Vita nello Spirito

Fausto Ferrari

Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

Sabato, 23 Agosto 2008 01:25

Ecumenismo alla prova (Mauro Castagnaro)

Ecumenismo alla prova

di Mauro Castagnaro






Nel Paese latinoamericano il cammino ecumenico sta conoscendo un momento di stallo, dopo l’uscita dei metodisti dagli organismi interconfessionali. Ripercorriamo la storia del dialogo tra le varie confessioni cristiane in una nazione da sempre crocevia di culture e religioni.

L’uscita da «tutti gli organismi ecumenici in cui siano presenti la Chiesa cattolica e gruppi non cristiani» (cioè afrobrasiliani) decisa nel luglio 2006 dal Consiglio generale della Chiesa metodista ha aperto in Brasile una fase di profondo ripensamento tra i sostenitori dell’unità tra diverse confessioni cristiane. Lo choc è stato forte, perché la Chiesa metodista si era sempre distinta nell’impegno per l’unità (nel 1942 fu la prima in Sudamerica ad aderire al costituendo Consiglio ecumenico delle Chiese, Cec) e aveva due autorevoli rappresentanti nel Consiglio nazionale delle Chiese cristiane (Conic): il vescovo Adriel de Souza Maia e il pastore Clay Peixoto, rispettivamente presidente e segretario esecutivo.

Solo cinque mesi prima, a Porto Alegre, si era svolta la IX Assemblea generale del Cec, realizzata per la prima volta su invito di un Consiglio nazionale di Chiese comprendente anche quella cattolica romana e ospitata dalla Pontificia università cattolica del Rio Grande do Sul. Alla vigilia dell’evento, il segretario generale del Cec, Samuel Kobia, pastore metodista del Kenya, si era detto «impressionato dalla volontà della Chiesa cattolica di partecipare all’organizzazione dell’assemblea. Non era mai successo in passato» E l’arcivescovo di Porto Alegre, Dadeus Grings, aveva sottolineato una particolarità: «L’ecumenismo in Brasile ha una traiettoria singolare, con la partecipazione della Chiesa cattolica al Consiglio nazionale delle Chiese, il che è infrequente nel resto del mondo. Qual è la ragione? Viviamo in una società pluralista e, al contempo, molto violenta. Davanti a queste due realtà, i credenti hanno sentito il bisogno di fare qualcosa insieme. Rispettando le peculiarità di ciascuno, cerchiamo quanto abbiamo in comune, cioè la fede che salva».

UN LENTO PROCESSO

Per comprendere la portata e la difficoltà del cammino ecumenico in Brasile, occorre ricordare che, per un lungo periodo durante l’epoca coloniale, quella cattolica era considerata la religione ufficiale e l’ingresso nel Paese era vietato ai protestanti. Poi vennero ammessi anche i culti non cattolici, ma, fino al 1890, unicamente nell’ambito domestico. Solo nel XX secolo cominciò ad attenuarsi il conflitto tra chi giudicava «pagani» i seguaci della Riforma e chi riteneva il Brasile terra ancora da evangelizzare per eliminare le “superstizioni cattoliche”-

All’inizio, il movimento ecumenico si sviluppò all’interno del protestantesimo. Il coinvolgimento esplicito della Chiesa cattolica avvenne nel contesto del Concilio Vaticano II. Le relazioni si andarono intensificando grazie alla partecipazione, dal 1969, di rappresentanti delle Chiese anglicane, protestanti e ortodosse alle Assemblee generali e alle riunioni maggiori della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb). Questa, a sua volta, nel 1977 fu invitata per la prima volta al Sinodo nazionale della Chiesa episcopaliana anglicana del Brasile e nel 1978 al Concilio generale della Chiesa evangelica di confessione luterana del Brasile. Passi decisivi furono anche, dal 1975 al 1982, i cosiddetti «Incontri dei dirigenti delle Chiese», in cui le gerarchie ecclesiastiche delle diverse confessioni si confrontarono su vari temi teologici, pastorali e sociali. Nello stesso periodo nacquero nuovi organismi ecumenici, con l’obiettivo di promuovere il dialogo e la cooperazione interconfessionali, alcuni con appoggio ecclesiastico ufficiale, altri, invece, autonomi. Tutto ciò è sfociato nella costituzione del Conic nel 1982, che riuniva, oltre alla Chiesa metodista, le Chiese cattolica e ortodossa siriana, cattolica romana, cristiana riformata, episcopale anglicana, evangelica di confessione luterana, presbiteriana unita. Ma che cosa ha originato il ritiro dei metodisti dal Conic? Alcune avvisaglie si erano avute negli anni precedenti, ad esempio con il rifiuto di partecipare alla Campagna dl fraternità del 2005, consueto appuntamento quaresimale promosso dall’episcopato cattolico, che quell’anno era organizzata dal Conjc e non dalla Cnhb.




COMUNIONE O COMPETIZIONE?

