Famiglia Giovani Anziani

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Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Anno 2024

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Gn 3,9-15.20

Dal libro della Genesi
 

[Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero,] il Signore Dio lo chiamò e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché hai fatto questo,
maledetto tu fra tutto il bestiame
e fra tutti gli animali selvatici!
Sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vita.
Io porrò inimicizia fra te e la donna,
fra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno».
L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.

Salmo Responsoriale Dal Salmo 97

Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie.

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!

Seconda Lettura Ef 1,3-6.11-12

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi
mediante Gesù Cristo,
secondo il disegno d’amore della sua volontà,
a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
In lui siamo stati fatti anche eredi,
predestinati – secondo il progetto di colui
che tutto opera secondo la sua volontà –
a essere lode della sua gloria,
noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.
 
Canto al Vangelo (Lc 1,28)


Alleluia, alleluia.

Rallègrati, piena di grazia,
il Signore è con te,
benedetta tu fra le donne.

Alleluia.

Vangelo Lc 1,26-38

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

OMELIA

“L’anima è sempre vergine, saperlo e vivere di conseguenza è ciò che chiamiamo spiritualità” (P. d’Ors).
La questione è che non lo sappiamo, o se vogliamo, ce ne siamo dimenticati.
Dovremmo dedicarci del tempo – il tempo del silenzio – per prendere coscienza che dentro di noi vi è un luogo immacolato e vergine, puro e originale. Un luogo sacro, incontaminato, dove siamo pienamente noi stessi, autentici, dove non abbiamo bisogno di giustificarci o vivere di prestazioni per essere riconosciuti e accolti.
Un luogo sacro dove non può entrare il giudizio altrui e le parole degli altri non possono ferirci.
Un luogo immacolato e vergine, puro e originale dove non è dato vivere sensi di colpa, perché al nostro giudice interiore che sempre ci giudica non è dato entrarvi.

Abbiamo bisogno di qualcuno, d’un ‘angelo’ che come a Maria, ci faccia memoria di essere pieni di grazia, ossia di essere abitati da questo spazio ‘altro’ dove ‘la grazia accade senza sforzo’ (S. Weil), al di là del nostro fare, e che la nostra identità più profonda – come quella di Maria – è appunto vergine e feconda, vuota e piena. Feconda perché vergine, piena perché vuota.
Solo se siamo vuoti possiamo essere raggiunti; rinunciando a ‘fare’ conosciamo la fecondità del vivere.
Perché svuotati da ogni interesse personale siamo aperti a ciò che gratuitamente può raggiungerci.
La pratica meditativa credo sia il momento in cui con un atto di consapevole attenzione viviamo tutto ciò: il momento dell’abbandono, della consegna di sé, in quanto «La Meditazione è un non-fare basato sulla fiducia» (F. Fabbro).
Maria dice sì – s’affida – a ciò che capita al di là del suo com-prendere, del suo capire.
«Cominceremo a vivere quando rinunceremo a voler capire» (Ch. Candiani). La vita comincerà a farsi carne in noi nella misura in cui cesseremo di commentarla.

«Ritorna dentro,
nel luogo dove non c’è nulla,
e bada che nulla entri.
Penetra nelle profondità di te stesso,
nel luogo dove il pensiero non esiste più,
e bada che nessun pensiero vi sorga!
Lì dove non esiste nulla,
Pienezza!
Lì dove non si vede nulla,
la Visione dell’Essere!
Lì dove non appare più nulla,
l’improvvisa apparizione del Sé!
Meditazione è questo!» (Sri Gnanananda)
 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 01 Dicembre 2024 10:02

Prima domenica del tempo di Avvento. Anno C

Prima domenica del tempo di Avvento. Anno C

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Ger 33,14-16

Dal libro del profeta Geremia
 
Ecco, verranno giorni - oràcolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d’Israele e alla casa di Giuda.
In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra.
In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia.
 

Salmo Responsoriale Dal Salmo 24

A te, Signore, innalzo l’anima mia, in te confido.

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.

Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà
per chi custodisce la sua alleanza e i suoi precetti.
Il Signore si confida con chi lo teme:
gli fa conoscere la sua alleanza.

