Famiglia Giovani Anziani

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 66

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 65

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 62

Domenica, 20 Febbraio 2005 18:03

VECCHIE E NUOVE DINAMICHE

Vota questo articolo
(0 Voti)

VECCHIE E NUOVE DINAMICHE

Fino al 1975, anno in cui fu abrogata la
legge 316 sul diritto di famiglia, la patria potestà era esercitata dal
padre, designando la supremazia paterna rispetto alla figura della
madre. Il figlio non poteva prendere decisioni, ma solo esservi
soggetto; la figura istituzionale della madre era completamente
assente.

L’art.134, che sostituisce quello citato, diventa
"esercizio della potestà dei genitori": al padre è sostituita la coppia
di genitori, con una distribuzione del potere decisionale. La crescita
dei figli è ora un progetto comune, fatto di condivisione di
responsabilità e di valori. Nel caso di conflitto fra i genitori, il
potere decisionale viene collocato al di fuori della famiglia e
affidato ad un giudice, che usa come valori di riferimento l’interesse
del figlio e dell’unità familiare.

DECLINO DEL PADRE SEVERO

La legge rispecchia la situazione che
si verifica nella realtà: negli anni Settanta inizia l’eclissi della
figura paterna con una contemporanea crescita e rilevanza dei valori
materni, più attenti ai bisogni e ai desideri dei figli e regista delle
scelte quotidiane. In questo nuovo ritratto cambia anche il modo di
educare i figli: prima il sistema educativo era basato su paura,
mortificazione e vergogna e per conquistarsi la fiducia dei genitori
erano necessari molti sforzi e i figli avevano troppo poco spazio
all’interno del nucleo familiare. Con lo sviluppo economico degli anni
Sessanta, il quadro culturale e sociale cambia, con l’importanza sempre
maggiore delle donne, lavoratrici e responsabili all’interno della
famiglia; la mobilità sociale permette di disegnarsi il proprio
progetto di vita.

LA COPPIA MADRE-BAMBINO

La rilevanza sociale del padre e
capofamiglia lascia sempre più spazio alla coppia madre – bambino,
perché i valori di riferimento per una buon’educazione sono quelli
materni e infantili, con l’idea del figlio felice, da crescere senza
frustrazioni e da proteggere, in un clima pieno d’affetto; la scuola
materna diventa luogo in cui crescere i bambini in allegria. L’ambiente
sociale, colpevole di stress e tensioni, diventa l’orco da cui
proteggere proprio figlio.

Quando i bambini felici diventano adolescenti, però,
sorgono i primi problemi, perché la felicità non può essere un modello
educativo realistico: nella società l’attenzione e le relazioni devono
essere guadagnate, non sono dovute come all’interno della famiglia; la
risposta tempestiva al bisogno del bambino impedisce il formarsi del
valore del sacrificio e dell’autonomia, rendendo gli adolescenti
fragili e disarmati davanti alle sfide lanciate dalla società.

LO SCENARIO INTEGRATO DI OGGI

Nella famiglia di oggi la decisione
di avere un figlio è presa dalla coppia, nata per amore e non per
necessità sociale, come in passato; in questa coppia è di solito la
donna a sentire la necessità di una nuova vita, e coinvolge il partner
in questa decisione, nominandolo padre.Il padre è dunque coinvolto fin
dall’inizio, anche perché spesso la madre ha bisogno di aiuto, negato
sovente dalla società e a volte anche dalla famiglia di origine.

Per quanto riguarda i fratelli, essi devono crescere
in un clima di democrazia, fatta di competizione ma anche di
collaborazione. Tutti sono diversi ma uguali, perché nessuno è
superiore all’altro; la famiglia di oggi, che preferisce la
contrattazione al conflitto, è caratterizzata dalla povertà di regole e
dalla tendenza dei genitori di mantenere bassa la conflittualità
piuttosto che gestirla.

L’infanzia è dunque felice e difficile da
abbandonare, sia per i ragazzi sia per i genitori, che ricoprono un
ruolo faticoso ma gratificante. È il padre a dover sostenere
l’adolescente, con l’ascolto e la valorizzazione delle risorse del
figlio, facendosi carico anche della depressione materna dovuto
all’abbandono del nido da parte del figlio.

La nuova famiglia integra notevolmente competenze
materne e paterne per sostenere la crescita dei figli; ma è spesso
isolata, non supportata da una rete sociale che permetterebbe il
confronto e il dialogo con altre famiglie.

Corinna Cristiani,

docente di psicodinamica dello sviluppo, univ. di Milano

Tratto da "Famiglia Oggi – 11"

Letto 1770 volte Ultima modifica il Martedì, 05 Aprile 2005 11:12

Search