I Colori della Speranza

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Domenica, 13 Maggio 2012 20:56

Speranza (Charles Peguy)

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Speranza

Da "Il portico del mistero della seconda virtù"
di Charles Peguy

 

La fede non mi stupisce

Non è stupefacente

Risplendo talmente nella mia creazione.

Nel sole e nella luna e nelle stelle.

In tutte le mie creature...

 

La carità va da sé. Per amare il prossimo c’è solo da lasciarsi andare, c’è solo da guardare una simile desolazione. Per non amare il prossimo bisognerebbe farsi violenza, torturarsi, tormentarsi, contrariarsi. Irrigidirsi. Farsi male. Snaturarsi, prendersi a rovescio, mettersi a rovescio. Riprendersi. La carità è tutta naturale, tutta zampillante, tutta semplice, tutta alla buona. E’ il primo movimento del cuore. E’ il primo movimento che è quello buono. La carità è una madre e una sorella...

 

Per non amare il prossimo, bambina, bisognerebbe tapparsi gli occhi e gli orecchi.

A tante grida di desolazione...

 

Ma la speranza, dice Dio, ecco quello che mi stupisce.

Me stesso.

Questo è stupefacente.

 

Che quei poveri figli vedano come vanno le cose e che credano che andrà meglio domattina.

Che vedano come vanno le cose oggi e che credano che andrà meglio domattina.

Questo è stupefacente ed è proprio la più grande meraviglia della nostra grazia.

E io stesso ne sono stupito.

E bisogna che la mia grazia sia in effetti di una forza incredibile.

E che sgorghi da una fonte e come un fiume inesauribile.

Da quella prima volta che sgorgò e da sempre che sgorga.

 

Perché le mie tre virtù, dice Dio.

Le tre virtù mie creature.

Sono esse stesse come le mie altre creature.

Della razza degli uomini.

La Fede è una Sposa fedele.

La Carità è una Madre.

 

La Speranza è una bambina da nulla.

Che è venuta al mondo il giorno di Natale dell’anno scorso.

Che gioca ancora con babbo Gennaio.

 

Eppure è questa bambina che traverserà i mondi.

Questa bambina da nulla.

Lei sola, portando le altre, che traverserà i mondi compiuti.

 

Come la stella ha guidato i tre re fin dal fondo dell’Oriente.

Verso la culla di mio figlio.

Così una fiamma tremante.

Lei sola guiderà le Virtù e i Mondi.

 

Una fiamma bucherà delle tenebre eterne...

 

La piccola speranza avanza tra le sue due sorelle grandi e non si nota neanche...

 

E non si fa attenzione, il popolo cristiano non fa attenzione che alle due sorelle grandi.

La prima e l’ultima.

E non vede quasi quella che è in mezzo.

La piccola, quella che va ancora a scuola.

E che cammina.

Persa nelle gonne delle sue sorelle.

E crede volentieri che siano le due grandi che tirino la piccola per la mano.

In mezzo.

Tra loro due.

Per farle fare quella strada accidentata della salvezza.

Ciechi che sono che non vedono invece

Che è lei nel mezzo che si tira dietro le sue sorelle grandi.

E che senza di lei loro non sarebbero nulla.

Se non due donne giù anziane.

Due donne di una certa età.

Sciupate dalla vita.

 

E’ lei, quella piccina, che trascina tutto.

Perché la Fede non vede che quello che è.

E lei vede quello che sarà.

La Carità non ama che quello che è.

E lei, lei ama quello che sarà.

 

Dio ci ha fatto speranza. Ha cominciato. Ha sperato che l’ultimo dei peccatori,

Che il più infimo dei peccatori lavorasse almeno un po’ alla sua salvezza,

Sia pure poco, poveramente,

Che se ne sarebbe occupato un po’.

Lui ha sperato in noi, sarà detto che noi non spereremo in lui?

Dio ha posto la sua speranza, la sua povera speranza in ognuno di noi, nel più infimo dei peccatori. Sarà detto che noi infimi, che noi peccatori, saremo noi che non porremo la nostra speranza in lui?

 

Dio ci ha affidato suo figlio, ahimé, ahimé. Dio ci ha affidato la nostra salvezza, la cura della nostra salvezza. Ha fatto dipendere da noi e suo Figlio e la nostra salvezza, e anche la sua speranza stessa; e noi non riporremo la nostra speranza in lui.

 

Mistero dei misteri, che riguarda i misteri stessi,

Egli ha messo nelle nostre mani, nelle nostre deboli mani,

la sua speranza eterna,

Nelle nostre mani passeggere.

Nelle nostre mani peccatrici.

E noi, noi peccatori, non metteremo la nostra debole speranza

Nelle sue mani eterne?

 

Qual è questa virtù, questo segreto, che cosa occorre dunque che ci sia di così straordinario,

Nella penitenza,

perché questo peccatore,

Perché uno valga cento, o insomma novantanove,

(Per contar giusto,)

Perché questo peccatore valga altrettanto,

Perché questo peccatore, questo solo peccatore che fa penitenza valga altrettanto, rallegri, susciti tanta gioia nel cielo quanto novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza?

E perché questa pecorella smarrita dia tanta gioia al pastore,

Al buon pastore,

Che egli lascia nel deserto, in deserto, in un luogo abbandonato,

Le novantanove che non s’erano smarrite?

In cosa, qual è dunque questo mistero,

In cosa uno può valere novantanove?

Non sia tutti figli di Dio. Ugualmente allo stesso modo?

In cosa, come, perché una pecora vale novantanove pecore.

 

Bambina, bambina, lo sai, di che si tratta. E’ giusto questo?

E’ che era perita; e che è stata trovata.

