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Domenica, 14 Gennaio 2007 20:09

Il principio speranza (Remo Bodei)

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Il principio speranza

di Remo Bodei

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Il punto di partenza di Bloch è che tutti abitiamo questo continente della speranza, che è assai affollato, però è così inesplorato, dice lui, come l'Antartide, per questo "Il principio speranza" di Bloch è una grande mappa di tutti i territori della speranza; e la speranza Bloch la concepisce contro Heidegger, contro il principio della angoscia, se vogliamo chiamarlo così, in quanto, secondo Bloch, non bisogna prendere il mondo così com'è; la speranza ci mostra il mondo in movimento, in evoluzione. Quindi l'idea di Bloch è che la speranza non è semplicemente un premio di consolazione per le disgrazie necessarie della vita degli individui e della storia; la speranza è piuttosto uno sforzo per vedere come le cose stanno in movimento, come si evolvono, quindi la nostra mente non è simile a uno specchio che riflette una realtà ferma, la nostra mente è piuttosto qualche cosa che si inserisce nel mondo della speranza. Se vogliamo usare un'immagine classica della storia della filosofia, quella di Kant, Kant parlava della candida colomba della ragione che pensa che l'aria, che invece sostiene il suo volo, gli possa essere di ostacolo, si potrebbe dire con questa immagine che la speranza è in Bloch l'aria che sostiene la ragione, senza la speranza la ragione non potrebbe volare e senza la ragione però la speranza sarebbe cieca.

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Nel 1933, poco prima dell'avvento del national-socialismo, ci fu una discussione nel palazzetto dello sport a Berlino tra un rappresentante del partito comunista tedesco e un rappresentante nazista, il comunista entra e comincia a spiegare la caduta tendenziale del saggio di profitto secondo Marx, la gente non capisce niente, magari, aggiunge Bloch, ha detto delle cose vere, soltanto che queste verità non fanno presa, arriva invece il nazista che comincia a parlare in termini mitici della pugnalata alle spalle che gli ebrei e i demoplutocrati hanno dato al popolo tedesco, fa dei discorsi che hanno una grande presa emotiva, usa quei termini come patria, casa, quelle forme cioè di richiamo all'identità delle persone ed esce tra le ovazioni di tutti.
Ora, per Bloch il punto, e forse anche per noi, è quello di capire che non si può staccare la razionalità dagli affetti, ma che non si può avere una pura razionalità, un socratismo, per cui basti enunciare il vero perché il vero si raggiunga, né si può avere, come nel caso del national-socialismo, una pura mobilitazione basata su problematiche irrazionali. Quindi il tentativo di Bloch rispetto alla storia del marxismo va controcorrente. Diventando scientifico e cioè per lui dogmatico, si è creduto che il marxismo avesse più successo, ma in questo modo ha dimenticato e lasciato per così dire in mezzo ai rovi, quelle che sono le tendenze degli uomini verso una vita migliore, quello che Marx stesso chiamava il sogno di una cosa. Per questo la rivendicazione della speranza in Bloch non è la rivendicazione di una mobilitazione cieca degli uomini verso una vita migliore che non sanno dove stia, ma è il tentativo di innervare un progetto che ha una base razionale, analitica, di innervare il progetto di queste energie umane che altrimenti si disperdono e si dissipano.

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Paradossalmente l'utopia di Bloch, o la speranza di Bloch, non riguarda tanto il futuro quanto il presente, nel senso che per Bloch ogni istante può diventare significativo, noi dobbiamo imparare a vivere ogni momento come se fosse eterno: "Cogli l'eternità nell'istante" è un principio fondamentale di Bloch. Naturalmente per eternità non si intende un tempo lungo, gonfiato oltre ogni dimensione finita, per eternità si intende la pienezza dell'esistere, l'eternità riguarda quei momenti d'essere in cui a me sembra di scoprire il senso delle cose, e questo senso delle cose io lo scopro andando al di là dell'oscurità dell'attimo vissuto. Il principio che Bloch ritiene più originale di tutta la sua filosofia è quello di aver scoperto che la nostra coscienza del presente, che a noi sembra così cristallina, così trasparente, è in realtà opaca, e che quindi il presente in effetti è oscuro, o, usando un proverbio cinese che usava Bloch, "alla base del faro non c'è luce"; questo significa allora che noi dobbiamo non proiettarci nel futuro in quanto tale, ma illuminare, attraverso la conoscenza e attraverso la conoscenza della speranza, quello che è il centro del nostro essere, cioè dobbiamo buttare luce, dare senso a ogni momento della nostra esistenza. Questo accade ad esempio attraverso l'arte, attraverso la musica in particolare, dove si ha il massimo di esattezza matematica e il massimo di pathos: questa è una bella illustrazione del principio speranza, la speranza non è soltanto pathos ma è anche misura e quindi la speranza è una forma che mobilita gli animi, come la musica ci può dare questo senso di esaltazione, di tristezza, ma nello stesso tempo questo senso di esaltazione o di tristezza è retto da una struttura matematica rigorosa.

