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Martedì, 27 Dicembre 2016 00:19

4° - La società nei regni di Israele e Giuda - 1a parte

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1. Popolazione e insediamento

Nell'epoca dei regni di Israele e di Giuda la tendenza al crescere della popolazione si mantenne costante per due secoli. Fino a dopo la metà dell'VIII secolo, quando sui regni israelitici (a partire da quello del Nord) cominciarono a riversarsi le invasioni assire, l'area palestinese beneficiò di una situazione relativamente pacifica: certo non mancarono conflitti locali, ma questi non provocarono mai distruzioni su vasta scala o un numero di morti tale da incidere sull'equilibrio demografico. Questa situazione favorevole permise, tra le altre cose, un consistente sviluppo agricolo che creò le condizioni per un aumento della popolazione.

Crescita demografica. Studi recenti hanno provato a quantificare il popolamento della Palestina in quel periodo, lavorando sui dati archeologici relativi al numero e all'estensione degli insediamenti e ipotizzando una densità media di abitanti calcolata con metodo etno-archeologico (cioè per analogia con le caratteristiche abitative che ambiti sociali tradizionali presentano ancora in tempi moderni).

La più nota di queste ricerche, elaborata dagli studiosi israeliani M. Broshi e I. Finkelstein, ha focalizzato l'analisi sulla metà dell'VIII secolo a.C., considerata il momento-culmine dal punto di vista insediativo e demografico, prima degli sconvolgimenti delle incursioni assire. A quella data si può stimare in Palestina una popolazione totale di 460.000 abitanti, di cui 350.000 nel regno d'Israele (ma secondo altri studiosi da 250.000 a 300.000) e 110.000 in quello di Giuda. Gli stessi studiosi hanno ipotizzato in circa 150.000 gli abitanti della Palestina a ovest del Giordano nel X secolo a.C., cioè nella prima età monarchica. Dunque nel corso di 2 secoli la popolazione israelitica triplicò; l'incremento fu probabilmente favorito dal consolidarsi di entità statali centralizzate che garantivano stabilità, organizzazione e possibilità di crescita economica. Studi recenti sono scesi più in dettaglio, distinguendo tra zone diverse; pur con l'ovvia prudenza, legata alle difficoltà di fornire stime numeriche della popolazione in antico, le cifre suddette possono essere considerate accettabili.

Dopo la metà dell'VIII secolo il momento di svolta fu rappresentato dalla prima campagna in Palestina di Tiglat-pileser III nel 734: da allora nel giro di pochi anni varie incursioni assire portarono nel regno d'Israele morti, distruzioni di centri abitati, devastazione di campagne, povertà e deportazioni di abitanti. Risultato: la popolazione fu decimata e la bilancia demografica tra diverse regioni del territorio palestinese cambiò notevolmente: un gran numero di Israeliti emigrò negli anni intorno al 720 verso il regno di Giuda, e nella parte più interna di questo si riversò nel 701 un'altra ondata di rifugiati, sfuggiti all'attacco di Sennacherib che colpì soprattutto le zone occidentali del paese. Questi movimenti migratori accelerarono la crescita di Gerusalemme (che ai tempi di Ezechia e Manasse si trasformò in un imponente agglomerato urbano), stimolarono il sorgere di nuovi insediamenti e trasformarono in vere e proprie città quelli che erano un tempo semplici villaggi. Ma nel suo complesso anche il regno di Giuda ebbe a soffrire, a causa dell'invasione di Sennacherib, distruzioni su larga scala e un considerevole danno demografico.

Centri urbani. Tre tipi di insediamenti cittadini erano probabilmente presenti nella Palestina dell'età del Ferro II: poche grandi città con funzione di centri amministrativi ed economici (ad esempio: Gerusalemme e Lakish in Giuda; Samaria, Dan, Hazor e Megiddo in Israele), un più ampio numero di siti urbani di medie dimensioni con limitate funzioni amministrative o militari, e infine centri residenziali. Mentre questi ultimi erano caratterizzati da scarsa pianificazione, mancanza di edifici pubblici, vie strette e case irregolarmente raggruppate, gli altri due tipi di città erano meglio progettati sul piano urbanistico e presentavano edifici pubblici, posti normalmente nei pressi della porta cittadina o al centro dello spazio urbano.