Lo conferma la pastora metodista Nancy Cardoso, teologa: Non è stato un fatto improvviso. Il Concilio generale della Chiesa metodista si tiene ogni sette anni e da tre assemblee si era formato un gruppo che proponeva l’abbandono del movimento ecumenico. La minoranza si è via via rafforzata fino a diventare egemone. Dietro c’è un modello di Chiesa con elementi carismatici e spiritualisti, pensato per competere nello spazio religioso. I metodisti si sono sempre caratterizzati come una minoranza, che aveva molte università, ma non faceva proselitismo, per cui aveva buoni rapporti tanto con i pentecostali quanto con i cattolici. Dalla fine degli anni ’80 sono nati i movimenti carismatici, che non sono una novità nel metodismo, il quale fin dalle sue origini vive dell’alternarsi di ondate di “risveglio” e fasi di istituzionalizzazione. Tuttavia, oggi, questo settore ha preso il controllo dell’apparato istituzionale. La maggior parte delle comunità metodiste ormai non sono ecumeniche, non. amano i cattolici né gli afrobrasiliani, hanno una cultura “gospel”, in cui sono centrali la musica e la dimensione spettacolare. Le università metodiste sono molto aperte, ma ora i carismatici ne assumeranno il controllo e ci sarà uno scontro forte perchè lì ci sono potere e denaro. Il pastore Gottfried Brakemaier, già presidente della Chiesa evangelica di confessione luterana del Brasile e della Federazione luterana mondiale, inquadra questa crisi nel mutamento del panorama religioso brasiliano: Diverso ritmo di crescita delle Chiese pentecostali rispetto a quelle storiche, soggettivismo che diluisce la normatività dei valori, beni religiosi in offerta sul mercato, mistica alla ricerca di profitto spirituale o materiale sono solo alcuni segni dei tempi. Il mondo religioso del XXI secolo invece di ”comunione” vuole “competitività” in una società pluralista. Le Chiese vivono un momento di “ri-arroccamento” nelle proprie fortezze dogmatiche. Accentuano la propria identità, rivendicando un’esclusiva. Ciò indebolisce l’ecumenismo». Il cattolico Ehias Wolff, consulente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cnbb, amplia la lista delle difficoltà nel cammino verso l’unità: «Il numero limitato di persone e Chiese che in Brasile aderiscono all’ecumenismo, la diffidenza circa le vere motivazioni del dialogo, lo scarso impegno delle leadership ecclesiastiche, la poca disponibilità delle comunità pentecostali, dl alcuni settori del protestantesimo storico e dei movimenti ecclesiali cattolici, la divisione nel campo religioso brasiliano, l’intenso proselitismo pentecostale, la fragile unità interna di alcune confessioni, la perdita del senso di appartenenza ecclesiale, la privatizzazione della fede, il passaggio da una confessione all’altra nella ricerca di un’esperienza religiosa soddisfacente».

ECUMENISMO RURALE

L’assemblea del Conic di novembre - che ha eletto nuovo presidente il pastore luterano Carlos Moller - ha sottolineato la necessità di recuperare i fondamenti dell’ecumenismo in un nuovo contesto culturale, dando spazio non solo all’impegno della Chiesa a favore dei diritti umani, ma anche alla missione e all’evangelizzazione. E il segretario esecutivo ad interim, il cattolico Gabriele Cipriani, ha espresso l’auspicio del Conic di contare sull’adesione di alcune Chiese pentecostali storiche, come le Assemblee di Dio (secondo il censimento del 2000 la maggiore denominazione evangelica del Paese, con 8,5 milioni di Fedeli), di congregazioni battiste e di Chiese protestanti storiche, come la Chiesa evangelica luterana del Brasile e la Chiesa presbiteriana indipendente. Inoltre il Conic ha. chiesto alla Cnbb di rendere ecumenica la Campagna di fraternità del 2010.

«Queste relazioni istituzionali - commenta dubbiosa Nancy Cardoso -, pur importanti, non riescono a tradurre quella quotidianità in cui la gente vive la religione come festa e come dramma». La pastora appartiene tra l’altro alla Commissione pastorale della terra (Cpt, organismo legato alla Chiesa cattolica.

Da questa esperienza trae interessanti esempi di «ecumenismo quotidiano»: «Credo che l’ecumenismo più vitale sia quello che si esprime, per esempio, quando, durante un conflitto agrario molto aspro nel Rio Grande do Sul, io e un prete cattolico abbiamo celebrato insieme il battesimo di 17 bambini. Questi sono arrivati avvolti in una bandiera del Movimento dei senza terra, in braccio ai genitori che passavano tra due file di contadini con gli strumenti da lavoro alzati. Quindi abbiamo scavato un buco in terra, lo abbiamo riempito di acqua. e la gente ha calato ogni bambino nella terra e nell’acqua. Questa esperienza battesimale ha permesso ai braccianti di superare la frustrazione derivata dal fatto che i proprietari terrieri e la polizia avevano impedito loro di effettuare una marcia verso la capitale. Ancora, in occasione di un violentissimo sgombero di un’occupazione di terra, io e un prete cattolico abbiamo usato in una celebrazione le beatitudini di Luca, leggendo i “Beati voi rivolti ai contadini e i “Guai a voi,..” girati verso la brigata militare. Gli ufficiali hanno chiamato il vescovo della Cpt del Rio Grande do Sul per lamentarsi che erano stati maledetti dalla pastora e dal prete. Ovviamente questa “maledizione” non aveva alcuna efficacia, ma l’averla proclamata con la Bibbia in mano ha un enorme significato agli occhi del popolo».




(da Popoli, giugno-luglio 2007)

Il Mosaico Religioso


Cattolici

73,6

Protestanti

15,4

Spiritisti

1,3

Testimoni di Geova

0,7

Ebrei

0,1

Buddhisti

0,1

Altro

1,4

Atei/agnostici

7,4

  Corea del Sud

A scuola di dialogo interreligioso

di Peter Njoroge Githaiga


«La religione è come il mago e la sibilla... Essa affronta le rovine del mondo e predice la restaurazione; di fronte al rosso-sangue del cielo, con i colori del tramonto che sprofondano nell’oscurità, profetizza l’aurora. Affronta la morte e annuncia la vita» (FelixAdler).

«La religione è come il mago e la sibilla... Essa affronta le rovine del mondo e predice la restaurazione; di fronte al rosso-sangue del cielo, con i colori del tramonto che sprofondano nell’oscurità, profetizza l’aurora. Affronta la morte e annuncia la vita» «La religione è come il mago e la sibilla... Essa affronta le rovine del mondo e predice la restaurazione; di fronte al rosso-sangue del cielo, con i colori del tramonto che sprofondano nell’oscurità, profetizza l’aurora. Affronta la morte e annuncia la vita» Mahatma Gandhi diceva che «uno studio amichevole delle religioni è un dovere sacro». Sono quindi contento di potermi dedicare allo studio comparato delle religioni, di avere l’opportunità non solo di assolvere a questo sacro dovere, ma di gustare, seppure come un semplice novizio, le ricchezze delle esperienze religiose del mondo al di fuori della sfera del cristianesimo. La realtà religiosa del mondo sta diventando sempre più pluralistica; perciò, qualsiasi religione venga professata, deve essere vissuta in un atteggiamento di incontro e dialogo con la fede del vicino. «E arrivato il tempo in cui i contatti interreligiosi basati sulla cortesia e una conoscenza generica non sono più sufficienti. È indispensabile conoscere in profondità la religione di colui con cui si vuole dialogare» (Card. .Arinze). Lo studio del mondo delle religioni non consiste puramente nel cercare possibili vie di armoniosa coesistenza o pacifica interazione, ma è molto di più: è un arricchimento reciproco.


