I Dossier

Fausto Ferrari

Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Nello spirito di Assisi

di Giovanni Guzzi


Il legame fra pace e religioni è uno dei temi di maggiore attualità: troppo spesso strumentalizzato e fatto oggetto di polemiche feroci e pretestuose. Fra le diverse iniziative attivate su di esso, di cui siamo venuti a conoscenza, abbiamo trovato particolarmente interessante, per taglio e pacatezza di ragionamenti, quella organizzata dal Comune di Cusano Milanino, una cittadina alle porte di Milano. La presentiamo in questo dossier.

Per diverse ragioni il 2006 è stato un anno significativo per le religioni e la pace. In primo luogo perché lo scorso 27 ottobre ricorreva il ventesimo anniversario del primo storico incontro interreligioso per la pace convocato ad Assisi da Giovanni Paolo II nel 1986.

È stato anche il primo anno nel quale, dopo il suo lungo pontificato, non è stato Giovanni Paolo II a tenere il consueto messaggio del primo gennaio per la Giornata Mondiale della Pace (tradizione della chiesa cattolica cominciata dal papa Paolo vi nel 1968).

Nel raccogliere il testimone dal suo predecessore, papa Benedetto XVI, nel proprio messaggio del 1° gennaio 2006, ne citava un’affermazione di grande attualità: «Pretendere di imporre ad altri con la violenza quella che si ritiene essere la verità, significa violare la dignità dell’essere umano e, in definitiva, fare oltraggio a Dio, di cui egli è immagine».Sensibile a queste problematiche, il comune di Cusano Milanino ha voluto celebrare la ricorrenza citata in apertura. Così, facendo propria la frase di papa Wojtyla, ha proposto alla cittadinanza una serie di incontri dedicati al tema della pace e alle sue implicazioni con le religioni attualmente più seguite nel mondo.

Se tutti concordiamo sul fatto che l’umanità soffre per guerra, terrorismo, sfruttamento, ingiustizia, schiavitù, degrado sociale e ambientale... non c’è invece convergenza di opinioni sulle cause di tutto ciò.

Per il nostro tempo, ma anche per i secoli passati, c’è chi individua nella religione la causa di questi problemi. Altri ritengono sia vero il contrario: è proprio l’assenza, o l’insufficiente comprensione della religione, a impedire che la pace si instauri definitivamente nel mondo.

Per confrontarsi con queste tesi e con il pubblico, una serie di esperti e testimoni della propria religione sono stati invitati ad animare sei affollate serate tenutesi nella sala del consiglio comunale.

Organizzata senza la pretesa di voler proporre considerazioni di valore assoluto, né di voler presentare la posizione ufficiale delle religioni protagoniste di ogni serata, l’iniziativa voleva semplicemente essere un primo approccio con l’argomento. Un tentativo di capire se, sulle vie della pace che l’umanità vorrebbe percorrere, le religioni possono essere un aiuto o se invece sono proprio loro la causa prima dei conflitti.

Gli esperti hanno introdotto ciascuna religione (in particolare le meno conosciute perché più lontane dalla nostra cultura occidentale) dai punti di vista teologico, storico, socio-politico ed anche geografico, esaminati in relazione al tema conduttore del ciclo.

Da parte loro i testimoni, personalità anche di rilievo nell’ambito delle rispettive comunità religiose, si sono proposti in veste di semplici credenti, disposti a condividere con il pubblico l’esperienza individuale di persone che si sforzano quotidianamente di vivere la pace secondo i principi dettati dalle proprie religioni; anche mettendosi in discussione sulle questioni più problematiche.

Un aspetto importante, questo del chiedere agli ospiti di far emergere la propria spiritualità, anche attraverso la lettura di brevi brani tratti dai testi sacri di ognuno. In occasioni analoghe viene spesso messo un po’ in secondo piano; col rischio di ridurre le religioni a semplici espressioni della cultura e della filosofia di alcuni gruppi umani. Cosa che effettivamente sono, ma che non le descrive compiutamente: gli aspetti spirituali e trascendenti di una religione ne sono infatti l’elemento più importante senza del quale perderebbero il loro specifico significato.

L’iniziativa, impostata col preciso intento di favorire un serrato dialogo fra relatori e pubblico, sembra di poter dire che sia riuscita nello scopo. I presenti, credenti e non credenti, accorsi sempre in buon numero, hanno approfittato con interesse dell’ampio spazio loro dedicato, riservando ai relatori una fitta serie di domande che, anche quando non strettamente inerenti con il tema della serata, erano sintomatiche del diffuso bisogno di spiritualità esistente nella nostra società.

Più in generale dimostravano il desiderio di capirsi, di trovare punti di incontro... di dialogare. Il fatto che tutto ciò sia avvenuto in un clima estremamente sereno e rispettoso del pensiero di ciascuno è il risultato dell’iniziativa di cui andare tutti più soddisfatti, pubblico e organizzatori.

Spesso incontri di questo genere, soprattutto sotto la spinta della drammatica attualità e dell’inopportuna politicizzazione, degenerano presto in poco fruttuose polemiche. Nel nostro piccolo, abbiamo dimostrato che la pace non è fatta solo dalle cancellerie, dalla politica, dalle autorità religiose..., ma può e deve cominciare anche dagli atteggiamenti più semplici e quotidiani di ciascuno; con un impegno forse maggiore per chi è credente: la pace si costruisce più sforzandosi di vivere con coerenza la propria fede (cosa per niente facile) che rivendicando la supremazia della propria religione.
Convinzioni queste espresse da tutti i relatori e principale filo conduttore del ciclo di incontri.

Con estrema soddisfazione abbiamo accolto l’invito di Missioni Consolata a raccogliere in un dossier un’ampia sintesi, non rivista dai relatori, di quanto emerso nel corso dell’iniziativa. Considerando la diffusione nazionale della rivista, fa piacere se quanto di buono siamo riusciti a fare a Cusano Milanino potrà contribuire alla crescita di una cultura di pace anche in altre parti d’Italia.

(da Missioni Consolata, gennaio 2007)

Cronaca delle Chiese

Ottobre-Dicembre 2004

(a cura di P. Franco Gioannetti)


Chiesa Cattolica

Dal 17 al 19 ottobre 2004 si è svolto a Grottaferrata (Roma) una riunione delle delegazioni del Gran Rabbinato d’Israele e della Commissione Pontificia per le Relazioni Religiose con il Giudaismo.

Essa era presieduta dal Rabbino Shar Yishuv Cohen e dal Cardinale Jorge Mejìa.

Il tema: “Una visione comune della giustizia sociale e del comportamento etico”.

Il comunicato ha detto: “Noi non siamo dei nemici ma degli alleati, ben determinati, nella proposta dei valori morali essenziali per la sopravvivenza ed il benessere dell’umanità” ed inoltre: “Gerusalemme riveste un carattere sacro per tutti i figli di Abramo”, perciò hanno richiesto a tutte le autorità di rispettare la Città Santa, “impedendo ogni azione che offenda la sensibilità delle comunità religiose che vivono a Gerusalemme”:

Relazioni Interortodosse

L’ottava sessione del dialogo tra la Chiesa Ortodossa ed il gruppo del Partito Popolare Europeo, come pure con quello dei Democratici Europei ha avuto luogo il 21 ottobre 2004 a Tessalonica (Grecia).

Il programma dell’incontro prevedeva le conferenze dei primi ministri della Grecia, Serbia e Montenegro, Croazia, del metropolita di Francia Emmanuel, rappresentante del Patriarcato Ecumenico presso l’U.E., di M. V. Martens presidente del Partito Popolare Europeo e del suo vice Van Velzen.

Nel dicembre 2004 le Service Orthodoxe de Presse ha presentato e commentato un’intervista accordata dal Metropolita Cyrille di Smolenks a Victor Loupan dell’associazione. “Ortodossia locale di tradizione russa nell’Europa Occidentale”.

Si è parlato del progetto del Patriarcato Russo di costituire una metropolia autonoma russa per l’Europa Occidentale.

Un progetto che in verità ha suscitato e suscita non poche controversie e conflitti all’interno della Chiesa Russa in Europa occidentale.

Il Consiglio dell’arcivescovado delle parrocchie ortodosse di tradizione russa in Europa occidentale (Patriarcato Ecumenico) ha diffuso, il 9 dicembre 2004, a Parigi, con la benedizione dell’Arcivescovo Gabriel, una dichiarazione in cui si dice, sei mesi dopo l’inizio del suo funzionamento nella sua composizione attuale, di condividere gli orientamenti che sono emersi al termine di questo periodo e di determinare i compiti che, di conseguenza sono più urgenti.

Vive perplessità sono state espresse riguardo alla proposta, di ritorno al Patriarcato moscovita delle Diocesi e delle Parrocchie, di tradizione russa, esistenti in Europa occidentale.

Il Consiglio ha detto di riconoscere l’importanza dell’organizzazione canonica dell’Ortodossia nei paesi dell’Europa occidentale.

Tale problema, è stato detto, va esaminato in un processo pre-conciliare panortodossa.

Chiese precalcedoniane

La settima riunione annuale dei primati delle Chiese orientali ortodosse del Medio-Oriente ha avuto luogo a Nasz City in Egitto nei giorni 20 e 21 ottobre 2004.

Il Papa Shenouda III della Chiesa Copta Ortodossa, il patriarca Ignace Zakka I della Chiesa Siro-Ortodossa, il Patriarca Catholicos Aram I della Grande Casa di Cilicia della Chiesa Armena Apostolica hanno partecipato all’incontro.

I primati hanno fatto oggetto di un accurato esame i dialoghi ecumenici. Hanno preso nota del fatto che il dialogo con la Commissione anglicana è stato sospeso in attesa della soluzione della crisi provocata dall’elezione e consacrazione del vescovo omosessuale V. Gene Robinson del New Hampshire (USA).

Hanno parlato della Commissione mista internazionale di dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Orientali e dell’inizio dei suoi lavori; ciò, hanno detto, pone ormai fine alle conversazioni informali.

Hanno auspicato un nuovo ciclo di dialogo con l’Alleanza Riformata Mondiale.

E’ stata riaffermata la loro partecipazione attiva ai lavori del Consiglio Ecumenico delle Chiese (COE) ed al Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (CEMO):

Un nuovo rapporto è iniziato con l’ABU o Alleanza Biblica Universale.

In un clima di fraternità è stato poi preso atto dell’elezione del nuovo Patriarca della Chiesa Ortodossa di Eritrea l’Abuna Antonios I

Comunione Anglicana

La Commissione Lambeth ha pubblicato il 18 ottobre 2004 le sue conclusioni, conosciute sotto il nome di Rapporto Windsor, dopo l’inchiesta, durata un anno, sulla controversa elezione del pastore, omosessuale dichiarato, Gene Robinson a Vescovo del New Hampshire (USA) e sulla benedizione all’unione tra persone dello stesso sesso nella diocesi di New Westminster, in Canada.

