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Omelia di Don Paolo Scquizzato,

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Mercoledì, 30 Novembre 2022 16:17

II Domenica di Avvento – 4 Dicembre 2022

Omelia

di Don Paolo Scquizzato,

Prima lettura: Is 11,1-10

1 Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,
un virgulto germoglierà dalle sue radici.
2Su di lui si poserà lo spirito del Signore,
spirito di sapienza e d'intelligenza,
spirito di consiglio e di fortezza,
spirito di conoscenza e di timore del Signore.
3Si compiacerà del timore del Signore.
Non giudicherà secondo le apparenze
e non prenderà decisioni per sentito dire;
4ma giudicherà con giustizia i miseri
e prenderà decisioni eque per gli umili della terra.
Percuoterà il violento con la verga della sua bocca,
con il soffio delle sue labbra ucciderà l'empio.
5La giustizia sarà fascia dei suoi lombi
e la fedeltà cintura dei suoi fianchi.
6Il lupo dimorerà insieme con l'agnello;
il leopardo si sdraierà accanto al capretto;
il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un piccolo fanciullo li guiderà.
7La mucca e l'orsa pascoleranno insieme;
i loro piccoli si sdraieranno insieme.
Il leone si ciberà di paglia, come il bue.
8Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera;
il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso.
9Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno
in tutto il mio santo monte,
perché la conoscenza del Signore riempirà la terra
come le acque ricoprono il mare.

10In quel giorno avverrà
che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli.
Le nazioni la cercheranno con ansia.
La sua dimora sarà gloriosa.


Salmo: 71

Rit.: Vieni, Signore, re di giustizia e di pace.

Alleluia, Alleluia, Alleluia.


O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;

2 egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto. Rit.

7 Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.

8 E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra. Rit.

12 Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto.

13 Abbia pietà del debole e del misero
e salvi la vita dei miseri. Rit.

Seconda lettura: Rm 15,4-9

4Tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché, in virtù della perseveranza e della consolazione che provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza. 5E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull'esempio di Cristo Gesù, 6perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.

7Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio. 8Dico infatti che Cristo è diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri; 9le genti invece glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto:

Per questo ti loderò fra le genti
e canterò inni al tuo nome
.

Canto del Vangelo: Lc 3,4.6

Alleluia, alleluia!

Preparate la via del Signore,
raddrizzate isuoi sentieri!

Alleluia!

Vangelo: Mt 3,1-12

1 In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea 2dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!».
3Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse:

Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i
suoi sentieri!
4E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico.
5Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui 6e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
7Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all'ira imminente? 8Fate dunque un frutto degno della conversione, 9e non crediate di poter dire dentro di voi: «Abbiamo Abramo per padre!». Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. 10Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. 11Io vi battezzo nell'acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 12Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

OMELIA

 

Il Vangelo di questa seconda domenica di Avvento, è un testo molto complesso e delicato. Ci viene presentata la figura di Giovanni il Battista, l’uomo del passaggio tra Antico e Nuovo Testamento, tra la religione e la fede.

Giovanni invita all’accoglienza dell’amore che s’è fatto presenza, che s’è fatto vicino, accanto (v. 2), perché l’amore, per definizione, si può solo ricevere. Non è da capire, da studiare, da imparare. È presenza personale da accogliere nella gratuità, non da meritarsi vantando un’affettata religiosità, come credono i sadducei e i farisei, pii religiosi del tempo di Gesù, e in fondo, di ogni epoca. Essi credono di essere con la squadra vincente solo perché indossano quella casacca: «Non crediate di poter dire: ‘Abbiamo Abramo per padre’ (v. 9).

Dirsi cristiani non vuol dire ancora nulla, come l’essere battezzati, il partecipare alla Messa, recitare preghiere o ricevere i sacramenti. Il ‘dirsi’ di Cristo non vuol dire appartenergli, non funge da talismano contro le tempeste della vita, e neppure polizza assicurativa nei sinistri del quotidiano.