Quando lo studio delle religioni è fatto avendo in mente il dialogo interreligioso, è importante accettare che la maggioranza di tali religioni sono «i modi di vita di immense porzioni di umanità…, l’espressione viva dell’anima di vasti gruppi umani. Esse portano in sé l’eco di millenni di ricerca di Dio, ricerca incompleta, ma realizzata spesso con sincerità e rettitudine di cuore. Posseggono un patrimonio impressionante di testi profondamente religiosi, di saggezza assimilata da popoli e culture. Sono tutte cosparse di innumerevoli “germi del Verbo” Hanno insegnato a generazioni di persone a pregare,come vivere e morire, come custodire i propri defunti» (cfr Evangelii nuntiandi 53).


Infatti, il nocciolo della questione nello studio delle religioni è proprio qui: al di là dei contenuti di fede che vengono professati, esiste una realtà vissuta che è stata espressa in molti e differenti termini, come «esperienza religiosa», «esperienza spirituale», «esperienza divina», «esperienza del sacro, del trascendente, delle potenze divine» ecc. Nella tradizione abramitica possiamo chiamarla «esperienza di Dio».


Questa vasta gamma di «esperienze religiose», senza ignorare la realtà dell’errore umano, è una profonda, autentica e onesta avventura spirituale, che costituisce il cuore della storia umana di tutte le generazioni che si sono succedute nel tempo e nelle differenti situazioni geografiche. E poiché nessuno può pretendere di avere una completa e perfetta esperienza di Dio, lo studio delle differenti tradizioni religiose non può che arricchire la nostra limitata esperienza.


Noi non comprendiamo a pieno l’universo; non possiamo parlare della morte senza conoscere la vita. Almeno finché esistiamo, c’è una ragione per cui siamo al mondo, E la nostra volontà di credere in questa ragione più ampia ci aiuta ad agire in compagnia delle «potenze divine». E per affrontare la morte bisogna diventare collaboratori di cielo e terra nella creazione di un universo migliore: un traguardo raggiungibile se siamo aperti alle esperienze religiose altrui.


Lo studio delle religioni è di grande importanza anche nella stessa teologia cristiana. Senza raggiungere una prospettiva comparativa mondiale, la teologia cristiana non può né conoscere totalmente le proprie forze, né corroborare le sue debolezze. Per questo, la teologia cristiana ha bisogno di essere fondata sullo studio comparato delle religioni.


Il dialogo interreligioso è uno dei principali traguardi dello studio delle religioni. E’ importante nel nostro tempo inculcare nella mente della gente la «cultura del dialogo». «Il dialogo come attività umana e umanizzante - afferma il gesuita Raimond Panikkar, uno dei più grandi filosofi e teologi viventi - non è mai stato cosi indispensabile in tutti gli ambiti della vita quanto nel nostro tempo di individualismo accademico. Tutto il nostro loquace parlare di ”villaggio globale” si effettua su paraventi artificiali sotto chiave». Pace e coesistenza armoniosa della gente sono minacciate da estremismo e terrorismo. Per questo in tutto il mondo c’è un risveglio tra le persone di buona volontà, impegnate in uno sforzo di creare un’atmosfera di amicizia e cordialità verso le religioni altrui.


Il traguardo da raggiungere nel dialogo interreligioso è, a sua volta, quello di rimuovere le nostre maschere religiose, che non hanno nulla a che fare con la vera esperienza religiosa. Il vero dialogo religioso ha luogo solo quando raggiunge le profondità delle intime credenze religiose e affronta gli interrogativi fondamentali sul senso della vita. Quando le maschere sono rimosse una ad una e siamo immersi nel dialogo con tutta la nostra persona, allora emerge qualcosa dal di dentro e comincia il «dialogo interreligioso». A conclusione, riporto un poetico sermone di Panikkar, che contiene alcune linee-guida fondamentali per il dialogo interreligioso: «Quando intraprendi un dialogo interreligioso, non pensare in anticipo ciò che devi credere. Quando testimoni la tua fede, non difendere te stesso o i tuoi interessi acquisiti, per quanto ti possano apparire sacri. Fai come gli uccelli de cielo: essi cantano e volano, e non difendono la loro musica o la loro bellezza. Quando dialoghi con qualcuno, guarda il tuo interlocutore come un’esperienza rivelatrice, come tu vorresti (e dovresti) guardare il giglio nei campi. Quando prendi parte a un dialogo interreligioso, cerca di rimuovere la trave dal tuo occhio prima di togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo prossimo. Beato te, quando non ti senti autosufficiente mentre stai dialogando. Beato te, quando hai fiducia dell’altro, perché confidi in Dio. Beato te, quando affronti incomprensioni dalla tua stessa comunità o da altri per amore della tua fedeltà alla verità. Beato te, quando non abbandoni le tue convinzioni e tuttavia non le poni come norme assolute».


(da MC,  marzo 2008)

Non è il fatto che l’uomo ascenda a Dio che è importante, bensì quello che Dio discenda nell’uomo. Se l’uomo ascende a Dio, vedi tutti i genii religiosi di prima e dopo Cristo, Dio diventa simile all’uomo...

di Antonio Gentili 

Viviano un’era contrassegnata dalla mobilitazione spirituale, che riequilibra una visione catastrofica del nostro tempo.

«Il cristianesimo ridotto a pura azione umanitaria nei vari campi dell’assistenza, della solidarietà, del filantropismo, della cultura; il messaggio evangelico identificato nell’impegno al dialogo tra i popoli e le religioni, nella ricerca del benessere e del progresso, nell’esortazione a rispettare la natura: la Chiesa del Dio vivente, colonna e fondamento della verità (cfr. 1Tm 3,15), scambiata per un’organizzazione benefica, estetica, socializzatrice: questa è l’insidia mortale che oggi va profilandosi per la famiglia dei redenti dal sangue di Cristo». In questo senso l’ex arcivescovo di Bologna, il cardinale Giacomo Biffi, ha parlato, anni or sono, dell’“ammonimento profetico” di Solov’ev, consegnato alle pagine del suo Breve racconto dell’Anticristo e lo ha visto attualizzato «nel pacifismo, nell’ecologismo e nell’ecumenismo di bassa lega, che fermentano non poca “cultura” contemporanea».

di Lisa Cremaschi

La speranza cristiana non è ingenua. Il credente è un uomo lucido, che discerne il potere del male del dolore, e della morte.