Sia nell’una come nell’altra situazione la Commissione ha dichiarato che tutte le parti in causa hanno agito in modo incompatibile con il principio d’interdipendenza della Comunione Anglicana ed hanno creato una grande sofferenza ad essa.

La Commissione ha chiesto a tutti i partecipanti alla consacrazione di G. Robinson di non partecipare alle riunioni della Comunione Anglicana fino a che la Chiesa Anglicana degli USA non avrà espresso il suo dispiacere per la situazione creata. Quindi la Chiesa episcopale dovrà adottare una moratoria sulla consacrazione a vescovi di candidati omosessuali fino a che non nascerà un consenso, sul problema, all’interno della Comunione.

Alessandria

Il metropolita Theodoros dello Zimbabwe è stato eletto, il 9 ottobre 2004, di Alessandria ed è divenuto il primate della Chiesa Ortodossa d’Africa. L’intronizzazione del Patriarca ha avuto luogo il 24 ottobre alla presenza del papa copto Shenouda III, degli Arcivescovi Christodoulos di Atene ed Anastasios dell’Albania, del metropolita Josip rappresentante della Chiesa Ortodossa Rumena.

Il Patriarcato Ortodosso di Alessandria, secondo nell’ordine canonico dopo Costantinopoli conta circa 350.000 fedeli: greci, egiziani, libanesi, siriani, palestinesi, giordani ed in maggioranza africani ed inoltre 21 diocesi: Alessandria, Il Cairo, Port Said, Tauta, Memphis, Ismailia (Egitto), Triboli (Libia), Khartoum (Sudan), Addis Abeba (Etiopia), YAOUNDE’ (Camerun), Kinshasa (R.D. Congo), Nairobi (Kenia), KIampala (Uganda), Harare (Zimbabwe), Johannesburg e Il Capo (Africa del Sud), Dar-es-Salaam e Bukoba (Tanzania), Lusaka (Zambia), Accra (Ghana), Antananarivo (Madagascar), Lagos (Nigeria).

L’ortodossia ha conosciuto, negli ultimi quarant’anni un largo sviluppo in Kenia, Uganda, Tanzania, Ghana, Madagascar.

Dal 1982 esiste a Nairobi un Seminario Ortodosso di Teologia per la formazione dei sacerdoti e dei catechisti. Vi sono poi due seminari diocesani. Uno a Yaounde (Camerun) ed uno ad Alasora (Madagascar).

Germania

I presidenti delle Commissioni di negoziazione delle chiese:

  • Evangelica Luterana di Germania (VELKD)
  • Evangelica in Germania (EKD)
  • Unione delle Chiese Evangeliche in seno all’EKD (UEK)

Hanno firmato un accordo destinato a definire i futuri ruoli della VELKD e dell’UEK in seno alla EKD.

L’EKD raggruppa 23 chiese regionali, di confessione luterana, riformata ed unita e conta circa 23 milioni di membri.

La VELKD riunisce otto chiese regionali di confessione luterana-

La UEK conta tra i suoi membri le 13 chiese membri della Conferenza di Arnoldshain.

L’accordo mira ad una sempre più intensa collaborazione tra le chiese membri dell’EKD pur nel rispetto della propria individualità.

Inghilterra

Un gruppo di lavoro, su mandato della Camera dei Vescovi della Chiesa d’Inghilterra, ha pubblicato, il 2 novembre 2004, un Rapporto favorevole all’ordinazione di donna all’episcopato. Il Rapporto sarà discusso nel Sinodo Generale della Chiesa d’Inghilterra nel febbraio 2005.

Belgio

Il metropolita Panteleimon, Vescovo della diocesi del Patriarcato ecumenico in Benelux, ha festeggiato, il 28.11.2004 il cinquantesimo anniversario del suo servizio nella chiesa.

Sono intervenuti metropoliti ed arcivescovi ortodossi di Svizzera, Francia, Grecia, Belgio, del Patriarcato russo, ancora Francia ma del Patriarcato ecumenico, Serbia.

Bielorussia

Dal 10 al 12 dicembre 2004 un colloquio internazionale si è svolto a Minsk sul tema: “Il cristianesimo ed il buon vicinato dei valori spirituali nella comunità europea”.

Il colloquio è stato organizzato da:

Associazione internazionale “Centro di educazione Santi Cirillo e Metodio”. – Istituto di Dialogo religioso e Comunicazioni interconfessionali della chiesa ortodossa bielorussa

e con l’appoggio di:

  • Esarcato bielorusso della Chiesa Ortodossa russa
  • Nunziatura apostolica in Bielorussia
  • Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani
  • Pontificio Consiglio per la cultura
  • Fondazione CNEWA di New York
  • Fondazione Konrad Adenauer di Berlino
  • Renovabis di Frisinga
  • Parrocchia della Madre di Dio, Consolazione di tutti gli afflitti, di Minsk.

Il colloquio ha riunito circa cinquanta partecipanti tra i quali il Cardinale Poupard (Pont. Cons. Cultura), il Cardinale Swiatek (Arcivescovo Catt. Di Minsk), Mons. A. Dzimianka (Segretario della Conferenza dei Vescovi Cattolici bielorussi), i rappresentanti delle Chiese luterana e battista della Bielorussia, i presidenti delle comunità ebrea e musulmana del paese. Più di venti partecipati venivano dall’estero e rappresentavano istituti universitari ed iniziative di mutuo aiuto.

Bosnia – Erzegovina

Un incontro di lavoro tra i vescovi cattolici ed ortodossi della Bosnia ha avuto luogo il 4.11.2004 a Trebinje. Nel corso dell’incontro è stato deciso di diffondere un messaggio comune sul Natale.

Bulgaria

Il VI Congresso Internazionale delle Scuole di Teologia Ortodossa si è svolto a Sofia dal 6 all’11 ottobre 2004.

E’ stato organizzato dalla Facoltà di Teologia Ortodossa dell’Università San Clementei di Ohrid di Sofia con il titolo: “La teologia ortodossa ed il mondo contemporaneo”.

I quaranta partecipanti venivano da: Albania, Germania, Austria, Bielorussia, Bulgaria, USA, Finlandia, Francia, Georgia, Inghilterra, Grecia, Israele, Libano, Polonia, Romania, Russia, Serbia, Slovacchia, Svizzera, Turchia, Ucraina. Un incontro fatto di relazioni, scambi, ricerche molto fruttuose.

Quarantuno dissidenti dalla Chiesa Ortodossa bulgara hanno chiesto asilo politico alle ambasciate degli Stati Ue a Sofia.

Il 29 ottobre il Patriarca Massimo di Bulgaria, ha celebrato i suoi ottant’anni in un’atmosfera di amicizia con gli altri rappresentanti religiosi, ma anche con molti dubbi sui trascorsi politici.

Costantinopoli

La sede del Patriarcato ecumenico al Phanar è stata fatto oggetto di un attentato il 6 ottobre 2004. Non è chiara l’origine dell’attentato ma sembra sia in relazione con il possibile ingresso della Turchia nella U.E.

Proteste ufficiali sono state fatte dal governo greco, dal COE e dal KEK (organismi ecumenici).

Non è questo il primo attentato contro il Patriarcato in questi ultimi anni. Questo ci interroga sulla realtà dei diritti umani e sulla libertà di religione in Turchia.

Estonia

Organizzato da Syndesmos, federazione mondiale della gioventù ortodossa, su invito del metropolita Stephanos di Tallinn, della chiesa autonomia di Estonia (Patriarcato Ecumenico), si è tenuto un seminario sul tema: “Cristiani e cittadinanza europea”: Il seminario si è svolto nei giorni 28 ottobre- 2 novembre 2004 a Tahkarunn – Parnu. Vi hanno partecipato 30 giovani ortodossi provenienti da: Albania, Armenia, Bielorussia, Belgio, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Romania. Russia, Ucraina.

USA

I vescovi cattolici degli Stati Uniti hanno deciso il 17 novembre di aderire al progetto “Christian Churches Together in the USA”.

Francia

Trecento delegati della Federazione Protestante di Francia si sono riuniti nei giorni 9-10 ottobre 2004, per impegnarsi su “Vincere la violenza”:

L’incontro annuale dell’Associazione “Ortodossi-Protestanti di Francia” si è tenuto il 17 novembre 2004 a Chatenau-Malabry.

Le due principali chiese protestanti dell’Est della Francia riunite in assemblea nei giorni 20 – 21 novembre 2004 hanno approvato la loro unione.

Georgia

In una lettera datata 20 settembre 2004 tre vescovi georgiani hanno scritto a Ilia II patriarca georgiano chiedendo una riforma della chiesa per tornare ai principi base della conciliarità ecclesiale.

Hanno anche lamentato le interferenze in Georgia del Patriarcato Russo.

In seguito il 14 dicembre 2004 l’assemblea plenaria dell’episcopato georgiano ha esaminato le relazioni tra la Chiesa e lo Stato ed il problema creato dai conflitti armati.

Grecia

L’Assemblea annuale dell’Assemblea episcopale greca si è tenuta dal 7 al 9 ottobre 2004 ad Atena nel corso della quale si è discusso in particolare, rinviandolo, su un invito di Roma all’Arcivescovo di Atene di ricevere una laurea Honoris causa.

Altro tema preso in esame è stato quello del ripristino del diaconato femminile. La proposta ha avuto esito positivo con molti limiti.

Altri temi affrontati: il dialogo teologico e la vocazione al sacerdozio.

Polonia

La Chiesa Ortodossa di Polonia ha commemorato solennemente dal 24 al 26 novembre 2004 l’ottantesimo anniversario della sua autocefalia.

Oggi essa conta 570.000 fedeli, 6 diocesi, 320 parrocchie, sette monasteri, 8 vescovi, duecentotrenta preti, un seminario teologico.

Portogallo

Dal 28 dicembre 2004 al 1° gennaio 2005 si è svolto a Lisbona il 27° incontro europeo, organizzato dalla Comunità di Taizé. L’evento ha riunito più di 40.000 persone.

Russia

La seconda riunione del Gruppo di lavoro misto cattolico-ortodosso di Russia si è svolto a Mosca nei giorni 22 – 23 settembre 2004.

Un’assemblea plenaria dei vescovi ortodossi si è svolto dal 3 al 6 ottobre 2004 presso la basilica del Salvatore a Mosca. Vi hanno partecipato 144 vescovi su 147. rappresentavano le diocesi di Russia. Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Azerbaidjan, Repubbliche baltiche, Europa occidentale, USA, Giappone.

Tra le altre cose si è parlato dei buoni rapporti: Stato-Chiesa.

E’ stata poi fatta l’esposizione della realtà strutturale della Chiesa moderna.