L'accesso a fonti idriche era un elemento importante nella pianificazione cittadina, che trovava soluzioni diverse: una fonte esterna incanalata grazie a un sistema di gallerie sotterranee (es. a tunnel di Ezechia a Gerusalemme e tunnel di Ain Joweizeh nelle vicinanze), una sorgente fuori città ma raggiungibile attraverso un passaggio nascosto (es. a Megiddo), un accesso alla falda acquifera dentro la città (es. a Gezer e Hazor),

La realtà cittadina nel regno di Israele... Per i secoli IX e VIII l'archeologia ha messo in luce una notevole quantità di testimonianze sulla realtà cittadina, ovviamente di maggiore rilievo per il regno d'Israele – più ricco e sviluppato – che per quello di Giuda.

Nel Nord emergevano anzitutto, per dimensioni e importanza, le "città regie", dotate di un'architettura monumentale in cui si esprimevano le infrastrutture connesse alle esigenze di governo.

A Samaria Omri e soprattutto Achab fecero costruire un enorme complesso palaziale (su un'area di circa 180 x 90 m), vera e propria acropoli della città: circondato da un muro fortificato, comprendeva spazi aperti, edifici amministrativi, magazzini, vani di abitazione per la servitù, il palazzo reale e un edificio separato in cui furono trovati 500 pezzi d'avorio che segnalano la raffinatezza di questa residenza, sicuramente la costruzione più grande e più bella rivelata dall'archeologia nell'antico Israele. A Yizre'el i resti del probabile palazzo invernale di Achab appaiono circondati da una fortificazione con torri angolari, un bastione inclinato e un fossato esterno. Anche Megiddo e Hazor hanno rivelato significativi resti di edifici pubblici, probabilmente voluti dal governo centrale.

In queste "città regie" i pochissimi ritrovamenti di abitazioni private fanno pensare che l'area monumentale e fortificata fosse essenzialmente riservata a funzioni pubbliche, mentre la maggior parte della popolazione viveva in località circostanti nel raggio di 10-15 km, in cittadine fortificate (ad esempio, rispetto a Samaria, in luoghi come Shekem, Dotan e Far'ah), che sostenevano la capitale con le loro risorse umane ed economiche.

Nell'epoca degli Omridi il numero di centri fortificati aumentò notevolmente rispetto al passato: indice non solo di una crescita della popolazione ma anche di iniziative di difesa da vicini spesso ostili (Aram a nord-est, Giuda a sud) e forse di una volontà della "casa di Omri" di affermare un'immagine di forza e di prestigio.

... e nel regno di Giuda. In Giuda l'organizzazione urbana era simile a quella di Israele, ma, almeno fin verso la fine dell'VIII secolo, con una densità più ridotta e con minore prosperità.

Tra le "città regie", ben poco si conosce di Gerusalemme fino a quella data; ma dall'epoca di Ezechia in poi essa vide una rapida crescita che portò a quadruplicare la sua superficie urbana: a ovest dell'antica cittadella (la "città di Davide") migliaia di persone cominciarono ad assieparsi nel nuovo quartiere detto "mishneh". Il sorgere a Ramat Rahel, pochi km a sud verso Betlemme, di un palazzo reale sarebbe – secondo qualche studioso (es. G. Barkay) – risultato della volontà della corte di allontanarsi da questo affollamento; secondo studi più recenti però (O. Lipschits), l'edificio (imponente, affiancato da un lussuoso giardino servito da un complesso sistema idraulico) sarebbe sorto come centro amministrativo voluto dagli Assiri (dopo l'invasione di Sennacherib del 701) per imporre un controllo su Giuda, e il palazzo continuò poi in epoca persiana come sede di controllo da parte della potenza straniera dominante; altri ancora interpretano il suo complesso palaziale in parte come residenza regia ma in parte anche come centro economico che organizzava l'attività agricola dei dintorni e immagazzinava la produzione (anche in forma di tasse).

Meglio nota sul piano urbanistico è l'altra "città regia" di Giuda, cioè Lakish: da modesta cittadina qual era fino a metà VIII secolo, si trasformò in un importante centro amministrativo difeso da una formidabile cinta muraria che racchiudeva una zona commerciale appena oltre la porta principale e dei quartieri di abitazione.

