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Venerdì, 04 Novembre 2011 15:33

Le novità del federalismo fiscale

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La nuova legge sul federalismo fiscale si struttura su due principali coordinate:

la prima è quella del passaggio dalla spesa storica al costo standard, la seconda è quella dell'introduzione di un'autonomia impositiva responsabile a livello di Regioni ed Enti locali. La prima coordinata opera sul lato della spesa: si passerà dal finanziare i servizi in base a quanto si è speso in passato (senza considerare gli sprechi, le inefficienze, le pletore di personale, le cattive prassi amministrative e finanche l'illegalità di certi comportamenti), a un finanziamento del solo costo standard (che coprirà la spesa per i servizi — sanità, assistenza, istruzione, trasporto — ma non coprirà più lo spreco, l'inefficienza, ecc.).
La seconda coordinata sarà parametrata sulla prima, cioè sarà definita un'autonomia impositiva sufficiente a coprire quanto è necessario per garantire i costi standard. I trasferimenti statali vengono soppressi e sostituiti da finanza autonoma. Si potrà così superare la logica dei trasferimenti vincolati ad alto tasso di burocrazia e a basso tasso d'incidenza sullo sviluppo reale, aprendo la stagione di una forma nuova ed efficace di sostegno alle specifiche realtà produttive e sociali della Regione.
I princìpi di coordinamento
In queste due coordinate sta il cuore della riforma, destinata a superare il modello di finanza derivata, con i finanziamenti a pie di lista che hanno dato luogo a un grave processo di deresponsabilizzazione. All'interno di queste coordinate si sviluppa anche tutta la serie dei nuovi princìpi di coordinamento che, ai sensi dell'art.119, II comma, Cost. saranno diretti a guidare lo sviluppo della nuova autonomia finanziaria regionale e locale. Si tratta dei princìpi elencati all'art.2, tra i quali è essenziale, al fine che qui risulta rilevante, richiamare l'attenzione sui seguenti:
? Capacità contributiva: lettera 1) che dispone: «Salvaguardia dell'obiettivo di non alterare il criterio della progressività del sistema tributario e rispetto del principio della capacità contributiva ai fini del concorso alle spese pubbliche»;
? Flessibilità: lettera bb) che prevede la possibilità per le Regioni e gli Enti locali di sviluppare una propria politica fiscale: «Garanzia del mantenimento di un adeguato livello di flessibilità fiscale nella costituzione di insiemi di tributi e compartecipazioni, da attribuire alle Regioni e agli Enti locali, la cui composizione sia rappresentata in misura rilevante da tributi manovrabili, con determinazione, per ciascun livello di governo, di un adeguato grado di autonomia di entrata, derivante da tali tributi»;
? Sussidiarietà orizzontale: lettera a lett. dd) che dispone: «Definizione di una disciplina dei tributi locali in modo da consentire anche una più piena valorizzazione della sussidiarietà orizzontale»;
? Favor familiae: lettera gg) che dispone: «Individuazione di strumenti idonei a favorire la piena attuazione degli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione, con riguardo ai diritti e alla formazione della famiglia e all'adempimento dei relativi compiti».
Si tratta di princìpi altamente innovativi che connotano questa riforma del federalismo fiscale nella direzione di aprire una nuova stagione dell'autonomia finanziaria regionale e locale, che potrà strutturarsi in forme ben più favorevoli — rispetto alla situazione attuale — al riconoscimento fiscale dei carichi familiari e quindi alla attuazione di quel favor familiae che orienta il nostro dettato costituzionale. È opportuno valutare la portata di questa "rivoluzione" nella specifica declinazione dei nuovi ambiti dell'autonomia regionale e locale.
L'autonomia regionale
L'art. 7, comma 1, lett. b), specifica che «per tributi delle Regioni si intendono: 1) i tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle Regioni; 2) le addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali; 3) i tributi propri istituiti dalle Regioni con proprie leggi in relazione ai presupposti non già assoggettati a imposizione erariale».
Lo stesso articolo precisa poi alla lettera e) che: «Per una parte dei tributi di cui alla lettera b), numeri 1), le Regioni, con propria legge, possono modificare le aliquote e disporre esenzioni,, detrazioni e deduzioni nei limiti e secondo criteri fissati dalla legislazione statale e nel rispetto della normativa comunitaria; per i tributi di cui alla lettera b), numero 2), le Regioni, con propria legge, possono introdurre variazioni percentuali delle aliquote delle addizionali e possono disporre detrazioni entro i limiti fissati dalla legislazione statale».