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In Bloch non c'è il gusto, per così dire, illuministico di rendere tutto chiaro e trasparente. Bloch sa appunto che il nucleo di oscurità che è interno a noi stessi non si potrà mai dissipare; nello stesso tempo però Bloch non cade nel ricatto dell'oscuro, dell'enigma per l'enigma. In Bloch c'è il tentativo di sviluppare, per dirla con Montale "cercano la chiarità le cose oscure", cioè Bloch cerca di passare dall'oscuro al chiaro senza cancellare gli elementi di oscurità.
Se volessimo usare una formula, si potrebbe dire che Bloch col suo insegnamento vuole ridurre queste intermittenze dell'intelletto e del cuore, questa opacità a noi stessi, e moltiplicare questi attimi in cui invece noi incontriamo noi stessi. Infatti il principio speranza ruota attorno a quello che Bloch chiama "incontro con noi stessi", "Selbstbegegnung", perché la cosa più strana è che noi siamo in compagnia di noi stessi, ma in realtà è come se non ci incontrassimo mai, siamo sottoposti a tutti questi messaggi, che vengono dall'inconscio ad esempio, del mondo dei sogni e dei desideri, ma questi messaggi non sono chiari nella nostra coscienza. Scopo del principio speranza è quello di cercare di dare un senso a questo nostro vivere a distanza da noi stessi, quindi l'ideale utopico per eccellenza è di ritrovare noi stessi, di ritrovare il senso di noi stessi in una collettività, non un senso solitario. Noi viviamo assieme agli altri e quindi è anche attraverso gli altri che conosciamo parte di noi stessi, il noi diciamo è più ospitale dell'io, l'io però è più proprio a noi stessi, quindi quando noi incontriamo l'io incontriamo anche il noi, e quando incontriamo il noi incontriamo l'io, cioè è soltanto vivendo in questa comunità di tutti gli uomini che l'opera d'arte ad esempio ci mette in contatto con ciò che è più proprio: se io sento una musica di Mozart o di Bach, se guardo un quadro di Raffaello o di Michelangelo, se vedo l'architettura del Partenone, ecco in questo momento ciò che è diventato proprietà comune del noi, del genere umano, mi parla e mi fa incontrare me stesso.

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Bloch ha una sorta di fiducia, che vorrei definire congetturale, una fiducia appena accennata, che si può spiegare attraverso un passo del grande scrittore svizzero Gottfried Keller, che lui cita: Gottfried Keller, l'argomento non è molto allegro ma il testo è bellissimo, vede una volta un obitorio in cui sono stesi i cadaveri di gente di tutte le età, di tutte le condizioni sociali, di entrambi i sessi, e gli sembrano degli emigranti, dice, che dormono nel porto vicino alle loro misere cose in attesa che sorga l'alba. E' questa speranza di un sorgere di un'alba che guida il pensiero di Bloch, e quindi la possibilità di una vittoria sulla "lampada funebre", come la chiama lui. Questa sarebbe per Bloch la speranza più piena, ma Bloch è anche abbastanza realistico da sapere che questa speranza resta speranza, però è altrettanto realistico quando pensa che in fondo l'evoluzione dell'umanità, del passaggio dalla scimmia all'uomo darwinianamente, è andata verso il meglio, guidata in fondo da forze invisibili che noi non controlliamo, la tradizione le ha chiamate Dio. Ora Bloch non crede nel Dio personale, anzi ha una tesi, in un libro che si chiama "L'ateismo nel cristianesimo" che è molto radicale: "il miglior cristiano è l'ateo", perché l'ateo alla religione toglie questo aspetto esteriore di tipo immaginifico, legato a delle persone e a dei fatti, a Gesù e ai miracoli, a Buddha ecc.. , e lascia nella religione il nucleo più potente, lascia nella religione quello che è l'aspetto determinante e cioè che la religione contiene in sé i desideri più profondi degli uomini.

Per certi aspetti la religione è più importante della filosofia, o per dirla in termini marxiani quando parlava di Hegel e dicendo che bisognava trovare il nucleo razionale dentro il guscio mistico, si può dire che per Bloch è molto più succoso, è molto più importante questo guscio mistico delle religioni, questo riferirsi a desideri e ad aspettative, dello stesso nucleo razionale, anche perché il nucleo razionale vive soltanto se c'è la spinta della speranza. Perché la speranza di Bloch non è la speranza di un singolo popolo o di un singolo individuo, in Bloch c'è questo elemento corale e collettivo per cui la speranza lui la paragona a una fuga musicale, cioè la paragona alla ripresa di un tema che ogni individuo e ogni popolo ripropongono attraverso variazioni nel tempo e in cui, come in certi corali di Bach, tutti gli individui e tutti i popoli entrano alternativamente o insieme a cantare questa polifonia, questo accordo che cerca l'unisono; queste voci che cercano di trovare l'unità sono per Bloch la rappresentazione stessa della storia umana e del processo della speranza nella storia umana.

(Tratto dall'intervista: Bloch e il principio speranza - Napoli, Vivarium, 30 giugno 1994)


Letto 5781 volte Ultima modifica il Giovedì, 22 Marzo 2007 21:16
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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