Seconda Lettura 1Ts 3,12-4,2

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési

Fratelli, il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi.
Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate –, possiate progredire ancora di più. Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.
 
Canto al Vangelo (Sal 84,8)


Alleluia, alleluia.

Mostraci, Signore, la tua misericordia
e donaci la tua salvezza.

Alleluia.

Vangelo Lc 21,25-28.34-36

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

OMELIA

Avvento, tempo d’attesa.
Con “uno sguardo attento, in cui l’anima si svuota di contenuto proprio per accogliere in sé quella realtà che solo così essa vede nel suo aspetto vero” (Simone Weil). Questa attesa-attenzione suppone la fine di ogni nostro pregiudizio, desiderio, libertà da ogni opinione, e fine di ogni immaginazione riempitrice di vuoti.
Tempo di fede, ovvero apertura tale da non prevedere nulla se non l’imprevedibile e da non attendere niente se non l’insperato.
«State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano …» (v. 34). Un cuore appesantito, ossia ingombro d’altro, non può far spazio all’Altro che desidera compiersi in noi.
Il contrario di ‘appesantito’ non è ‘leggero’ ma ‘vuoto’, ossia libero da pensieri, immagini, attese, libero dal veleno del desiderio e dell’avversione. Un cuore giunto allo ‘stato di quiete’ per aver mollato la presa ed essere finalmente libero e aperto all’accadere di ciò che deve accadere.
È interessante che Gesù faccia riferimento in particolare a tre possibili malattie del cuore: la dissipazione, l’ubriachezza e l‘affanno (v. 34).
‘Dissipare’ significa disperdere, svanire, rendere inconsistente. C’è il rischio di vivere come fumo, nebbia, in maniera inconsistente appunto, e al primo bagliore del sole costatare che di tutto ciò che si pensava si fosse edificato, non rimane nulla.
‘Vivere da ubriachi’ significa consumare i giorni nell’inconsapevolezza, lasciar accadere le cose senza viverle veramente, mai ‘in sé’, non da protagonisti avendo delegato ad altri il mestiere di vivere.
‘Affannarsi’ poi, è come correre a perdifiato, in continua agitazione, sempre alla ricerca di qualcosa, di una meta, di un orizzonte che – come in un incubo – è destinato a rimanere sempre aldilà, irraggiungibile.
L’Avvento è invito a fermarsi, o perlomeno a rallentare.
La tradizione orientale ci ricorda: «Rimani fermo, e ciò che è destinato a te ti raggiungerà»; «Quando vai nello spazio del nulla, tutto diventa noto».
Avvento come tempo di attesa dunque ma soprattutto di purificazione. Purificarsi soprattutto dalle immagini di Dio che ci portiamo dentro, perché egli è e sarà sempre al di là di ciò che possiamo immaginare e pensare, e potrà farci visita nella misura in cui cessiamo di immaginarlo e cercarlo.
«Dio è una negazione della negazione», dice Meister Eckhart. Va negato come oggetto ‘altro da noi’, perché possa manifestarsi come lo Spirito vivente in noi.

 
Paolo Scquizzato
 
Trentaquattresima domenica del Tempo Ordinario. Anno B
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Dn 7,13-14

Dal libro del profeta Daniele
 
Guardando nelle visioni notturne,
ecco venire con le nubi del cielo
uno simile a un figlio d’uomo;
giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui.
Gli furono dati potere, gloria e regno;
tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano:
il suo potere è un potere eterno,
che non finirà mai,
e il suo regno non sarà mai distrutto.
 

Salmo Responsoriale Dal Salmo 92

Il Signore regna, si riveste di splendore.

Il Signore regna, si riveste di maestà:
si riveste il Signore, si cinge di forza.

È stabile il mondo, non potrà vacillare.
Stabile è il tuo trono da sempre,
dall’eternità tu sei.

Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti!
La santità si addice alla tua casa
per la durata dei giorni, Signore.

Seconda Lettura Ap 1,5-8

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Gesù Cristo è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra.
A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.
Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà,
anche quelli che lo trafissero,
e per lui tutte le tribù della terra
si batteranno il petto.
Sì, Amen!
Dice il Signore Dio: Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!
 