L’uomo è un essere di desiderio, anela a una pienezza di vita; tuttavia, nonostante sia orientato verso il futuro, è continuamente frustrato nelle sue speranze dall’esperienza del limite, della finitezza, della morte. Per la fede cristiana il desiderio dell’uomo viene colmato soltanto da Dio. Nell’elaborazione della dottrina della Chiesa la speranza è una delle tre virtù teologali (insieme alla fede e alla carità). Il Nuovo Testamento non soltanto inizia ricordando l’attesa del Messia, ma termina con le parole «Vieni, Signore Gesù! Maranà tha!». Qualunque sia la situazione che stiamo vivendo, possiamo sperare.

Eucarestia e comunità monastica
di p. Sebastiano Paciolla, o. cist.


Ci possono essere vari motivi per visitare un monastero che vive secondo la Regola di San Benedetto Abate (= RB) e diversi modi per farlo. Il monastero può essere infatti una tappa o la destinazione finale del pellegrinaggio ad un luogo di fede, può essere la sosta in un percorso turistico, un luogo scelto per un ritiro o la meta di una vacanza alternativa, può suscitare interesse per i tesori di arte che racchiude, per la storia di cui è carico, per la tradizione del canto gregoriano o la solennità della liturgia. In ogni caso entrare in contatto con la realtà del monastero è sempre un’esperienza di comunione e di condivisione, almeno parziale, con la vita della comunità di consacrati che in esso dimora.

La maternità universale della Vergine.
 
Garanzia di speranza e di salvezza

di Sante Bianchi













Una riflessione mariana alla luce degli insegnamenti di S. Bernardo di Chiaravalle.

Bernardo è «l’eletto di Dio, la perla, lo specchio e il modello della fede, la colonna della Chiesa, il vaso prezioso, la bocca d’oro che inebriò il mondo intero col vino della sua dolcezza».

Così si esprime S. Tommaso nel sermone LIV per la festa di S. Bernardo. E davvero Bernardo resta un gigante nella storia della Chiesa, che sintetizzando il passato ci ha lasciato una calda esposizione della verità che serva a disporre l’anima alla preghiera e alla contemplazione

TEOLOGIA E SPIRITUALITÀ

Anche se per la sua dottrina teologico mistica attinge ripetutamente ai Padri (preferisce Gregorio di Nissa, Origene, Ambrogio, Agostino e Gregorio Magno), non è un semplice ripetitore, anzi è sempre personale e vivo

Fonti della sua dottrina rimangono la Scrittura e la Tradizione interpretate dal Magistero della Chiesa e rivissute in una analisi della propria esperienza monastica.

Nel pensiero di Bernardo occupa un posto privilegiato Maria. In realtà Bernardo ha scritto poco su Maria. Ricordiamo le opere più importanti: Le Laudi della Vergine, detti discorsi «super missus est»; la famosa lettera 174 ai canonici di Lione; il discorso per la festa della Natività della Beata Vergine Maria detto «de Aquaeductu ». In tutto abbiamo 4 omelie, 16 sermoni, 1 lettera, 18 tra estratti e frammenti.

Resta comunque il fatto che per l’affetto, la pietà, l’efficacia con cui Bernardo ha parlato della Madonna, per la densità della dottrina, la precisione delle formule e per la novità delle conclusioni con cui si è dimostrato come il dottore più completo in materia nel Medio Evo, divenne l’iniziatore di un vasto movimento di devozione e di profondi studi sulla Madre di Dio, tanto da essere chiamato Cantore di Maria.

Lo stesso Pourrat lo conferma: «La devozione di Bernardo verso la Madre di Dio era proverbiale nel Medio Evo» (La spiritualité chrétienne, t. Il, n. 5, Paris 1921, p. 77), e il Bartmann lo ribadisce: «Bernardo è il più ardente dei devoti di Maria nel Medio Evo» (Précis de Théologie dogmatique, t. I, Multhouse 1935, p. 482).

La concezione mariana di S. Bernardo non può essere certo compresa se non nel disegno completo della sua teologia della Salvezza di cui premettiamo una sintesi.

Dio infinita carità, crea per amore l’uomo e per amore lo riscatta. Prove di questo amore sono l’Incarnazione e la Redenzione. L’uomo peccatore si salverà dal peccato soltanto con l’adesione libera, ferma e totale, all’amore di Dio, mediante un processo di purificazione e di elevazione nel quale sua forza portante sarà lo stesso amore di Dio (grazia efficace) e suo aiuto la mediazione di Maria.

Maria per Bernardo, come del resto per tutti i padri, fu «scelta fin da principio, conosciuta dall’Altissimo che la preparò per sé; custodita dagli angeli, previamente annunziata ai Patriarchi, promessa dai Profeti» (Hom. Il Super Missus Est, n. 4). Nel realizzare il suo piano di Salvezza quindi, Dio volle seguire lo stesso ordine di cose, farlo nello stesso modo in cui il primo uomo Adamo era caduto per opera di una donna, ingannata dal serpente. Ci sarebbe stata allora un’altra Donna che avrebbe vinto il demonio con l’aiuto di un altro Uomo che fosse al tempo stesso Dio: il Verbo Incarnato.

MEDIAZIONE NECESSARIA NELL’ECONOMIA DELLA SALVEZZA

La missione alla quale Maria era stata predestinata, era di dare agli uomini l’Uomo-Dio per nostra salvezza. E’ una maternità universale, ci dice Bernardo, che le permette di stringere al seno il Creatore e le creature, Cristo e i cristiani, il Redentore e i redenti.

«Il Creatore degli uomini dovendo per farsi uomo nascere da una donna, dovette scegliere come madre o meglio prepararsi fra tutte, quella che già sapeva dovergli convenire, e che già conosceva gli sarebbe piaciuta, perciò volle che fosse vergine.., e volle anche. che fosse umile» (Hom. Il Super Missus Est, n. 2).

