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Venerdì, 25 Gennaio 2008 18:43

PER GIORGIO LA COERENZA È TUTTO, MA VUOLE DIVENTARE CONSULENTE

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PER GIORGIO LA COERENZA È TUTTO, MA VUOLE DIVENTARE CONSULENTE

Di Ettore Sutti
Italia Caritas/Luglio-Agosto 2007

Giorgio ha quasi 50 anni e la faccia di uno che sa esattamente quello che vuole. Lui è fatto così. E non lo manda a dire. «Mai lavorato in vita mia — spiega -, non ho nemmeno una marchetta da lavoratore dipendente. Perché la coerenza è tutto. Il mio lavoro era la rapina: dentro e fuori le carceri, sperando sempre di fare il colpo che ti sistema. Però, alla fine, è la vita che ti sistema. E ti concia anche per le feste. Ora sono qui, alla mia età, che cerco di costruirmi un futuro».

La bocca di Giorgio si increspa in qualcosa che assomiglia vagamente a un sorriso. L’aria da duro gli è rimasta, anche perché dopo quattro anni passati in carcere a Milano — tre gli sono stati condonati grazie all’indulto — diventa difficile lasciarsi andare completamente. Il sorriso è quello di una persona che ci sta provando davvero, a rifarsi una vita normale, lasciandosi alle spalle l’ingombrante passato. «Una volta uscito — racconta — il vero problema era trovare un posto dove dormire. Dopo quattro anni passati dentro e senza una famiglia è difficile trovare qualcuno che ancora si ricorda di te». Dopo alcuni giorni presso amici, Giorgio si è rivolto a Spin (Sportello di orientamento e counselling, attivato dall’Ufficio di esecuzione penale esterno, in collaborazione con diverse associazioni del territorio), che lo ha indirizzato al progetto di accoglienza abitativa temporanea e di accompagnamento socio-educativo “Un tetto per tutti: alternative al cielo a scacchi”, che vede protagonista anche Caritas Ambrosiana.

«In tempi normali - spiegano gli operatori di un “Un tetto per tutti” - impostiamo un approfondito screening delle persone indirizzateci, per capire se possiedono le caratteristiche per prendere parte a un progetto che, oltre alla condivisione degli spazi in alcuni appartamenti, prevede la presenza costante di un tutor a cui appoggiarsi, ma anche a cui rendere conto. In seguito all’emergenza post-indulto, abbiamo dovuto accelerare i tempi». Perché l’indulto ha sì svuotato le carceri, ma ha rischiato di lasciare sulla strada, abbandonate a se stesse, migliaia di persone. A Milano, per fortuna, la mobilitazione comune di enti locali e privato sociale ha consentito di potenziare o partorire progetti di accoglienza, che hanno funzionato da rete protettiva per molti “indultati”.

Una ripulita, una bella cravatta

Quanto a Giorgio, quando ha avuto accesso al progetto, non solo aveva già attivato tutti i canali di assistenza esistenti a Milano, ma addirittura era riuscito a trovarsi un lavoro tagliato su misura per lui. «Mi è sempre piaciuto stare in mezzo alla gente - racconta - e non ho difficoltà a farmi nuove amicizie. Quando ho scoperto che cercavano venditori per servizi alla persona, lavoro che prevede il contatto umano, mi sono presentato subito. Una ripulita, una bella cravatta, tanta faccia tosta e il lavoro era mio. Nessuna sicurezza, provvigioni basse ma, almeno, avevo la possibilità di dimostrare che qualcosa valgo ancora».

Dopo qualche tempo però, Giorgio, d’accordo con il tutor di “Un tetto per tutti” e quello del Celav, centro per l’inserimento lavorativo del comune di Milano, ha deciso di lasciare l’incarico per lavorare su stesso. «Sono tornato a scuola — conclude Giorgio — per poter diventare davvero autonomo. Sto sgobbando parecchio per diventare un vero consulente. Ho fatto richiesta per una casa popolare, se non succederanno terremoti in graduatoria il prossimo anno potrei avere un “buco” tutto mio. E pensare che fino allo scorso settembre ero ancora chiuso in un cella...».

Muri Contro” foto dentro

“Muri Contro” è il titolo della mostra organizzata ad aprile dalla Sesta Opera San Fedele e dalla Fondazione culturale San Fedele di Milano. Nata attorno al corso di fotografia tenutosi a settembre-ottobre 2006 nel carcere milanese di San Vittore da Gigliola Foschi, storico e critico della fotografia, e da Andrea Dall’Asta, la mostra ha permesso a un piccolo gruppo di detenuti di riflettere su come i diversi conflitti che li abitano possano prendere corpo nella forma di un muro.

Letto 3111 volte Ultima modifica il Domenica, 09 Marzo 2008 00:26

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