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Martedì, 02 Giugno 2015 16:59

Anno B: Mc 6, 45 – 7, 23

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"La Messa, occasione di ...

catechesi della Parola"

Vangelo secondo Marco


Dopo il pasto, Gesù ordina ai discepoli di salire in barca

e di fare rotta verso Betsaida, in terra pagana. Intanto lui, per evitare il rischio di un messianismo trionfalista, congeda la folla che voleva proclamarlo re e si ritira su un monte a pregare.

La barca nei vangeli sta ad indicare la comunità in cammino, un gruppo attivo di seguaci di Gesù; è usata nelle traversate dai discepoli che sono su di essa, e in Marco di solito il viaggio termina, come in questo brano, in terra pagana.

Questo viaggio simboleggia anche la difficoltà, senza il Signore, della comunità in cammino: ma Gesù va da loro camminando sulle acque, che nella Bibbia (Gb 9,8) è privilegio divino, manifesta così ai discepoli la sua condizione divina. La presenza di Gesù Dio rende il cammino della comunità più sereno e sicuro, anche se i discepoli non hanno ancora capito "il fatto dei pani": "il loro cuore era ancora indurito".

Approdati in terra pagana Gesù si prende cura dei malati: non più insegnamento, almeno per ora, ma si manifesta solo il pastore misericordioso che si prende cura delle pecore disperse e malate.

Il successivo episodio riguarda il rapporto con la Sacra Scrittura: qual'è il suo grado di verità? Il tema, delicato, è affrontato in un brano di Marco non molto conosciuto, ma non per questo meno importante.

Da Gerusalemme, per la seconda volta, si muove una commissione di scribi e di farisei. La prima volta è stata subito dopo l'episodio del tentativo di rapimento di Gesù e quando hanno accusato Gesù di essere uno stregone, di compiere le sue azioni in nome di Belzebù, ed erano solo scribi locali. Ora si muovono gli scribi di Gerusalemme, la "Santa Sede" di allora, addirittura una commissione apposita!

Si scomodano da Gerusalemme perché i discepoli non si lavano le mani per prendere il pane secondo il rito previsto! Ma sono questi i grandi problemi della religione?

"Perché non si attengono alla tradizione degli anziani".

L'obbligo di lavarsi le mani non c'è sulla Bibbia, si trova nella parte di legge orale chiamata "Talmud". C'è un intero trattato su come lavarsi le mani, con che tipo di acqua, con che modalità, ecc. Questa viene chiamata "la tradizione degli antichi", ma per gli ebrei la tradizione degli antichi ha lo stesso valore della Parola di Dio.

Gesù sembra che inizi dando ragione a questa commissione, e dice: "Bene ha profetato Isaia di voi", ci si aspetta un complimento, ma ... "Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti!" Gesù sta citando il profeta Isaia, «questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me».

Gesù denuncia che questi massimi rappresentanti dell'istituzione religiosa, sono soltanto dei commedianti, degli ipocriti, quel che fanno lo fanno per ingannare, per ottenere l'applauso. "Ipocrita" a quell'epoca non aveva la connotazione morale che ha oggi: l'ipocrita era l'attore di teatro, un commediante!

O c'è il comandamento di Dio, che è la vita, o c'è la tradizione degli uomini. Mentre la parola di Dio è la parola creatrice che libera, che comunica vita, loro non la possono comunicare, si sono inventati dei precetti che contrabbandano come volontà di Dio, fanno credere che viene da Dio quello che si sono inventati per dominare.

Ed ecco l'ulteriore affondo di Gesù "trascurando il comandamento di Dio".

Gli evangelisti scrivono questo non per polemica contro il mondo dal quale la comunità cristiana ormai si è distaccata, ma è un monito perché all'interno della comunità dei credenti non si ripetano gli stessi perversi meccanismi di questa religione: far passare come volontà di Dio quelle che invece sono invenzioni umane, regole che andavano bene per un certo periodo, ma che poi dovevano essere dismesse, e si fa credere alla gente che questa è la volontà di Dio.

E Gesù come esempio continua denunciando una pratica infame, citando un unico comandamento: "onora tuo padre e tua madre", che significa mantenerli.

Il denaro, "mammona", è il motore che fa agire queste autorità religiose! Il comandamento obbligava al mantenimento, non al semplice rispetto, dei propri genitori. Poteva essere pesante, ma gli scribi avevano detto: "Una parte di quello che serve per il mantenimento dei tuoi genitori, offrilo al Signore (korban), e da quel momento non sei più tenuto a mantenere i tuoi genitori." Ma questo non c'è nella Bibbia.

Gesù denuncia questa manovra oscena delle autorità religiose che, per onorare Dio, giungevano a far disonorare le persone, a dimenticare l'amore per il prossimo, addirittura l'amore verso i propri genitori!

Poi Gesù non solo dichiara nulla la legge orale, ma interviene anche sulla legge scritta, la Bibbia, la Parola di Dio, e dice "non c'è nulla che, entrando nell'uomo, lo contamini." Il Libro del Levitico, nei cap. 11 e seguenti, riporta l'elenco di tutti quei cibi che rendono impuro l'uomo, ma Gesù invece dice che "non c'è niente al di fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo". O ha ragione Gesù e s'è sbagliata la Bibbia, oppure è vera la Bibbia, ed è pazzo Gesù, è un bestemmiatore!!!