L’Incarnazione è evidentemente dovuta alla sola munificenza della Grazia divina che porterà Maria ad essere esaltata sopra tutti i cori degli angeli (Cfr. Sermone LXXXVIII). Maria diventa cosi la più perfetta realizzazione dell’Israele di Dio, è il modello e il simbolo di tutto il popolo eletto e riscattato, è l’esempio compiuto della santificazione verso la quale tendevano l’Antica e la Nuova Alleanza e che si realizza nella Chiesa.

Dal compito principale che Maria ha nell’Economia della Salvezza scaturisce necessariamente anche quello della sua «mediazione», e «come Eva aveva cooperato con Adamo alla nostra disgrazia, così Maria, seconda Eva, doveva cooperare con il Redentore alla nostra riabilitazione» (Serm. fra l’ottava dell’Assunzione nn. 1-2).

La sua “mediazione” fu prima di tutto la primissima intercessione della sua preghiera prima dell’Annunciazione; intercessione già materna, perché Maria meglio di Debora, meritava di essere chiamata «madre del popolo di Dio» (Gdc. 5,7). Infatti la mediazione che Israele aveva esercitato dopo Abramo in favore del mondo peccatore (On 18,17-23), raggiunse in Lei la sua più alta efficacia. Poi ci fu il compito di collegamento che Lei esercitò nell’incarnazione (mediazione ontologica e mediazione morale). Indubbiamente, ci dice Bernardo, «Cristo da solo sarebbe stato sufficiente, dal momento che anche ora, tutto ciò che noi possediamo nell’ordine della salvezza ci viene da Lui. Ma era bene per noi che l’uomo non rimanesse solo. Era sommamente conveniente che i due sessi prendessero parte alla nostra Redenzione, come avevano preso parte alla nostra rovina» (Serm. per la Dom. fra l’Ottava dell’Assunzione, n. 1). Dal suo «fiat» con l’introduzione del Verbo nel mondo, fino all’offerta della Vittima, Maria coopera col suo Figlio alla salvezza dell’uomo con libera fede e obbedienza, e se viene invocata quale madre degli uomini, è perché ha cooperato con la sua carità alla nascita dei fedeli nella Chiesa, i quali di quel capo sono le membra.

Oltre che lodare Maria con temi biblici, Bernardo loda Maria utilizzando anche il vocabolario feudale del suo tempo: è «regina», «avvocata», «mediatrice », «riconcilia», «rappresenta», «raccomanda» gli uomini a suo Figlio; presso il Giudice, è «madre di misericordia», tratta la «causa» della nostra salvezza, interviene nel «processo» che ci oppone a Dio. Maria è posta perciò nel mezzo tra Dio e noi come per facilitare i nostri rapporti con Dio; prendendoci per mano ci riunisce a Cristo, ci conduce a Lui, ed è questo il motivo per il quale noi possiamo avere in Lei una confidenza illimitata; tutti i nostri bisogni li presenta a suo Figlio, poi ci trasmette tutti i soccorsi che Egli ci manda. «Tale è la volontà di Colui il quale ha voluto che tutto noi avessimo, per mezzo di Maria. Questa, dico, è la volontà di Lui, ma per noi» (In Nat. E. V. M. n. 7).

SORGENTE DELLA GRAZIA

Il Signore dunque si è servito di Maria come di un « acquedotto» attraverso il quale fa giungere a noi le sue grazie, « non perché era impotente, senza un tale acquedotto, ma perché volle provvederci di un veicolo» (Serm. In Nat.B.M.V.n. 18).

L’acquedotto è necessario affinché l’acqua della grazia, dalla fonte (che è Cristo) arrivi fino a noi: «La Fonte doveva arrivare fino a noi... Quella vena celeste discende mediante l’acquedotto... E’ pieno l’acquedotto, affinché gli altri ricevano da questa pienezza, non però la stessa pienezza».

La carità, le verginità e l’umiltà, sono le tre virtù che principalmente hanno elevato Maria fino a farle raggiungere la sorgente che è Dio, la inclinano anche fino a farle raggiungere gli uomini, ai quali comunica la grazia dell’adozione, l’acqua attinta a quella sorgente.

MODELLO E PRIMIZIA DELLA NOSTRA GLORIFICAZIONE

Per mezzo della carità che è intensità di desiderio, fervore di devozione e purezza di preghiera, Maria è elevata a Dio che la colma di Grazie, e la stessa carità che è anche misericordia la spinge verso gli uomini per sovvenire con la sua pienezza alle necessità della miseria umana. Maria è così la via regale attraverso la quale Dio viene all’uomo e l’uomo può più facilmente raggiungere Dio, praticando col suo esempio le virtù che Ella ci ha insegnato: purezza e umiltà. Se l’uomo avesse timore di rivolgersi direttamente a Dio e al Verbo per le sue richieste, può con fiducia rivolgersi a Maria che le presenta al Figlio. Se la maestà di Dio ci abbaglia, se la gloria infinita di Gesù Cristo ci dà l’impressione che è troppo lontano da noi, Maria ci dà fiducia.

E’ Lei quindi la « scala dei peccatori, la mia fiducia, la ragione di ogni mia speranza. Perché, o fratelli, desideriamo altre cose? Cerchiamo la grazia e cerchiamola per mezzo di Maria, perché Ella trova ciò che cerca e non può restare delusa. Cerchiamo la grazia, quella presso Dio, non la grazia illusoria presso gli uomini» (In Nativ. B M V. nn 7-8)

Corollario della maternità di Maria sia verso il Creatore che verso le creature; nonché della mediazione universale fra il Creatore e le creature, ci ricorda Bernardo, è la Regalità universale di Maria. Dato che le vie del Redentore e le vie della “corredentrice” sono parallele, l’Assunzione di Maria per Bernardo fa riscontro all’Ascensione di Gesù, ed è come il modello e la primizia della nostra glorificazione. La regalità di Maria, soggiunge il «dottore mellifluo», non fa di Lei una principessa lontana. Il suo compimento sopraterreno non distrugge in Lei l’umiltà, la povertà, che sono la materia stessa della sua gloria.

