gesù entra trionfante a Gerusalemme, seduto su di un asinello.
Inizia per lui l’ultima sua settimana di vita. Nella città santa rimarrà cinque giorni. Al ‘sesto giorno’ lo uccideranno. Al settimo conoscerà il sepolcro. Risorgerà l’ottavo giorno. Si tratta della narrazione di una ‘nuova creazione’, dalla ‘creazione dell’uomo’ – avvenuta il sesto giorno – alla sua ri-creazione, al suo compimento.
Ma cosa rende possibile la nostra ri-creazione? L’assunzione della logica dell’asino, e dismettendo quella del cavallo.
Gesù vincerà la morte in quanto ‘asino’, ossia attraverso una vita all’insegna della mansuetudine, del servizio, condividendo i pesi altrui (cfr. Gal 6, 2) e una spiccata capacità di ascolto (le orecchie molto grandi dell’asino…). Il cavallo è, di contro, l’animale cavalcato da chi detiene il potere facendo uso della forza e della violenza.
Laddove vi è capacità di servire, si realizzerà il Regno di Dio: «Benedetto il Regno che viene» (v. 10). Per questo occorre ‘slegare’ dentro di noi l’asinello (v. 2), ossia la nostra capacità di amare e di servire. Gesù è venuto proprio a tentare di sciogliere, slegare in noi questa capacità di prenderci cura dell’altro, di giocarci la vita in una modalità non mondana.
“Il Signore ne ha bisogno” di questo asino (v. 3). Egli ha bisogno del mio bene, ossia che si sciolga in me l’egoismo che mi blocca la vita, per effondere luce nel mondo facendo arretrare la tenebra del male. E stiamone certi: questo asinello il Signore ce lo rimanderà indietro subito (v. 3): l’amore che doniamo agli altri ci tornerà sempre indietro e in maniera sovrabbondante.
Il problema di fondo, è che noi amiamo il potere e la forza. Per questo preferiamo salire sul cavallo del vincitore di turno. All’asino mansueto, che si pone a servizio, preferiamo la violenza dei potenti, per ingrossare il nostro ego.
Siamo chiamati a realizzarci attraverso la via del bene e del dono, ma continuiamo a strizzare l’occhio al mondo, con la sua logica apparentemente vittoriosa, fondata sul potere, l’avere e il successo. Ma se incrociamo l’asino col cavallo rischiamo di stare al mondo come il mulo, stupido e sterile.
Gesù entrò nella sua settimana di ‘compimento’ avendo come trono un asino, e la terminò su di un altro trono, la croce: segno dell’amore che va fino alla fine. E ora molta gente urla: “Osanna” che significa “Dio salva”. Sì, Dio salva così, con l’amore che non demorde, rinnegando il proprio io a favore dell’altro. E grida ancora: «Benedetto colui che viene…». Sì, perché l’Amore non può venire che in questa maniera, perché venisse in altro modo, magari con potenza e violenza, rinnegherebbe sé stesso.
 
Paolo Scquizzato
 
Sabato, 16 Marzo 2024 17:18

V domenica Quaresima. Anno B

V domenica Quaresima. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Ger 31,31-34

Dal libro del profeta Geremìa

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore.
Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato.

Salmo Responsoriale Dal Salmo 50

Crea in me, o Dio, un cuore puro.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Insegnerò ai ribelli le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno.

Seconda Lettura Eb 5,7-9

Dalla lettera agli Ebrei

Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito.
Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

Canto al Vangelo (Gv 12,26)

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Se uno mi vuole servire, mi segua, dice il Signore,
e dove sono io, là sarà anche il mio servitore.