E’ che era morta; e che è rivissuta.

E’ che era morta; e che è risuscitata.

 

Perché bisogna prendere tutto alla lettera, bambina,

Letteralmente come Gesù era morto ed è risorto di tra i morti,

Così quella pecora era perduta, così quella pecora era morta,

Così quell’anima era morta e dalla sua propria morte è risorta

di tra i morti.

 

Essa ha fatto tremare il cuore stesso di Dio.

Del tremore del timore e del tremore della speranza.

Del tremore stesso della paura.

Del tremore di un’inquietudine Mortale.

E in seguito, e così, e anche

Di ciò che è legato al timore, alla paura, all’inquietudine

Con un legame che non si può slegare, con un legame che non si può sfare,

Temporale, eterno, con un vincolo che non si può sfare

Ha fatto tremare il cuore di Dio

Del tremore stesso della speranza

Ha introdotto nel cuore stesso di Dio la teologale Speranza.

 

Perché tutti gli altri Dio li ama in amore.

Ma quella pecora Gesù l’ha amata anche in speranza.

 

Bisogna prendere tutto alla lettera, bambina. Dio ha sperato,

Dio ha atteso da Lui.

Dio, che è tutto, ha avuto qualcosa da sperare, da lui, da quel peccatore. Da quel nulla. Da noi. E’ stato messo, a questo punto, si è messo a questo punto, in questa condizione da aver da sperare, da attendere da quel miserabile peccatore.

 

Tale è la forza di vita della speranza, bambina,

La forza di vita, la promessa, la vita, la forza di vita e di promessa

che sgorga nel cuore della speranza...

 

Singolare virtù della speranza, singolare mistero, questa non è una virtù come le altre, è una virtù contro le altre.

Prende in contropiede tutte le altre. S’addossa per così dire alle altre, a tutte le altre.

E tien loro testa. A tutte le virtù. A tutti i misteri.

Le supera per così dire, va contro corrente.

Risale la corrente delle altre.

Non è una schiava, questa bambina è irriducibile.

Lei replica per così dire alle sue sorelle; a tutte le virtù, a tutti i misteri.

Quando loro scendono lei sale, (è molto ben fatto,)

Quando tutto scende solo lei risale e così le doppia, le decuplica, le allarga all’infinito.

 

Spaventosa libertà dell’uomo.

Noi possiamo far fallire tutto.

Noi possiamo essere assenti.

Non esser lì il giorno che veniamo chiamati.

Possiamo non rispondere alla chiamata

(Eccetto che nella vallata del Giudizio)

Spaventoso favore.

Possiamo mancare a Dio.

Ecco il caso in cui s’è messo,

Il brutto caso.

S’è messo nel caso di aver bisogno di noi.

Che imprudenza. Che fiducia.

Ben posta, mal posta, questo dipende da noi.

Che speranza, che testardaggine, che partito preso, che forza

incurabile di speranza.

In noi.

Che spoliazione, di sé, del suo potere.

Che imprudenza.

Che mancanza di previsione, di previdenza,

Di provvidenza di Dio.

Noi possiamo far difetto.

Noi possiamo venir meno.

Noi possiamo non esserci.

Spaventoso favore, spaventosa grazia.

Colui che fa tutto si rivolge a colui che non può far nulla.

Colui che fa tutto ha bisogno di colui che non fa nulla.

E come noi suoniamo a distesa la nostra Pasqua,

A gran distesa,

Nelle nostre povere, nelle nostre trionfanti chiese,

Nel sole e il bel tempo del giorno di Pasqua,

Così Dio per ogni anima che si salva

Suona a gran distesa una Pasqua eterna.

E dice: Ah, non m’ero sbagliato.

Avevo ragione d’aver fiducia in quel ragazzo.

Era una buona natura. Era di buona razza.

Figlio di una buona madre. Era un francese.

Ho avuto ragione di dargli fiducia.

 

Ugualmente i bambini. Quando andate a fare una spesa con

i vostri bambini

Una commissione

O quando andate alla messa o ai vespri con i vostri bambini

O alla benedizione

O tra la messa e i vespri quando andate a passeggio con i vostri bambini

Loro vi trottano davanti come cagnolini. Vanno avanti, tornano indietro. Vanno, vengono. Si divertono. Saltano.

Fanno venti volte il tragitto.

E’ perché in effetti non vanno da nessuna parte.

A loro non interessa andare da qualche parte.

Non vanno da nessuna parte.

Sono le persone grandi che vanno da qualche parte

Le persone grandi, la Fede, la Carità.

Sono i genitori che vanno da qualche parte.

Alla messa, ai vespri, alla benedizione.

Al fiume, nella foresta.

Ai campi, nel bosco, al lavoro.

Che si sforzano, che si agitano per andare da qualche parte

O anche che vanno a passeggio da qualche parte.

Ma i bambini quello che li interessa è solo fare la strada.

Andare e venire e saltare. Consumare la strada con le loro gambe.

Non averne mai abbastanza. E sentir crescere le loro gambe.

Loro bevono la via. Hanno sete della via. Non ne hanno mai abbastanza.

Sono più forti della via. Sono più forti della fatica.

Non ne hanno mai abbastanza (Così è la speranza). Corrono

più in fretta della via.

Loro non vanno non corrono per arrivare. Loro arrivano per correre. Arrivano per andare. Così è la speranza. Non risparmiano i passi. Non ne verrebbe loro neanche l’idea.

Di risparmiare alcunché.

Sono le persone grandi che risparmiano.

Ahimé sono ben obbligate. Ma la bambina Speranza

Non risparmia mai nulla.  

Letto 69659 volte Ultima modifica il Lunedì, 14 Maggio 2012 21:06

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