Non è entrare nelle fila di una religione a dire qualcosa del nostro vero essere, ma è il nostro essere fecondi ad affermare e testimoniare un’appartenenza al Dio della vita: «Dai loro frutti li riconoscerete» (Mt 7, 16).

Occorre portare frutto dunque (v. 8), anzi ‘buon frutto’ dice il Battista (v. 10b). E il frutto è sempre consequenziale all’essere, come il frutto scaturisce sempre da un albero ben radicato con le radici nel terreno da cui si traggono tutte le energie necessarie. La questione dunque è accogliere, entrare in contatto con la Vita, la sorgente interiore che dimora in noi, per sperimentare così l’essere trasformati, fecondi e in grado di dare buoni frutti.

Il Battista ci ricorda inoltre che la vita può anche conoscere il fallimento. È il fallimento di una vita infruttuosa, sterile, inconcludente perché sempre giocatasi ‘altrove’, distratta, in perenne evasione, non radicata nel terreno. Quella vita che non ha edificato sulla roccia (cfr. Mt, 7, 24), producendo non frutti ma solo paglia e detriti.

Ma il Vangelo di Gesù (ed è qui che si gioca la radicale differenza tra Antico e Nuovo Testamento, la bella notizia),  afferma con forza che alla fine – non ‘dei tempi’ perché il tempo è già compiuto (cfr. Mc 1, 14), ma di ogni istante –  il fuoco dell’Amore brucerà, dissolverà tutto ciò che non è stato edificato attraverso l’amore. Verrà estinta cioè in noi la conseguenza malata dell’inconsistenza, tutta la paglia prodotta dalle nostre illusioni, dai nostri inganni e il nostro male (v. 12a). E al contempo, il medesimo Amore raccoglierà la parte buona di noi, ciò che è stato edificato nell’amore, secondo la capacità di ciascuno, ossia quel qualcosa di talmente forte da resistere anche alla prova della morte (v. 12b; cfr. 1Cor 3, 10bss.).

 

 

 

CAMMINO DELLA SETTIMANA

Due spunti su cui meditare, a Voi cercarne altri

  • Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore,raddrizzate i suoi sentieri!

  • il nostro essere fecondi ad affermare e testimoniare un’appartenenza al Dio della vita: «Dai loro frutti li riconoscerete» (Mt 7, 16).

    Buon cammino!!

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    Anno C –

    Omelia di Don Paolo Scquizzato,

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    - Anno C –

    Omelia

    di Don Paolo Scquizzato,

    Prima lettura: Sir 35,15b-17.20-22a

    il Signore è giudice
    e per lui non c'è preferenza di persone.
    16Non è parziale a danno del povero
    e ascolta la preghiera dell'oppresso.
    17Non trascura la supplica dell'orfano,
    né la vedova, quando si sfoga nel lamento.

    20Chi la soccorre è accolto con benevolenza,
    la sua preghiera arriva fino alle nubi.
    21La preghiera del povero attraversa le nubi
    né si quieta finché non sia arrivata;
    non desiste finché l'Altissimo non sia intervenuto
    22e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l'equità.

    Salmo: 33

    Rit.: 16 Gli occhi del Signore sui giusti,
    i suoi orecchi al loro grido di aiuto.

    Alleluia, Alleluia, Alleluia.


    2 Benedirò il Signore in ogni tempo,
    sulla mia bocca sempre la sua lode.

    3 Io mi glorio nel Signore:
    i poveri ascoltino e si rallegrino. Rit.

    17 Il volto del Signore contro i malfattori,
    per eliminarne dalla terra il ricordo.

    18 Gridano e il Signore li ascolta,
    li libera da tutte le loro angosce. Rit.

    19 Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
    egli salva gli spiriti affranti.

    23 Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
    non sarà condannato chi in lui si rifugia. Rit.

    Seconda lettura: 2Tm 4,6-8.16-18

    6Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. 7Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. 8Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.

    16Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. 17Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l'annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. 18Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

    Canto del Vangelo: Cf 2Cor 5,19

    Alleluia, alleluia!

    19Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.

    Alleluia!

