In ricordo di P. Franco

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Continuiamo a leggere nell’art. 10 della SC: A sua volta, la liturgia spinge i fedeli, nutriti dei " sacramenti pasquali, a vivere "in perfetta unione", prega affinché " esprimano nella vita quanto hanno ricevuto mediante la fede…".

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L’art. 9 della Costituzione liturgica del Vaticano II inizia col dire che "la sacra liturgia non esaurisce tutta l’azione della Chiesa": ne abbiamo già parlato.

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La Costituzione liturgica del Concilio Vaticano II, che il 4 dicembre pr. v. compie i suoi primi 40 anni, nell’art. 7 conclude un’esposizione della storia della salvezza, dando una definizione-descrizione della Liturgia, e affermando:

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La Costituzione liturgica del Concilio Vaticano II, dopo aver presentato la liturgia come "ultimo momento" della storia della salvezza, o l’attuazione nell’oggi di questa storia salvifica, conclude dando una definizione-descrizione di ciò che è la liturgia cristiana:

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Se la storia della Rivelazione pubblica cristiana si è chiusa con l’Apocalisse, ultimo libro della Bibbia, non si chiude però la storia della Salvezza, perché - dicevamo – è necessario che tutti gli uomini siano salvati.

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Dopo un prologo che introduce non solo la costituzione liturgica, ma tutta l’opera del Concilio, il suo primo documento, che inizia appunto con le parole Sacrosanctum Concilium, negli articoli 5-6, presenta la liturgia come "momento" nella storia della salvezza.

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Il 4 dicembre 1563 si chiudeva il Concilio di Trento, e i Padri affidavano alla Santa Sede il compito di curare la riforma della Liturgia del loro tempo, perché il Concilio, dopo diciotto anni di lavori, non aveva il tempo di operare tale riforma nei particolari.

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Con Gesù Cristo, Dio è realmente presente tra gli uomini, non in un luogo, ma in una persona. Ma quando Cristo è "salito al cielo", Dio è ancora presente?

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Dicevamo che Gesù "compie" il culto ebraico. Lo abbiamo visto rispetto alla Pasqua, la festa principale degli Ebrei, che - con altro significato - diventa il centro della storia e il centro della liturgia cristiana.

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Come gli Ebrei chiamano "pasqua" sia l'evento storico del loro esodo sia la memoria rituale che ne fanno ogni anno nella cena pasquale, così i cristiani chiamano "pasqua" la morte e la risurrezione di Cristo, e dovrebbero chiamare così anche il rito che la perpetua nel tempo.

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