Vita nello Spirito

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Giovedì, 11 Novembre 2004 22:32

La famiglia e il passaggio da una fede dell’infanzia ad una fede personale e matura (Mons. R. Bonetti)

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Mentre preparavo queste riflessioni avevo l’impressione di parlare di cose scontate, anche se ho la sensazione, girando per il mio servizio attraverso l’Italia, che è necessario tornare a proporre questi argomenti con forza, perché purtroppo su di essi c’è molta confusione e approssimazione.

Vivere una fede matura

La prima premessa che intendo fare è questa: solo la famiglia che vive una fede matura può aiutare i figli a realizzare il passaggio dalla fede dell’infanzia, dalla fede di appartenenza, alla fede personale e matura.

Non possiamo pensare che una coppia che vive la fede più come appartenenza religiosa che come qualcosa di personale e maturo, possa essere capace di comunicare una fede matura.

E’ una presunzione che rischiano di avere tanti preti e anche laici: illudersi di poter contare per la pastorale su famiglie che, nei fatti, non riescono a vivere la propria fede.

Continuare ad insistere su una certa catechesi a tutti i costi fatta ai ragazzi, senza coinvolgere in un analogo percorso di fede le famiglie, significa votarsi al fallimento. In questo modo la cresima rischia di essere non il sacramento della confermazione ma quello del congedo, dell’addio alla vita di comunità.

Appartenenza non è fede

Una seconda premessa: non confondere l’appartenenza religiosa o il rispetto di norme morali essenziali con la fede.

E’ facile vivere la religiosità come appartenenza ad un contesto religioso, come desiderio di avere alcune norme morali di base che garantiscano, in questo mondo che va a gambe all’aria, dei principi di riferimento.

E’ importante il rispetto per la persona, per la vita, per i genitori, ma queste sono norme morali, non è la religione cattolica! E’ giusto insegnare ai figli a non mentire ma la fede è un’altra cosa.

L’essenza della fede è Gesù risorto

Fatte queste premesse ecco il primo punto: il fondamento, l’essenza della fede cristiana è credere che Gesù è risorto, è vivo, è presente oggi accanto a me.

Senza la fede in Gesù risorto, vivo, non sta in piedi il sacramento del sacerdozio, non sta in piedi il sacramento del matrimonio, non sta in piedi il nostro essere comunità.

Più vedo, andando in giro, belle organizzazioni, più sento che l’essenziale della nostra fede rischia di essere dimenticato. Rischiamo di essere associazioni filantropiche, che operano per la giustizia, per la pace, per promuovere una buona morale, e trascuriamo l’essenza della nostra fede.

Limitarsi a credere che Dio è Amore è Antico Testamento, il Nuovo Testamento ci insegna che l’Amore si è fatto visibile, è qui in mezzo a noi, si chiama Gesù risorto.

Vivere la fede in famiglia

Detto questo passo al secondo punto: cosa vuol dire fede vissuta in famiglia?

Uso una definizione presa dalla Familiaris Consortio (n.17) che dice: "la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare, comunicare l’amore quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e di Cristo per la sua Chiesa".

Io conosco l’amore di Dio che ha voluto rendersi presente nel presbitero, nel sacramento dell’ordine, nell’eucarestia, ma conosco anche l’amore di Dio che ha voluto rendersi presente nel matrimonio, per rendere visibile a tutti che Lui è alleanza, sposalizio, nuzialità.

Voi sposi siete l’annuncio di ciò che Cristo vuol fare con tutta l’umanità: un solo corpo! La famiglia è chiamata a testimoniare che la fede conta già qui, in questa vita, che incide sulla nostra esistenza e non è solo per l’aldilà.

Non è una fede alienante, consolatoria, ma una fede incarnata perché il Verbo si è fatto carne! Non c’è autentica azione dello Spirito se non dà frutti anche su piano umano! Questo non vuol dire che, con l’aiuto dello Spirito, riuscirò a cambiare la testa a mio marito ma che riuscirò a crescere interiormente al punto da amare mio marito con la testa che si ritrova!