Serbia Montenegro

Sotto la presidenza del Patriarca Pavle I si è riunito il Sinodo di questo chiesa.

Terra Santa

Una situazione rovente per lo spregio che i tradizionalisti ebrei mostrano verso i cristiani … vescovi, sacerdoti, laici. Una realtà a rischio.

Fasi della cultura europea d'oltralpe

Immanuel Kant (1724-1804)

di Renzo Bertalot

A - Perchè Kant

È quasi impressionante sentire alla nostra televisione di Stato le raccomandazioni delle letture per l'estate. Al di là della novellistica di successo, attualmente in circolazione, il testo che da solo ha raccolto un suggerimento caloroso è la "Critica della ragion pura" di I. Kant!

Cercando di riassumere, in ben altro settore, l'incontro e lo scontro delle filosofie odierne si è parlato della contesa celeste tra Platone, Aristotele e Kant. Il primo particolarmente amato dal cristianesimo orientale, il secondo da quello latino e il terzo da quello dell'area protestante. (1)

In altre parole Kant passa indenne attraverso il momento di sintesi di Hegel e di Schleiermacher per raggiungere il nostro tempo. Nell'ambito protestante e in quello secolarizzato, che hanno lasciato fuori il magistero ecclesiastico cattolico come punto di riferimento, la filosofia di Kant fa capolino non solo nella teologia del nostro secolo e nell'etica dell'impegno sociale, ma anche in alcuni settori d'origine non protestante che affrontano, in maniera indipendente, il tema di una presenza attiva nella società in via di evoluzione.

In altri termini nella contesa estenuante delle varie filosofie, del loro sorgere, del loro affievolirsi e del loro tramontare, trascinandosi dietro ideologie multicolori, Kant sembra sopravvivere come richiamo sempre valido ogni volta che si tenta di riprendere fiato e di intravedere una pista per il futuro. (2)

Non intendiamo sostituirci allo storico o al filosofo, ma semplicemente chiederci se, attraverso le ricerche e le intuizioni di entrambi, vi sia un filone capace di stimolare la problematica del nostro presente in riferimento alla filosofia della religione.

Esamineremo alcuni esempi dei settori menzionati nel tentativo di capire l'attualità del loro porsi in rapporto con il messaggio cristiano. È una testimonianza che viene da lontano; ben lungi dall'essere un tentativo di guardarci nello specchio essa si trasforma in un appello alla libertà e al coraggio di presentarsi con una parola più chiara, sempre più attenta alla variabilità continua della situazione umana.

B - Richiami e rinvii

Non si tratta di riprendere la manualistica che ci accompagna fino alle soglie dell'università, ma di cogliere quelle idee religiose di Kant che hanno attirato l'interesse dei teologi.

I. Kant (1724-1804) era nato a Konigsberg nella Prussia orientale da madre ardentemente pietista. In seguito alla libera docenza del 1755 arrivò ufficialmente alla cattedra nel 1770. Il suo insegnamento suscitò l'approvazione dei filosofi, ma non quella dei teologi e della casa regnante. Il contrasto mise un freno alla sua ricerca che poté riprendere soltanto con la morte di Guglielmo II. Kant non era insensibile all'evolversi delle idee in seguito alla rivoluzione francese.

Sarà ricordato per le sue tre critiche che intendono segnare il passaggio dalla immaturità, al sapere aude, al coraggio delle proprie idee. Si parlerà di "criticismo" kantiano relativamente al pensiero, alla volontà e al sentimento.

Con la "Critica della ragion pura" (1785) Kant pone la ragione come limite insuperabile della nostra conoscenza: la cosa in sé (il noumenon) ci è preclusa. Siamo alle prese soltanto con fenomeni e forme che costituiscono il regno autonomo della ragione e dell'esperienza. La filosofia è la scienza entro i confini della ragione, è la messa al bando di ogni metafisica di sorpasso illegittimo verso il trascendente e l'eteronomia religiosa tradizionale. I metafisici sono simili a "visionari". L'accento posto in questa libera prospettiva farà sì che Kant venga considerato, per molti, il "filosofo del protestantesimo".

Controprova ne sia l'interpretazione filosofica tomista e antikantiana della Fraternità di S. Pio X (Ecòne) discendente da Lefebvre.

Con la "Critica della ragione pratica" (1788) Kant prende in considerazione il problema morale che è alla base di ogni volontà di azione. Nel mondo dei "fenomeni" l'io funziona come unificatore, legislatore e garante della razionalità dell'esperienza. Tutto ciò che appartiene al puro fenomeno è subordinato alla ragione. Ora se la volontà è legge a se stessa e la libertà può essere solo osservata è pur vero che l'uomo resiste al comando e la sua decisione potrebbe essere viziata dalla paura e perturbata dalle passioni. Si rende quindi necessaria la critica della ragione. Si giunge così ad uno degli aspetti dell'"imperativo categorico": opera in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere come principio di una norma universale". Il dovere fa splendere la buona volontà, il "sommo bene"! Ma a sua volta il ragionamento può reggere solo sulla base di postulati o principi evidentemente indimostrabili che non hanno valore conoscitivo: l'immortalità, Dio e l'anima. Sono esigenze della legge morale che riguardano la volontà e non aprono sentieri, sempre sbarrati, verso la metafisica (il noumenon) e la conoscenza.

Con la "Critica del giudizio" (1790) Kant tenta una sintesi tra le prime due critiche, tra il pensiero e la volontà, tra determinismo naturale e libertà morale. La "coscienza" ci avverte che vi sono leggi mediate dalla volontà che non sono fisiche o naturali, ma dipendono dal fare o non fare: riguardano la capacità di autodeterminarsi e il valore "soprasensibile" (non soprannaturale) della personalità. L’uomo è legato alla causalità, ma è anche libero di iniziare una serie causale. La soluzione tra le due critiche è offerta dal "sentimento" come concetto intermedio orientato, nei suoi vari aspetti, verso un fine. Si tratta quindi di un giudizio teleologico. Come tale non è dimostrabile per esperienza, ma pensabile come finalità oggettiva, dovuto ad una causa intelligente e suprema: Dio.

C - Kant e la religione

Salta agli occhi un aspetto immediato della rivoluzione copernicana attuata da Kant: mentre tradizionalmente la morale si fondava sulla religione ora la religione assume interesse in quanto basata sulla morale (P. Lehmann). Per questi motivi i critici più severi hanno visto nel filosofo prussiano sia un'ombra di pelagianesimo sia una reviviscenza del Rinascimento e di Erasmo. (3) Occorre tenere presente che nel 1789 Kant pubblica "Il fondamento della metafisica dei costumi” e nel 1794 "La religione entro i limiti della ragione". Per Kant la religione razionale, puramente morale, è implicita nella rivelazione, ne costituisce la parte interna senza negarne l'unità intrinseca. In fondo la religione cristiana, in quanto presupposto indimostrabile e postulato che si trova oltre i limiti della ragione, (ma non quella dei sistemi religiosi storici) è la vera religione naturale restaurata secondo la grazia originaria. La Parola di Dio è presente nei cuori sotto forma di legge ragionata. Tuttavia per la ragione, che ha il suo limite nel mondo dei fenomeni, la rivelazione non è necessaria, Dio non si può conoscere e la presenza del male rimane un mistero inspiegabile e irrazionale. Cristo dev'essere considerato un esempio ma non un redentore. La chiesa (invisibile) è la vittoria del principio buono sul male, ma le chiese visibili sono repellenti perché promuovono una fede imposta. La preghiera si riduce a un feticcio, cioè a una debolezza, a una rinuncia nei confronti del coraggio (sapere aude).

Infine per Kant la coscienza della libertà è la sola fonte del diritto: "È giusta ogni azione, secondo la quale, .. la libertà dell'arbitrio di ciascuno può coesistere con la libertà di ognuno secondo una legge universale". (4)

A questo punto vale la pena richiamare Ugo Grozio, il fondatore del diritto naturale internazionale (giusnaturalismo). Rivolgersi a tutti gli uomini, partendo dalla loro autonomia (laica) vuol dire farlo Etsi Deus non daretur.

D - Nuove aperture

Il terzo motivo per cui Lutero alla Dieta di Worms del 1521 rifiuta di ritrattare i suoi scritti è la coscienza (dopo la S. Scrittura e la ragione). Questa linea di pensiero doveva incidere sulle tappe della futura teologia protestante. Non è quindi un caso che Kant con la sua Critica del Giudizio inviti a ritornare su questo tema intessendo sulla sua nozione del "soprasensibile", del "sentimento" e della "coscienza" quella teologia protestante che si esprimerà in tutto il secolo XIX.

Sarà Friedrich Daniel Schleiermacher (1768-1834) a trarre le indicazioni più incisive del suo tempo. Con lui siamo in piena rottura rispetto ai dogmi tradizionali della fede cristiana perché la religione riguarda anche il non credente che ha, come tutti gli uomini, una sua religione, cioè una coscienza viva del divino al di là dello psicologico e del condizionato. Si tratta del sentimento immediato di dipendenza dall'incondizionato: un'esperienza autonoma e indistruttibile, un criterio di valutazione del fenomeno religioso che si trasforma in una via d'accesso alla teologia e in un appello all'adorazione di Dio dentro di noi. La religione è un atto di creazione originaria che non dipende dalla metafisica e dalla morale. Per i liberali protestanti del suo tempo si rilevava ancora una certa vaghezza di contenuto mentre per i non liberali del secolo successivo si vedeva nel cristianesimo di Schleiermacher la riduzione ad una "provincia del tutto", del fenomeno religioso generale.