Maria anche in cielo è l’icona escatologica della Chiesa. La glorificazione finale di Maria è una delle « grandi cose» con le quali Dio fa segno alla sua Chiesa. È un pegno di ciò che tutta la comunità dei credenti è chiamata a divenire: «Nemmeno noi abbiamo qui una residenza permanente, ma aspiriamo a quella alla quale è arrivata oggi Maria benedetta» (Serm. nell’Assunzione della E. M. V., n. 1).

La madre di Gesù glorificata in cielo, in anima e corpo, è immagine della Chiesa che avrà il suo compimento nell’età futura. Così sulla terra brilla innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e consolazione, fino a quando non verrà il «Giorno del Signore».

«La nostra Regina ci ha preceduto» ci ricorda Bernardo, «ci ha preceduto ed è stata ricevuta così festosamente, che con fiducia i servi possono seguire la loro Signora dicendo: “Portaci con te”, correremo dietro l’odore dei tuoi profumi (Ct, l,3).La nostra umanità pellegrina ha mandato innanzi la sua Avvocata, che, essendo madre del Giudice e madre di Misericordia, potrà trattare con devozione ed afficacia la causa della nostra salvezza» (Serm. I sulla Assunzione della B. V. M., n. 1).

Da questa breve riflessione sulla dottrina mariana di S. Bernardo, possiamo con certezza ribadire che egli fu e rimane l’ispiratore di chi dopo di lui vuole meditare sul «mistero di Maria». Lo stesso Papa Giovanni rilevò: «Egli ha detto le parole più soavi e più belle in onore di Maria», e Fénélon ci porta a dire, riferendoci al pensiero di Bernardo:

«Dolci e teneri scritti, nulla riuscirà ad oscurarvi, e la successione dei secoli ben lungi dall’offuscarvi, trarrà da voi la sua luce: voi vivrete per sempre, e Bernardo vivrà in voi».

Il Canto Gregoriano nella liturgia cattolica

P. Ildebrando Di Fulvio O. Cist.

Mi è stata chiesta l'esperienza sul Canto Gregoriano, quanto sia importante per la nostra vita spirituale e comunitaria, quanto esso ci aiuti nella preghiera, come in concreto lo usiamo oggi nella liturgia, sia nelle celebrazioni coi monaci sia con i laici. Divido il lavoro il tre momenti: Nobiltà del Gregoriano, canto liturgico per eccellenza; Struttura e composizione interna del Canto Gregoriano; Uso oggi nella liturgia.

Claude Geffré è unteologo francese, docente emerito di teologia fondamentale dell'Institute Catholique di Parigi.

Perché una teologia pluralista in Asia
di Tissa Balasuriya








(...) Cristologia esclusivista

La teologia tradizionale cristiana su Gesù Cristo può essere chiamata cristologia esclusivista, poiché limita la salvezza ai cristiani, considerandola possibile soltanto per mezzo di Gesù Cristo, il necessario, unico e universale salvatore di tutta l'umanità. Una teologia esclusivista normalmente afferma che le altre religioni, per quanto possano presentare alcuni elementi di verità, non mostrano “la verità", né mostrano una verità capace di condurre alla salvezza i propri seguaci.

Per varie ragioni, questa cristologia esclusivista non è una teologia accettabile per la grande popolazione asiatica, che presenta molti e riconosciuti profeti e santi, una lunga tradizione storica, Scritture sacre e una cultura religiosa sulla stessa linea degli insegnamenti di Gesù, come pure il messaggio ispiratore e il servizio di santi missionari cristiani (. . .). In ogni caso, per il momento, solo il 3-4% degli asiatici ha accettato il cristianesimo.

1 - Il cristianesimo è debitore di una antropologia religiosa discriminatoria, combinata con una soteriologia (insegnamento sulla salvezza) esclusivista. (...)

2 - L'interpretazione della vita, del messaggio e della morte di Gesù, mediante la quale è stata data soddisfazione a Dio Padre per i peccati dell'umanità, devia l'attenzione dal messaggio di Gesù di amore e giustizia in una società ingiusta che lo ha condannato a morire in croce. Questa cristologia interpreta generalmente la salvezza per mezzo di Gesù come quella di un Dio-Uomo che paga il prezzo per l'ira di Dio-Padre. Questo sembrerebbe contraddire il tema centrale del “Dio è amore" e dell'“ama Dio e il prossimo come criterio di salvezza” attribuito a Gesù dai vangeli (...).

3 - Dopo la vita e la morte di Gesù, solo una piccola percentuale di asiatici è appartenuta alla chiesa. Gli asiatici avevano religioni molto sviluppate, molto prima dell'arrivo del cristianesimo con le sue formulazioni teologiche esclusiviste (...). Una teologia che discrimina negativamente la maggior parte degli esseri umani del mondo non può venire da un Dio trascendente, che le religioni asiatiche, nel loro migliore e più ispirato pensiero, contemplano come un Dio di bontà e di giustizia per tutti. Questo è un criterio ad extra della credibilità di questo modello cristologico esclusivista. Il modello implicherebbe l'esclusione della grande maggioranza dell'umanità mondiale - prima e anche dopo Cristo - dalla grazia salvifica che, si diceva, viene solo da Cristo.

4 - La visione o il mito in base a cui Dio o una “Realtà trascendente ultima" avrebbe condannato tutti gli esseri umani ad essere peccatori per secoli prima della nascita di Cristo è impensabile nel nostro contesto spirituale religioso asiatico (...). Tanto l'induismo come il buddismo non sono capaci di concepire un inferno eterno disegnato da Dio per la maggior parte dell'umanità. Il castigo eterno per qualunque essere umano è impensabile e non è né umano né divino.

5 - Se l'insegnamento e la pratica esclusivisti della Chiesa hanno ispirato un immenso esempio di bontà attraverso le sue missioni in tutto il mondo, allo stesso tempo hanno giustificato le peggiori spoliazioni di terra e di ricchezze, registrate per quattro secoli a partire dal 1492. Ciò è in relazione con il maggiore genocidio conosciuto, fin dove arrivano i registri della storia. Intere civiltà sono state sterminate dai cristiani nel Nord e nel Sud dell'America. Allo stesso modo è stata giustificata la schiavitù fino al XVIII secolo.