Il Risorto come presenza viva

Quali sono i passaggi che deve fare una famiglia credente, che cerca di vivere quotidianamente la sua fede, per educare i figli ad una fede matura?

Il primo passaggio: educazione alla presenza del Risorto come presenza viva, amante.

L’Amore è persona, Dio è persona, Cristo è persona.

I figli ci devono scoprire a parlare con una persona che non si vede, che però si sente presente; questo in pratica può voler dire prendere in mano una pagina del Vangelo e leggerla, pregarci sopra, magari in coppia, magari con i figli.

E’ triste quando i figli, da adolescenti, prendono una strada diversa dalla vostra solo perché vedono in voi solo una fede molto legata all’apparenza, che si accontenta della messa domenicale, e che poi tollera la falsità, la bugia, l’assenza di perdono. Ma sono più che autorizzati a lasciare questo tipo di fede!

Al contrario, se io, genitore, mostro una fede adulta, potranno fare scelte alternative ma saranno chiamati a rispettare la mia perché hanno visto che il mio vivere cristiano mi ha fatto diventare una persona gioiosa, serena, capace di vivere la gioia, al fatica, il dolore, l’impegno, il rispetto, la soddisfazione.

Educare all’amore

Il secondo passaggio: un’educazione all’amore.

La prima spiegazione di Dio che può essere valida durante i primi anni di vita dei figli, fino all’adolescenza e alla giovinezza, è la vostra vita di coppia.

Avete a disposizione, come sposi, questa bibbia fatta di carne che è il vostro matrimonio e non sapete spiegare ai figli che il bene che vi volete e volete a loro è lo stesso che il Padre vuole a ciascuno di noi.

E oggi sappiamo che l’amore non è più qualcosa di automatico, che viene trasmesso dal nostro vissuto sociale e culturale, ma un obiettivo da conquistare.

Dobbiamo educare i figli, attraverso l’esempio, ad amare gratuitamente , a porre l’altro al centro dell’attenzione. Aiuteremo così i nostri giovani ad uscire da quella ambiguità che fa loro credere che saper far l’amore coincida con il saper amare, che sentire l’impulso unitivo del maschile verso il femminile, e viceversa, sia saper amare, dimenticando che il corpo è solo una delle modalità che abbiamo per esprimere, dire qualcosa di ben più grande che è nel cuore di ognuno e che si chiama amore.

Ma solo chi vive l’amore è capace di insegnarlo; allora vostro figlio riuscirà a fare, a tempo debito, quel salto di qualità che gli permetterà di interrogarsi, come cristiano, su come è chiamato a vivere quell’amore che fa parte del suo essere. Potrà orientarsi sulla strada della verginità o su quella della vita di coppia. Solo un’educazione all’amore può aiutare i giovani a scoprire la loro vocazione.

Una chiesa famiglia di famiglie

Il terzo passaggio: educare ad una fede adulta significa educare anche ad una chiesa famiglia di famiglie; aprirsi alla comunità non vuol dire rinunciare alla mia identità di famiglia ma arricchire la mia esperienza all’interno di quella famiglia più grande che è la comunità parrocchiale.

Questo è fondamentale per comunicare cosa significa essere parrocchia, altrimenti rischiamo di mantenere negli altri un’idea di parrocchia basata esclusivamente sulla figura del sacerdote e sull’edificio in cui ci si ritrova.

La chiesa è là dove c’è un cristiano amante: al supermercato, dalla parrucchiera, in ufficio; là dove c’è un cristiano c’è anche la chiesa che opera, che agisce, che fa pastorale.

Se la famiglia vive anche questa identità comunitaria è possibile costruire una chiesa che ha anche un volto che non è solo quello del sacerdote, ma è anche quello di una chiesa famiglia.

Letto 2842 volte Ultima modifica il Giovedì, 30 Dicembre 2004 19:57

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