Canto al Vangelo (Mc 11,9.10)


Alleluia, alleluia.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!

Alleluia.

Vangelo Gv 18,33-37

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

OMELIA

Pilato, plenipotenziario per conto di Roma in Palestina, domanda a Gesù, tra l’ironico e il sorpreso: «Tu sei re?» (v. 33b).
Tu, che hai le mani legate? Tu che non hai messo nelle tue mani nessuno me ti sei dato nelle mani di tutti? Tu l’innocente che non dichiari guerra senza urlare: ‘vendetta’?
Tu che doni la vita a chi fa fuori la tua, insegnando così che non si vince se non perdonando?
Tu che hai avuto solo un desiderio, quello di prenderti cura e liberare chi ha sempre faticato a stare al mondo, come i poveri, i miseri, gli esclusi, gli sbagliati, le vittime della religione: tu saresti re?
Tu che lavi i piedi a dei poco di buono, che entri in Gerusalemme a dorso d’un asino rifiutando di salire sui carri e i cavalli dei potenti?
Tu che non dai la morte per salvarti la vita, ma accetti di morire perché l’altro possa tornare a vivere?
Tu che non usi armi, ma inviti Pietro a riporre nel fodero la sua?
Sì, caro Pilato, “Io sono re” (cfr. v. 37). Ma lo sono non ‘secondo il mondo’, secondo quella vostra modalità che sa di morte, ma nel senso profondo di questa parola. Il termine re ha come origine la parola sanscrita ‘rags’, da cui deriva anche raggio. Io sono re di luce. Sono l’essere luminoso che illumina e dà la vita. Per questo ho insegnato che l’unico modo per vivere in maniera regale è servire e il solo modo per essere potenti è fare il bene; l’unico modo di possedere è donare ed è solo immettendo luce nel buio che lo si dirada.
‘Sì, sono re’, perché ho compreso che l’unico trono su cui merita salire è la croce, vivendo un amore che sa andare fino alla fine.
E l’unico nemico a cui merita dichiarare guerra è il proprio ego.
«Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in sé stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo». (Etty Hillesum, 19 giugno 1942)

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 01 Dicembre 2024 09:47

Trentatreesima domenica del tempo ordinario. Anno B

Trentatreesima domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Dn 12,1-3

Dal libro del profeta Daniele
In quel tempo, sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo.
Sarà un tempo di angoscia, come non c’era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro.
Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna.
I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre.

Salmo Responsoriale Dal Salmo 15

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.

Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.

Seconda Lettura Eb 10,11-14.18


Dalla lettera agli Ebrei

Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e a offrire molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati.
Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.
Ora, dove c’è il perdono di queste cose, non c’è più offerta per il peccato.
 
Canto al Vangelo (Lc 21,36)


Alleluia, alleluia.

Vegliate in ogni momento pregando,
perché abbiate la forza di comparire davanti al Figlio dell’uomo.

Alleluia.

Vangelo Mc 13,24-32

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».

OMELIA

La cronaca quotidiana ci fa memoria di violenze, distruzioni continue e di un male che pare non avere fine.
Anche la primitiva comunità cristiana s’è trovata avvolta in un male indicibile. Roma, la comunità di cristiani cui Marco si rivolge col suo vangelo, è stata messa a ferro e fuoco da Nerone. Gerusalemme da lì a poco verrà rasa al suolo. E Marco riprende le parole del Maestro per infondere pace e serenità ai suoi. “Non abbiate timore, perché questo dolore è paragonabile a quello che precede il parto (cfr. Gv 16. 21): qualcosa di nuovo sta per nascere”.
Il Vangelo ci ricorda che non stiamo andando verso ‘la fine’, ma verso ‘un fine’.
Non siamo fatti per ‘disfarci’, ma per ‘trasfigurarci’.
Purché ci giochiamo la vita non dietro le stars del momento (nel nostro brano i potenti della storia del Medioriente identificati con il Sole, la Luna e le stelle, considerati in quel tempo dèi), destinate ad eclissarsi (vv. 24-25), ma nei valori proclamati nel vangelo: la condivisione, la cura, la giustizia… Se s’investe sul potere, l’avere, il successo del proprio ego, ci si ecclisserà, mentre se si esce dal proprio io per il bene, la giustizia, la pace, si vivrà in pienezza.
Ci s’illumina solo illuminando gli altri.
Il Vangelo di oggi ci ricorda inoltre che quando il male parrà avere trionfato, quando si assisterà alla manifestazione massima del male, allora contempleremo appieno la gloria di Dio: «Vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria» (v. 26). Perché? Semplicemente perché in un venerdì, l’unico santo della storia, è accaduto proprio questo: dinanzi al male assoluto, alla croce di Cristo, alla ‘morte di Dio’, un uomo ha gridato: «davvero quest’uomo era figlio di Dio» (Mc 15, 39): riconoscimento di un amore. Memoria che l’amore riporterà la vittoria solo quando verrà ferito, e che la tenebra, alla fine rivelerà sempre una luce.
 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 10 Novembre 2024 09:15