6 - L'ingiusto sistema mondiale è stato costruito principalmente dai cristiani, con gli europei che hanno preso possesso di gran parte della terra abitabile del mondo. (...) Questo disordine mondiale è perpetuato dall'incubo della legalità internazionale, dalla forza delle armi, dal dominio della manipolazione finanziaria e culturale, soprattutto da gente che si definisce cristiana.

7 - La Chiesa non ha mai richiesto ai cristiani una compensazione per lo sfruttamento dei popoli che hanno colonizzato (...). I cristiani santi per la loro carità non sono stati campioni di giustizia mondiale e sociale, come si vede nell'enciclica Deus Caritas est di benedetto XVI.

8 - La cristologia esclusivista ha avuto un impatto negativo su quanti gestiscono il potere nella Chiesa. Le loro interpretazioni hanno condotto ad atteggiamenti di profonda arroganza e intolleranza delle potenti Chiese cristiane. Sono state utilizzate per legittimare l'inquisizione, le invasioni coloniali, il multisecolare colonialismo. I papi hanno incoraggiato i capi di Stato europei a invadere, conquistare e convertire al cristianesimo tutta la gente di altri Continenti perché si salvasse l'anima.

L'incongruenza tra il cuore del messaggio cristiano di un Dio amore e le esperienze vissute dai popoli oppressi sotto i dominatori cristiani durante mille anni di schiavitù, crociate, intolleranza nei confronti degli altri, invasioni coloniali e guerre implica un'interpretazione gravemente errata degli insegnamenti di Gesù di Nazareth (...). La cristologia tradizionale esclusivista non può venir riconosciuta come una teologia che abbia a che vedere realmente con Gesù Cristo, per il danno causato alla maggior parte dell’umanità per 1.500 anni. (...)

Cristologia inclusivista

(...) Alcuni teologi hanno tentato di trovare un cammino per la salvezza della maggior parte dell'umanità, che nella prospettiva esclusivista sembra essere condannata. Hanno creduto di intravedere una specie di porta di servizio perché i non cristiani possano entrare nel cielo cristiano: dicono che le persone non cristiane che conducono vite improntate al bene sono “cristiani anonimi". (...) Ma ad altre religioni sembra che questa forma di teologia riservi loro una specie di trattamento di seconda classe, una concessione cristiana (...).

Le teologie esclusivista e inclusivista pretendono che Dio sia parziale e stia dalla parte dei cristiani, ridimensionando il potenziale di rivelazione e salvezza delle altre religioni. La teoria esclusivista e anche quella inclusivista provengono da una distorsione del messaggio centrale di Gesù, facendo dipendere la salvezza dal rito sacramentale del battesimo e dall'appartenenza alla Chiesa. Questo è un ostacolo per una corretta e fedele comprensione del discepolato di Gesù, che intende la vita secondo i valori dell'amore, della verità, della giustizia, della condivisione, del perdono e della pace che Gesù ha mostrato e messo in pratica fino alla sua morte.

Di fronte a tali considerazioni, le chiese cristiane devono cercare di capire come e perché hanno potuto sbagliare per tanti secoli su temi fondamentali come quelli della condizione umana, della natura divina e del destino ultimo degli esseri umani (...). Si può dire che con li dogma del peccato originale non c'è possibilità per la teologia cristiana di elaborate un'interpretazione che non offenda gli “altri” che sono fuori dalla Chiesa, le altre religioni. Tale teologia poteva risultare accettabile solo all'interno di comunità e culture stabilite dai cristiani, giacché pone a loro disposizione un cammino magico di salvezza attraverso il battesimo dei bambini.

Solo una comprensione pluralista delle rivelazioni può essere accettabile per l'umanità in un mondo nel quale la maggior parte degli esseri umani non è cristiana. Questa può essere la base di un dialogo interreligioso e di una convivenza pacifica globale.

Verso una Teologia pluralista nella sfida della realtà asiatica

(...) In Asia il problema intellettuale pratico è cercate di conciliare gli apparenti opposti per analizzare la realtà. Se l'approccio razionale dell'Occidente si orienta più verso una epistemologia di "o questo o quello", dell'aut aut , si dice che l'Oriente sia più incline al questo e quello, all'et et . Così, il cristianesimo occidentale è arrivato a definizioni esclusiviste dogmatiche mediante la condanna, l'affossamento o la scomunica degli avversati (anatema), mentre le religioni e le culture asiatiche tendono a lasciare più spazio all'altro, al diverso, al dissidente, specialmente per quanto concerne la speculazione sulla Realtà Ultima (Dio) (...). In generale, l'ambiente percepito è di tolleranza e accettazione dell'altro, come hanno insegnato Lao Tse, il Budda, le Upanishad, Gitanjah o Rabindranath Tagore. Forse il Mahatma Gandhi è stato il miglior seguace pratico e teorico della nonviolenza di Gesù nella sua vita politica pubblica, più di qualunque altro santo cristiano, teologo o leader della Chiesa.

Una prospettiva pluralista delle religioni

Una cristologia pluralista deve porsi all'interno di una prospettiva pluralista del religioso. Alcune considerazioni:

Tutte le religioni del mondo hanno un corpo di buoni insegnamenti e di pratiche per una vita morale. Se non fosse così gli esseri umani non le avrebbero seguite per millenni. Le religioni si interrogano sul mistero della vita e sul suo significato ultimo. Tutte possono essere aperte al mistero, ma nessuna ha il monopolio su di esso, perché il mistero è infinito.

Nessuna religione può avere la pienezza della verità sulla Realtà Ultima Assoluta, perché ciò è al di là della capacità umana. Nessuna religione ha il monopolio della conoscenza di Dio, della Realtà Ultima o della salvezza umana e della vita dopo la morte. Tutte le religioni devono essere disposte ad apprendere dalle altre, ad apprendere anche dalla società laica e persino dall'evoluzione del mondo e dal suo progresso.

