Oltre la paura
di Giuseppe Scattolin
«Ho letto il libro “Vincere la paura” di Magdi Allam, vicedirettore del Corriere della Sera. Partendo dalla sua esperienza personale, Magdi Allam presenta il fenomeno del fondamentalismo islamico come un grave pericolo per la civiltà occidentale - anzi per la civiltà umana tout court - e denuncia la miopia delle politiche occidentali, che non si sono rese conto della gravità di tale pericolo e, sotto il pretesto delle garanzie giuridiche di uno stato democratico, hanno accolto veri e propri banditi, i quali si propongono la distruzione di ogni forma di stato democratico. Magdi Allam proclama di essere "musulmano e laico", convinto, cioè, sia del suo islam che della sua laicità. Egli cita anche un certo numero di pensatori musulmani, che propongono una riforma nell'islam e formano, a suo parere, la vera speranza per il futuro dell'islam.
Che ne pensa? È veramente possibile essere musulmano e laico?».
Sandra Rovelli - Bergamo
Certamente il libro “Vincere la paura - La mia vita contro il terrorismo islamico. L'incoscienza dell’Occidente”, di Magdi Allam (Mondadori 2005) presenta molti punti di interesse. Prima di tutto, è importante la sua esperienza personale, maturata attraverso varie tappe, fino alla sua presente visione della possibilità - anzi della necessità - di una coniugazione positiva fra islam e laicità.
Bisogna, inoltre, sottolineare il fatto che egli vive tale convinzione in una situazione a rischio. Alcuni imam delle comunità islamiche in Italia, infatti, lo hanno condannato come apostata. Una condanna che equivale a una sentenza di morte. Per tale ragione, Allam deve vivere sotto la costante protezione di una scorta armata, assicuratagli dalla polizia italiana.
Magdi Allam propone, con convinzione, la sua esperienza personale di musulmano e laico: musulmano, per quanto riguarda le grandi verità di fede; laico, per quanto riguarda i rapporti sociali e comunitari all'interno di uno stato che ha, come suo primo dovere, quello di assicurare il rispetto assoluto della vita umana di tutti, al di là delle varie appartenenze ideologiche e religiose. Tuttavia, egli afferma che, se determinate appartenenze ideologiche e religiose contengono principi che negano i diritti umani fondamentali riconosciuti a ogni persona umana, è necessario che lo stato intervenga per bloccare sul nascere l'espandersi di tali movimenti nichilisti.
Fra questi, egli mette in primo piano gli odierni movimenti islamisti fondamentalisti, come i Fratelli Musulmani, al-Qaida e altri simili, che egli qualifica come "nichilisti", poiché negano i diritti fondamentali della persona, in particolare la libertà di coscienza. Contro di essi, lo stato deve lanciare una "campagna preventiva di lotta", per non essere, un giorno, fagocitato da essi e dalle loro abili manovre di penetrazione sociale a tutti i livelli.
Questa l'accusa che Magdi Allam lancia contro gran parte delle politiche occidentali nei riguardi dei movimenti islamici. Egli condanna un certo "pacifismo irresponsabile", che, sotto la nobile parola "pace", propone, in realtà, un disarmo unilaterale di fronte alle manovre di propaganda e di conquista tipiche di questi movimenti islamici militanti ed estremisti. In questo modo, le società libere si espongono alla capitolazione di fronte alla violenza nichilista dei movimenti islamisti. L'Europa ha già conosciuto simile tragica esperienza con i fenomeni del nazismo e del fascismo.
Alla fine del suo lavoro, Magdi Allam menziona un certo numero di pensatori musulmani contemporanei che, spesso a rischio della propria vita, propongono una radicale riforma dell'islam "teocratico" in favore di un islam "laico". Per l'autore, questa è l'unica speranza per un futuro migliore dell'islam e dell'umanità tutta. Come i lettori potranno ricordare, si tratta di argomenti di grande interesse e che sto trattando da tempo su queste pagine. Concordo con Magdi Allam quando afferma che la violenza nell'islam non è (o non è solo) reattiva, nel senso che non è provocata dal colonialismo europeo o dall'imperialismo americano (come una miope analisi del fenomeno islam, in particolare da parte di alcune frange che egli taccia di «pacifismo irresponsabile», continua a fare credere). La violenza, invece, proviene dall'interno dell'islam, dalla sua storia.
Mi pare, però, che l'analisi di Magdi Allam si arresti qui. L'autore non propone un chiaro percorso che il pensiero islamico dovrebbe fare per uscire dal vicolo cieco della violenza.
La buona volontà personale, anche se pagata a caro prezzo, non basta. Come ho più volte sottolineato, occorre, innanzitutto, che intellettuali e i responsabili della cultura e delle società islamiche intraprendano una rilettura seria e critica del proprio passato per liberare la memoria islamica dai demoni della violenza. In secondo luogo - ma qui il discorso si fa estremamente delicato e rischioso - bisogna avere il coraggio di proporre una nuova esegesi dei testi fondanti dell'islam, cioè il Corano e le Tradizioni del Profeta Maometto (sunnah e hadith).
Troppo spesso, l'esegesi di questi testi è stata monopolizzata dai giuristi musulmani (ulema), che hanno fatto dell'islam la religione dello storico imperialismo religioso islamico. È necessario "liberare" il messaggio originale dalle pastoie dell'islam politico, che ha fatto della religione uno strumento di potere. Non può non insospettire il fatto che gli ulema siano stati, spesso e volentieri, in lotta tra loro, sebbene ciascuno di essi fosse convinto di essere "il rappresentante di Dio sulla terra", "la sua ombra estesa sul mondo" "il suo porta-parola incaricato di guidare la comunità dei credenti"...
Non mi pare che oggi esista un consenso su una nuova esegesi dei testi fondamentali dell'islam tale da portare questa fede a conciliarsi con i diritti della persona umana quali la nostra coscienza moderna richiede. Data l'autorità che s'è ormai guadagnata grazie alla sua chiaroveggenza e coraggio, forse non sarebbe male proporre a Magdi Allam di farsi lui stesso il portavoce di un vero "islam riformista" e - perché no - di convocare convegni in cui sia data piena libertà di parola ai rappresentanti di questo islam "riformista e liberale", assieme alla garanzia, per quanto possibile, di non essere immediatamente ostracizzati e eliminati dai rappresentanti dell'islam "estremista-militante-militare".
(da Nigrizia, settembre, 2005, p. 78)