Trentaduesima domenica del tempo ordinario. Anno B

Trentaduesima domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  1Re 17,10-16

Dal primo libro dei Re

In quei giorni, il profeta Elia si alzò e andò a Sarèpta. Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso, perché io possa bere».
Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo».
Elia le disse: «Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”».
Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia.

Salmo Responsoriale Dal Salmo 145

Loda il Signore, anima mia.

Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.

Seconda Lettura Eb 9,24-28


Dalla lettera agli Ebrei

Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte.
Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza.
 
Canto al Vangelo (Mt 5,3)


Alleluia, alleluia.

Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.

Alleluia.

Vangelo Mc 12,38-44

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
 

OMELIA

Nel Tempio di Gerusalemme, luogo preposto all’unione con Dio, occorreva pagare una tassa per poterci entrare, attenendosi così al ‘do ut des’ commerciale di ogni religione: ‘io ti do e tu mi dai’.
A capo della casta religiosa al tempo di Gesù – dedita a ‘cantare i salmi e contare i soldi’ – vi erano gli scribi, da Gesù definiti, senza mezzi termini, ipocriti – ossia teatranti -, guide cieche, scriteriati, sepolcri imbiancati e razza di vipere. Rappresentanti dell’establishment religioso, fungevano da ‘guardiani del tempio’, arrogandosi il diritto di stabilire chi dovesse starne fuori o dentro.
Gesù fa saltare questa logica commerciale propria di una religione malata. L’essere umano non deve pagare nulla per entrare in rapporto col Mistero: ‘La grazia è senza sforzo’ dirà Simone Weil.
Tutto è già dato. Stiamo già partecipando alla vita divina, occorre solo prenderne coscienza. Nelle cose dello Spirito non c’è un dentro o un fuori, ma piuttosto un ‘emergerne’ in quanto già partecipi di quel medesimo Spirito.
Gesù non ha mai detto di dover morire per un dio, ma solo al proprio io (cfr. Mt 16, 24). E questo significa vivere il distacco dalla propria psiche portata a dettare la mappa con cui tendiamo a leggere il territorio della vita, distacco dai propri piccoli interessi che fanno perdere di vista l’altro, distacco dalla sete di potere che conduce a servirsi delle persone piuttosto che servirle.
“Morto come qualcuno risorgo come nessuno”. In questo essere ‘nessuno’, come insegna l’Ulisse omerico, ci si scoprirà finalmente risorti a sé stessi e salvi.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 03 Novembre 2024 09:57

Trentunesima domenica del tempo ordinario. Anno B

Trentunesima domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Dt 6,2-6

Dal Libro del Deuteronomio

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Temi il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni.
Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto.
Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze.
Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 17

Ti amo, Signore, mia forza.

Ti amo, Signore, mia forza,
Signore, mia roccia,
mia fortezza, mio liberatore.

Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.
Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.

Viva il Signore e benedetta la mia roccia,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato.

Seconda Lettura Eb 7,23-28

Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, [nella prima alleanza] in gran numero sono diventati sacerdoti, perché la morte impediva loro di durare a lungo. Cristo invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore.
Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli. Egli non ha bisogno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso.
La Legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giuramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per sempre.
 