Nonostante il successo enorme di Schleiermacher vanno notate alcune reazioni significative e anche ulteriori innovazioni. (5)

Albrecht Benjamin Ritschl (1822-1889) e la sua scuola fanno di Kant il filosofo del protestantesimo. Non vi sono giudizi sull'essere ma soltanto giudizi di valore in quanto l'esperienza non può essere fonte di verità. L'amore di Dio lo fa Padre di tutti; Cristo è il rivelatore perfetto, il prototipo dell'umanità e l'ideale etico. Il peccato originale diventa il regno del peccato e la riconciliazione risponde all'attuazione dell'ideale umano. Il grande merito di Ritschl rimane quello di aver stimolato il metodo storico; critico sollevando tuttavia l'interrogativo se mai sia possibile basare la fede sui risultati della ricerca scientifica. (6)

viene proposta la nuova categoria dell'"a priori" religioso: una struttura, un "qualcosa" nella mente da cui sorge la religione. Come non essere sensibili alle enormi masse di vita religiosa? Ogni religione è una verità su Dio corrispondente alla tappa comune del divenire dello Spirito. Troeltsch diventerà il campione del Kulturprotestantismus ma si renderà sempre più indipendente dal dogma cristiano fino a lasciare il sospetto di un confine evanescente tra cristianesimo e religioni orientali. (7) (Das Heilige) parla di un "a priori" nella struttura della mente, che non può essere riferito ad altre categorie. È un dato primario e non razionale che può soltanto essere discusso, evocato, ma mai definito. È una "capacità" innata di ricevere e di capire, appartiene allo spirito umano e non alla natura. Non c'è quindi una religione naturale (dovuta alla fantasia e prodotta dall'uomo), ma soltanto una ricettività nei confronti del "sacro", del "Totalmente Altro", dello Spirito. Otto libera la storia delle religioni dalle ipoteche naturali e metafisiche. Il "sacro" e un a priori", un dato ineliminabile erompente dall'anima, un'intuizione interna e contemporaneamente un'attestazione dello Spirito divino che promuove dall'esterno il risveglio e la vera esperienza religiosa. Ciò che è in potenza nelle altre religioni è già in atto nel cristianesimo. (8)

E - Chiarimenti: Karl Barth e Paul Tillich

sono sicuramente i massimi teologi dell'area protestante del XX secolo. Il loro pensiero ha influenzato trasversalmente tutte le confessioni cristiane ed ha avuto ampie ripercussioni sulla filosofia recente. Entrambi hanno dovuto lasciare la loro cattedra in Germania con l'affermarsi del nazismo e hanno inciso sull'evolversi delle idee socialiste della nostra epoca. Entrambi prendono le mosse dalla teologia kerigmatica diventata determinante, come reazione al liberalismo del secolo precedente, con il succedersi degli eventi dopo la prima guerra mondiale. Ciononostante molte delle loro affermazioni sembrano contraddittorie e il dialogo in lontananza (tra l'America e l'Europa) non facilitava certo l'emergere della comune radice e dei loro parallelismi. Kant è per loro un forte momento di convergenza (il solo che ci interessa a questo punto) sul quale ci dobbiamo soffermare.

Per Barth, Kant non ha disonorato la metafisica anzi l'ha onorata partendo dalla ragion pratica. La cosiddetta conoscenza di Dio, della libertà e dell'immortalità è un autoinganno e una presupposizione: un insieme di intuizioni inadeguate che appartengono al "soprasensibile”, ma non "soprannaturale" estraneo alla conoscenza empirica. Quando parliamo di "essere" non parliamo di Dio. L'idea di Dio ha certamente un influsso sulla volontà, ma costituisce un ricordo senza criterio valido per la pratica.

La filosofia della religione è relativamente necessaria, ma è opportuna. Infatti si dovrebbe aggiungere alla teologia un corso sulla dottrina religiosa puramente filosofica che abbia per oggetto le verità universali della ragione: un razionalismo puro della pratica alieno all'intellettualismo di maniera. Si tratterebbe di un'area ristretta e inclusa in quella più ampia della rivelazione. La filosofia della religione vuole interpretare la religione come fenomeno razionale. In questo senso Kant ha parlato da filosofo ai teologi.

Inoltre occorre tener presente in Kant il suo concetto di "male radicale" che rimane un mistero irrisolto. È un nemico che inganna e si nasconde dentro la ragione. L'uomo è malvagio e può diventare buono solo attraverso la rigenerazione: una rivoluzione nel modo di pensare e un cambiamento di cuore. Solo la grazia può risollevarci dalla nostra responsabilità perché Dio solo può perdonare in base a una giustizia non nostra. La ragione non protesta, ma sa che i misteri si collocano oltre i suoi limiti, appartengono all'area soggettiva; non siamo capaci di comprenderli.

Oltre alla filosofia della religione non c'è una filosofia della rivelazione e della fede. La teologia si occupa di cose estranee alla filosofia (e viceversa), non parla secondo le regole della pura ragione. Il teologo non può essere contaminato dal libero pensiero della filosofia, non parla di prove, ma dell'effetto che la Bibbia ha sul cuore umano; fa conto sulla grazia mediante la fede. (9)

Paul Tillich si trova in piena assonanza con la posizione barthiana: entrambi i teologi accettano la critica kantiana. Siamo limitati entro il mondo dei fenomeni e le nostre categorie non ci permettono di varcarne i confini. Non oltre la nostra finitezza! Kant ci insegna che solo la grazia di Dio può superare la separazione tra Dio e l'uomo. La volontà effettiva dell'uomo è perversa, a causa del male radicale, per cui la storia è una lotta continua tra il bene e il male. Il comandamento incondizionato dell'imperativo morale ci è dato - per Kant non c'è una mistica presenza del divino nell'uomo - ma non l'accogliamo.

Il teologo, servendosi di categorie che non competono al filosofo, afferma che Cristo soltanto può ristabilire l'unità. Il Regno di Dio instaura l'uomo essenziale che come simbolo si esprime in una filosofia dell'uomo morale sulla terra. In questo senso la religione entro i limiti della ragione rappresenta una piccola teologia sistematica. Le chiese empiriche, dominate da superstizioni e autorità, devono essere giudicate in base alla chiesa invisibile, composta da quanti sono determinati dalla ragione essenziale incontaminata dal male radicale.

Per Tillich tra teologia e filosofia non c'è né conflitto né sintesi; non hanno un terreno comune, procedono da fonti diverse e propongono contenuti diversi. Per questo va respinta una filosofia cristiana (sarebbe una "disonestà filosofica"), ma non la filosofia della religione che ha la sua ragion d'essere nella descrizione del fenomeno umano, nell'indagine di quegli interrogativi che emergono da ogni situazione esistenziale senza mai trovarvi una risposta. (10)

Per Tillich è quindi valida l'affermazione che Kant è il filosofo del protestantesimo. Si tratta di una fenomenologia laica non esposta ad una criptoteologia o ad una criptofilosofia.

Riassumendo

Kant ha posto decisamente uno sbarramento alla nostra conoscenza racchiudendola entro i confini del fenomeno. Da allora è preclusa la via della metafisica tradizionale all'area protestante e in genere alla filosofia moderna, impostasi con la Riforma (11) del XVI secolo. È vero che i "postulati", le "intuizioni", il "soprasensibile" e la "coscienza" di memoria kantiana offrono spesso il fianco alla tentazione di sfondare lo sbarramento di base e di oltrepassare i limiti della ragione, ma è difficile ottenere molto credito. Tuttavia diventa sempre più evidente che abbassando la fede al livello della filosofia della religione si cade nel secolarismo vuoto o nel sincretismo; viceversa elevando la filosofia della religione al livello della fede s'inciampa inevitabilmente nell'idolatria (nell'eresia del terzo articolo del Credo - secondo Barth), nella dea ragione o nelle ideologie più o meno nascoste. In un caso come nell'altro rimarremmo prigionieri del nostro narcisismo o dell'autogiustificazione. Occorre scegliere tra una "partenogenesi" o una "fecondazione" nell'incontro con l'Altro.



Note

1) P. Tillich, Umanesimo cristiano nel XIX e XX secolo, Ubaldini, Roma, 1971, p. 83.

2) K.R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, vol. I, Armando Editore, Roma, 1996, pp. 49, 54, 495. In forte stile kantiano James Kavanaugh (The birth of God. A pocket edition, Simon &Schuster Ltd, Richmond, Ontario Canada, 1970) si oppone con rigore all'invasione dei miti della religione. Tuttavia non sempre i postulati indimostrabili della "critica del giudizio" di Kant rimangono entro i limiti del "soprasensibile", ma sembrano valicare i confini verso la "nascita di Dio" che ricorda più una teologia naturale che un "cristianesimo adulto" alla D. Bonhoeffer.
Vedi anche: T. Römer, I lati oscuri di Dio. Crudeltà e violenza nell'Antico Testamento, Claudiana, Torino, 2002.

3) Aa.Vv., Grande Enciclopedia filosofica, vol. XVII, Marzorati, Milano, 1971, pp. 344ss.

4) Ib., p. 142.

5) K. Barth, La teologia protestante nel XIX, vol.2, Jaca Book, Milano, 1979, pp. 11-51. Secondo Barth la teologia di Schleiermacher è una teologia della cultura in parallelo al concetto di Regno di Dio; l'uomo diventa soggetto e Cristo diventa predicato (p. 51).

6) Barth., La teologia, vol 2 pp. 260ss.

7) J. L. Neve, A History of Christian Thought, vol.2, The Muhlenburg Press, Filadelfia, 1946, pp. 159 ss.

8) Ib., pp. 161 ss.

9) Barth, La teologia, vol. I, pp. 313-354: "Sapere aude" p. 313, male radicale p. 339, Kant ha compreso che cosa sia la chiesa e la grazia p. 383.

10) Tillich, Umanesimo, pp. 83 ss. Cf. dattiloscritto di D. Müller, Morale, Culture et Religion dans la dynamique de l'Esprit, in PauI Tillich et l'experience religieuse contemporaine, Faculté de Theologie, Losanna, 1991, pp. 121 ss.

11) I richiami all'attualità di Kant attraversano il secolo XX da Rauchenbush con il Social Gospel, dal modernismo cattolico (Buonaiuti), da John Dewey fin dalla sua tesi di laurea, da Aldo Capitali fino a Karl Raimund Popper con la sua teoria della "falsificazione".
Particolari su questi temi si possono trovare in R. Bertalot, Per una chiesa aperta. L'eco di Kant nel mondo moderno, Edizioni Fedeltà, Firenze, 1999.

Martedì, 23 Gennaio 2007 00:37

Mistica. Vaticano II (Franco Gioannetti)

VATICANO II

di Franco Gioannetti

Il Concilio Vaticano II accentua le immagini bibliche della Chiesa come Popolo di Dio e Corpo di Cristo e la liturgia postconciliare insiste su una vita spirituale più comunitaria, nel Cristo-Eucaristia come fulcro dell’unione con Dio. La valorizzazione delle altre tradizioni religiose porta ad un incremento del dialogo ecumenico.

Nel tardo degli anni Sessanta, il nascere del Rinnovamento Carismatico favorisce esperienze intense di preghiera e attenzione a fenomeni straordinari, doni dello Spirito.

Tra le figure più rappresentative del ‘900 si ricorda, poi, T. Merton, nella cui esperienza si è ritrovata tanta parte del mondo contemporaneo. Egli, infatti, sembra aver incarnato le ansie spirituali dell’uomo combattuto tra vita di preghiera e vita di azione, tra attenzione alla natura e uso della tecnologia, tra dialogo con altre tradizioni religiose e autenticità di vita cristiana, tra contemplazione e impegno attivo per la giustizia. Inoltre, egli ha cercato di combinare gli aspetti mistici e profetici della tradizione cristiana (da Origene a Eckhart a Giovanni della Croce) in un atteggiamento spirituale in cui le opere della giustizia scaturiscano da una profonda vita interiore.