Le altre città di Giuda erano centri minori, ma di alcuni l'archeologia ha messo in luce resti assai interessanti, in particolare a Be'er-sheba'. Qui un pozzo appena fuori le mura segnava un vivace luogo pubblico d'incontro; appena superato l'ingresso, una massiccia "porta a 6 camere", una piazza fungeva da spazio per attività commerciali, mentre le case d'abitazione erano servite da un circuito ovale di strade.

Centri importanti erano pure alcune fortezze nella regione del Negev, tra le quali la meglio conservata è Arad, che non solo ospitava una guarnigione militare ma fungeva anche da centro amministrativo regionale e doveva avere una sua importanza religiosa per via di un tempio che vi sorgeva.

Villaggi rurali. Tuttavia la maggior parte della popolazione non viveva in città ma in insediamenti rurali.

Il tipo di abitazione più diffuso in ambito rurale era, come in città, la ben nota "casa a tre/quattro stanze"; ma, a differenza della città, le dimensioni erano maggiori e le camere avevano spesso delle divisioni interne, perché probabilmente le case dei villaggi rurali ospitavano famiglie estese, il cui numero di componenti richiedeva una maggiore disponibilità di ambienti. In campagna la famiglia estesa era l'unità sociale di base, ed era la vera unità economica: nel villaggio la lavorazione dei prodotti agricoli era infatti gestita da un gruppo allargato e spesso c'era una sola area di lavorazione del raccolto. La produzione agricola era certo destinata al consumo locale, ma una parte poteva essere venduta o scambiata su un mercato.

Nei villaggi agricoli è ipotizzabile una forma di organizzazione di tipo comunitario. Ne sono indizio il sistema di coltivazione a terrazze, la cui costruzione richiedeva la cooperazione di un largo numero di persone, e l'esistenza di magazzini comuni per la raccolta e l'ammasso dei prodotti agricoli, la cui gestione era probabilmente affidata ai membri anziani del villaggio che assicuravano la redistribuzione di parte del prodotto. Il ruolo della comunità era, insomma, quello di creare le condizioni per la sussistenza del villaggio.

Un interessante esempio di insediamento rurale è la fattoria di Rosh Ha'Ayin, costruita nell'VIII secolo nel regno d'Israele: estesa su un'area di 30x40 m, vi si coltivavano cereali e si produceva vino (come da ritrovamenti di torchi per vino e un grande silos per grano).

La tipica casa d'abitazione israelitica. E' sorprendente che un unico modello di edificio, la "casa a 4 stanze", abbia costituito la tipica abitazione israelitica diffusa su tutto il territorio palestinese e lungo tutte le fasi dell'età del Ferro. Apparsa dapprima in varie forme nell'epoca dei proto-Israeliti (Ferro I), si definì nella sua caratteristica pianta a 3 o 4 stanze perpetuandosi durante tutta l'età monarchica, fino alla sua scomparsa a inizio VI secolo con la caduta del regno di Giuda. Trattandosi di un fenomeno che ha contrassegnato in modo esteso e pervasivo tutta la società israelitica, la spiegazione della sua diffusione e ubiquità non può restringersi a un unico ordine di motivi: ragioni di tipo funzionale ebbero sicuramente un'incidenza rilevante; ma non sono da trascurare fattori di tipo concettuale e ideologico.

E' stato sostenuto da molti archeologi, e con ragione, che i caratteri strutturali della "casa a 4 stanze" siano il prodotto di una tradizione di vita, in particolare il risultato di un riuscito adattamento alla realtà contadina; fu certamente sulle esigenze di questa che tale tipo di edificio si sviluppò in un periodo come l'età del Ferro I in cui quella israelitica era essenzialmente una società rurale. Ma nessuna spiegazione funzionale può invece rendere ragione della sua rapida scomparsa nel VI secolo. La generale accettazione di un modello e la sua scomparsa richiedono spiegazioni che vanno oltre la funzionalità di tipo economico e sociale, per toccare la sfera delle idee e dei simboli.