Canto al Vangelo (Gv 14,23)


Alleluia, alleluia.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.

Alleluia.

Vangelo Mc 12,28-34

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
 

OMELIA

Si avvicina a Gesù uno scriba, un’autorità nel gotha religioso di quei tempi. Il suo insegnamento era ritenuto talmente importante da essere considerato infallibile, voce terrena della medesima volontà celeste. 

Questi pone una domanda tendenziosa all’uomo di Nazareth: “qual è il primo di tutti i comandanti lasciatici da Dio?”. Tendenziosa perché finanche un bimbo sapeva che il primo comandamento – a cui Dio stesso obbedisce essendosi riposato in quel giorno – è l’osservanza del sabato. In un passo dell’Esodo si ha Dio che ordina addirittura di mettere a morte chi avesse disatteso il precetto. 

Gesù glissa, non risponde come il mondo religioso si sarebbe atteso, e cita il grande Credo d’Israele, lo Shemà Israel, tratto dal Libro del Deuteronomio (6, 4-5). E spiazza lo scriba. 

“Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Interessante che venga anzitutto ‘comandato’ il silenzio: ‘ascolta’! Non ‘fare, o non fare’ per la divinità, ma ‘ascoltare’, dar spazio, lasciarsi raggiungere da Lui, per essere da Lui trasformati per poi agire come Lui. 

C’è ancora un aspetto interessante: Gesù cita testualmente Deuteronomio ma aggiunge: ‘con tutta la mente’, a dirci di essere ragionevoli nell’atto di fede, coltivare lo studio, l’approfondimento delle cose di Dio. Una fede senza ragione è scriteriata, fideismo, superstizione, becero devozionismo. 

Gesù però non si limita a citare lo Shemà, s’appresta a dire che vi è un secondo comandamento fondamentale. E questa volta lo recupera dal libro del Levitico: ‘amare il prossimo come se stessi’, tradotto potremmo dire: prendersi cura perché gli altri possano giungere a vivere in pienezza, alla luce di sé

Con questa aggiunta, Gesù vuole evitare che si caschi in una tentazione molto diffusa allora come oggi, ossia che vi possa essere un amore totalizzante per la divinità, fatta di culti, riti, sacrifici, preghiere fine a sé stesso. Dio va amato certo con tutto l’essere, ma la modalità è l’amore verso gli altri! Questo è il comandamento: l’amore di Dio inverato nell’amore al prossimo. 

Quelli che pensavano che l’amore verso la divinità s’esaurisse in un commercio devozionale con essa, Gesù li aveva appena scacciati dal tempio, definendoli ladri (cfr. Mc 11, 17). 

Ebbene, il Nuovo Testamento su questo è chiarissimo: la strada più breve per giungere a Dio è passare dai fratelli. 

Marco riguardo i due comandamenti afferma un primo e un secondo, ma alla fine dice: «non c’è comandamento (uno solo) più grande di questi», a dire che il comandamento è unico. 

Matteo (22, 39) dirà ‘il secondo è simile a quello (lo Shemà); Luca addirittura fonda insieme i due precetti (10, 27). 

In Giovanni Gesù va ancora oltre: «Vi do un (uno solo) – comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri» (13, 34). E Paolo: «Pieno compimento della Legge è l’amore» (Rm 13, 8-10). 

Alla fine lo scriba cede, e si complimenta con Gesù, compiendo un passaggio formidabile rispetto la religione comune: “L’amore verso i fratelli vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici” (v. 33), considerati allora fondamento della religione, quella esteriore e commerciale, intenta solo ad estorcere alla divinità un ritorno personale con pratiche devozionali. 

La religione non si risolve in un rapporto verso l’Alto, occorre l’uscita verso l’altro, la cura dei fratelli. In fondo lo Scriba conosce molto bene la Scrittura, infatti ne cita due passaggi: 

“Praticare la giustizia e l’equità per il Signore vale più di un sacrificio” (Pro 21, 3) 

Voglio l’amore – dice Dio – e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti” (Os 6, 6; cfr. Mt 9, 13; 12, 7). 


