Famiglia Giovani Anziani

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Domenica, 20 Febbraio 2005 17:18

I CONFLITTI TRA GENITORI E FIGLI

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I CONFLITTI TRA GENITORI E FIGLI

 

·
Una prospettiva "costruttiva" del conflitto ·
Il conflitto: una tensione tra logica per adempienti e logica per progetti ·
Ma le due logiche sono inconciliabili? ·
Educazione al cambiamento: apertura alle ragioni dell’altro ·
Superare la visione del ruolo stereotipato ·
Per trasformare il conflitto da negativo a positivo ·
Una scheda per la riflessione in famiglia e nei gruppi.

 

La parola "conflitto" può richiamare alla mente immagini e idee non
piacevoli: guerre e distruzioni, violenze e sofferenze. Ma non è
l’unico modo di usare questo termine, e c'è anche la prospettiva
costruttiva che deve essere presa in considerazione proprio per uscire
da una spirale negativa.


Due modelli


  • Chi educa si trova al punto d'incontro di due modelli: quello "naturale" che si sviluppa avendo nella mente la famiglia; e quello "organizzativo", della società strutturata.


  • Vi sono due logiche conseguenti, che a volte convivono con difficoltà: la logica per adempimenti e la logica per progetti.


• La logica per adempimenti risponde al
presupposto che ciascuno, secondo il ruolo che si trova ad occupare -
ad esempio: in famiglia -, ha un certo numero di adempimenti, più o
meno vissuti come un dato "naturale".
Le virgolette per questa
parola stanno a segnalare che è un modo di dire e di intendere. Gli
adempimenti di un figlio nei confronti di una madre possono essere
ritenuti parte di una naturalità fuori da processi storici e da
contesti geografici e culturali; ma non è proprio così come ciascuno
può immaginare e sapere. Questi adempimenti, però, sono vissuti con una
certa naturalezza.


• La logica per progetti esige un'organizzazione.Ed è comprensibile che mansioni e compiti siano definiti sulla base di
un impegno anche nuovo, relativo alle finalità del progetto. In chi
cresce, il ruolo di figlio o di figlia risponde alla logica per
adempimenti; il ruolo di studente è invece nella logica per progetti e
comporta la scoperta di compiti che potrebbero anche essere sconosciuti
nell'ambito familiare. Ma in questo esempio, i doveri di studio sono in
parte, per certi aspetti formali, assimilabili ad adempimenti ritenuti
naturali. Altra cosa è se le aspirazioni di un figlio o di una figlia
sono espressi in termini che vanno oltre il percorso di studi, o anche
ne stanno fuori. Allora gli adempimenti ritenuti naturali sono
sostituibili con impegni relativi all'organizzazione del progetto.



  • Le due logiche, i due modelli, possono coabitare con fatica. Ed è il conflitto.


• Ma può essere un conflitto utile, costruttivo.E però tale se i due modelli non vengono contrapposti con un criterio
di incompatibilità, introducendo il problema di accoglierne uno
escludendo l'altro. Questa contrapposizione può ti nascere da una
presunzione di assoluto: "se ho ragione io, l'altro non può che avere
torto". Può essere utile, invece, esaminare in ciascuna logica le sue
ragioni, E quindi cercare di capire quando e come servirsi di una
logica o dell’altra.


• Questa doppia logica, se non vive il conflitto
costruttivo, può consentire di sfuggire continuamente ad ogni
riscontro, e sviluppare una sorta di onnipotenza
che si serve del
relativismo per tenersi sempre fuori da ogni controllo. Io, figlio,
posso sottrarmi ad ogni adempimento filiale per ragioni che si
riferiscono al mio progetto; nello stesso tempo, potrei attenuare il
mio impegno progettuale, temendo di perdere alcuni vantaggi che mi
vengono dallo statuto di figlio. In questo caso, è bene che in me vi
sia un conflitto.


• Certo che ogni conflitto può essere reale o frutto di fantasie, che non sono da prendere meno sul serio:la perdita di contatto con la realtà può rendere molto più faticosa la
ricerca di una prospettiva costruttiva e feconda. E il riconoscimento
delle ragioni non può essere un’operazione preliminare. Può invece
essere un riconoscimento che viene dopo, nel ripensare a ciò che è
accaduto. Forse possiamo scoprire che le due logiche si avvicinano e
anche si confondono, e che una sorregge l'altra.


Educazione al cambiamento


  • Il conflitto costruttivo può far superare il rischio di ritenere valide unicamente le proprie personali ragioni.


Sentiamo tante volte dire: "Faccio solo quello che
mi piace, o che voglio", con l'idea che le ragioni personali siano le
uniche valide. Le ragioni degli altri non contano. Non si può o non si
deve fare ciò che non ci convince per nulla, badando unicamente agli
altri. Questo sarebbe conformismo. Ma le ragioni individuali non
possono essere talmente ingombranti da escludere tutti.



  • L'educazione ad e cambiamento è apertura alle ragioni degli altri, confrontate con le proprie.


• Ed è un'apertura che non può non essere conflittuale.Chi cresce come chi è adulto può vivere ogni confronto sotto il segno
della fantasia persecutoria, ancorata allo stereotipo del persecutore
che si incontra con quello del perseguitato. Vediamo un piccolo
esempio, riferito ad un gruppo che avviava uno scambio libero delle
proprie esperienze educative. Una persona del gruppo, per anzianità,
assunse il ruolo di coordinatore e lo svolse in maniera molto
silenziosa e discreta. Dopo un certo tempo, una ragazza che partecipava
agli scambi, senza dare segni di insofferenza, uscì dal gruppo. E disse
a chi non era presente, che il coordinatore le aveva impedito di
esprimersi. È possibile che abbia vissuto il coordinatore attraverso
una visione stereotipata, in cui il maschile e il femminile possono
avere la loro parte.


• Questo esempio può facilmente ricondurre a situazioni familiari. Le
reattività, quando sono mosse da fantasie persecutorie, possono
condurre a fughe dalla realtà; e al sostituire all'impegno della e
nella realtà, l'impegno nel ruolo stereotipato. Se questa dinamica si
espande e diventa reciproca, i rapporti rischiano di bloccarsi nel
conflitto sterile del potere o del contropotere. Molte reazioni familiari possono essere lette attraverso la chiave del potere, espresso con i mezzi più vari; il cibo, la disposizione degli oggetti, i vestiti... In questo caso la conflittualità è sterile e non porta a cambiamento.Ciascuno si arrocca in difesa, proiettando sull'altro le colpe del
possibile disagio, e sviluppando un certo vittimismo autoreferenziale.


• Conoscere questi due tipi di conflitto- uno costruttivo e fecondo, l'altro distruttivo e sterile - può essere
di qualche aiuto. Innanzitutto per non ritenere che in sé ogni
conflitto sia dannoso. E quindi per riuscire a trasformare un conflitto negativo in positivo,
facendo in modo che nella relazione entri un poco di realtà, in modo da
ridimensionare la fantasia persecutoria e la dinamica de potere.


L’impegno educativo vissuto nella quotidianità deve
fare i conti con oggetti, con materiali: possono essere elementi della
prigionia che abbiamo chiamato persecutori; e possono essere invece i
punti di apertura per un esercizio di responsabilità che porta ad aprirsi alla comprensione delle ragioni proprie e degli altri.

ANDREA CANEVARO

Dipartimento di Scienze dell’Educazione

Università di Bologna

(da "famiglia domani" 2/99)

Letto 2186 volte Ultima modifica il Sabato, 02 Aprile 2005 21:31

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