Un unico modello e i suoi simboli. L'organizzazione planimetrica della "casa a 4 stanze" faceva sì che tutti gli ambienti interni fossero accessibili direttamente dall'area centrale: un modello abitativo appropriato ad una società che doveva considerare importanti la privacy e la regolazione dei contatti, soprattutto in rapporto alla separazione tra purità e impurità spesso rimarcata nelle pagine bibliche: ad esempio le restrizioni imposte dalle leggi alle donne nel periodo mestruale (che non le costringevano a lasciare la casa ma probabilmente a passare qualche tempo in un ambiente separato) nell'organizzazione degli spazi della "casa a 4 stanze" potevano essere seguite con disagio contenuto.

Inoltre molte leggi bibliche si basavano sull'idea di "ordine" (per cui ordine è "santità" e confusione è "peccato"), concetto che si applicava anche al contesto sociale, come adeguamento dell'individuo al senso di unità e integrità. La penetrazione del concetto di ordine nella varie sfere della vita quotidiana fece sì che la "casa a 4 stanze", una volta definita nella sua forma standard – quali che fossero state le originarie ragioni funzionali – e adottata dagli Israeliti, divenisse il modello "giusto", la norma da seguire.

Tra i motivi simbolici rientrava probabilmente anche l'orientamento. La maggioranza di queste case era orientata a est; cosa che non può essere spiegata solo da fattori di ordine pratico quali clima, funzionalità, ecc., ma su cui devono aver inciso idee di tipo cosmologico: il termine che nella Bibbia designa l'est equivale ad "avanti", mentre l'ovest equivale a "indietro"; est aveva dunque una connotazione positiva nell'immaginario israelitico.

Dunque, costruire una casa significava adeguarsi a un codice tradizionale che comunicava un messaggio sociale di identità e di appartenenza. Non è perciò esagerato affermare che "la casa-a-4-stanze, che dominò l'architettura domestica lungo tutta l'età del Ferro II, rappresenta in compendio la società israelitica" (A. Faust e S. Bunimovitz). E la fine di questa società legata ai regni di Israele e di Giuda significò la fine di un tipo di casa che impersonava il modo di vita degli Israeliti.

 

2. Vita economica

Attività principali. Anche nell'età del Ferro II l'economia ebbe la sua base nella produzione agricola: un'agricoltura mista che combinava diverse coltivazioni associate ad allevamento, un sistema che puntava sia a diluire i rischi che ad accumulare qualche eccedenza. Commercio e scambi avevano a che fare in gran parte con la produzione agricola. Nelle aree rurali tali attività continuavano ad avere come scopo l'autosufficienza della famiglia e del villaggio, mentre in area urbana a livello statale potevano entrare in un sistema di redistribuzione (una forma organizzativa in cui lo scambio di beni è controllato da un'istituzione centrale che organizza la produzione, l'immagazzinamento e la distribuzione). Condizione basilare di questo sistema – che serviva a sostenere l'amministrazione centrale e le istituzioni di potere – era il prelievo, in forma di tassazione, di una quota della produzione locale.

Indizi archeologici dell'esistenza di un'attività di redistribuzione in Israele e Giuda appartengono all'VIII secolo: gli òstraka di Samaria e i sigilli su manici di giara dei tempi di Ezechia. I primi – un centinaio di frammenti di ceramica con iscrizioni, probabilmente dell'epoca di Geroboamo II, verso metà VIII secolo – registravano la spedizione di olio, vino e grano dai villaggi attorno a Samaria verso la capitale: specie di ricevute per tasse versate alla corte tramite una burocrazia di esattori o per beni che arrivavano al re attraverso notabili e capi di clan legati al potere regio. Le impronte su manici di giara (di un tipo di contenitori trovati un po'in tutto il territorio del regno di Ezechia, le cui forme e dimensioni fanno pensare a una fabbricazione in serie) recano un emblema reale con una breve iscrizione contenente l'espressione lmlk (= "appartenente al re"), che fa supporre l'immagazzinamento di prodotti delle tenute del re o di beni raccolti come tasse e destinati a un sistema di redistribuzione.

Un commercio su lunghe distanze riguardava essenzialmente beni di lusso per le classi dominanti e, in un sistema redistributivo, operava sotto l'egida del re; perciò le persone impegnate in quest'attività erano quasi sempre emissari della corte, non imprenditori privati.