 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 03 Novembre 2024 09:50

Trentesima domenica del tempo ordinario. Anno B

Trentesima domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Ger 31,7-9

Dal Libro del profeta Geremia

Così dice il Signore:
«Innalzate canti di gioia per Giacobbe,
esultate per la prima delle nazioni,
fate udire la vostra lode e dite:
“Il Signore ha salvato il suo popolo,
il resto d’Israele”.
Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione
e li raduno dalle estremità della terra;
fra loro sono il cieco e lo zoppo,
la donna incinta e la partoriente:
ritorneranno qui in gran folla.
Erano partiti nel pianto,
io li riporterò tra le consolazioni;
li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua
per una strada dritta in cui non inciamperanno,
perché io sono un padre per Israele,
Èfraim è il mio primogenito».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 125

Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.

Seconda Lettura Eb 5,1-6

Dalla lettera agli Ebrei

Ogni sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati.
Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo.
Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato», gliela conferì come è detto in un altro passo:
«Tu sei sacerdote per sempre,
secondo l’ordine di Melchìsedek».
 
Canto al Vangelo (Cf 2Tm 1,10)


Alleluia, alleluia.

Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte
e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.

Alleluia.

Vangelo Mc 10,46-52

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
 

OMELIA

Siamo ciechi, perché presumiamo di vederci benissimo. 

Presumiamo che ciò che i nostri occhi sensibili attestano, sia tutta la realtà. 

Ma non è così. Ce lo ricorda il famoso aforisma di Saint-Exupérie: ‘L’essenziale – ciò che veramente conta – è invisibile agli occhi’. Sta da un’altra parte. La vita sta da un’altra parte. 

Ecco perché le grandi tradizioni spirituali parlano di un ‘terzo occhio’, ossia di una possibilità altra di rapportarsi col mondo, con la realtà, con gli altri. Per il Taoismo esistono addirittura ottantuno livelli diversi di sguardi sulla realtà. E paradossalmente, i veri saggi, gli illuminati e i lungimiranti nell’antichità erano spesso ciechi. 

Occorre chiudere gli occhi sul mondo per cominciare a percepirlo nella sua verità. 

Chiudere con i nostri sensi superficiali, le nostre sensazioni, i nostri giudizi egoici: mi piace-non mi piace, mi è favorevole-mi è contro, giusto-sbagliato, bene-male… 

Il primo passo da fare non sarà dunque quello d’imporsi di ‘cambiare’ la realtà a tutti i costi, ma guardarla piuttosto con occhi diversi per giungere a viverla con un atteggiamento altro. 

Qui potrà cominciare un autentico cammino di fede. Vivere la vita con fede vuol dire infatti sapere che il male di cui si è spettatori e vittime non è l’ultima parola ma solo la penultima; che non occorre opporsi al malvagio, ma piuttosto rispondergli facendo il bene (cfr. Mt 5, 39); che alla tenebra – il male – non va fatta violenza per disintegrarla, ma è sufficiente avvolgerla col bene, con la luce e quella si dissolverà. Vivere con fede significa guardare il mondo come sotto il segno della croce, ossia amato da Dio e quindi già salvato, destinato a un porto di bene. 

Cominceremo un cammino di illuminazione quando riconosceremo di essere ciechi, quando prenderemo coscienza di essere ammorbati da una mentalità omicida e suicida, incentrata cioè sul potere, sull’avere e sul successo. 

Saremo illuminati quando anche noi come Bartimeo cominceremo a gridare la nostra malattia esistenziale, quella che ci ha relegati paralizzati ai bordi della strada dell’esistenza. Quando scopriamo che solo nella nostra povertà e nel nostro peccato possiamo fare esperienza della salvezza, e che solo perché tenebra possiamo essere raggiunti dalla Luce scoprendoci finalmente figli amati e donne e uomini illuminati. 


 
Paolo Scquizzato
 
Martedì, 22 Ottobre 2024 11:19

Ventinovesima domenica del tempo ordinario. Anno B

Ventinovesima domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Is 53,10-11

Dal Libro del profeta Isaia

Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità.

Salmo Responsoriale Dal Salmo 32

Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo.

Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.