È quindi nell'ambito della nuova addizionale Irpef — la cui dimensione quantitativa dovrebbe divenire appunto più rilevante dell'attuale — che potranno svilupparsi le nuove politiche regionali a favore della famiglia, cui fanno riferimento i princìpi di cui all'art.2. Da questo punto di vista, con la riforma del federalismo fiscale, il quadro attuale è destinato a essere modificato in profondità.
A questo riguardo, tra i decreti di attuazione che sono stati approvati dal Consiglio dei Ministri si deve appunto segnalare quello sulla fiscalità regionale che introduce novità rilevanti. Si attua una revisione e un potenziamento, riducendo in modo equivalente l'Irpef nazionale, dell'addizionale Irpef regionale e si prevede anche la possibilità di considerare i carichi familiari e di utilizzare la leva fiscale per agevolare la sussidiarietà orizzontale. Oggi in Italia alle Regioni non è consentito di attuare una propria politica fiscale a favore della famiglia per cui si verifica la discutibile situazione — prima ricordata — per cui un single paga la stessa addizionale regionale di un padre di famiglia con figli a carico. Il Decreto recentemente approvato dal Governo cambia questa situazione e le Regioni potranno considerare i carichi familiari nell'addizionale Irpef, tramite il riconoscimento dì detrazioni regionali per ogni figlio a carico. La soluzione adottata dal Decreto è analoga a quella spagnola, dove alla detrazione statale si aggiunge la detrazione regionale prevista sulla propria quota Irpef.
Detraibilità diretta
Sempre sull'addizionale Irpef si introduce un'altra novità, che riguarda i sistemi regionali di welfare, consentendo di utilizzare la leva fiscale per agevolare l'effettuazione di certe attività a carattere sociale: la prospettiva è quella di permettere la detraibilità diretta in sede di Irpef di svariate forme di bonus a favore delle famiglie e dei singoli (anziani, buono scuola, disabili, ecc.), la cui diffusione è ora ostacolata da forti difficoltà burocratiche. Evitando tutta una serie di complicati passaggi burocratici, si lascerebbero, per esempio, fin dall’inizio i soldi alle famiglie evitando l'illogico meccanismo "prelievo e poi ridistribuzione" delle medesime risorse. Oggi, infatti, il prelievo fiscale confluisce a livello centrale; qui è restituito in piccola parte alla Regione che, attraverso il buono, ne rida una quota al contribuente che, per ottenerlo, deve fare istanze e subire controlli burocratici. Il cittadino si ritrova a ricevere indietro una parte di quanto ha pagato in imposte, ridotto però del costo di gestione burocratica di questo trasfer, È quindi più semplice consentire alle Regioni di attuare le loro politiche differenziate (come i buoni, che sono calibrati sulle specifiche caratteristiche dei contesti regionali) attraverso (là dove è possibile) detrazioni dall'addizionale_regionale Irpef: il contribuente si tiene in tasca i soldi, li spende nel servizio che vuole (pubblico o privato) e li detrae dalla dichiarazione dei redditi. Si tratta di misure di riduzione del carico fiscale che si ricollegano a un mutamento di prospettiva, che preferisce al circuito prelievo-erogazione di servizi l'autorisposta che i soggetti possono dare alle proprie necessità, innanzitutto tramite le risorse che conservano e che non vengono loro sottratte dal fisco regionale. In questi termini si applica quindi al federalismo fiscale un famoso disposto della Corte costituzionale tedesca per cui il risparmio fiscale viene prima dell'assistenzialismo.
Il Decreto contiene altre rilevanti novità, come il principio di territorialità: la compartecipazione Iva sarà legata a quanto effettivamente riscosso sul territorio e non più, come avviene oggi, a quel meccanismo dei consumi Istat per cui se in una Regione si realizza un'evasione totale, comunque questa riceve la sua quota dì Iva. E poi stabilita la possibilità di ridurre, fino ad azzerarla, l'Irap, in modo che una gestione regionale avveduta e la lotta agli sprechi possano tradursi in un abbassamento della pressione fiscale.