I periodi di maggiore sviluppo economico in Israele: l'età degli Omridi... L'epoca degli Omridi (IX secolo a.C), primo momento di rilievo politico nella storia dei regni di Israele e Giuda, fu anche il tempo in cui le potenzialità economiche dei territori del Nord espressero una ricchezza capace di sostenere l'organizzazione e le ambizioni di uno stato potente. Le regioni settentrionali comprendevano un insieme di fertili vallate e di zone collinari poco scoscese, aree con buone possibilità di produzione agricola (principalmente campi di grano nelle valli interne e nella piana di Yizre'el, l'area agricola più ricca; vigneti e uliveti sulle colline) e senza particolari ostacoli alle comunicazioni e ai trasporti.

Il regno d'Israele si trovò, nel corso del IX secolo, a integrare nel suo stato numerosi ecosistemi diversi e una popolazione assai varia: i villaggi dell'altopiano centrale e le comunità rurali che erano state legate per secoli alle città-stato cananee, le genti della Galilea che avevano contatti con la cultura aramea della Siria e quelle orientate verso i Fenici della fascia costiera, i centri cittadini sorti come sviluppo di insediamenti proto-israelitici e le città di cultura cananea. Una diversità di popolazione che, insieme con l'aumento demografico che era in corso, costituiva una risorsa generatrice di sviluppo.

A queste opportunità interne si aggiungevano stimoli positivi dall'esterno, principalmente il rifiorire del commercio marittimo nel Mediterraneo orientale ad opera delle città portuali della Grecia, di Cipro e della Fenicia. Israele avviò intense relazioni con queste ultime: poteva scambiare le sue eccedenze agricole con importazioni di prodotti lavorati e per di più controllava alcune strade commerciali verso le regioni siro-palestinesi dell'interno. Sono rapporti ben documentati dall'archeologia per gli anni di Achab e riecheggiati da racconti biblici.

Varietà di risorse interne e stimolanti apporti esterni rendevano certamente assai eterogeneo il quadro culturale, etnico e religioso dello stato del Nord: Israele era molto meno unitario dell'idea che ce ne possiamo fare dalle narrazioni antico-testamentarie. Ma quella varietà e quegli apporti fecero del regno settentrionale in epoca omride uno stato prospero e un'importante potenza regionale, al cui confronto il contemporaneo regno di Giuda, prevalentemente rurale e pastorale, era una piccola e povera entità.

... e gli anni di Geroboamo II. L'altro grande momento di prosperità economica il regno d'Israele lo ebbe nella prima metà dell'VIII secolo, durante il regno di Geroboamo II (784-747 a.C.). La fine per mano assira di un cinquantennio di egemonia di Damasco sull'area siro-palestinese alleggerì Israele dalla pressione militare siriana; così, nel quadro di un accettato vassallaggio verso l'Assiria, il regno del Nord riuscì a recuperare i territori che Damasco gli aveva sottratto e ad entrare in una fase di crescente prosperità economica. Israele raggiunse in quegli anni il culmine della sua crescita demografica (circa 350.000 abitanti in totale), diventando probabilmente la regione più densamente abitata dell'Asia mediterranea. La sua agricoltura vide un intenso sviluppo: sulle alture attorno a Samaria trovò particolare espansione la coltura dell'olivo, che garantì una produzione di olio così elevata da essere esportata verso l'Assiria e in Egitto. Era uno dei frutti dell'inserimento di Israele in una rete economica internazionale controllata dall'egemonia assira. Inoltre la crescita della popolazione, favorita da un lungo periodo di pace, offrì al regno del Nord risorse umane che gli consentirono grandi iniziative edilizie e rafforzamento militare.

Geroboamo II regnò su uno stato prospero e potente, che l'archeologia segnala con varie testimonianze sulla cultura materiale, da un fiorire di attività edilizie alla diffusione di prodotti di lusso. L'aristocrazia del paese ebbe modo di arricchirsi enormemente, ma emersero anche sperequazioni economiche e ingiustizie sociali, che fecero gridare di indignazione le prime voci di profeti scrittori, Amos e Osea.