Seconda Lettura Eb 4,14-16

Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede.
Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato.
Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.
 
Canto al Vangelo (Mc 10,45)


Alleluia, alleluia.

Il Figlio dell’uomo è venuto per servire
e dare la propria vita in riscatto per molti.

Alleluia.

Vangelo Mc 10,35-45

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
 

OMELIA

«Cosa volete che io faccia per voi?» (v. 36), chiede Gesù ai suoi discepoli. 

«Vogliamo la gloria», rispondono loro. (v. 37). 

«Voi non sapete quello che chiedete», ribatte loro Gesù (v. 38)

Mentre noi chiediamo la gloria per diventare grandi, Gesù indica la via del farsi piccoli prendendosi cura di qualcuno. 

Alla nostra ‘vana-gloria’ Gesù indica l’unica gloria possibile, quella della croce: stazione ultima dell’amore. 

Dirsi cristiani significa acquisire una postura esistenziale altra rispetto a quella del mondo. 

«Tra voi però non è così» (v. 43). Tra voi deve affermarsi un altro stile di vita, quello fondato sul bene, sulla luce, unica possibilità perché le tenebre possano dissolversi. Uno stile incentrato sulla giustizia sociale e l’equità. Sul perdono e su una cultura di pace. 

Gesù indica un capovolgimento da vertigine: più si esce dal proprio ego più si è grandi. Più si è grandi più ci si mette a servizio. 

“Chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti” (v. 44). Viene usato qui il termine ‘schiavo’: il servo è colui che “lavora” per l’altro; lo schiavo “appartiene” all’altro. L’amore è appartenenza al cuore dell’altro, non vita da mestierante. 

Dare la vita’ significherà dunque sia morire che dare alla luce, far nascere. Perché l’amore alla fine consiste in questo: essere disposti a morire perché l’altro possa cominciare finalmente a vivere.

 
Paolo Scquizzato
 
Martedì, 22 Ottobre 2024 11:08

Ventottesima domenica del tempo ordinario. Anno B

Ventottesima domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Sap 7,7-11

Dal Libro della Sapienza

Pregai e mi fu elargita la prudenza,
implorai e venne in me lo spirito di sapienza.
La preferii a scettri e a troni,
stimai un nulla la ricchezza al suo confronto,
non la paragonai neppure a una gemma inestimabile,
perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia
e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento.
L’ho amata più della salute e della bellezza,
ho preferito avere lei piuttosto che la luce,
perché lo splendore che viene da lei non tramonta.
Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni;
nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.

 

Salmo Responsoriale Dal Salmo 89

Saziaci, Signore, con il tuo amore: gioiremo per sempre.

Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Rendici la gioia per i giorni in cui ci hai afflitti,
per gli anni in cui abbiamo visto il male.

Si manifesti ai tuoi servi la tua opera
e il tuo splendore ai loro figli.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

Seconda Lettura Eb 4,12-13

Dalla lettera agli Ebrei

La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.
 
Canto al Vangelo (Mt 5,3)


Alleluia, alleluia.

Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.

Alleluia.

Vangelo Mc 10,17-30

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».
 

OMELIA

«Gesù è il maestro del desiderio, colui che insegna ad ‘amare quelle assenze che ci fanno vivere’» (Rainer Maria Rilke).
Il personaggio del nostro brano pare avere tutto: è ricco (v. 22b), è giovane (secondo il parallelo di Matteo), è nobile (secondo quello di Luca), è un pio osservante… ma vive nell’angoscia.
Si può essere anche molto religiosi ma vivere da tristi. Perché una religiosità che non intacca la vita perché solo precettistica, da una parte non ha nulla a che fare con Dio, dall’altra produce frustrazione.
Questo tale – potremmo dire – è tutto ‘casa e chiesa’, ma la vita sta da un’altra parte. Ecco, Gesù è l’uomo che fa incontrare strade parallele. A questo tale Gesù dice: ‘guarda che se non metti in relazione la tua vita concreta con le esigenze del Vangelo, ossia con la vita dell’altro, non potrai mai giungere alla pienezza di te, non saprai mai chi sei veramente’.
Il possesso dei beni e il dirsi cristiani, o peggio ancora ‘religiosi’, non è polizza per la felicità.
«Vendi quello che hai e dallo ai poveri…» (v. 21). Gesù qui non invita alla povertà – che sarà sempre una disgrazia oppure scelta personale – ma alla condivisione: quello che possiedi trasformalo in relazione per il bene dell’altro e comincerai a vivere anche tu. La figura tipologica del ‘giovane ricco’ evangelico può dirsi tutt’al più un uomo felice ma ancora lontano dalla salvezza, ossia dall’esperire il cuore compiuto, realizzato.
Credo che questo brano ci domandi in modo radicale: cosa stai cercando? La felicità che in ultima analisi coincide con tutto ciò che non porta in sé l’ombra della paura, della sofferenza, del conflitto, o piuttosto l’esperienza della salvezza, ovvero trovare la risposta definitiva al senso della tua vita?