Lo stesso sforzo si ritrova in M. DêIbrel e soprattutto in Dorothy Day. che meglio rappresenta l’ideale cristiano dell’amore in azione, dell’unità tra vita interiore e servizio agli altri.

Le nuove esperienze mistiche hanno trovato in alcuni teologi la loro sistematizzazione. Tra i più importanti occorre ricordare K. Rahner per il quale tutti gli esseri umani, in tutte le loro azioni, sono positivamente orientati al mistero di Dio. Recuperando gli insegnamenti dei Padri greci, egli insiste sul concetto che la grazia non è solo una realtà per conseguire la felicità futura, ma è piuttosto la comunicazione gratuita di sé da parte di Dio che divinizza l’uomo in tutti gli aspetti del suo essere. Tutta la storia umana e tutte le dimensioni dell’esistenza umana sono circondate da questa grazia, perciò tutte le cose potenzialmente rivelano il mistero di Dio e ogni sforzo umano autentico può avvicinare a Dio e contribuire alla diffusione del suo regno. La Chiesa, attraverso la Scrittura, la liturgia, l’insegnamento, aiuta i credenti a prendere coscienza della loro esperienza di grazia.

Agli inizi del ‘900 bisogna ricordare anche l’opera di P. Teilhard de Chardin, che enuncia la sua grande visione di un universo che si sviluppa e si muove verso un centro personalizzato di consapevolezza, il «punto omega », identificato con il Cristo cosmico della tradizione paolina. Nel potere dell’amore si trova la possibilità di unificare e personalizzare il mondo. Questa unità, comunque. non è sperimentata come conoscenza, come sapere, bensì solo come mistero. Anche l’opera Confessioni estatiche di M. Buber interpreta la mistica come processo di unificazione dell’io con se stesso, come unità illimitata tra io-Altro e mondo. Questa interpretazione viene, però, superata da Buber nell’opera lo e Tu. Il principio dialogico, nella quale egli accoglie una visione dialogica dell’esperienza mistica in una dimensione dinamica della relazione io-tu. Il ‘900, così, inizia a parlare di una mistica dialogica.

Il ‘900 vede il sorgere del New-Age che afferma la necessità di un’esperienza verso l’interno di sé. Questa dottrina viene sistematizzata da Ken Wilber, colui che indica le tappe del cammino che conduce il mistico al fondo della sua anima dove si ritrova l’anima dell’umanità intera, divina e trascendente, tesa all’immortalità.

Dalla fine della Seconda Guerra mondiale assistiamo ad alcuni fenomeni che hanno la loro ripercussione sulla vita religiosa: il movimento delle donne, quello ambientalista. La consapevolezza della fame di massa nell’emisfero del Sud, la liberazione dell’Europa orientale.

Mentre la mistica cristiana riflette sempre più su se stessa ed offre elementi di ulteriore consapevolezza. Restano, comunque, aperte varie questioni: si può parlare di mistica autentica fuori dal cristianesimo? Come la psiche influenza l’esperienza mistica? Questa è solo dono o può dipendere da un metodo? Esistono gradi nell’esperienza mistica? Può essere sanato il «divorzio» tra teologia e mistica? Come la mistica può o meno favorire l’ecumenismo e fino a che punto (cf NAE 1-2)?

Il Vaticano II insegna: «L’aspetto più sublime della dignità umana consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l’uomo è invitato al dialogo con Dio» (GS 19). L’aspirazione mistica è, perciò, inerente alla natura umana e molto spesso, nel corso dei secoli, l’esperienza mistica dimostra la possibilità e la capacità, in tutti i tempi e in tutti i luoghi, per ogni figlio di Dio, di vivere la sua avventura umana nella autenticità e nel desiderio del volto di Dio. La Lumen Gentium ricorda l’universale chiamata alla santità che trova in Maria, in colei nella quale la visione si è fatta carne, il suo prototipo più autentico per una mistica nel quotidiano. In conclusione si può tornare a Bernardo di Clairveaux che, nel Commento al cantico dei Cantici, aveva paragonato l’esperienza di unione con Dio al «bacio dello Sposo», questo bacio che è l’effusione dello Spirito Santo. Lo Spirito viene quando vuole, ma l’anima tende a lui: è attiva nel suo desiderio e passiva nella sua attesa. Maranatà resta, comunque, l’anelito di tutti i tempi fino alla fine dei tempi.


Martedì, 23 Gennaio 2007 00:22

Scienza e religione (Albert Einstein)

Nel corso dell'ultimo secolo, e in parte del precedente, era opinione diffusa che esistesse un conflitto insanabile tra conoscenza e fede.

Spiritualità Marista

di Padre Franco Gioannetti



Quarantaduesima parte

Sintesi su carisma e spiritualità

Lo spirito o spiritualità marista deriva dal carisma della Società e si concretizza in alcuni atteggiamenti interiori, che determinano l’impegno ascetico e il comportamento del religioso. Tali atteggiamenti sono dettati dalla divisa “ignoti et quasi occulti” come è stata vissuta da Maria.

  • La vita interiore si incarna nello spirito di orazione e nel “gusto di Dio”: essa riveste come un “habitus” il Marista anche nelle attività apostoliche e lo mantiene in uno stato di unione costante con Dio.
  • La povertà consiste nel distacco dai beni terreni, nella scelta di uno stile di vita effettivamente povero; ma, soprattutto, nel distacco dal successo, dall’affermazione di sé, dalla fama, dall’appoggio dei potenti. Il Marista ama restare ignoto e dedicarsi ai ministeri di supplenza e meno gratificanti.
  • La precarietà è la condizione scelta dal Marista, per esprimere in maniera efficace la sua fede in Dio e nei mezzi soprannaturali, senza fare affidamento sui mezzi e le capacità umane: egli è testimone del Regno e delle realtà future, sa che deve, in particolare, lavorare per situazioni di emergenza senza tendere ad installarsi in situazioni di comodo.
  • La comunione assimila la Società di Maria alla Chiesa apostolica, in cui tutti erano un cuor solo e un’anima sola. Alla completa unione dei cuori nell’ambito della Congregazione deve corrispondere una piena e gioiosa comunione ecclesiale con il Papa, i vescovi ed i parroci. In questo modo si renderà visibile oggi l’immagine che gli Atti attribuiscono alla Chiesa nascente.

Sviluppati i due concetti basilari di carisma e spirito, diamo adesso un rapidissimo sguardo. Per mezzo dei due schemi seguenti, alla missione e alle strutture della Società.

La nostra riflessione continuerà con l’approfondimento della “Spiritualità della Missione Marista”.

Spiritualità Marista

di Padre Franco Gioannetti


Quarantunesima parte

La comunione (3)

Nelle costituzioni del 1842 aveva prescritto che i religiosi maristi dovevano comportarsi ovunque con tanta prudenza e deferenza, da far in modo che i vescovi “diligant et teantur Societatem tamquam suam” (Ibid., del 1842, in Antiquiores textus, II, p. 34).

E, in qualche anno più tardi, commentava:

“Signori, queste parole tamquam suam non ci sono state messe per caso. Ma solo dopo molte riflessioni. Quando scrivevo la regola, allorché mi si presentarono queste parole, il mio spirito si calmò” ( Parole di un fondatore, op. cit., Doc. 119, n. 7).

Non si tratta, evidentemente, di opportunismo e di ingraziarsi le autorità che avrebbero dovuto dare i permessi e la missio canonica per la predicazione e gli altri ministeri, si desiderava instaurare un rapporto ad un livello più profondo di quello giuridico: i Maristi avrebbero dovuto guardare ai vescovi coma a “padri” e, costoro, ai Maristi come a figli. ( Ibid., Doc. 150, n. 2, p. 420).

Le ultime Costituzioni del P. Colin accentueranno questo aspetto, evidenziando le esigenze della comunione ecclesiale:

“A quo ( =Ordinario) in variis ministeriis quae dioecesis bonum respiciunt, consilia requirant, et cui rationem referant, quantum fieri potest, ad majorem harmoniam. Denique, tanta cum prudentia ac reverentia ubique se gerant, ut Societatem nostram Episcopi diligant, foveant, tueantur et quasi suam habeant” ( Constit., art. III, n. 13, p. 7)

Più frequentemente la predicazione missionaria mette a contatto i Maristi con i parroci. Anche con essi il lavoro pastorale deve essere volto in piena comunione e, quindi, rispettandone l’autorità. (Ibid., art. III, n. 14, p. 7; cap. VI, art. I, n. 258, p. 88).

In epoca di controversie politiche e in ambiente generalmente ancora geloso delle autonomie della Chiesa Gallicana ma già con spiccate tendenze ultramontaniste, il P. Colin ha difeso e inculcato con grande convinzione e fervore la totale sottomissione e la piena comunione con la Chiesa Romana, stabilendola come uno dei fii della Società di Maria (Parole di un fondatore, op. cit., Doc. 119, n. 10) contro il gallicanesimo tuttora forte. La difesa dell’autorità pontificia era uno degli argomenti capaci di far accaldare il P. Colin.

Le Costituzioni del 1872 menzionano la difesa della Chiesa Romana come terzo fine della Società (Constit., art. I, nn. 9-10, p. 5). L’obbedienza al Romano Pontefice deve essere prestata “in omnibus omnimo…, semper parati ad missiones quascumque, et in quavis mundi plaga, ad quas illos mittere voluerit” ( Ibid., art. III, n. 11. p. 6).

Le convinzioni del P. Colin su questo punto – espresse nelle Costituzioni , negli Entretiens e nella corrispondenza saranno sempre lineari. Il distacco della comunione gerarchica avrebbe inaridito la pianta della Società, rendendola sterile. La comunione e la fedeltà sono, invece, fonti di salvezza e di santificazione. (Parole di un fondatore, Doc. 147, nn. 7-8; Doc. 150, n. 8).

I compiti del vento sono pochi

Emily Dickinson

I compiti del vento sono pochi,
sospingere navi, in mare,
insediare marzo, scortare maree,
e accompagnare la libertà.

I piaceri del vento sono ampi,
risiedere nell’estensione,
restare, o vagare,
meditare o intrattenere i boschi.

I compagni del vento sono le vette –
Azof – l’equinozio –
anche con uccello e asteroide
si saluta passando.

I limiti del vento –
se esiste, o muoia,
sembra troppo saggio per assopirsi, –
di questi non so nulla.

