Famiglia Giovani Anziani

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Giovedì, 30 Dicembre 2004 19:54

Tutti lo chiamano welfare

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"Welfare state" significa, letteralmente, "stato del Benessere", modello d’importazione anglosassone che in versione italiana diventa "stato sociale", attribuendo il nome al ministero che si occupa di lavoro e di politiche sociali.

Questo modello di stato rappresenta il compromesso tra il capitalismo e l’iniziativa pubblica, tra economia e politica, in cui la seconda controlla la prima, indirizzandola ad una distribuzione equa delle risorse.

Ma oggi il modello del Welfare State è in crisi per vari motivi: c’è una crisi delle risorse ma anche dell’abbondanza, con un forte aumento dei bisogni della persona; inoltre c’è un’estensione della durata della vita, che richiede un maggior impiego di servizi socio — sanitari, di quelli a favore degli anziani e un inevitabile innalzamento della spesa sanitaria; infine c’è un aumento del degrado personale e sociale soprattutto umano ed una crescita vertiginosa della disoccupazione.

 

RIPENSARE SANITA’ E ASSISTENZA

Con il Welfare State è indubbiamente aumentato il benessere economico, ma purtroppo la distribuzione delle ricchezze non è equa perché i beneficiari prevalenti sono i ceti medio — alti a scapito delle fasce di popolazione medio - basse. Cresce il divario di reddito e d’opportunità tra le varie fasce di popolazione , creando una società a due o più velocità, in cui i problemi delle componenti sociali svantaggiate non interessano alle frange ricche della popolazione; la distribuzione equa del benessere e delle opportunità non è una priorità per la parte significativa della società italiana e del suo governo centrale.

Queste considerazioni vanno evidenziate ancora di più nel momento in cui il governo deve elaborare e approvare la legge finanziaria, in cui fondamentale importanza hanno gli enti locali e il settore sanitario e d’assistenza.

Su quest’argomento, sanità ed assistenza, si contrappongono da sempre due modelli: quello pubblicistico e quello privatistico.

Il primo, attuato con le riforme Bindi e Turco, prevede che lo stato determini i servizi da assicurare al cittadino e che le regioni organizzino l’erogazione grazie alla collaborazione dei comuni.

Secondo il modello privatistico, invece, lo stato dà libero spazio allo sviluppo imprenditoriale dei servizi, lasciando al cittadino - utente un’ampia possibilità di scelta fra le numerose offerte, passate in mano ai privati. Questo modello dovrebbe stimolare la concorrenza e quindi aumentare la qualità dei servizi, secondo le leggi classiche del mercato. Il ruolo delle istituzioni pubbliche è quello di finanziare i cittadini per l’acquisto di una parte dei servizi e di regolare il mercato.

 

ALCUNE PREOCCUPAZIONI

L’istituzione pubblica ha il compito di assicurare la salute e l’assistenza in quanto beni primari che devono essere a disposizione di tutti, a partire da chi ne ha più bisogno. La creazione di un mercato di questi beni potrebbe portare all’acquisto non dei prodotti migliori, ma di quelli meglio pubblicizzati. Inoltre la sussidarietà è bella quando è sostenuta da ragioni di solidarietà, altrimenti produrrebbe solo maggior divario tra ricchi e poveri.

Il confronto fra i modelli si può concretizzare osservando i sistemi sanitari dell’Europa e degli Stati Uniti: il cittadino americano paga per la salute meno tasse di quello europeo ma spende molto più per assicurazioni private e prestazioni pagate direttamente. Al contrario, in Europa la spesa pubblica è più alta di quella privata; ma negli stati Uniti la percentuale di mortalità infantile è altissima e l’attesa media di vita è la più bassa perché le condizioni di vita dei poveri americani sono cosi’ precarie da abbassare molto la media; questo perché ci sono minori investimenti in prevenzione ed educazione alla salute.

 

L’IMPEGNO DEI CRISTIANI

Nel terzo settore, quello della sanità e dell’assistenza, operano anche servizi ecclesiali e di ispirazione cristiana, che vengono annoverati tra i "privati" perché espressione di libera e autonoma iniziativa, ma che tuttavia condividono con il "pubblico" le finalità di benessere generale; infatti le opere cattoliche erogano servizi non solo ai cattolici ma a tutta la popolazione in stato di bisogno, mirando ad una giusta ripartizione delle ricchezze e ad un innalzamento della qualità della vita.

Anche la chiesa, con i servizi offerti, contribuisce al Welfare State ed è presente negli affari pubblici con una intelligente lettura dell’andamento sociale e con una valida formazione del personale, supportato soprattutto dal volontariato.

Si deve quindi arginare il fenomeno che porta credenti e praticanti a minimizzare la dimensione comunitaria e a massimizzare invece il benessere individuale, servendosi della catechesi, dei gruppi famiglia, dei mass madia e di tutti i mezzi che veicolano un messaggio di carità. Ci deve essere un lavoro educativo e di formazione di tutti i lavoratori nel sociale, perché nascano in loro responsabilità civili e sociali nel segno della carità e della solidarietà.

Tratto da "settimana —37"

Riduzione e adattamento a cura di Simona Internullo

Letto 1949 volte Ultima modifica il Giovedì, 12 Aprile 2012 17:42

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