Le religioni devono accettare che vi siano modi diversi di "descrivere" la Realtà Ultima. Ogni religione può essere fedele alle proprie interpretazioni del divino senza rivendicare il controllo del divino. Allo stesso modo, rispetto all'origine o alla vita dopo la morte, nessuna religione può rivendicare una conoscenza assoluta di quello che è avvenuto prima o di quello che avverrà dopo la morte di una persona. Le religioni possono avere presentazioni diverse della propria comprensione del divino, espresse in una diversità di linguaggi, forme d'arte, contesto culturale, riti di culto, organizzazione comunitaria e sistema educativo. Più in là e più in qua di tutto questo, possono unirsi in un servizio genuino e disinteressato alla comunità umana. Qui si trovano il messaggio e la mistica più profondi della maggior parte delle religioni.

Le religioni possono pensarsi complementari per il bene comune spirituale di tutti, invece di considerarsi in competizione le une con le altre. Le religioni mondiali hanno un insieme di valori centrali rispetto a cui possono essere d'accordo e cooperare per la vita sociale pratica.

Le religioni sono i movimenti sociali mondiali più antichi e diffusi del mondo. Ricevono l’adesione leale di masse di popolazione e sono radicate in gruppi locali, comunità nazionali e reti mondiali. Insieme possono contribuire a sviluppare un ordine mondiale di condivisione, giustizia e pace. Possono promuovere i diritti umani a diversi livelli e lottare insieme per l'uguaglianza tra i popoli, per il rispetto verso ogni persona senza distinzione di sesso, età, classe sociale o casta, o a favore del commercio equo, della pace mondiale, del controllo delle armi, del disarmo nucleare, della cura per il pianeta Terra. Insieme possono essere i maggiori benefattori dell'umanità.

1. Tutte le religioni sono di fatto condizionate nei loro pensieri, espressioni e azioni dall'ordine sociale dominante e dalla loro eredità culturale. Tutte le religioni hanno bisogno di autocritica, autocorrezione e pentimento per i propri errori, per esempio quello di aver favorito la superiorità maschile e l'indifferenza per la giustizia di genere. Tutte le religioni meritano rispetto e accettazione per il bene che ispirano e realizzano.

2. Il compito più importante delle religioni dovrebbe essere quello di contribuire al miglioramento spirituale dei propri membri e della società in generale. Dovrebbero essere meno preoccupate dai problemi esteriori, come i riti del culto, la costruzione dei templi e delle chiese, l'organizzazione legale della comunità, la rivalità interreligiosa in termini di potere e di quantità di membri e anche dalle formulazioni filosofiche delle teorie e dei dogmi.

Le campane del tempio e delle chiese sono diverse, possono suonare a ore diverse e chiamare i fedeli a diversi servizi condotti da diversi sacerdoti. Ma il tono, la musica sono gli stessi; la canzone liberatrice del Divino ci ricorda a tutti la stessa verità eterna: che tutti siamo figli e figlie di Dio...

"Quello che manca in questo momento storico è passare dalla religione alla spiritualità... Mantenendo l'identità delle nostre religioni, dobbiamo andare al cuore del messaggio centrale di ognuna di esse e calare i temi dell'amore, della verità, della giustizia, dell'uguaglianza nelle circostanze reali della nostra vita. Questo può spianare il cammino verso una condizione di solidarietà spirituale. Potrebbe offrirci la chiave per aprire le porte delle nostre rispettive prigioni. La dipende da noi uscire e forgiare una nuova solidarietà spirituale che tocchi e trasformi la nostra società e fissi l'agenda per un mondo nuovo e di speranza" (Swami Agnivesh).

Verso una cristologia pluralista

(...) a) Dovremmo cercare di presentare il cuore del messaggio di Gesù di Nazareth a partire dalle sue parole e dalle sue azioni, principalmente quelle che proclamano che Dio è amore e che ciò a cui siamo chiamati è ad amare Dio e ad amare il prossimo come noi stessi. Possiamo cercare di articolare i valori che Egli proclamò, vivendo e morendo per essi (…).

b) Il cammino che Gesù mostra per la salvezza umana e universale (Mt 25,34-46). “Avevo fame e mi avete dato da mangiare". Tutti gli esseri umani possono seguire questo cammino, dentro o fuori della (Chiesa. Gesù non ha alcun monopolio sul cammino per la salvezza umana. Prima che Gesù nascesse già era operante la salvezza umana. Gesù ha mostrato un cammino, ma non lo ha iniziato ne lo ha aperto all'umanità.

c) Gesù non dovrebbe essere presentato come l'unico e universale salvatore di tutta l'umanità per la caduta dell'umanità nel peccato originale. Egli presenta un unico cammino di salvezza che è aperto a tutti gli esseri umani di tutti i tempi e che può essere anche mostrato dai leader di altre religioni, forse con parole diverse. Questo cammino di amore per tutti porterebbe il Regno di Dio sulla terra, e porterebbe anche la salvezza a tutti, con o senza filiazione religiosa.

d) Quello che è importante per i discepoli è seguire gli insegnamenti di Gesù sulla vita morale pratica, più che cercare di definirlo intellettualmente secondo le categorie della filosofia greca, come sostanza, persona e natura (…).

Gesù ha bisogno di essere liberato dalla cattività che soffre sotto la cristologia tradizionale esclusivista (...). Egli mostra un cammino verso una maggiore comprensione pluralista tra comunità di diverse religioni, per entrate in un dialogo di vita e azione per un'umanità diversa, libera dall'oppressione.

Vi sono molti figli e figlie di Dio nella stessa missione di Gesù, che cercano di spianare un cammino di amore e di servizio per tutti, al di là dell'egoismo personale o di gruppo. Riconoscere queste molte persone non sminuisce in nulla la filiazione divina di Gesù; è, semplicemente, un modo diverso di pensare alla comunione dei santi. Lasciamo che una cristologia pluralista purifichi la teologia e la vita cristiana e le renda più chiaramente simili a Gesù e a Cristo. Lasciamo che Gesù sia Gesù, il messaggero dell'amore di Dio, il liberatore dell'oppresso e il compagno nella costruzione di una Nuova Umanità. Lasciamo che Dio sia Dio, un Dio che ama e si preoccupa di tutti al di là di tutte le barriere costruite dagli esseri umani.




(da Adista , n. 86, 02.12.2006, pp. 8-10)

Search