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo Gv 12,20-33

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

OMELIA

Alcuni chiedono di ‘poter vedere Gesù’. Il vangelo su questo è chiaro: Gesù lo s’incontra laddove si ama: «Quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40).
D’altra parte si sa, Dio non è un sostantivo da credere ma un verbo da viversi.
Cosa vuol dire amare? Uscire dall’inganno dell’ego. L’incentramento sul proprio io è un’implosione, un corto circuito; l’essere presente all’altro è di contro edificazione del Sé autentico, della nostra Natura autentica. L’attaccamento al piccolo sé è mortifero: «chi ama la propria vita la perde» (v. 27).
Mentre siamo la vita che doniamo.
Ed è in questo vivificare gli altri che si dà ‘gloria a Dio’, in quanto l’unica gloria che appartiene a Dio è ‘l’uomo vivente’ come ci ricorda sant’Ireneo.
È amando i fratelli che il ‘nome di Dio viene santificato’. Infatti col dire “Sia santificato il tuo nome”, nel Padre Nostro c’impegniamo nella cura dell’altro, perché il vero nome di Dio sono le sue creature. Quando infanghiamo il nome degli uomini e delle donne quando non diamo loro dignità – o peggio ancora quando gliela togliamo – il nome di Dio viene bestemmiato.
Dire “Sia santificato il tuo nome” significherà dunque: “che i tuoi figli grazie a me comincino a vivere di più”.
Non solo. Il brano di oggi ci ricorda che vivendo il principio dell’amore, nelle nostre comuni circostanze di vita, il “principe di questo mondo” sarà gettato fuori. E questo principe – attenti – non è il demonio, ma quel nostro stile di vita improntato sulla logica del potere, dell’arrivismo, della cattiveria, della prevaricazione, dell’egoismo. Laddove si vive l’amore, questa cappa mortale verrà dissolta. Più luce immettiamo nelle nostre relazioni, più il potere del male arretrerà e la tenebra conoscerà la sconfitta.
Aveva ragione Dostoevskij, sarà la bellezza a salvare il mondo, e la bellezza altro non è che l’amore manifestato. Infatti Gesù dice: “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”. La croce è l’evento bello per antonomasia, perché rivelazione dell’amore più grande.
La bellezza attira, affascina, trascina. Non saranno mai le prediche e uno sterile moralismo a trasformare il mondo e nutrire le coscienze, ma l’amore autentico, capace di andare fino alla fine.
 
Paolo Scquizzato
 
Venerdì, 08 Marzo 2024 08:23

IV domenica Quaresima. Anno B

IV domenica Quaresima. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  2Cr 36,14-16.19-23

Dal secondo libro delle Cronache

In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme.
Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi.
Il re [dei Caldèi] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni».
Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 136

Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia.

Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre.

Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!».

Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra.

Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.

Seconda Lettura Ef 2,4-10

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati.
Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.

Canto al Vangelo (Gv 3,16)

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo Gv 3,14-21

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

OMELIA

Con buona pace dei profeti di sventura cristiani, sponsor funesti d’inferni impossibili e punizioni divine, Giovanni ricorda che Dio non è venuto né per condannare (v. 17), e tanto meno per giudicare (cfr. Gv 8, 15), ma solo per salvare, ossia a fare in modo che l’uomo giunga alla pienezza di sé. E se proprio vogliamo parlare di ‘giudizio’ di Dio, questo altro non è che la croce, «giudizio del giudizio» – come dice Massimo il Confessore – che prende su di sé il male del mondo per distruggerlo trasformandolo in vita.
La spazzatura dispersa nell’acqua la sporca, gettata nel fuoco ne aumenta il calore e la luce.
Dio giudica amando e ama perdonando.
Condanna salvando e si vendica perdonando.
Non toglie vita a chi lo rifiuta ma dà vita a chi gliela toglie.
Esiste un solo modo per ‘essere condannati’ – ossia per fallire la vita – non portarsi alla luce (v. 20), non sbocciare, non costruirsi in grado di vincere la morte e non credere all’amore (v. 18); non accettare di lasciarsi raggiungere da quella luce che è venuta nel mondo (v. 19) per splendere su tutti: sui cattivi e sui buoni, sui giusti e gli ingiusti (Mt, 5, 45) e spendere la vita senza illuminare qualcuno: unico modo per spegnerci anche noi.
Paolo Scquizzato
 
Sabato, 02 Marzo 2024 10:23

III domenica Quaresima. Anno B

III domenica Quaresima. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Es 20, 1-17

Dal libro dell'Esodo

In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile:
Non avrai altri dèi di fronte a me.
Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato.
Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.
Non ucciderai.Non commetterai adulterio.Non ruberai.
Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 18

Signore, tu hai parole di vita eterna.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l'anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Più preziosi dell'oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.

Seconda Lettura 1 Cor 1, 22-25

Dalla prima Lettera di san Paolo Apostolo ai Corinti

Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio.
Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

Canto al Vangelo

Gloria e lode a te, o Cristo!

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.

Gloria e lode a te, o Cristo!


Vangelo Gv 2, 13-25

Dal vangelo secondo Giovanni

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull'uomo. Egli infatti conosceva quello che c'è nell'uomo.

