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Lunedì, 19 Aprile 2010 00:06

In Africa occidentale: Cristo, il "proto-antenato"

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Autenticamente cristiani e autenticamente africani. Si può. Anzi, si deve.

Per conoscere lo sviluppo della teologia africana non si può prescindere da African Theology: Inculturation and Liberation (1993) del teologo presbiteriano ghaneano Emmanuel Martey: un brillante e riuscito tentativo di valutazione critica delle produzioni teologiche nero-africane dei primi 40 anni d'indipendenza. Mentre offre una panoramica delle teologie nero-africane contemporanee, l'autore si prefigge lo scopo di leggere la quasi totalità delle produzioni come «un lungo e paziente processo di appropriazione teologica, ermeneutica e politica della fede cristiana da parte degli africani», alle prese con le numerose difficoltà e sofferenze che caratterizzano le società nero-africane a sud del Sahara nel post-indipendenza. Organizzato in cinque densi capitoli, con una corposa introduzione e un'interessantissima conclusione, il libro offre anche ben 58 pagine di bibliografia: una miniera di preziose informazioni che tracciano la genesi, gli sviluppi, le difficoltà e i rinnovamenti riscontrabili nei teologi africani contemporanei.

L'intento di Martey è di andare oltre le superficiali (e, a volte, ideologiche) differenze riscontrabili nei diversi autori. Superando la tradizionale classificazione di "teologia dell'inculturazione" (quella sviluppata dai teologi dei paesi subsahariani, sia francofoni che anglofoni) e "teologia della liberazione" (elaborata dai teologi del Sudafrica razzista), Martey giudica le due tendenze come correnti di uno stesso processo dialettico di appropriazione della fede cristiana. Dopo tutto, reclamare il diritto di essere «autenticamente cristiani e autenticamente africani» non è forse il primo passo verso la liberazione che Cristo dona all' Africa?

IDENTITA’ E FEDE
Costantemente preoccupato dell'identità cristiana africana, in Christianity in Africa: The Renewal of a non-Western Religion (1995), Kwame Bediako, il noto teologo presbiteriano ghaneano scomparso nel giugno 2008, riflette sulle sfide che la fede in Cristo ha dovuto e deve tuttora affrontare nell'Africa contemporanea. Costante in lui la domanda: come riconciliare e fare dialogare le religioni tradizionali africane e il cristianesimo impiantato nel continente con una veste occidentale? Solo una sincera e coraggiosa risposta a questa domanda potrà indicare i percorsi verso il fiorire di una fede cristiana in linea con le profonde strutture spirituali, simboliche e religiose delle culture locali. Tra queste strutture, l' onnipresenza degli antenati e l'intricata dialettica tra il mondo invisibile degli spiriti e il mondo visibile costituiscono un delicato - ma inevitabile - luogo teologico nella ricerca di un carattere nero-africano della fede in Cristo.

Grande conoscitore della storia del cristianesimo, Bediako è stato un forte assertore dell' opposizione tra la razionalità "olistica e religiosa" degli africani e quella "strumentale e unidimensionale" degli occidentali: l'intero processo d'incubazione della fede cristiana nell'Africa post -coloniale è stato contrassegnato dal contrasto tra queste due mentalità. L'innegabile monoteismo delle religioni africane (al di là delle mille accuse di politeismo mosse dagli occidentali) va tenuto sempre presene quando si analizza l'incidenza che le credenze e le pratiche religiose tradizionali hanno sulla vita dei cristiani africani di oggi. Se non c'è che un unico Dio per Israele e le altre nazioni, bisogna allora affermare l'identità teologica tra il Dio delle religioni tradizionali africane e il Dio di Gesù Cristo.

L'avvento di Cristo in Africa consente agli africani d'identificare colui che è l'inviato di Dio per eccellenza e che conduce le loro religioni alla perfezione. La fede, pertanto, dovrà essere centrata sul Cristo. Lo si potrà anche definire come "antenato" o "proto-antenato" (vedi il congolese Bénézet Bujo, Nyamiti, Mbiti e altri), ma la sua venuta nel mondo africano dovrà «decentrare e relativizzare sensibilmente la mediazione soteriologica degli antenati», senza peraltro congedarli dalla scena religiosa africana.

CATEGORIE EUROPEE
Anche Theology in Africa (1986) di Kwesi A. Dickson, pastore metodista ghaneano, già presidente della Conferenza delle chiese di tutta l'Africa (Ceta), morto nel 2005 , è un ragionato resoconto delle questioni, difficoltà e sfide epistemologiche riscontrabili nelle opere dei principali teologi africani.