Domenica, 14 Gennaio 2007 20:40

XII Chiesa Ortodossa Russa (John Nellykullen)

Le Chiese dell'oriente cristiano

XII. Chiesa ortodossa russa

di John Nellykullen

Verso la fine del decimo secolo, secondo la leggenda, il grande principe pagano Vladimir di Kiev inviò degli ambasciatori in diverse parti del mondo per esaminare le religioni locali e perché gli consigliassero quale di esse sarebbe stata la migliore per il suo regno. Quando gli ambasciatori fecero ritorno, suggerirono la religione dei Greci, raccontando che quando avevano assistito alla Divina Liturgia nella cattedrale di Santa Sofia a Costantinopoli: "non riuscivamo a capire se eravamo in cielo o sulla terra”. Dopo il battesimo del principe Vladimir, molti dei suoi sudditi vennero battezzati nelle acque del fiume Dniepr nel 988. Così il cristianesimo bizantino divenne il credo religioso dei tre popoli che fanno risalire le proprie origini alla Rus’ di Kiev: russi, ucraini, bielorussi.

La Kiev cristiana fiorì per un certo tempo, ma poi iniziò un periodo di declino, culminato nel 1240, quando la città venne distrutta durante le invasioni mongole. Come conseguenza della distruzione arrecata dai mongoli, tantissima gente si trasferì al nord. Nel quattordicesimo secolo, un nuovo centro si sviluppò intorno al principato di Mosca, e i metropoliti di Kiev si stabilirono in quel posto. Successivamente, Mosca fu dichiarata sede metropolita.

Quando Costantinopoli cadde in mano ai Turchi nel 1453, la Russia si stava sganciando dalla dominazione mongola per diventare uno stato indipendente. Poiché si diceva che la “prima” Roma fosse caduta nell’eresia, e che la Nuova Roma fosse caduta sotto il dominio dei turchi, alcuni Russi (di cui la prima espressione “chiara” fu il monaco Philotheos all’inizio del sedicesimo secolo) cominciarono a parlare di Mosca come della “terza” Roma", che avrebbe portato avanti le tradizioni dell’ortodossia e della civiltà romana (bizantina). Nel 1547, con l’incoronazione di Ivan IV come primo zar (l’equivalente slavo del termine Caesar), e con l’insediamento del metropolita Job come primo Patriarca di Mosca da parte del patriarca ecumenico Jeremia nel 1589, in Russia furono ricreate le due principali istituzioni bizantine. Gli zar arrivarono a considerarsi paladini e protettori della ortodossia, così come lo era stato una volta l’imperatore bizantino.

La chiesa russa sviluppò progressivamente un proprio stile nell’ambito dell’iconografia e dell’architettura religiosa, e proprie tradizioni teologiche e spirituali. A metà del diciassettesimo secolo, ci fu uno scisma nella chiesa russa quando il patriarca Nikon riformò un certo numero di riti religiosi per renderli conformi a quelli della chiesa greca.

Coloro che si rifiutarono di sottomettersi alla riforma, e che continuarono a coltivare le tradizioni tipicamente russe vennero in seguito chiamati “vecchi credenti”.

Il patriarcato russo venne abolito da Pietro il Grande nel 1721. Per i 196 anni successivi, la chiesa fu retta dal Santo Sinodo mediante regole che portarono la chiesa sotto la supervisione dello stato. Durante questo periodo, specialmente nel XIX secolo, ci fu una grande ripresa della teologia, della spiritualità e del monachesimo russo ortodosso. Ci fu inoltre un’intensa attività missionaria che si estese largamente attraverso i territori russi nella parte orientale, arrivando fino all’Alaska e alla costa della California del Nord.

Nell’agosto del 1917, sotto il governo provvisorio di Alexander Kerensky (dopo l'abdicazione dello zar, ma prima della rivoluzione bolscevica), a Mosca si tenne un Sinodo della chiesa ortodossa russa. Il Sinodo ristabilì il Patriarcato Russo, elesse a capo di esso il metropolita Tikon di Mosca e prese in considerazione un certo numero di riforme riguardanti la vita all’interno della chiesa. Ma prima che il sinodo avesse termine, si venne a sapere che il metropolita di Kiev era stato assassinato e che erano iniziate le persecuzioni. Il patriarca Tikon criticò esplicitamente i comunisti durante i primi anni del suo patriarcato, ma poi, dopo un anno di carcere, dovette moderare la sua posizione pubblica . Il patriarca Tikon e il suo successore, il patriarca Sergij, elaborarono un modus vivendi, con il governo, che regolò le relazioni tra la chiesa e lo stato durante il comunismo: la Chiesa russa ortodossa appoggiò pubblicamente il governo in tutte le questioni, e lo stato concesse alla chiesa una sfera di autonomia molto limitata, che si riduceva alle pratiche riguardanti il culto liturgico.

La persecuzione assunse forme differenti nei diversi periodi: quasi tutti i teologi e i capi della chiesa furono esiliati negli anni Venti, o vennero giustiziati nel corso degli anni Trenta. Solamente nel 1937 vennero arrestati 136mila religiosi, e ne furono uccisi 85mila. Nel periodo compreso tra il 1917 e il 1939, tra l’80% e l’85% del clero pre-rivoluzionario della Russia ortodossa fu tolto di mezzo. La situazione migliorò in qualche modo durante la seconda guerra mondiale, e negli ultimi anni di Stalin, finché Krushev non riprese ad intensificare le persecuzioni nel 1959.

Molte chiese vennero chiuse dopo la rivoluzione, e ci fu un’altra ondata di chiusura delle chiese sotto Krushev, tra il 1959 e il 1962. Mentre nel 1917, la chiesa ortodossa russa aveva 77.767 chiese (delle parrocchie e dei conventi), verso la fine degli anni 70 ne erano rimaste soltanto circa 6.800. Il numero di conventi attivi (1.498 nel 1914) scese a 12, e i 57 seminari teologici che funzionavano nel 1914 furono ridotti a tre a Mosca, Leningrado (San Pietroburgo) ed Odessa, con accademie teologiche per gli studi superiori nelle prime due città.

Dopo il 1990, tuttavia, grazie alle riforme attuate dal presidente Mikhail Gorbachev, la situazione della chiesa russa ortodossa ha cominciato a migliorare enormemente, riprendendosi dal periodo delle persecuzioni. Nel marzo del 2003, il patriarca Aleksij II ha dichiarato che la chiesa aveva 16.195 parrocchie, in cui svolgevano servizio 17.480 preti e diaconi. Aveva inoltre 131 diocesi con 155 vescovi, vi erano 614 conventi, di cui 295 per gli uomini e 319 per le donne. Inoltre, c’erano 160 “metochia” monastici e 38 eremi. La Chiesa Ortodossa Russa inoltre aveva 43 pre-seminari, 32 seminari, sei corsi preparatori per sacerdoti, cinque accademie teologiche, due università ortodosse, due pre-seminari diocesani femminili e un istituto teologico. C’erano inoltre molte scuole di iconografia e per la direzione dei coro, inoltre 135 scuole domenicali nella sola Mosca. Nell’ottobre del 1992, venne inaugurato l’istituto teologico San Tikon di Mosca per la formazione del laicato ortodosso. Gli allievi, divisi più o meno in modo uniforme tra donne ed uomini, raggiunsero il considerevole numero di 650 durante il primo anno. Il 24 febbraio 1993, la chiesa ortodossa russa istituì a Mosca l’università teologica ortodossa di San Giovanni per continuare la tradizione educativa umanista russa e per offrire uno studio approfondito delle discipline teologiche.

Nel dicembre del 1993 l'Università del Centro di Ricerca Nazionale di Chicago ha pubblicato i risultati di un’inchiesta che ha documentato lo sviluppo straordinario della fede religiosa in Russia. Ha mostrato che, in base a come veniva formulata la domanda, una percentuale variabile tra la metà e i tre quarti della popolazione russa credeva in Dio. Sebbene l’11% avesse detto di avere abbracciato la religione ortodossa solo divenuti adulti, il 28% si dichiarò ortodosso, indicando così che la chiesa russa ortodossa aveva più che raddoppiato i suoi seguaci. La tendenza alla religiosità era più marcata nei gruppi di età compresa tra i 17 e i 24 anni, dove il 30% era passato dall’ateismo al credere in Dio. Uno stupefacente 75% di coloro che sono stati sottoposti al sondaggio ha dichiarato di avere “una grande confidenza con la chiesa”. Ma un’indagine condotta dal Centro Russo degli Studi sull’Opinione Pubblica nell’agosto del 1994 ha rivelato che, del 52% di quelli sottoposti all’inchiesta che si consideravano credenti, solo il 2% partecipava ai riti religiosi almeno una volta alla settimana. In un altro sondaggio condotto dalla stessa organizzazione verso la fine del 1997, il 46% delle persone intervistate si è dichiarato non credente, e il 45% si è dichiarato cristiano ortodosso.

Inchieste più recenti indicano che circa metà della popolazione russa si considera ortodossa, anche se solo una piccola minoranza è effettivamente praticante. Ciò significherebbe che oggigiorno 75 milioni di persone si identificano nella chiesa ortodossa russa. Data la mancanza di dati attendibili in merito agli aderenti ortodossi nelle altre ex repubbliche sovietiche in cui le minoranze russe sono molto diffuse, e data la frammentazione della chiesa ortodossa in Ucraina, il totale dei membri del patriarcato di Mosca riportato qui sotto è solo approssimativo.

Nel campo della dottrina e dell’ordine canonico, oggi nella chiesa ortodossa russa il potere supremo è detenuto dal Consiglio Locale, che si riunisce periodicamente, e che è costituito da tutti i vescovi, da tutti i delegati eletti tra i sacerdoti, i monaci e i laici. Il Consiglio Locale inoltre elegge il patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Il Consiglio dei vescovi, che raccoglie l’intero episcopato, i “capi” dei dipartimenti del Santo Sinodo, i rettori delle accademie teologiche e dei seminari, si deve riunire almeno ogni quattro anni e anche alla vigilia del Consiglio locale. La gestione ordinaria della chiesa è curata dal Santo Sinodo, composto dal patriarca e da sei vescovi diocesani, tre dei quali sono membri permanenti, mentre gli altri si avvicendano essendo temporanei.

Nell’autunno del 1994, il governo russo ha deciso di contribuire al finanziamento per la ricostruzione della cattedrale dello SPAS, Cristo Salvatore, una struttura imponente del XIX secolo che era stata fatta radere al suolo da Stalin nel 1931, e che un tempo dominava l’orizzonte di Mosca. Il patriarca Aleksij ha posto la nuova prima pietra il 7 Gennaio 1995, e le funzioni di Pasqua si sono tenute in quella struttura per la prima volta nel 1996. È stata ufficialmente consacrata il 19 agosto 2000.

