Famiglia Giovani Anziani

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 66

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 65

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 62

Giovedì, 30 Dicembre 2004 19:10

CONSIGLI PASTORALI E AFFINI: SONO "SOLO" CONSULTIVI?

Vota questo articolo
(0 Voti)

CONSIGLI PASTORALI E AFFINI: SONO "SOLO" CONSULTIVI?

intervista a don Lucio Casto, direttore dell’ISSR di Torino

Il ruolo dei laici nellenostre comunità è nella maggior parte dei casi quello di essere"oggetto" della pastorale. Ma anche coloro che si impegnanoconcretamente, nelle varie attività parrocchiali sono effettivamente"soggetti", o solo esecutori della pastorale definita dal sacerdote?

 

Uno dei modi concreti con cui i laici sono presenticome "soggetto" nella Chiesa sono i consigli pastorali. Ma coloro chevi partecipano sovente hanno l’impressione che gl’incontri servano apoco, siano spesso solo momenti d’incontro e di scambi d’opinione, conscarsa incidenza operativa. Abbiamo rivolto, su questo e altriargomenti, alcune domande a don Lucio Casto, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Torino.

 

Qual è la sua opinione sui consigli pastorali?

A mio parere c’è un vizio di fondo inquesto genere di assemblee e questo rende fin troppo palese quella cheè anche la mentalità prevalente nella Chiesa. "I Consigli pastoralisono solo organi consultivi": quest’affermazione è una delle piùribadite e più gelosamente difese, di conseguenza i parroci o ilVescovo ne adottano spesso le conclusioni con largo margine didiscrezionalità e così si pongono le premesse per ridurre di molto ilvalore di questi organismi.

 

Più in generale qual è, secondo Lei, il ruolo dei laici nella Chiesa?

La mia impressione è che a tutt’oggiquando abbiamo parrocchie efficienti e con numerosi laici, e ciò stadiventando ogni giorno di più una prospettiva e una speranza, questolaicato continua ad essere voluto e coinvolto così come si coinvolgonoi minorenni. Quanti sono a credere fino in fondo che lo Spirito Santonon è stato dato solo ai pastori e che il vero soggetto-protagonistadell’azione pastorale è la comunità cristiana tutta, con il presbiteroe il vescovo che hanno in essa un compito autorevole di discernimento?

 

Ma allora quale dovrebbe essere, rispettivamente, il ruolo del sacerdote e dei laici?

Non voglio assolutamente mettere indiscussione il ruolo specifico affidato ai pastori della Chiesa. Voglioperò ricordare che nella vita delle Chiese raccontateci dagli Attidegli Apostoli, pur essendoci già chiaramente il ruolo insostituibiledell’apostolo, degli episcopi e dei presbiteri, non contava solo ilparere di chi presiedeva nella comunità. A me sembra che una buonaecclesiologia dovrebbe almeno correggere notevolmente una impostazione,che vede i laici come eterni minorenni, sempre bisognosi della tutelapastorale dei sacerdoti.

 

Da dove deriva la dignità ministeriale dei laici?

Tutto il popolo di Dio è Popolo regale esacerdotale ed è di qui che bisogna partire per individuare un piùesatto rapporto tra clero e laici. Bisogna invece assolutamenteabbandonare una visione piramidale della Chiesa con al vertice lagerarchia in posizione di comando, come va abbandonata un’altraedizione più recente, per cui si parlava di "Chiesa docente" e di"Chiesa discente". Il Vaticano II, ritornando a parlare di sacerdozioregale dei fedeli sulla base del Nuovo Testamento, non ha certo volutoproporre un tipo di Chiesa "dal basso" che non riconosce il ruolodeterminante dei ministri ordinati, quale abbiamo ad esempioall’interno del Protestantesimo. Ma ha voluto ridire che il ministeroordinato è un servizio da rendere al sacerdozio regale dei fedeli, nonun dominio sacrale su di esso, quale eserciterebbe una castasacerdotale.

 

Ma i sacerdoti a loro volta si lamentano dei laici, o perché assenti o perché poco preparati…

Non sono rari i casi in cui il sacerdotesi deve confrontare con una comunità cristiana ancora immatura o con unlaicato non ancora educato ad assumersi le sue responsabilità. E’chiaro che in questo caso il presbitero deve fare un’azione disupplenza. Ma l’obiettivo non può esser quello di rimanere "padre-padrone" in mezzo a una comunità di minorenni, esecutori più o menoobbedienti delle direttive del parroco o del Vescovo.

 

Questo vale certo per i sacerdoti formati prima del Concilio, ma ora la situazione non dovrebbe essere migliorata?

Purtroppo la mentalità paternalistica nonè solo un attributo dei preti delle generazioni passate, è già prontaper i giovani (e i meno giovani) la nuova edizione dello stesso viziodi fondo, ed è la mentalità manageriale: lì di nuovo siamo alle presecon un paternalismo illuminato che sa utilizzare i mezzi moderni dellaefficienza organizzativa: ma il modello di Chiesa degli Atti degliApostoli rimane lontano ed ampiamente disatteso.

 

Quali sono le prospettive di crescita per la Chiesa che è in Torino e per il laicato?

Certamente la grande stagione pastoraleche si è aperta per la Chiesa torinese con la Missione diocesana e conil varo delle unità pastorali sarà un momento propizio per continuare emigliorare questa riflessione. Anche le iniziative da tempo in corsoper rendere sempre più maggiorenne il laicato, quali i corsi per glioperatori pastorali e, ora, anche l’indirizzo pastorale all’IstitutoSuperiore di Scienze Religiose, sono uno strumento provvidenziale perringiovanire la nostra diocesi: soprattutto per renderla adulta intutte le sue membra.

don Lucio Casto

(su Gruppi Famiglia n° 41 / dicembre 2002)

Letto 2108 volte Ultima modifica il Domenica, 20 Febbraio 2005 17:18

Search