OMELIA

Gesù ha sgretolato quella ‘religione’ fondata sul commercio con una divinità, sul baratto del dare e avere, del sacrificarsi per ricevere qualcosa in cambio, perché sa che il Dio della vita non gradisce ‘sacrifici ed offerte’ (cfr. Sal 40, 7) ma se ne potrà fare esperienza ogniqualvolta si vivrà la misericordia: ‘Misericordia io voglio, non sacrifici’ (cfr. Mt 9, 13).
Gesù fa pulizia dei mercanti che ci abitano quando ci lasciamo ferire dai sensi di colpa perché vediamo trasgrediti gli impegni assunti verso noi stessi, quando ci prende la tristezza del dover corrispondere sempre alle attese della divinità e la frustrazione di non sentirsi mai adeguati e puliti dinanzi a un dio giudice severo.
Gesù è venuto a purificare il tempio del nostro cuore dai fantasmi del ‘migliorismo’, del dovere di sentirsi a posto, facendoci comprendere che Dio non vuole servi migliori ma solo figli amati.
A quel punto «molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome» (v. 23).
La fede non si nutre di miracoli, ma di ‘segni’.
Il segno indica sempre oltre, è l’indice che indica la luna. Questo è il compito di ogni religione: indicare oltre. Va da sé che innamorarsi del segno è follia; fermarsi alle liturgie, ai riti, ai precetti da ottemperare, è accontentarsi del mezzo senza mai poter progredire in umanità. Il rapporto con la divinità è infatti sempre tensione in avanti, mai godimento di un oggetto, o il raggiungimento di una meta.
Le persone matura spiritualmente sanno di essere nella Verità senza però possederla, e senza poterla definire in quanto la divinità è la vita stessa, nel suo dispiegarsi, nel suo scorrere dirompente, che continuamente si trasforma compiendosi.
«Noi gli diamo delle cose perché lui ce ne dia delle altre, facciamo dei sacrifici perché ci faccia dei favori, facciamo opere buone perché ci dia il premio. Concepire Dio in termini di legge, di obbligo, di dovere, di debito, di paga, di castigo, di premio invece che in termini di amore, di risposta, di alleanza, di nozze, è stravolgere la religione e Dio morirà per questo. L’ipotesi che sembra più vera è che Dio non è morto per i peccatori, per i peccatori non occorreva morire – bastava dire: Siete salvati! – è morto per i giusti, per convincerli del loro peccato, il peccato di avere un’ipotesi così cattiva su Dio. E Dio deve proprio morire in croce per dire: non sono così!» (Silvano Fausti).
Paolo Scquizzato
 
Lunedì, 26 Febbraio 2024 08:47

II domenica Quaresima. Anno B

II domenica Quaresima. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Gn 22, 1-2. 9. 10-13. 15-18

Dal libro della Genesi

In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va' nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».
Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l'altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L'angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».
Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio.
L'angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 115

Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.

Ho creduto anche quando dicevo:
«Sono troppo infelice».
Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.

Ti prego, Signore, perché sono tuo servo;
io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.

Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo,
negli atri della casa del Signore,
in mezzo a te, Gerusalemme.


Seconda Lettura Rm 8,31-34

Dalla Lettera di san Paolo Apostolo ai Romani

Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?
Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!

Canto al Vangelo

Lode e onore a te, Signore Gesù

Dalla nube luminosa, si udì la voce del Padre:
«Questi è il mio Figlio, l'amato: ascoltatelo!».

Lode e onore a te, Signore Gesù


Vangelo Mc 9, 1-9

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

OMELIA

«La nascita non è la vita; è solo un’opportunità che ti viene data per creare la tua vita» (Osho).
La vita è cammino di trasfigurazione, lento processo di metamorfosi verso il compimento.
«Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto» (Rm 8, 22). E noi nella creazione. E questo è bello, come dice Pietro: è bello partecipare a questo difficile e faticosissimo parto, sapere che portando alla luce la nostra umanità Dio si rivelerà, la Vita prenderà carne, la Bellezza assumerà volto, l’Amore si manifesterà in una forma.
Il ‘Senza nome’ è sempre in procinto di venire al mondo, ha solo bisogno che glielo si permetta.
La Fonte della vita non sta fuori di noi, ma risiede nella parte più intima di noi stessi. Quando impareremo a riposare silenziosamente in essa, udremo anche noi una voce che ci sussurrerà: “Tu sei la mia manifestazione prediletta”.
La creazione intera, ciascuno di noi è manifestazione, rivelazione della divinità, così come la materia è manifestazione dell’energia.
Gesù ne prese coscienza esclamando: ‘Io e il Padre siamo una cosa sola’.
Quando ne prenderemo consapevolezza anche noi, comincerà per ciascuno una vera e propria trasfigurazione che non avrà fine.
«Dio è quell’infinito Tutto, di cui l’uomo diviene consapevole d’essere una parte finita. Esiste veramente soltanto Dio. L’uomo è una Sua manifestazione nella materia, nel tempo e nello spazio. Quanto più il manifestarsi di Dio nell’uomo (la vita) si unisce alle manifestazioni (alle vite) di altri esseri, tanto più egli esiste. L’unione di questa sua vita con le vite di altri esseri si attua mediante l’amore. Dio non è amore, ma quanto più grande è l’amore, tanto più l’uomo manifesta Dio, e tanto più esiste veramente» (Lev Tolstoj, Parole dettate alla figlia. Diari).
 
Paolo Scquizzato
 
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