    Vangelo: Lc 18,9-14

    9Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo». 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore». 14Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

    OMELIA (Lc 18, 9-14)

     

    Il brano del Vangelo di oggi, è uno splendido insegnamento su ciò che evangelicamente si deve intendere per religione e per fede.

    Il fariseo della parabola rappresenta la religione, ossia il tentativo di ‘legarsi’ alla divinità attraverso un armamentario religioso fatto di pratiche, preghiere, adempimento di norme, regole e precetti. L’uomo ‘religioso’, ha dunque la presunzione di pensare che la propria giustizia derivatagli dall’assolvimento dei suoi doveri, sia sufficiente a ricevere il premio da parte del ‘suo’ Dio.

    Come se Dio potesse premiare, magari con benedizioni, salute e grazie speciali, chi non manca di condurre una vita irreprensibile. Questa è la perversione della religione, che ha fatto del rapporto con Dio un commercio,  arrivando ad identificare questo con la salvezza.

    Il pubblicano invece rappresenta l’uomo di fede, principio autentico di salvezza. Paolo è chiarissimo su questo punto: «sapendo tuttavia che l’uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno» (Gal 2, 16).

    Non sarà mai la nostra ‘ricchezza’ religiosa a ‘legarci’ a Dio. Egli è già parte di noi a prescindere,  è ‘l’anima dell’anima nostra’ (J. Green), per questo possiamo vivere riconoscendo ed accettando quel che siamo, con tutte le nostre debolezze, le nostre ferite, giungendo così a credere maggiormente alla sua misericordia che alla nostra miseria.

    Il peccatore di questa parabola ci sta insegnando che il proprio “vuoto”, la propria pochezza e debolezza, può diventare – se lo vogliamo – la nostra ricchezza.

    La mia miseria è misura della sua misericordia.

    Dio è la presenza che riempie assenze.

    Il peccato è la nostra parte di Vangelo” (Silvano Fausti).

    Ma un altro insegnamento interessante ci fa dono il Vangelo di oggi.

    Il fariseo, nella sua presunzione si permette di giudicare il disgraziato che gli è accanto, dall’alto della sua giustizia. Ebbene, il riconoscerci per ciò che siamo realmente, accettare la nostra verità, ci sottrae dal giudizio dell’altro. Se faccio realmente esperienza del mio limite e insieme della misericordia del Padre, non potrò più giudicare nessuno, perché gli altri non saranno mai peccatori quanto lo sono io. Come Paolo, arriverò anch’io a riconoscermi come il primo di tutti i peccatori (1Tm 1, 15), ma un peccatore perdonato. Per questo saprò frequentare, da fratello, tutti i peccatori del mondo.

    «Allora Cristo ci dirà: venite anche voi, venite, o ubriaconi! Venite, o deboli! Venite, o dissoluti! E ci dirà: esseri vili, siete creati ad immagine della bestia e siete segnati dalla sua impronta. Venite comunque anche voi! E i saggi diranno, e i prudenti diranno: “Signore, perché li accogli?”

    Ed egli dirà: Se li accolgo è perché ciascuno di essi non se ne è mai giudicato degno.

    E ci tenderà le braccia, e cadremo ai suoi piedi, e scoppieremo in singhiozzi e allora comprenderemo ogni cosa. Sì, allora comprenderemo tutto» (Dostoevskij, Delitto e castigo).

     

     

    CAMMINO DELLA SETTIMANA

    Due spunti su cui meditare, a Voi cercarne altri

    • "chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato». ,

    • La mia miseria è misura della sua misericordia.

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      Omelia

      di Don Paolo Scquizzato,

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      - Anno C -

      di Don Paolo Scquizzato,

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      Anno C –

      di Don Paolo Scquizzato,

      Prima lettura: 1Re 19,16b.19-21

      Ungerai Ieu, figlio di Nimsì, come re su Israele e ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto.
      19Partito di lì, Elia trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. 20Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elia, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elia disse: «Va' e torna, perché sai che cosa ho fatto per te». 21Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio.

      Salmo: 15

      Rit.: Mio Signore, sei tu il solo mio bene.

