Famiglia Giovani Anziani

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 126

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 65

Sabato, 06 Ottobre 2012 06:52

Vivere nella speranza

Vota questo articolo
(2 Voti)

Essa [la speranza], quindi, sembra una virtù purtroppo dimenticata nella nostra epoca. In una realtà dove c’è posto solo per quello che si pesa, si tocca o si quantifica, non c’è spazio per il miracolo e per l’attesa

 "E' sperare la cosa difficile, a voce bassa e vergognosamente. E la cosa facile è disperare ed è la grande tentazione". Così il poeta francese Charles Pèguy celebrava la speranza nel poema Il portico del mistero della seconda virtù.

Eccola qui la sorella più piccola delle virtù teologali. Nonostante questo, però, è quella che con la sua forza e la sua tensione tira avanti le altre due nel cammino della vita.

Il genitore, sentinella dell'aurora, non può non immettere nella sua vita questa forza trainante e dirompente. Non può restare inchiodato sulle piccole o grandi difficoltà del presente, ma impara a coltivare il tempo dell'attesa e della luce. Questa virtù non è pensabile come il risvolto di un bonario ottimismo, come un raggio di luce gettato sul buio della realtà quotidiana, nella generica e fiduciosa convinzione che i problemi prima o poi si risolveranno. Da questo punto di vista, la speranza non è cieca, non ignora ciò che accade. Guarda con estremo realismo la realtà, anche nei suoi risvolti più difficili, ma fa di tutto questo il punto di partenza, la rampa di lancio per poter dispiegarsi con tutta la sua energia.

La speranza, quindi, si mostra come una sfida coraggiosa a tutto ciò che la nega, a tutto ciò che le si pone di fronte e sembra volerla distruggere. Sa vedere oltre il presente, dà la possibilità di credere e crederci ancora. Non possiamo come sentinelle lasciare soli i nostri figli, nei momenti belli e complicati della loro esistenza. E' necessario avere fiducia e speranza in loro, dar loro credito, avere la profonda convinzione che in loro ci saranno abbastanza risorse per trionfare su eventuali difficoltà. Sperare in loro significa fondamentalmente rendersi disponibili e pronti a vivere una comunione sempre più profonda e più forte.

E' necessario, però, evitare due atteggiamenti di segno opposto. Il primo consiste in quella rassegnazione che fa rinunciare a lottare, ad accompagnare: "fa quello che vuoi, sono fatti tuoi, tanto non ascolti mai". Il secondo è quella forma di angoscia che paralizza e blocca: "tu non ti rendi conto dei pericoli cui vai incontro".

La fiducia si inserisce tra questi due estremi e si pone all'origine della speranza.

I genitori sono chiamati ad essere presenti nel cammino dei loro figli, condividendo con questi la fatica della crescita. Sono chiamati a ridare speranza, a mostrare fiducia nei confronti delle loro potenzialità nonostante le difficoltà che possono incontrare, i limiti personali e gli insuccessi, nonostante il sentirsi a volte educatori inutili e impotenti.

Troppo spesso sembra spirare un vento di rassegnazione e di rinuncia. Parecchi genitori sembrano dire come Mosè: "io non posso da solo portare il peso di tutto questo popolo: e un peso troppo grave per me" (Nm 11,14).

Essa, quindi, sembra una virtù purtroppo dimenticata nella nostra epoca. In una realtà dove c'è posto solo per quello che si pesa, si tocca o si quantifica, non c'è spazio per il miracolo e per l'attesa.

La speranza, invece, diventa balzo, slancio, sa vedere oltre il presente, dà la possibilità di credere ancora. Essa non è evasione, fuga, ma è penetrazione, immersione piena, decisa e paziente nel solco dell'esistenza, nella vita dei figli assumendone tutte le responsabilità. I genitori sono chiamati a farsi carico della vita dei figli, delle gioie e delle speranze ma, anche delle situazioni dolorose e problematiche. Nulla della vita, pur nel suo grande carico di dolore è estraneo alla speranza. Questa via ha i tratti della partecipazione e della condivisione, della sofferenza, della dedizione e del dono, della misericordia e del perdono, della riconciliazione della pace.

Questo atteggiamento ha conseguenze positive, dà forza, è un'iniezione di fiducia, è l'annuncio di una risurrezione. Significa che nonostante lo sbaglio o l'insuccesso esiste la possibilità di ricominciare, di percorrere di nuovo un cammino che sembrava chiuso per sempre. Malgrado i limiti e le debolezze, nel rapporto con il figlio non ci si può fermare all'errore. Quest'ultimo, infatti, può essere superato dalla forza dirompente dell'amore, dal coraggio di riannodare ciò che sembrava chiuso per sempre.

Infine, crediamo che di fronte a tante situazioni che ci insidiano, ci minacciano, che ci deludono sia necessaria una forte iniezione di speranza. Quella realtà meravigliosa, che come diceva Don Primo Mazzolari, ci fa vedere la spiga, mentre i nostri occhi non riescono a scorgere altro che un seme in via di putrefazione.

 

Luca Tosoni, docente di Teologia Morale e di Sociologia della Religione

 

Letto 3262 volte Ultima modifica il Sabato, 06 Ottobre 2012 07:41

Search