Ecumene

Sabato, 20 Agosto 2011 20:37

I percorsi concreti del servizio al mondo (Simone Morandini)

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Il decreto conciliare riafferma la cooperazione in campo sociale come spazio di testimonianza comune della speranza cristiana. La ricerca della comunione tra le Chiese si intreccia, infatti, con quella dell’unità dell’umanità e quindi con l’impegno per la giustizia, la pace, la cura e a salvaguardia del creato. Analizziamo alcuni documenti relativi al tema.

Nell’esplorare le diverse dimensioni della collaborazione ecumenica, Unitatis redintegratio si sofferma al n. 12 sulla «cooperazione in campo sociale», come spazio di testimonianza comune «della speranza nostra, che non inganna». In essa, sottolinea il documento conciliare, i cristiani esprimono «vivamente quella unione, che già vige tra di loro», in una forma che evidenza «il volto di Cristo servo». Numerose sono le aree in cui essa può esprimersi: tra di esse si citano la promozione della dignità della persona umana, la promozione del bene della pace, l’applicazione sociale del Vangelo, la lotta alla fame, all’analfabetismo e all’ingiusta distribuzione dei beni.

Il movimento “Vita e Azione”

UR 12, in effetti, non fa che riconoscere la rilevanza di una dinamica presente fin dalle prime fasi del movimento ecumenico. Già nel primo dopoguerra, infatti, tra i soggetti che iniziavano a esplorare cammini di comunione tra i cristiani, si collocava il movimento “Vita e Azione”, dedicato proprio all’approfondimento della dimensione sociale del Vangelo. Certo, c’era una certa ingenuità nella sua prospettiva: oggi appare ben difficile mantenere la convinzione che “la dottrina divide, l’azione unisce”, ma ciò non può far sottovalutare la generosità della speranza che animava i pionieri del movimento. E, tra l’altro, proprio a un convegno promosso da “Vita e Azione” che Dietrich Bonhoeffer formulerà nel 1934 l’auspicio di un concilio autenticamente ecumenico, nel quale le Chiese cristiane potessero assieme annunciare l’Evangelo della pace a un mondo in guerra.

Nel Cec: Sodepax e Jpic

Nel 1948 “Vita e Azione” confluirà nel Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), dando vita alla sottounità Chiesa e Società, che per molti anni proseguirà la riflessione su tali tematiche Vi sono, però, anche due momenti in cui la collaborazione ecumenica in tale campo si estenderà al di là dello stesso Cec. Da un lato, nei primi anni ‘70, l’attenzione comune per lo sviluppo che caratterizzava Consiglio ecumenico e Chiesa cattolica (si pensi alla Populorum progressio) portava all’avvio dell’esperienza di Sodepax, organismo congiunto dedicato alla cooperazione alla pace, lo sviluppo e la solidarietà. La sua intensa attività, rivolta prevalentemente ai Paesi in via di sviluppo, avrà però vita breve: nel1980 le difficoltà legate. alla diversa natura dei due organismi promotori determinarono la conclusione del progetto.
Un secondo momento di forte attenzione per la collaborazione ecumenica sui temi sociali ha preso avvio nel 1984 con la convocazione da parte della VI Assemblea del Cee, dedicata a “Gesù Cristo, vita del mondo”, di un “processo conciliare” teso a impegnare le Chiese nei confronti delle minacce alla vita nelle aree della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato (justice, peace and integrity of creation: Jpic). Ben presto si comprese l’impossibilità di continuare a utilizzare il linguaggio conciliare, ma la dinamica che si attivò vide una forte mobilitazione dei credenti delle diverse Chiese e una serie di incontri ecumenici a livello di macroregioni. Di particolare importanza, in tal senso, la I Assemblea ecumenica europea, svoltasi a Basilea nel 1989 col titolo “Pace con Giustizia”.
Purtroppo di nuovo le differenze d’impostazione .e la diversità degli approcci teologici resero problematica la collaborazione, impedendo un pieno coinvolgimento della Chiesa cattolica nella fase finale. La Convocazione ecumenica di Seul del 1990, infatti, vide sì un’ampia presenza di cattolici dei vari continenti, ma la partecipazione cattolica ufficiale fu limitata a un pur consistente gruppo di osservatori, mentre anche la componente ortodossa formulò alcune critiche all’impostazione della Convocazione. Le dieci affermazioni di Seul restano comunque come un passaggio importante per l’etica sociale ecumenica, che spesso vi fa riferimento in diversi contesti.

