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Giovedì, 18 Marzo 2010 21:08

1a Sezione - Umiltà

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I MOMENTO

 

L’umiltà rifiuta il formalismo, l’autosufficienza orgogliosa, il servilismo, la rassegnazione, la bramosia.

L’umiltà un modo di essere e di relazionarsi; caratterizza l’uomo nel modo di valutare ed accogliere se stesso e nella posizione che assume nel mondo e di fronte a Dio.

In relazione a se stessi è moderazione e nella presunzione di sé e nell’orgoglio nei confronti di Dio; sradica le tendenze all’autosufficienza idolatria per condurre ad un fiducioso abbandono a Dio.

Già nell’antico testamento il profeta Sofonia, su uno sfondo di decadenza nazionale.

 

scrive: “Cercate il Signore

voi tutti, umili della terra,

che eseguite i suoi ordini;

cercate la giustizia

cercate l’umiltà” (Sof 2/3)

 

mettendo in parallelo la giustizia con l’umiltà ed opponendola all’orgoglio

 

“…e tu cesserai di inorgoglirti

……………………………….

farò restare in mezzo a te

un popolo umile e povero

confiderà nel nome del Signore

il resto di Israele” (Sof 3/12)

 

Il profeta ha avuto una intuizione decisione e gradualmente una tendenza spirituale raccoglierà i disorientati di fronte ai disastri che il paese attraversava.

La loro sete di pace, giustizia non si confonderà su mezzi umani, ma sulla fiducia a Dio.

Costoro sono umili che credono in Dio, si abbandonano a lui, da lui attendono la liberazione.

Anche Geremia scriverà in questo senso, ed ugualmente il Deutero Isaia al termine dell’esilio ed il cosiddetto “Trito-Isaia” nel contesto degli oracoli del ritorno scriverà:

“su chi volgerò lo sguardo?

Sull’umile e su che ha lo spirito contrito

E su chi teme la mia parola” (Is 66/2)

 

Ed infine il messia del profeta Zaccaria riassumerà in sé quell’umiltà di cui Sofonia e successori avevano fatto una caratteristica del Resto di Israele.

“Ecco, a te viene il tuo re.

Egli è giusto e vittorioso,

umile, cavalca un asino…” (Zac 9/9)

 

 

II° MOMENTO

 

Ma sarà soprattutto nel libro dei Salmi che verranno espressi i sentimenti e le speranze degli umili:

Salmo 149/4 “Il Signore ama il suo popolo, incorona gli umili di vittoria”.

Salmo 25/9 “Guida gli umili secondo giustizia, insegna ai poveri le sue vie”.

Salmo 69/33 “Vedano gli umili e si rallegrino, si ravvivi il cuore di chi cerca Dio”.

 

I personaggi ispirati d’Israele, profeti e salmisti, hanno facilitato una maturazione in questo senso: non idee di grandezza o di dominio, non disperazione, né fatalismo rassegnato, ma l’atteggiamento umile di chi ripone in Dio la propria sicurezza.

Nel nuovo Testamento, in generale, si desume che via “umile” è il cammino che Dio ha scelto e predilige e nel quale introduce i poveri ed i piccoli, coloro che privilegia a scapito dei ricchi e dei potenti.

 

Il lettore che desidera fare un approfondimento può riferirsi ai seguenti testi neotestamentari:

 

  • Sull’opposizione tra umili e orgogliosi, tra abbassare ed elevare

Mt 23/12

Lc 1/52; 14/11; 18/14

2 Cor 11/7

Gc 1/9-10; 4/10

1 Pt 5/6

 

  • Sulla vita di Dio

Mt 5/3

Lc 6/20

 

  • Sull’atteggiamento che caratterizza Gesù

Mt 11/29

 

  • Sulla via che egli ha percorso fino alla fine

Fil 2/8

 

Approfondendo molto sinteticamente, alcuni aspetti, troviamo che l’evangelista Luca pone sulle labbra di Maria il Canto del Magnificat nel quale risuonano le attese dei “poveri” di Israele e dove riecheggiano le loro più antiche speranze già espresse nel Cantico di Anna (1 Sam 2/1-10).

Un cantico che è il grido di gioia di quel popolo povero ed umile, capace di attendere, sperare, cercare ed accogliere, sul quale Yahvè aveva promesso di riversare la gioia messianica:

“Udranno in quel giorno i sordi le parole di un libro;

……………………………………………………..

gli umili si rallegreranno di nuovo del Signore,

i più poveri gioiranno nel Santo d’Israele.

Perché il tiranno non sarà più ………..,

saranno eliminati quanti tramano iniquità,

………………………………………….

Quanti ………………………………….,

rovinano il giusto per un nulla” (Is 29/18-21).

 

Nel momento che segue approfondiamo questo tema in relazione alla figura di Gesù.

 

 

III° MOMENTO (prima parte)

 

Colui che infatti realizza il tipo di umile per eccellenza, lui che costituisce il vertice degli anawim è Cristo, il “servo di Jahvè”, nel quale non solo Israele, ma tutto il genere umano si riconosce dipendente da colui che lo ha creato.