Nella riunione del Consiglio Ortodosso Russo dei Vescovi tenutasi verso la fine del 1994 , il patriarca Aleksij ha dichiarato che la chiesa aveva attraversato un periodo difficile nel periodo successivo al precedente incontro del 1992. Essa aveva dovuto affrontare problemi relativi alla pratica liturgica, all’adeguata formazione teologica e pastorale, e al servizio ecclesiale nei riguardi della società. L’assemblea ha rifiutato la richiesta, fatta da alcuni membri conservatori del Patriarcato di Mosca, di ritirarsi da tutte le organizzazioni ecumeniche, ma ha condannato l'attività missionaria svolta in Russia da gruppi metodisti, evangelici e presbiteriani americani e da alcuni protestanti sud coreani. I vescovi hanno deciso l’inizio di un ingente sforzo per catechizzare ed evangelizzare la popolazione russa, e per istituire una commissione speciale che rivedesse la pratica e i testi liturgici, al fine di rendere la liturgia più comprensibile per i fedeli.

Il Consiglio dei vescovi si è riunito di nuovo nel febbraio del 1997 ed in tale occasione si è dichiarato contrario all’ipotesi di canonizzare lo zar Nicola II e la sua famiglia. I vescovi hanno rifiutato nuovamente i tentativi di provocare il ritiro della chiesa russa dal concilio mondiale delle chiese, e hanno richiesto di dibattere su un piano pan-ortodosso l’opportunità di una partecipazione al Concilio Mondiale delle Chiese. I vescovi hanno tenuto in considerazione il dialogo bilaterale con la chiesa cattolica, hanno affrontato in modo deciso ciò che percepivano come proselitismo cattolico tra gli ortodossi, e hanno chiesto alla commissione teologica sinodale di studiare il Documento di Balamand, un prodotto del dialogo cattolico-ortodosso internazionale. Delegazioni di alto livello del Vaticano e del Patriarcato di Mosca si riunivano infatti regolarmente due volte all’anno. I vescovi inoltre hanno riconosciuto ed apprezzato i progressi nelle relazioni con le chiese ortodosse orientali, e hanno richiesto maggiore chiarezza nelle formulazioni cristologiche prodotte dal dialogo.

La minaccia, seriamente sentita, derivante dall’azione dei gruppi religiosi stranieri è stata uno dei motivi che hanno spinto la chiesa ortodossa russa a fornire il suo potente appoggio a una nuova legge sulla religione, siglata dal presidente Eltsin il 26 settembre 1997. La legge riconosce l’Ortodossia, l’Islam, il Buddismo, l’Ebraismo e il Cristianesimo come religioni tradizionali, e pone restrizioni alle attività di alcuni gruppi, includendo in esse un periodo di attesa di 15 anni per essere “registrati”; limita l’agire dei gruppi non registrati a pratiche informali e private; pone severe restrizioni all’attività dei missionari stranieri. Le restrizioni apportate da questa legge hanno suscitato forti preoccupazioni nell’occidente, anche se sembra che all’interno della società russa abbiano ottenuto un ampio consenso. Alcuni documenti dimostrano che la nuova legge viene applicata, più o meno rigorosamente, in diverse aree del paese.

Un evento importante nella vita della chiesa ortodossa è stato la riunione del Consiglio di giubileo dei vescovi, svoltasi dal 13 al 16 agosto 2000 a Mosca. In quell’occasione, i vescovi hanno deciso di canonizzare 1.154 persone, tra cui 1.090 nuovi martiri e confessori morti nel XX secolo. I vescovi si sono inoltre pronunciati, questa volta a favore, sulla canonizzazione dello zar Nicola II e della sua famiglia, uccisi dai comunisti nel 1918. Sono stati canonizzati come “martiri”, non in riferimento al loro ruolo politico in Russia ma al modo con cui hanno sopportato le loro sofferenze finali in maniera cristiana. I vescovi hanno inoltre redatto un lungo documento, il Concetto di dottrina sociale della chiesa russa ortodossa, che definisce la posizione della chiesa in merito ad un’ampia gamma di questioni sociali. Inoltre, i vescovi hanno riveduto e adottato un nuovo Statuto della chiesa russa ortodossa, e hanno prodotto un importante documento ecumenico: Principi di base dell’atteggiamento nei confronti della non ortodossia da parte della chiesa ortodossa russa.

Con questo ultimo documento, la chiesa ortodossa russa si impegna a partecipare al movimento ecumenico, e questa sembra essere una vittoria su coloro che volevano promuovere il ritiro della chiesa dagli impegni ecumenici. Da quel momento, in risposta alle preoccupazioni della chiesa russa e delle altre chiese ortodosse, nel 2002 è stato raggiunto un accordo con il Consiglio Mondiale delle Chiese (CMC) per sostituire le procedure di voto di tipo parlamentare con un nuovo modello di consenso , per distinguere più nettamente tra il culto“confessionale” e quello “interconfessionale”, e per creare due categorie di partecipazione al CMC: membri e chiese in associazione. Questo accordo sembra assicurare la partecipazione continuativa della chiesa russa ortodossa nell’organizzazione. Tuttavia, le relazioni con la chiesa cattolica si sono ampiamente deteriorate. Il patriarcato di Mosca ha reagito con sdegno quando la Santa Sede ha stabilito quattro diocesi in Russia, nel febbraio 2002, ed ha, di conseguenza, interrotto le riunioni che si svolgevano periodicamente con i rappresentanti del Vaticano.


Dalla fine del comunismo, il Patriarcato di Mosca ha severamente vietato la partecipazione del clero alla vita politica, ma ha anche siglato numerosi accordi di collaborazione con governo. Un accordo firmato il 30 agosto 1996 con il Ministero degli Affari interni ha assicurato la presenza pastorale ortodossa nelle prigione del paese e anche nelle forze di polizia. Ha concluso un accordo di cooperazione con il ministero della difesa russa, il 30 aprile 1997, che impegnava entrambe le parti a “collaborare per ravvivare le tradizioni ortodosse dell’esercito e della marina russi”. Sono state costruite moltissime chiese nelle basi militari. Il 2 agosto 1999 è stato concluso un accordo di cooperazione col ministero dell’istruzione con cui entrambe le parti si sono impegnate alla cooperazione per educare/istruire i giovani “nello spirito degli alti valori morali”.

La disintegrazione del sistema comunista e dell’Unione Sovietica ha generato forze centrifughe che hanno minacciato l'unità del Patriarcato di Mosca. Nel gennaio del 1990, quando le circostanze stavano già cambiando, il Consiglio ortodosso russo dei vescovi si è riunito a Mosca e ha deciso di garantire una certa autonomia alle chiese ortodosse in Ucraina ed in Bielorussia. Ciascuna è divenuta un esarcato del patriarcato di Mosca, con i nomi di "chiesa ortodossa ucraina" e di “chiesa ortodossa bielorussa”. In seguito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, il 25 dicembre 1991,e all'indipendenza dei vari stati che ne sono derivati , il Patriarcato ha garantito simile status autonomo alle chiese ortodosse in Estonia, Lituania e Moldavia.

Venendo incontro alle richieste di maggiore autonomia fatte il 27 ottobre 1990, il Consiglio dei vescovi ha garantito “indipendenza e auto-governo” alla chiesa ortodossa ucraina e ne ha abolito l’esarcato. Ma la chiesa è rimasta legata a Mosca, e il Metropolita di Kiev è ancora membro del Santo Sinodo del Patriarcato di Mosca. Dopo che l'Ucraina ha dichiarato l’indipendenza il 24 agosto 1991, il Metropolita Filaret di Kiev ha ccrcato di ottenere la separazione completa della sua chiesa dal Patriarcato di Mosca. Il Consiglio dei vescovi russo ortodossi ha respinto questa richiesta nell’Aprile del 1992. Ma Filaret ha continuato a volere l’autonomia per la sua chiesa, alla fine la questione ha avuto termine nel mese di maggio 1992, quando il Patriarcato di Mosca ha deposto Filaret e ha nominato il Metropolita Volodymyr (Sabodan) di Rostov come nuovo Metropolita di Kiev. A giugno, il Patriarcato ha sospeso a divinis Filaret, riducendolo allo stato laicale. Successivamente, Filaret ha dato vita alla chiesa ucraina autocefala non-canonica, e il 20 febbraio 1997 ne è stato eletto patriarca . Il Consiglio ortodosso russo dei vescovi ha reagito scomunicando Filaret il 23 febbraio.

Un altro problema è nato nella repubblica da poco indipendente di Moldavia, che aveva fatto parte della Romania prima del 1812 e ancora dal 1918 al 1944. Nonostante il fatto che il Patriarcato di Mosca avesse riconosciuto lo status autonomo alla diocesi moldava, il Santo Sinodo della chiesa ortodossa rumena nel dicembre del 1992 ha deciso di stabilire un proprio metropolita, detto di Bessarabia, nello stesso territorio. In questo modo, gli ortodossi in Moldavia sono divisi fra le due giurisdizioni rivali. Il Patriarcato rumeno e quello russo hanno dibattuto a lungo per risolvere la disputa, ma ancora nel 2003 i tentativi erano risultati inutili. Il governo moldavo ha sostenuto la giurisdizione di Mosca e fino al 2002 non ha concesso la registrazione al Metropolita di Bessarabia, legato a Bucarest.

In Estonia era esistita una chiesa ortodossa autonoma sotto il Patriarcato di Costantinopoli dal 1923 fino al 1945, quando era stata assorbita dal Patriarcato di Mosca dopo che il paese era stato annesso all'Unione Sovietica. In seguito all’indipendenza dell’Estonia nel 1991, ci sono state richieste di ristabilire tale chiesa, che in esilio aveva mantenuto la propria sede centrale a Stoccolma. Il governo estone da poco indipendente l’ha riconosciuta ufficialmente come continuazione legale della Chiesa ortodossa dell’Estonia, che era esistita nel periodo tra le due guerre. Il 20 febbraio 1996, il Patriarcato Ecumenico ha ricostituito formalmente, sotto la propria giurisdizione, la Chiesa Ortodossa estone, provocando così una grande crisi nelle relazioni col Patriarcato di Mosca, che ha rifiutato di commemorare il Patriarca ecumenico nei dittici. La crisi è stata risolta il 16 maggio del 1996, quando i due Santi Sinodi hanno annunciato un accordo che sanciva l’esistenza di due giurisdizioni separate in Estonia. La maggior parte delle parrocchie ortodosse si è unita alla chiesa autonoma recentemente ristabilita sotto Costantinopoli, ma la maggior parte dei fedeli ha optato per la diocesi dipendente da Mosca. Tuttavia dopo la visita in Estonia del patriarca ecumenico Bartolomeo, svoltasi nell’ottobre del 2000, il Santo Sinodo della chiesa ortodossa russa ha reagito dichiarando inaccettabili alcuni commenti fatti dal Patriarca in Estonia, e ha deciso che il Patriarcato di Mosca non avrebbe più partecipato ad incontri in cui fossero presenti il patriarca Bartolomeo, l’Arcivescovo John della Finlandia o il metropolita Stephan (capo della giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli in Estonia).