Scrive l'evangelista che poi "... i discepoli lo interrogarono sul significato di quella parabola": ma Gesù non ha pronunziato una parabola! I discepoli non hanno capito, pensano che Gesù abbia parlato con parabole. "Così anche voi siete ottusi?" Questo tema dell'ottusità dei discepoli è una costante di Marco.

Ed ecco il commento di Marco, non presente negli altri evangelisti; "Dichiarava così puri tutti gli alimenti". Se è vero che sono puri tutti gli alimenti, il libro del Levitico dice il falso, almeno quella parte del libro del Levitico. Ma allora, se il libro del Levitico non riflette la volontà di Dio, può darsi pure che altre parti di altri libri della Bibbia non dicano il vero.

E Gesù fa un elenco di dodici atteggiamenti che sono quelli che rendono impuro l'uomo: in questi non c'è nulla che riguarda Dio, nulla che riguarda la religione. E' tremendo quello che sta dicendo: quello che rende impuro l'uomo o quello che lo rende puro (cioè l'assenza o la pienezza di comunione con Dio) è indipendente dalla relazione che si ha con Dio. Quello che rende impuro o meno l'uomo non dipende dal rapporto con la religione, ma sono dodici atteggiamenti che riguardano tutti il male e l'ingiustizia verso l'altro, o verso se stessi come l'avarizia, l'avidità.

Esaminiamo i 12 atteggiamenti (ricorre sovente il numero 12, come le dodici tribù di Israele), che non sono esaustivi di tutti gli atteggiamenti, ma sono rappresentativi.

Prostituzioni: al plurale non riguarda soltanto l'esercizio della prostituzione, ma riguarda il vendere se stessi e la propria dignità, per interesse o ambizione, per il potere, il denaro, la carriera: atteggiamenti dannosi a sé e agli altri.

Furti, omicidi, adulteri: il tutto va letto nell'ottica dell'insegnamento di Gesù per cui omicidio non è soltanto uccidere fisicamente una persona, ma togliere la reputazione per Gesù è grave come averlo ucciso. Il furto non è soltanto sottrarre indebitamente dalle tasche di una persona qualcosa, ma è la mancata condivisione, essere nell'abbondanza e lasciare l'altro nell'indigenza.

Cupidigie: cioè la bramosia di possedere, il malinteso senso della felicità che per molti consiste nell'avere molto. Con Gesù la felicità non consiste nell'avere molto, ma nel dare molto: si possiede soltanto quello che si dà, quello che si trattiene per noi non si possiede ma ci possiede. La cupidigia è quello che rovina la persona. L'uomo avaro è una persona che non è cresciuta, una persona che è rimasta in uno stadio infantile, caratterizzato dall'espressione: è tutto mio, è tutto mio! Tutto quello che ha è solo suo e non pensa minimamente di condividerlo con gli altri. Una espressione per indicare la cupidigia nell'antico testamento e che anche Gesù adopera è l'occhio cattivo. Perché le persone avare hanno sempre lo sguardo sospettoso, stanno sempre attente perché hanno sempre paura che il comportamento altrui, anche la gentilezza, sia un attentato alla propria sicurezza, ai propri beni.

Malignità: il pensiero maligno: il pettegolezzo, la critica, la malignità, il controllo della vita degli altri; è vedere sempre con sospetto e con malizia le azioni dell'altro.

Inganno: si inganna per il proprio interesse, per il proprio tornaconto. Non si è persone limpide, lineari, trasparenti, perché dominati dal proprio interesse.

Impudicizia: impudicizia significa la sfrenatezza non soltanto a livello sessuale ma in tutti i sensi, non avere freni.

Invidia, calunnia: sono collegati l'uno all'altro. Invidio l'altro, non potendo essere come questa persona allora la calunnio.

Superbia: credersi superiori agli altri, quindi disprezzarli.

E infine l'ultimo: secondo le regole dell'arte oratoria dell'epoca, per far ricordare degli elementi importanti si collocavano al primo e all'ultimo posto, sono più facili da ricordare. L'evangelista colloca al primo posto le prostituzioni, cioè le persone che vendono sé stesse per la propria ambizione, per far carriera per un posto. E all'ultimo posto l'equivalente: la stoltezza.

Stoltezza: qui non è una qualità intellettuale dell'individuo. Se uno è stupido poverino va compatito, non gli può essere imputato come un peccato. La stoltezza nei vangeli è l'atteggiamento di quella persona che vive unicamente per sé stessa accumulando per sé, e poi alla fine della vita non ha concluso niente. E lo stolto nel vangelo è l'uomo ricco che avendo prodotto tanti denari dice: adesso ho tanto, demolisco i granai e ne costruisco di più grandi e poi goditi e datti alla bella vita. E il Signore dice: stupido, questa notte stessa muori e tutto quello che hai accumulato per chi sarà?

Filippo Giovanelli

Parrocchia di San Giacomo – Sala

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"Il Vangelo di Marco: ANNO B"

in "La Messa, occasione di ... catechesi della Parola"

 

 

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