Non più dunque un messia guerriero, dominatore, rivestito di regalità, ma un servo, di cui ci parla i Salmo 22, salmo nel quale gli evangelisti hanno visto descritti in anticipo parecchi episodi della passione:

“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

 

mi scherniscono quelli che mi vedono,

storcono le labbra, scuotono il capo:

“Si è affidato al Signore, lui lo scampi”;

 

come acqua sono versato,

sono slogate tutte le mie ossa

 

essi mi guardano, mi osservano:

si dividono le mie vesti,

sul mio vestito gettano la sorte.

 

I poveri mangeranno e saranno, saziati,

loderanno il Signore quanti lo cercano” (Sal 22)

 

Sarà il messia sofferente quale ci viene presentato anche dal profeta Isaia:

 

“Ecco il mio servo che io sostengo,

il mio eletto in cui mi delizio.

Ho posto il mio spirito su di lui;

egli porterà il diritto alle nazioni.

Non griderà né alzerà il tono,

non farà udire in piazza la sua voce,

non spezzerà una canna incrinata,

non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta”. (Is 42,1-3)

 

“…ho presentato il dorso ai flagellatori,

la guancia a coloro che mi strappavano la barba;

non ho sottratto la faccia agli insulti ed agli sputi”. (Is 50, 6)

 

Non si parla più dunque di armi imbattibili, ma di sofferenze e di povertà volontarie, di abbassamento, di “kenosis”.

Servo sofferente, umile, povero, il Messia porterà il Vangelo ai poveri, consolerà gli afflitti, aprirà gli occhi ai ciechi.

Egli ha voluto essere povero e fare della povertà la condizione indispensabile per l’ingresso nel Regno.

All’inizio del suo ministero, infatti, dichiarerà si sé, leggendo il libro del profeta Isaia:

“Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato

con l’unzione, e mi ha mandato per portare ai poveri un lieto messaggio” (Lc 4,18-19)

e in un secondo momento, in apertura del discorso della Montagna, inizierà proprio con le parole: “Beati i poveri…” (Mt 5,3)

 

III° MOMENTO (seconda parte)

 

Venuto ad annunziare ai poveri la Buona Novella, ad offrire loro il Regno, la sua condizione umana fu un impoverimento non facilmente descrivibile.

 

Dirà di Gesù S. Paolo:

“pur essendo di natura divina,

non considerò un tesoro geloso

la sua uguaglianza con Dio;

ma spogliò se stesso,

assumendo la condizione di servo

e divenendo simile agli uomini;

apparso in forma umana,

umiliò se stesso

facendosi obbediente fino alla morte

e alla morte di croce.

Per questo Dio l’ha esaltato

e gli ha dato il nome

che è al di sopra di ogni altro nome” (Fil 2,5-9)

 

“Cioè Cristo si è privato della gloria che gli competeva come uguale a Dio e si è umiliato; in questa “privazione di gloria – umiliazione” entra la povertà. Cristo povero vive in obbedienza a Dio, in accettazione libera della povertà (Fil 2,7-9). Ma, per l’intervento di Dio si ha un rovesciamento di posizioni: la kenosis-tapeinosis, conduce alla doxa (2 Cor 8-9)” (Kenose, D.d.Sp.).

Prendendo così una natura inferiore, quella di schiavo, il Salvatore non solo abbandona la maestà divina e gli onori divini ai quali ha diritto come Dio, ma accetta di condurre una vita veramente umana, di essere riconosciuto esteriormente come uomo attraverso l’intero corso di una vita di obbedienza, di umiliazione e di dolori. Così lo spogliamento, di cui l’apostolo fa un esempio di abnegazione per i Filippesi, avvolge di sé non solo il fatto dell’incarnazione, ma tutte le conseguenze della vita di umiliazione e di obbedienza accettate da Cristo in vista della salvezza.

Gesù, vita, luce e maestro, ci ha indicato, ponendosi come modello ed aiuto vitale, la via che il discepolo deve seguire.

L’ “umile”, infatti spoglio di se stesso e di interessi personali, sa abbandonarsi, anche nella notte della fede; sa rinunziare alle proprie idee, sa mettere da parte i propri progetti per ricercare ed accettare il progetto di Dio, facendo del restante “tabula rasa” per essere veramente un umile strumento nelle mani di Dio.

Il fatto che Cristo si sia “umiliato” accettando la forma di “schiavo”, diventando obbediente fino alla morte, ha spiritualmente ritmato, con vicende alterne, attraverso i secoli, la vita della Chiesa. Fin dal tempo degli Apostoli la trasmissione del messaggio di Cristo è avvenuta non solo attraverso la parola e la predicazione, ma anche incarnando, nella propria vita, Cristo povero ed umile. Il rifarsi a tale immagine, pur tra alti e bassi, fedeltà e eresie, è sempre stato costante nella storia cristiana.

 

Letto 6883 volte Ultima modifica il Venerdì, 11 Novembre 2011 12:42

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