Le 31 parrocchie degli Stati Uniti sotto il Patriarcato di Mosca sono amministrate dal Vescovo Mercurius di Zaraisk . Alla cura pastorale del vescovo Mark di Kashira sono affidate le 25 parrocchie canadesi (tutte ad Alberta e nel Saskatchewan). I 20 luoghi di culto del Patriarcato in Gran-Bretagna sono presieduti dal vescovo Basil di Sergievo . In Australia ci sono due parrocchie patriarcali, a Parkville (Melbourne) e a Blacktown (Sydney). Il pastore a Melbourne è padre Igor Filianovsky.


LUOGO: Russia, Ucraina, Bielorussia, Kazakstan, altre ex repubbliche sovietiche, diaspora

CAPO: Patriarca Aleksy II (nato nel 1929, eletto nel 1990)

TITOLO: Patriarca di Mosca e di tutte le Russie

RESIDENZA: Mosca, Russia

MEMBRI: 90.000.000

SITO WEB: http://www.mospat.ru

Domenica, 14 Gennaio 2007 20:09

Il principio speranza (Remo Bodei)

Il principio speranza

di Remo Bodei

1

Il punto di partenza di Bloch è che tutti abitiamo questo continente della speranza, che è assai affollato, però è così inesplorato, dice lui, come l'Antartide, per questo "Il principio speranza" di Bloch è una grande mappa di tutti i territori della speranza; e la speranza Bloch la concepisce contro Heidegger, contro il principio della angoscia, se vogliamo chiamarlo così, in quanto, secondo Bloch, non bisogna prendere il mondo così com'è; la speranza ci mostra il mondo in movimento, in evoluzione. Quindi l'idea di Bloch è che la speranza non è semplicemente un premio di consolazione per le disgrazie necessarie della vita degli individui e della storia; la speranza è piuttosto uno sforzo per vedere come le cose stanno in movimento, come si evolvono, quindi la nostra mente non è simile a uno specchio che riflette una realtà ferma, la nostra mente è piuttosto qualche cosa che si inserisce nel mondo della speranza. Se vogliamo usare un'immagine classica della storia della filosofia, quella di Kant, Kant parlava della candida colomba della ragione che pensa che l'aria, che invece sostiene il suo volo, gli possa essere di ostacolo, si potrebbe dire con questa immagine che la speranza è in Bloch l'aria che sostiene la ragione, senza la speranza la ragione non potrebbe volare e senza la ragione però la speranza sarebbe cieca.

2

Nel 1933, poco prima dell'avvento del national-socialismo, ci fu una discussione nel palazzetto dello sport a Berlino tra un rappresentante del partito comunista tedesco e un rappresentante nazista, il comunista entra e comincia a spiegare la caduta tendenziale del saggio di profitto secondo Marx, la gente non capisce niente, magari, aggiunge Bloch, ha detto delle cose vere, soltanto che queste verità non fanno presa, arriva invece il nazista che comincia a parlare in termini mitici della pugnalata alle spalle che gli ebrei e i demoplutocrati hanno dato al popolo tedesco, fa dei discorsi che hanno una grande presa emotiva, usa quei termini come patria, casa, quelle forme cioè di richiamo all'identità delle persone ed esce tra le ovazioni di tutti.
Ora, per Bloch il punto, e forse anche per noi, è quello di capire che non si può staccare la razionalità dagli affetti, ma che non si può avere una pura razionalità, un socratismo, per cui basti enunciare il vero perché il vero si raggiunga, né si può avere, come nel caso del national-socialismo, una pura mobilitazione basata su problematiche irrazionali. Quindi il tentativo di Bloch rispetto alla storia del marxismo va controcorrente. Diventando scientifico e cioè per lui dogmatico, si è creduto che il marxismo avesse più successo, ma in questo modo ha dimenticato e lasciato per così dire in mezzo ai rovi, quelle che sono le tendenze degli uomini verso una vita migliore, quello che Marx stesso chiamava il sogno di una cosa. Per questo la rivendicazione della speranza in Bloch non è la rivendicazione di una mobilitazione cieca degli uomini verso una vita migliore che non sanno dove stia, ma è il tentativo di innervare un progetto che ha una base razionale, analitica, di innervare il progetto di queste energie umane che altrimenti si disperdono e si dissipano.

3

Paradossalmente l'utopia di Bloch, o la speranza di Bloch, non riguarda tanto il futuro quanto il presente, nel senso che per Bloch ogni istante può diventare significativo, noi dobbiamo imparare a vivere ogni momento come se fosse eterno: "Cogli l'eternità nell'istante" è un principio fondamentale di Bloch. Naturalmente per eternità non si intende un tempo lungo, gonfiato oltre ogni dimensione finita, per eternità si intende la pienezza dell'esistere, l'eternità riguarda quei momenti d'essere in cui a me sembra di scoprire il senso delle cose, e questo senso delle cose io lo scopro andando al di là dell'oscurità dell'attimo vissuto. Il principio che Bloch ritiene più originale di tutta la sua filosofia è quello di aver scoperto che la nostra coscienza del presente, che a noi sembra così cristallina, così trasparente, è in realtà opaca, e che quindi il presente in effetti è oscuro, o, usando un proverbio cinese che usava Bloch, "alla base del faro non c'è luce"; questo significa allora che noi dobbiamo non proiettarci nel futuro in quanto tale, ma illuminare, attraverso la conoscenza e attraverso la conoscenza della speranza, quello che è il centro del nostro essere, cioè dobbiamo buttare luce, dare senso a ogni momento della nostra esistenza. Questo accade ad esempio attraverso l'arte, attraverso la musica in particolare, dove si ha il massimo di esattezza matematica e il massimo di pathos: questa è una bella illustrazione del principio speranza, la speranza non è soltanto pathos ma è anche misura e quindi la speranza è una forma che mobilita gli animi, come la musica ci può dare questo senso di esaltazione, di tristezza, ma nello stesso tempo questo senso di esaltazione o di tristezza è retto da una struttura matematica rigorosa.

4

In Bloch non c'è il gusto, per così dire, illuministico di rendere tutto chiaro e trasparente. Bloch sa appunto che il nucleo di oscurità che è interno a noi stessi non si potrà mai dissipare; nello stesso tempo però Bloch non cade nel ricatto dell'oscuro, dell'enigma per l'enigma. In Bloch c'è il tentativo di sviluppare, per dirla con Montale "cercano la chiarità le cose oscure", cioè Bloch cerca di passare dall'oscuro al chiaro senza cancellare gli elementi di oscurità.
Se volessimo usare una formula, si potrebbe dire che Bloch col suo insegnamento vuole ridurre queste intermittenze dell'intelletto e del cuore, questa opacità a noi stessi, e moltiplicare questi attimi in cui invece noi incontriamo noi stessi. Infatti il principio speranza ruota attorno a quello che Bloch chiama "incontro con noi stessi", "Selbstbegegnung", perché la cosa più strana è che noi siamo in compagnia di noi stessi, ma in realtà è come se non ci incontrassimo mai, siamo sottoposti a tutti questi messaggi, che vengono dall'inconscio ad esempio, del mondo dei sogni e dei desideri, ma questi messaggi non sono chiari nella nostra coscienza. Scopo del principio speranza è quello di cercare di dare un senso a questo nostro vivere a distanza da noi stessi, quindi l'ideale utopico per eccellenza è di ritrovare noi stessi, di ritrovare il senso di noi stessi in una collettività, non un senso solitario. Noi viviamo assieme agli altri e quindi è anche attraverso gli altri che conosciamo parte di noi stessi, il noi diciamo è più ospitale dell'io, l'io però è più proprio a noi stessi, quindi quando noi incontriamo l'io incontriamo anche il noi, e quando incontriamo il noi incontriamo l'io, cioè è soltanto vivendo in questa comunità di tutti gli uomini che l'opera d'arte ad esempio ci mette in contatto con ciò che è più proprio: se io sento una musica di Mozart o di Bach, se guardo un quadro di Raffaello o di Michelangelo, se vedo l'architettura del Partenone, ecco in questo momento ciò che è diventato proprietà comune del noi, del genere umano, mi parla e mi fa incontrare me stesso.

5

Bloch ha una sorta di fiducia, che vorrei definire congetturale, una fiducia appena accennata, che si può spiegare attraverso un passo del grande scrittore svizzero Gottfried Keller, che lui cita: Gottfried Keller, l'argomento non è molto allegro ma il testo è bellissimo, vede una volta un obitorio in cui sono stesi i cadaveri di gente di tutte le età, di tutte le condizioni sociali, di entrambi i sessi, e gli sembrano degli emigranti, dice, che dormono nel porto vicino alle loro misere cose in attesa che sorga l'alba. E' questa speranza di un sorgere di un'alba che guida il pensiero di Bloch, e quindi la possibilità di una vittoria sulla "lampada funebre", come la chiama lui. Questa sarebbe per Bloch la speranza più piena, ma Bloch è anche abbastanza realistico da sapere che questa speranza resta speranza, però è altrettanto realistico quando pensa che in fondo l'evoluzione dell'umanità, del passaggio dalla scimmia all'uomo darwinianamente, è andata verso il meglio, guidata in fondo da forze invisibili che noi non controlliamo, la tradizione le ha chiamate Dio. Ora Bloch non crede nel Dio personale, anzi ha una tesi, in un libro che si chiama "L'ateismo nel cristianesimo" che è molto radicale: "il miglior cristiano è l'ateo", perché l'ateo alla religione toglie questo aspetto esteriore di tipo immaginifico, legato a delle persone e a dei fatti, a Gesù e ai miracoli, a Buddha ecc.. , e lascia nella religione il nucleo più potente, lascia nella religione quello che è l'aspetto determinante e cioè che la religione contiene in sé i desideri più profondi degli uomini.

Per certi aspetti la religione è più importante della filosofia, o per dirla in termini marxiani quando parlava di Hegel e dicendo che bisognava trovare il nucleo razionale dentro il guscio mistico, si può dire che per Bloch è molto più succoso, è molto più importante questo guscio mistico delle religioni, questo riferirsi a desideri e ad aspettative, dello stesso nucleo razionale, anche perché il nucleo razionale vive soltanto se c'è la spinta della speranza. Perché la speranza di Bloch non è la speranza di un singolo popolo o di un singolo individuo, in Bloch c'è questo elemento corale e collettivo per cui la speranza lui la paragona a una fuga musicale, cioè la paragona alla ripresa di un tema che ogni individuo e ogni popolo ripropongono attraverso variazioni nel tempo e in cui, come in certi corali di Bach, tutti gli individui e tutti i popoli entrano alternativamente o insieme a cantare questa polifonia, questo accordo che cerca l'unisono; queste voci che cercano di trovare l'unità sono per Bloch la rappresentazione stessa della storia umana e del processo della speranza nella storia umana.

(Tratto dall'intervista: Bloch e il principio speranza - Napoli, Vivarium, 30 giugno 1994)


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