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 06 Ottobre 2024 10:42

Ventisettesima domenica del tempo ordinario. Anno B

Ventisettesima domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura  Gen 2,18-24

Dal Libro della Genesi

Il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda».
Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse.
Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo.
Allora l’uomo disse:
«Questa volta
è osso dalle mie ossa,
carne dalla mia carne.
La si chiamerà donna,
perché dall’uomo è stata tolta».
Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne.

 

Salmo Responsoriale Dal Salmo 127

Ci benedica il Signore tutti i giorni della nostra vita.

Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.

Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.

Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!
Possa tu vedere i figli dei tuoi figli!
Pace su Israele!

 
Seconda Lettura Eb 2,9-11

Dalla lettera agli Ebrei

Ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni!
Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente.
Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage.
Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza.
 
Canto al Vangelo (1Gv 4,12)


Alleluia, alleluia.

Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi
e l’amore di lui è perfetto in noi.

Alleluia.

Vangelo Mc 10,2-16

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.
 

OMELIA

«Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che essa non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa» (Dt 24, 1).
Questa è la Legge di Mosè come è riportata nell’Antico Testamento. E Gesù la conosce bene. Gesù sa cosa vuol dire ‘trovare in lei qualcosa di vergognoso’. Può essere anche solo un pane lasciato bruciare nel forno, una sciocchezza qualsiasi, ossia un qualsiasi pretesto per allontanarla e unirsi ad un altra più giovane e avvenente. E Gesù sa ancor meglio cosa significhi ‘una donna mandata via di casa’ dal proprio marito-padrone: trasformarsi in selvaggina, ovvero una donna morta.
Ecco perché per Gesù non c’è Legge di Mosè che tenga, non c’è Legge divina che possa rimanere in piedi di fronte l’offesa ufficializzata ai danni dell’anello più debole e inerme di una società patriarcale, maschilista e brutale. Gesù non può permettere che una mentalità malata – seppur di diritto ‘divino’ – possa distruggere una vita indifesa.
È solo con questo background che si possono comprendere le parole di Gesù: «dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto» (v. 9). Gesù non è contro lo statuto del divorzio! Egli si pone semplicemente dalla parte debole della società, di chi non conta, di chi è considerato abito da usare e corpo da abusare. Non è un caso che nei versetti successivi Gesù ribadisca tutto questo invitando e abbracciando proprio i bambini, secondo anello debole e ‘inutile’ di ogni società.
«L’uomo non divida…». Gesù invita a non dividere, a non scartare e allontanare mai una vita solo per il proprio egoistico e basso tornaconto. L’altro non può mai essere ridotto a strumento per realizzare i propri sogni e tanto meno a soddisfare i propri bisogni. Per questo Gesù invita a non dividere, perché dividere è il verbo della morte. Il diavolo – dia-ballo / colui che separa – è il divisore per antonomasia. L’amore di contro accoglie, congiunge e fa progredire.
Poi la storia di ogni giorno ci narra che possono verificarsi delle separazioni, delle divisioni, che vanno a sancire la fine anche di amori grandi e importanti. A quel punto, di fronte all’abisso del cuore umano, bisogna fermarsi con infinito rispetto, sapendo che ogni amore per quanto eterno è pur sempre frangibile.

 
Paolo Scquizzato
 
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