In definitiva, la razionalizzazione del sistema avviene attraverso una maggiore "tracciabilità" dell'imposizione regionale, permettendo il controllo dell'elettore secondo il principio "vedo-pago-voto". Si tratta di uno schema democratico destinato a offrire nuove possibilità alla tutela fiscale delle famiglie.
Il modello spagnolo
È utile, alla luce delle considerazioni fin qui esposte, proporre un confronto con il sistema del federalismo fiscale applicato in Spagna, Nel 1978 con la nuova costituzione approvata a seguito della caduta del regime franchista, la Spagna ha dato avvio a un processo di decentramento politico e amministrativo che ha trasformato il proprio modello organizzativo da Stato accentrato in Stato delle autonomie, mediante la creazione di diciassette Comunità autonome ("Comuni-dades Autónomas", CcAa.).
Il modello, previsto dalla Costituzione spagnola per esercitare il diritto all'autonomia, ha consentito alle Comunità di scegliere quali competenze assumere tra le materie elencate nell'articolo 148 e di ampliarle, dopo cinque anni, mediante riforma dei propri statuti (comma 2). L'articolo 151 ha inoltre offerto l'opzione di assumere competenze più ampie da subito, a fronte di un procedimento "aggravato" di formazione dello statuto.
L'assunzione di competenze è avvenuta, pertanto, sulla base di due diversi procedimenti: quello ordinario (detto "via lenta", art. 143) e quello straordinario (definito "via rapida", art. 151), dando luogo inizialmente a una ripartizione caratterizzata da asimmetria, in cui si potevano dividere le Comunità in due fattispecie: quelle — come Asturie, Aragona, Cantabria, La Rioja, Baleari, Castiglia-Leòn, Castiglia-La Mancha, Murcia, Estremadura e Madrid - che hanno seguito la "via lenta", con un basso livello di competenza, e quelle con un alto livello di competenza. È importante precisare che a seguito dello sviluppo del processo autonomico, al momento attuale, dopo le revisioni degli statuti di autonomia, si è raggiunto un livello di competenze analogo per tutte le Comunità.
In parallelo al trasferimento di competenze alle Comunità è avvenuta l'evoluzione del loro sistema di finanziamento. All'attuazione del federalismo fiscale ha provveduto la "Ley Orgànica de Financiación de las Comunidades Autónomas" (Lofca), che è stata promulgata nel 1980 (legge n. 8/1980) e poi modificata, in particolare, nel 1996 (legge n. 3/1996) e nel 2001 (leggi n. 7 del 2001 e n. 21 del 2001). Il modello di finanziamento ha quindi subito un'evoluzione per tappe: una prima fase che arriva fino all'anno 1986, nella quale le risorse fondamentali di finanziamento erano costituite dalla partecipazione delle Regioni alle entrate statali, mentre le imposte cedute dallo Stato alle Comunità in base all'approvazione della prima legge di cessione di tributi (n. 30 del 1983) erano secondarie, non ricomprendevano ancora l'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef), e la decentralizzazione riguardava solo il gettito dei tributi, oltre a competenze di gestione tributaria, ma nessuna competenza normativa.
Una seconda fase, circoscrivibile temporalmente dal 1987 al 1996, condusse ad attribuire a ciascuna Comunità una compartecipazione territoriale nella misura del 15% del gettito Irpef riscosso nel proprio territorio.
Una terza fase si aprì con l'approvazione di una nuova legge di cessione di tributi (n. 14 del 1996), quando con riferimento ai tributi si introdussero due importanti novità: la cessione di competenze normative rispetto a tutti i tributi ceduti e l'inclusione dell'Irpef fra i tributi ceduti. Questo comportò il conferimento di competenze normative sui tributi trasferiti (relative alla fissazione dell'aliquota e all'adozione di agevolazioni sotto forma di deduzioni e/o detrazioni).
Infine, nel 2001 vennero apportate ulteriori modifiche alla Lofca (con le leggi n. 7 del 2001 e n. 21 del 2001), ulteriormente valorizzando l'autonomia impositiva delle Comunità autonome. L'Irpef fa parte del modello di finanziamento delle CcAa. a partire dal 1994, ma è con la legge n. 3 del 1996 (modificativa della Lofca del 1980) che si stabilisce la cessione parziale dell'Irpef, ed è con la legge n. 14 del 1996 che avviene l'ulteriore potenziamento dell'autonomia Finanziaria, con l'attribuzione di competenze normative consistenti nella possibilità di variare l'aliquota marginale e adottare deduzioni e detrazioni che incidono sulla quota spettante.