Uno l'interrogativo che fa da filo conduttore delle sue riflessioni: a quali condizioni il cristianesimo può essere autenticamente africano e, al contempo, del tutto fedele al Vangelo di Gesù Cristo? In "The Theology of the Cross in Context", uno dei suoi ultimi studi, pubblicato sul Journal of African Christian Thought (giugno 2003), confessava ancora la sua costante preoccupazione per una teologia cristiana autenticamente africana.

Per Dickson, l'espressione "teologia africana" sta a indicare gli sforzi intrapresi da comuni cristiani e teologi d'Africa per appropriarsi del messaggio di Gesù Cristo, che hanno saputo cogliere al di là delle gravi ambiguità dovute alla collusione tra colonizzazione e evangelizzazione. È innegabile che, nei decenni seguiti all'indipendenza, molti africani hanno trovato nella fede cristiana le risorse spirituali e morali per affrontare con coraggio e dignità tremende "crocifissioni". Per oggi e per domani, la riflessione teologica degli africani dovrà svilupparsi secondo una logica sempre più "cristocentrica", per poter cogliere l'essenziale del messaggio di Gesù Cristo, spogliandolo delle categorie di pensiero legate alla cultura europea nelle quali è stato loro trasmesso dai missionari occidentali.

Un'attenzione tutta particolare va data alle chiese africane indipendenti, di tendenza evangelico-pentecostale, che da sempre attirano milioni di africani delusi delle chiese missionarie, e alle nuove sette carismatiche, apparentemente più sensibili ai problemi spirituali e materiali dell’Africa postcoloniale di quanto non lo sono mai state le chiese cattoliche e protestanti storiche.

di Benoît Awazi Mbambi Kungua
Dossier Nigrizia


TEOLOGIA CRISTIANA AKAN
John Samuel Pobee, anglicano ghaneano, professore di Storia della chiesa e di Studi neotestamentari all'Università del Ghana, ha scritto numerose opere: Religion in a Pluralistic Society (1976), Towards an African Theology (1979),Teology by the People: Reflections on Doing Theology in Community (ed, con Samuel Amirtham, 1986), Who Are the Poor? The Beatitudes as a Call to Community (1987), Religion and Politics in Ghana (1991), Exploring Afro-Christology (ed, 1992), Towards Viable Theological Education. Ecumenical lmperative, Catalyst of Renewal (1997), African initiatives in Christianity (con Gabriel Osilelu, 1998),
In Toward an African Theology, si cimenta nel difficile compito (a detta di molti, riuscito) di esprimere i misteri della fede cristiana nelle categorie culturali del popolo akan, Pobee è, però, convinto che non si possa fare l'opposto, cioè (ri)trascrivere la visione del mondo africano dentro categorie cristiane, in quanto «il cristianesimo oppone resistenze di natura teologica a certi valori culturali e religiosi africani», Dà per scontato che esistano aspetti della fede cristiana «non negoziabili e intoccabili», La croce di Cristo - Senza la quale non esisterebbe il cristianesimo - è uno di questi, Il primo compito della missione consiste nel predicare il Vangelo agli uomini affinché essi producano frutti che durino per sempre, Le questioni riguardanti la giustizia sociale e i diritti dell'uomo, sebbene importanti, sono di secondo ordine.


UN EVANGELICO”CONSERVATORE”
Byang Kato, nato nel 1936 in Nigeria e morto per annegamento nell'Oceano Indiano durante una vacanza in Kenya nel 1975, due anni dopo essere stato nominato segretario generale dell'Associazione degli evangelici d'Africa e Madagascar (Aeam), viene definito da molti "il fondatore della teologia evangelica africana". Le sue principali tesi teologiche sono riassunte in Theological Pitfalls in Africa (1975), in cui ha stigmatizzato con virulente polemica quelle che egli definiva "trappole teologiche" e che gli era sembrato di riscontrare in alcune correnti del cristianesimo contemporaneo in Africa.
Feroci le sue critiche contro l'ecumenismo liberale, il relativismo teologico e il sincretismo di alcuni colleghi teologi. Davanti alla rapida e consistente crescita dei cristiani in Africa, cominciata all'indomani della Seconda guerra mondiale, Kato chiama a raccolta gli evangelici africani perché denuncino il relativismo e l'universalismo che sottendono gli sforzi dei «fanatici dell'ecumenismo e del dialogo interreligioso». Per lui, la provenienza e il radicamento afro-asiatici del cristianesimo devono essere chiaramente affermati se si vogliono combattere le tendenze" eretiche" in voga in Africa e nel mondo intero. Il solo modo di evitare queste "trappole teologiche" è offrire ai cristiani evangelici delle giovani chiese africane una solida teologia biblica.

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