      Alleluia, Alleluia, Alleluia.

      Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.

      2 Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu,

      5 Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
      nelle tue mani è la mia vita. Rit.

      7 Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
      anche di notte il mio animo mi istruisce.

      8 Io pongo sempre davanti a me il Signore,
      sta alla mia destra, non potrò vacillare. Rit.

      9 Per questo gioisce il mio cuore
      ed esulta la mia anima;
      anche il mio corpo riposa al sicuro,

      10 perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
      né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Rit.

      11 Mi indicherai il sentiero della vita,
      gioia piena alla tua presenza,
      dolcezza senza fine alla tua destra.
      Rit.

      Seconda lettura: Gal 5,1.13-18

      1 Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.

      13Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l'amore siate invece a servizio gli uni degli altri. 14Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 15Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!

      16Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. 17La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
      18Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge.

      Canto del Vangelo: 1Sam 3,9; Gv 6,68c

      Alleluia, alleluia!

      Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna

      Alleluia!

      Vangelo: Lc 9,51-62

      Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l'ingresso. 53Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». 55Si voltò e li rimproverò. 56E si misero in cammino verso un altro villaggio.

      57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

      OMELIA

      Il cristianesimo non è questione di adeguamento, ma di compimento.
      Non siamo chiamati ad imitare Cristo, ma a dargli compimento in noi, concedere spazio al principio divino che ci portiamo dentro, entrarci in contatto sino ad esserne trasformati.
      La nostra vita dunque non consisterà nell’adeguarsi a verità estrinseche a noi (la legge), ma nel portare alle estreme conseguenze la verità che siamo, il nostro essere umani.
      Il Vangelo di oggi ci dona anche il segreto perché tutto questo possa compiersi: abbandonare tane, nidi e padri. Traducendo, potremmo affermare che è necessaria la ferma decisione di rompere anzitutto con l’immagine della madre; tane e nidi sono simbolo dell’utero materno, il mondo dei bisogni e delle sicurezze. Gesù invita a rompere con tutto ciò che ha a che fare con i nostri sogni, le nostre fiducie e certezze, di qualsiasi genere materiali, immaginifiche, religiose siano.
      Ora, questa rottura non va letta come rinuncia fine a se stessa, bensì come possibilità per un’autentica libertà. È nel vuoto e nell’abbandono – ossia ciò che la mistica chiama puro silenzio – che il divino può finalmente compiersi in noi. L’io deve essere liberato non tanto da qualcuno o da qualcosa, bensì ‘per’ qualcuno, perché Lui possa compiersi in pienezza. Attenzione tane e nidi possono includere anche le nostre immagini di Dio, il nostro presunto rapporto con lui nel quale siamo soliti trovare protezione, comprensione, rifugio, aiuto. È interessante notare che solo nel momento in cui Gesù sulla croce grida: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?» (Mt 27, 46; Mc 15, 34), sperimenta anche l’unione massima col Padre, il compimento del suo essere umano, la risurrezione.

      Gesù invita a rompere altresì con l’immagine del padre (v. 60), ossia col mondo di quegli affetti, di quei doveri, di quei rapporti che hanno il potere di determinarci, esercitare un forte impatto su noi, dominandoci. Proviamo a chiederci: quanto potere abbiamo concesso alle ‘personalità forti’ nella nostra vita, impedendoci di fatto di vivere in pienezza?
      Occorre insomma abbandonare i morti (cfr. 60), slegarci da quei fantasmi che presumiamo essere capaci di donarci vita dall’esterno. No, l’essenziale per vivere abita in noi. Occorre solo crederci fino in fondo, prenderne consapevolezza e poi concedergli spazio e farlo crescere, fino alla nostra piena trasformazione.

      CAMMINO DELLA SETTIMANA

      Due spunti su cui meditare, a Voi cercarne altri:


      "Ti seguirò ovunque tu vada"


      L’essere ad immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gn 2, 27),


      non è dunque qualcosa che si è compiuto all’inizio, ma è la nostra destinazione,

      il compimento del nostro crescere nell’amore.

      Buon cammino!

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