Chiesa-mondo: assunzione di precise responsabilità

In parallelo con tali dinamiche, immediatamente orientate alla collaborazione ecumenica, si sviluppava anche una riflessione teologica sul suo significato in vista del cammino verso la comunione ecclesiale. In questo senso andava, in particolare, il progetto di studio che a partire dagli anni ‘70 la Commissione teologica Fede e Costituzione ha dedicato al rapporto tra “Unità della Chiesa e unità del genere umano”.
Il testo finale Chiesa e mondo. Unità della Chiesa e rinnovamento della comunità umana del 1990 interpreta l’azione dei credenti per la giustizia e la pace come espressione di una comunità che opera come segno profetico, manifestando nella prassi la salvezza sperimentata. Ancora negli anni ‘90 gli studi su “Etica ed ecclesiologia” sottolineeranno che l’autentica unità della Chiesa si dà solo “a caro prezzo”, in una seria assunzione delle istanze di pace e giustizia dell’umanità.
Forse, però, l’area nella quale la riflessione ecumenica ha prodotto i risultati più interessanti è quella legata alle questioni ambientali. Già nel 1974, in effetti, la sottounità Chiesa e Società formulava la nozione di “società sostenibile”, poi entrata nel linguaggio corrente per la trattazione dei temi ecologici. La preoccupazione per le generazioni future diventava così componente qualificante dell’etica ecumenica in campo sociale. A partire dagli anni ‘90, poi, ad essa si affiancava una riflessione via via più attenta al valore intrinseco del mondo: è la creazione di Dio, sette volte buona (Gen 1), e come tale meritevole di tutela.

Conclusione

Più che esplicitare i contenuti teologici di UR 12, abbiamo preferito presentare alcuni percorsi concreti, nei quali ha trovato espressione in questi decenni la collaborazione e la riflessione ecumenica in ambito etico-sociale. Anche per questo abbiamo privilegiato iniziative e documenti legati al Consiglio ecumenico delle Chiese, che ha accentuato. il valore del servizio ecumenico al mondo. La ricerca della comunione tra le Chiese si intreccia qui con quella dell’unità della comunità umana; l’impegno per la giustizia, la pace e il creato appaiono così come espressioni di uno shalom che ha le dimensioni della creazione tutta.

Simone Morandini

docente di teologia all’istituto di Venezia; fa parte di “Responsabilità per il creato” Ufficio per i problemi sociali e del lavoro della Cei


(da Vita Pastorale, dicembre 2005)


INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Per i singoli temi si vedano le voci del Dizionario del Movimento Ecumenico, EDB 1994, Bologna. Il pensiero sociale ecumenico fino al 1968: Abrecht P., “I problemi sociali nel pensiero e nell’azione del movimento ecumenico”, in Fey I-I. E. (a cura di), Storia del Movimento Ecumenico, vol. IV, L’avanzata ecumenica (1948-1968), EDB 1982, Bologna, pp. 489-539; per il periodo successivo: Mudge L.S., “Ecumenical Social Thought”, in History of the Ecumenical Movement, voi. III, WCC, Ginevra 2004, pp. 280-321. I testi delle assemblee dei Cec: Rosso S., - Turco E. (a cura), Enchiridion Oecumenicurn. Documenti del dialogo teologico interconfessionale (vol. 5). Consiglio ecumenico delle Chiese. Assemblee generali 1948-1998, EDB 2001, Bologna. I materiali delle assemblee di Basilea e Seoul: Filippi A. (a cura di), Basilea: giustizia e pace. I documenti e un’interpretazione, EDB 1989, Bologna; Id., Seoul, giustizia, pace e salvaguardia del creato, EDB 1990, Bologna.

 

Letto 3098 volte Ultima modifica il Venerdì, 02 Settembre 2011 14:04
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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