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Martedì, 29 Novembre 2011 09:06

La libertà religiosa

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La libertà religiosa

Sotto il profilo soggettivo, la libertà di fede religiosa, garantita dall'articolo 19 della Costituzione, consiste nel diritto di tutti gli individui di "professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di darne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume".

La libertà religiosa può definirsi più in generale come la libertà, garantita dallo Stato a ogni individuo, di scegliere la propria credenza in fatto di religione.

Il diritto di religione è quindi un diritto pubblico che s'inquadra all'interno dei diritti di libertà. Come tutti i diritti di libertà, essa si differenzia dai c.d. "diritti sociali" (es. diritto all'assistenza) perché, mentre queste comportano la pretesa verso lo Stato ad una prestazione positiva, il diritto di libertà religiosa del cittadino, postula, invece, la pretesa di una prestazione negativa, sia da parte dello Stato che degli altri cittadini, tenuti ad astenersi da quegli atti che possono impedirne il libero esercizio.

Fatta questa premessa possiamo dire che il generico diritto di libertà religiosa, di fatto finisce per acquisire tutta una serie di contenuti concreti, quali:

1. la libertà di fede, ossia l'autonomia concessa a ciascun individuo di scegliere il proprio credo  religioso, ovvero di non professare alcun credo (c.d. libertà di ateismo);

2. la libertà di culto, cioè la libertà di ciascun individuo di esercitare il proprio culto religioso;

3. la libertà di propaganda religiosa che si concretizza nella facoltà di ciascun individuo di esternare il proprio credo religioso divulgandolo - sia in pubblico che in privato - con opere di proselitismo;

4. costituire o appartenere ad associazioni di carattere religioso, che non possono essere soggette a speciali limitazione legislative, né a speciali gravami fiscali per la loro costituzione, capacità giuridica ed ogni forma di attività per il solo fatto di possedere un carattere ecclesiastico o perseguire un fine di religione o di culto (art. 20 Cost.)

L'unico limite che espressamente l'art. 19 Cost. pone all'esercizio della libertà religiosa è rappresentato dal divieto di riti contrari al buon costume. Questa espressione è stata intesa da taluni in maniera restrittiva come esclusione della legittimità dei riti che offendono la libertà, il pudore e l'onore sessuale, e da altri in modo più ampio intendendola come esclusione della legittimità dei riti contrari al sentimento etico. Si tratta di un concetto elastico caratterizzato da relatività storica.

 

La libertà di fede

Il principale aspetto che caratterizza la libertà di religione è rappresentato dall'ampia autonomia di professare la propria fede religiosa che lo Stato si impegna a promuovere e garantire all'interno dell'ordinamento giuridico.

La libertà di fede si identifica innanzitutto con il diritto concesso a ciascun individuo di professare qualunque fede, di mutare convincimento, di non professare alcuna fede, di manifestare nei confronti del fenomeno religioso un atteggiamento di indifferenza e di scetticismo, senza che ciò comporti alcuna conseguenza o discriminazione. Anche la libertà religiosa negativa (c.d. libertà di ateismo) può essere ricompresa nella libertà religiosa e godere della stessa tutela riconosciuta dall'art. 19 Cost.

Titolari di tale libertà sono innanzitutto tutti gli individui, non solo cittadini, ma anche le formazioni sociali le quali abbiano una connotazione religiosa. Relativamente ad esse l'art. 20 della Costituzione vieta di imporre limiti ad enti per il loro fine religioso.

Tale diritto risulta intimamente connesso:

- al diritto di libertà di pensiero ed opinione sancito dall'art. 21 Cost. in base al quale "tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione";

- al diritto di riunione e associazione che si sostanzia nella facoltà di riunirsi con altre persone a scopo religioso in maniera pacifica così come sanciscono gli artt. 17 e 18 della Costituzione.

Il diritto di libertà religiosa non si identifica unicamente in un diritto di libertà positiva che lo Stato di volta in volta si impegna a realizzare concretamente, ma si sostanzia anche in una libertà negativa nella quale si fa rientrare l'ateismo, vale a dire la facoltà di non professare alcuna fede e a non ricevere alcun indottrinamento religioso: anche questo diritto viene ricompreso nelle fattispecie garantite dall'art 19 Cost.

Per questi motivi, quando di parla di libertà religiosa, oggigiorno tale locuzione va intesa nel più ampio senso di libertà di coscienza.

 

L'esercizio del culto

Altro essenziale diritto connesso all'ampia nozione di libertà tracciata dall'art 19 Cost. è quello inerente la "libertà di culto", consistente in quella specifica e piena libertà di celebrare, in pubblico o in privato, i riti della propria confessione.

Ampia risulta la normativa posta a sostegno di tale libertà: valga come esempio per tutti la disciplina penale che punisce coloro i quali impediscono o turbino una funzione religiosa, quando questa si svolga in un luogo destinato al culto o con l'assistenza di un ministro di culto (artt. 405 e 406 codice penale).

 

Libertà di propaganda religiosa

La libertà di propaganda è la libertà di fare proseliti mediante libri e altri mezzi di esternazione del pensiero, attraverso la negazione del fondamento dogmatico della fede altrui o l'esaltazione della propria fede e, laddove possibile, convincendo gli altri ad aderirvi.

La libertà religiosa, intesa nella sua accezione attiva si identifica innanzitutto con il diritto alla libera formazione della propria coscienza, il quale presuppone come necessario background un sistema ordinamentale effettivamente neutrale nei confronti del fenomeno religioso ed una effettiva eguale libertà delle confessioni religiose. Sulla base di tali premesse, nasce in ogni soggetto un vero e proprio diritto all'informazione esercitabile in quelli sedi (scuole, editoria, radiotelevisione) dove più forte è la trasmissione dei valori, delle notizie, dei propri valori.

 

Le associazioni aventi carattere religioso

La libertà di religione deve essere garantita anche alla sua dimensione collettiva e dunque va riconosciuta la piena titolarità di diritti alle comunità religiose, intese come formazioni sociali in cui i singoli si riuniscono per l'esercizio comune del culto.

L'art. 20 cost. impone che il carattere ecclesiastico o il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.

Alcuni studiosi affermano che lo Stato, al fine di incrementare le proprie entrate, non può imporre speciali gravami fiscali a carico degli enti ecclesiastici o di associazioni ed istituzioni religiose o di culto. E' invece legittima l'imposizione fiscale che le confessioni religiose decidano di imporre ai propri aderenti.

 

Salvo Celeste

 

Letture consigliate: La libertà religiosa a sessant’anni dalla Costituzione di Silvio Troilo

                               Dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis Humane

Letto 10300 volte Ultima modifica il Mercoledì, 10 Aprile 2013 10:03

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