Le Comunità possono quindi adottare deduzioni e detrazioni, in particolare per circostanze personali e familiari, per investimenti non imprenditoriali e per taluni oneri (articolo 13 della legge 14/1996). Le Comunità si sono avvalse, a partire dal 1998, della facoltà di operare manovre sulla quota di Irpef loro spettante, in parti-colar modo scegliendo di adottare varie misure correlate a circostanze personali ma soprattutto alla famiglia.
Si dimostra quindi come le possibilità di attuare politiche a sostegno della natalità, riconosciute alle Comunità autonome dall'ordinamento spagnolo, abbiano ottenuto il gradimento delle istituzioni territoriali, che le hanno adottate e incrementate negli
anni successivi alla attribuzione delle loro competenze normative. Quello appena presentato è un quadro molto diverso da quello attuale italiano, dove alle Regioni non è consentito di attuare una propria politica a favore della famiglia rispetto alle proprie imposte, come per esempio, l'addizionale Irpef, rispetto alla quale si arriva all'assurda situazione — già in precedenza evidenziata — per cui un single paga la stessa addizionale regionale di un padre di famiglia con, per citare un esempio, cinque figli a carico.
Un circolo virtuoso
Il modello spagnolo, che in base al Decreto sul fisco regionale è destinato a presentarsi come un modello per l'Italia, mette in evidenza come la possibilità dell'autonomia fiscale, una volta riconosciuta, sia facilmente destinata a tradursi in un circolo virtuoso a favore del riconoscimento dei carichi familiari. Nessuna delle CcAa. spagnole, infatti, era in un certo senso obbligata a prevedere le misure di riconoscimento dei carichi familiari; tuttavia una volta che lo Stato ha riconosciuto questo potere, esso è stato attuato con intensità, come dimostra lo studio che si è presentato.
Per comprendere in modo compiuto il caso spagnolo occorre inoltre anche considerare che dal 2002, a livello statale, sono stati incrementati gli importi del riconoscimento dei carichi familiari, per cui oggi per i figli (di età non superiore ai 25 anni ovvero incapaci) il sistema nazionale riconosce detrazioni pari a euro 1.800 per il primo figlio, 2.000 per il secondo, 3.600 per il terzo e 4.100 per il quarto e seguenti (articolo 58 della legge n. 35 del 2006). A fronte della cessione di una quota dell'imposta sul reddito alle CcAa. non si è verificata quindi una riduzione, bensì un aumento, delle detrazioni statali per i figli a carico, nonostante che le singole CcAa. abbiano introdotto sulla loro quota ceduta detrazioni per i figli in alcuni casi molto significative (per esempio: Aragona per 500 euro). Dall'esame del caso spagnolo emerge quindi un circolo virtuoso dell'autonomia che ha giocato a favore del riconoscimento dei carichi familiari, con l'esito di una situazione complessiva ben diversa da quella italiana, dove a favore del riconoscimento dei carichi familiari, è prevista solo a livello statale una detrazione limitata, anche se poi il sistema si basa su una pluralità di interventi di trasferimenti e di erogazioni, peraltro difficilmente rapportabili, statali, regionali e locali.
Le prospettive che con il federalismo fiscale si aprono al nostro Paese appaiono quindi molto significative, soprattutto a fronte dei ritardi accumulati negli anni dal livello statale centrale, e potrebbero davvero essere all'origine di un analogo circolo virtuoso dove riescano a svilupparsi sistemi tributari regionali e locali maggiormente attenti alla considerazione di quel favor familiae cui si uniforma la nostra carta costituzionale.
Non deve, infine, preoccupare più di tanto la circostanza per cui potranno esistere realtà regionali dove sarà più facile riscontrare una maggiore tutela integrativa (rispetto a quella di base che viene dì solito offerta dallo Stato) della famiglia. Come è stato più volte evidenziato dalla Corte costituzionale spagnola, il principio di eguaglianza non coincide strettamente con quello di uniformità. In ogni caso, proprio l'esempio che ci viene dalla nostra vicina Spagna conferma la possibilità di attuare un circolo virtuoso, che si può instaurare tra il principio autonomista e il favor familiae: questa è esattamente la prospettiva indicata dal ricordato art.2 della nuova Legge delega sul federalismo fiscale.

Luca Antonini

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