La crescita economica di Giuda da fine VIII secolo: risorse umane... Finché esistette il regno d'Israele, Giuda rimase uno stato marginale, limitato dalle condizioni più aspre del territorio e da un più modesto potenziale economico rispetto al vicino settentrionale. La svolta, dopo metà VIII secolo, fu probabilmente conseguenza della crisi definitiva del regno d'Israele, tra il primo attacco di Tiglat-pileser III nel 734 e la caduta di Samaria nel 720: circondato da territori sottomessi all'Assiria e divenuto esso stesso vassallo ai tempi del re Achaz, Giuda si trovò inserito nella rete economica dell'impero assiro. Si aprì così ad opportunità di sviluppo prima sconosciute, a cui poté cooperare grazie anche ad accresciute risorse umane.

L'emigrazione verso sud di parecchie migliaia di rifugiati provenienti dallo scomparso regno d'Israele, determinò una crescita di popolazione che portò a un'espansione di insediamenti e di attività. L'archeologia documenta per la fine dell'VIII secolo non solo la crescita urbanistica di Gerusalemme, ma anche il sorgere di nuovi centri rurali nell'area a sud della capitale, il crescere di dimensioni dei vecchi villaggi, lo sviluppo della ricca zona agricola della Shefelah e del suo capoluogo Lakish, la fondazione di nuovi insediamenti più a sud nella valle di Be'er-sheba'.

Questa crescita, che ai tempi di Ezechia (725-698 a.C.) trasformò il piccolo regno di Giuda in uno stato dall'organizzazione più complessa ed evoluta, fu evidentemente sostenuta da nuove possibilità economiche: l'apertura a più ampie occasioni di commercio, date ad esempio dall'inserimento nei traffici provenienti dalla penisola arabica, e un intensificarsi della produzione agricola, soprattutto olio e vino. Anche un colpo pesantissimo come quello portato dalle devastazioni prodotte dall'attacco di Sennacherib nel 701 e dalle richieste di tributi, poté essere riassorbito durante il lungo regno di Manasse (698-642 a.C.): il vassallaggio all'Assiria garantì a Giuda una sicura integrazione economica nello scenario assiro.

L'archeologia segnala per il VII secolo una crescita di popolazione e una più intensa produzione agricola sull'altopiano a sud di Gerusalemme, ma soprattutto una grande espansione di insediamenti nelle zone aride del deserto di Giuda. Evidentemente la perdita delle ricche terre agricole della Shefelah (cedute da Sennacherib alle città filistee) e l'arrivo di Giudei sfollati da quelle spinsero a compensare la perdita con lo sfruttamento di nuove zone che offrissero qualche possibilità.

La ripresa agricola consentì di rispondere positivamente ai bisogni alimentari; ma fu soprattutto l'inserimento in commerci internazionali a portare Giuda al di là della semplice sussistenza economica.

... e inserimento nel commercio internazionale. Un primo successo sul piano commerciale fu l'inserirsi di Giuda nella rete di scambi che univano la penisola arabica alla costa mediterranea, il cui controllo forniva all'Assiria notevoli entrate (ad es. Gaza, terminale mediterraneo di una di queste vie commerciali, ospitava in quel periodo una sorta di dogana assira).

Un secondo importante fattore di sviluppo commerciale fu la produzione e l'esportazione di olio d'oliva, richiesto sia in Assiria che in Egitto (dove non c'erano ulivi) e in altre zone affacciate sul Mediterraneo. In area palestinese sorse un grande centro di produzione di olio nella città filistea di Ekron. Ekron contava per la sua posizione strategica rispetto a importanti vie di commercio, ma le olive che rifornivano la sua 'industria' olearia provenivano dalla Samaria e dalle colline di Giuda, dove la produzione di olive divenne un'attività praticata su vasta scala. Lo sviluppo dell'industria olearia di Ekron fu dovuto probabilmente, più che a impulso dell'impero assiro (che nei territori direttamente dominati tendeva a saccheggiare risorse e a prelevare tributi piuttosto che a investire per una loro crescita economica), alle possibilità offerte dal commercio marittimo gestito dai Fenici: Ekron era situata in prossimità di Ashqelon, il maggior porto sul Mediterraneo di tutta la fascia costiera palestinese.

 

BIBLIOGRAFIA

Il presente contributo non ha note, per facilitare la lettura del testo che ha taglio divulgativo. I contenuti si basano sugli studi elencati nella seguente bibliografia.

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