Ecumene

Sabato, 23 Agosto 2008 01:00

A scuola di dialogo interreligioso (Peter Njoroge Githaiga)

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  Corea del Sud

A scuola di dialogo interreligioso

di Peter Njoroge Githaiga


«La religione è come il mago e la sibilla... Essa affronta le rovine del mondo e predice la restaurazione; di fronte al rosso-sangue del cielo, con i colori del tramonto che sprofondano nell’oscurità, profetizza l’aurora. Affronta la morte e annuncia la vita» (FelixAdler).

«La religione è come il mago e la sibilla... Essa affronta le rovine del mondo e predice la restaurazione; di fronte al rosso-sangue del cielo, con i colori del tramonto che sprofondano nell’oscurità, profetizza l’aurora. Affronta la morte e annuncia la vita» «La religione è come il mago e la sibilla... Essa affronta le rovine del mondo e predice la restaurazione; di fronte al rosso-sangue del cielo, con i colori del tramonto che sprofondano nell’oscurità, profetizza l’aurora. Affronta la morte e annuncia la vita» Mahatma Gandhi diceva che «uno studio amichevole delle religioni è un dovere sacro». Sono quindi contento di potermi dedicare allo studio comparato delle religioni, di avere l’opportunità non solo di assolvere a questo sacro dovere, ma di gustare, seppure come un semplice novizio, le ricchezze delle esperienze religiose del mondo al di fuori della sfera del cristianesimo. La realtà religiosa del mondo sta diventando sempre più pluralistica; perciò, qualsiasi religione venga professata, deve essere vissuta in un atteggiamento di incontro e dialogo con la fede del vicino. «E arrivato il tempo in cui i contatti interreligiosi basati sulla cortesia e una conoscenza generica non sono più sufficienti. È indispensabile conoscere in profondità la religione di colui con cui si vuole dialogare» (Card. .Arinze). Lo studio del mondo delle religioni non consiste puramente nel cercare possibili vie di armoniosa coesistenza o pacifica interazione, ma è molto di più: è un arricchimento reciproco.


Quando lo studio delle religioni è fatto avendo in mente il dialogo interreligioso, è importante accettare che la maggioranza di tali religioni sono «i modi di vita di immense porzioni di umanità…, l’espressione viva dell’anima di vasti gruppi umani. Esse portano in sé l’eco di millenni di ricerca di Dio, ricerca incompleta, ma realizzata spesso con sincerità e rettitudine di cuore. Posseggono un patrimonio impressionante di testi profondamente religiosi, di saggezza assimilata da popoli e culture. Sono tutte cosparse di innumerevoli “germi del Verbo” Hanno insegnato a generazioni di persone a pregare,come vivere e morire, come custodire i propri defunti» (cfr Evangelii nuntiandi 53).


Infatti, il nocciolo della questione nello studio delle religioni è proprio qui: al di là dei contenuti di fede che vengono professati, esiste una realtà vissuta che è stata espressa in molti e differenti termini, come «esperienza religiosa», «esperienza spirituale», «esperienza divina», «esperienza del sacro, del trascendente, delle potenze divine» ecc. Nella tradizione abramitica possiamo chiamarla «esperienza di Dio».


Questa vasta gamma di «esperienze religiose», senza ignorare la realtà dell’errore umano, è una profonda, autentica e onesta avventura spirituale, che costituisce il cuore della storia umana di tutte le generazioni che si sono succedute nel tempo e nelle differenti situazioni geografiche. E poiché nessuno può pretendere di avere una completa e perfetta esperienza di Dio, lo studio delle differenti tradizioni religiose non può che arricchire la nostra limitata esperienza.


Noi non comprendiamo a pieno l’universo; non possiamo parlare della morte senza conoscere la vita. Almeno finché esistiamo, c’è una ragione per cui siamo al mondo, E la nostra volontà di credere in questa ragione più ampia ci aiuta ad agire in compagnia delle «potenze divine». E per affrontare la morte bisogna diventare collaboratori di cielo e terra nella creazione di un universo migliore: un traguardo raggiungibile se siamo aperti alle esperienze religiose altrui.


Lo studio delle religioni è di grande importanza anche nella stessa teologia cristiana. Senza raggiungere una prospettiva comparativa mondiale, la teologia cristiana non può né conoscere totalmente le proprie forze, né corroborare le sue debolezze. Per questo, la teologia cristiana ha bisogno di essere fondata sullo studio comparato delle religioni.


Il dialogo interreligioso è uno dei principali traguardi dello studio delle religioni. E’ importante nel nostro tempo inculcare nella mente della gente la «cultura del dialogo». «Il dialogo come attività umana e umanizzante - afferma il gesuita Raimond Panikkar, uno dei più grandi filosofi e teologi viventi - non è mai stato cosi indispensabile in tutti gli ambiti della vita quanto nel nostro tempo di individualismo accademico. Tutto il nostro loquace parlare di ”villaggio globale” si effettua su paraventi artificiali sotto chiave». Pace e coesistenza armoniosa della gente sono minacciate da estremismo e terrorismo. Per questo in tutto il mondo c’è un risveglio tra le persone di buona volontà, impegnate in uno sforzo di creare un’atmosfera di amicizia e cordialità verso le religioni altrui.


Il traguardo da raggiungere nel dialogo interreligioso è, a sua volta, quello di rimuovere le nostre maschere religiose, che non hanno nulla a che fare con la vera esperienza religiosa. Il vero dialogo religioso ha luogo solo quando raggiunge le profondità delle intime credenze religiose e affronta gli interrogativi fondamentali sul senso della vita. Quando le maschere sono rimosse una ad una e siamo immersi nel dialogo con tutta la nostra persona, allora emerge qualcosa dal di dentro e comincia il «dialogo interreligioso». A conclusione, riporto un poetico sermone di Panikkar, che contiene alcune linee-guida fondamentali per il dialogo interreligioso: «Quando intraprendi un dialogo interreligioso, non pensare in anticipo ciò che devi credere. Quando testimoni la tua fede, non difendere te stesso o i tuoi interessi acquisiti, per quanto ti possano apparire sacri. Fai come gli uccelli de cielo: essi cantano e volano, e non difendono la loro musica o la loro bellezza. Quando dialoghi con qualcuno, guarda il tuo interlocutore come un’esperienza rivelatrice, come tu vorresti (e dovresti) guardare il giglio nei campi. Quando prendi parte a un dialogo interreligioso, cerca di rimuovere la trave dal tuo occhio prima di togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo prossimo. Beato te, quando non ti senti autosufficiente mentre stai dialogando. Beato te, quando hai fiducia dell’altro, perché confidi in Dio. Beato te, quando affronti incomprensioni dalla tua stessa comunità o da altri per amore della tua fedeltà alla verità. Beato te, quando non abbandoni le tue convinzioni e tuttavia non le poni come norme assolute».


(da MC,  marzo 2008)

Letto 2437 volte Ultima modifica il Giovedì, 28 Agosto 2008 13:34
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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