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Mercoledì, 14 Febbraio 2024 13:01

VI domenica Tempo Ordinario. Anno B

VI domenica Tempo Ordinario. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Lv 13,1-2.45-46

Dal libro del Levitico

Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse:
«Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli.
Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”.
Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 31

Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia.

Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.

Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.

Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia!

Seconda Lettura 1 Cor 10,31-1,1

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.
Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza.
Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo.

Canto al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Un grande profeta è sorto tra noi,
e Dio ha visitato il suo popolo.

Alleluia.

Vangelo Mc 1, 40-45

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

OMELIA

Condannati a vivere fuori dai centri abitati, i lebbrosi erano semplicemente dei morti viventi. Esclusi dalla famiglia, dal contesto sociale e soprattutto dal mondo religioso, vivevano da castigati da Dio, in quanto la lebbra era l’impietosa visibilizzazione dei loro peccati (Nm 12, 9-10; 2Sam 3, 2).
La lebbra è il nostro limite, gli spazi d’ombra che facciamo fatica ad accogliere, la ferita che ci separa da noi stessi e dagli altri. Siamo lebbrosi in quanto ci sentiamo sporchi e inadatti, sbagliati e non amabili.
Il vangelo di oggi ci rammenta che proprio ciò che reputiamo motivo di separazione è piuttosto possibilità dell’unione con l’Amato.
«Lo voglio» (v. 41b). Bellissimo. Il Dio di Gesù vuole solo ‘figli guariti’, a differenza del dio della norma e della religione che vuole unicamente ‘servi migliori’.
Il potere religioso distingue da sempre le persone tra pure ed impure, separando i giusti dai peccatori, gli osservanti dai trasgressori. Per troppo tempo abbiamo bandito dalla Chiesa quelli ritenuti, chissà poi in nome di chi o di che cosa, lebbrosi e perciò intoccabili: chi la pensa diversamente, chi obbedisce unicamente alla propria coscienza, le donne, i malati di mente, i mancini, gli omosessuali, i divorziati risposati e l’elenco potrebbe continuare… In nome di un dio fittizio e diabolico, ovvero separatore, abbiamo diviso l’umanità in due parti, una destinata a cadere sotto il suo agghiacciante giudizio, l’altra destinata alla beatitudine eterna. Ma ciò che chiamiamo Dio non è un giudice celeste, ma forza vitale che si espande all’interno dell’umano – qualsiasi umano – perché questo possa giungere a compimento della propria bellezza e alla pienezza dell’essere. Non siamo perfezione decaduta, ma semplicemente povertà in via di compimento.

 
Paolo Scquizzato
 
Sabato, 03 Febbraio 2024 20:11

V domenica Tempo Ordinario. Anno B

V domenica Tempo Ordinario. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura Gb 7, 1-4. 6-7

Dal libro di Giobbe

Giobbe parlò e disse:
"L'uomo non compie forse un duro servizio sulla terra
e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario?
Come lo schiavo sospira l'ombra
e come il mercenario aspetta il suo salario,
così a me sono toccati mesi d'illusione
e notti di affanno mi sono state assegnate.
Se mi corico dico: "Quando mi alzerò?".
La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all'alba.
I miei giorni scorrono più veloci d'una spola,svaniscono senza un filo di speranza.
Ricòrdati che un soffio è la mia vita:il mio occhio non rivedrà più il bene".

Salmo Responsoriale Dal Salmo 146

Risanaci, Signore, Dio della vita.

È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d'Israele.

Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.

Grande è il Signore nostro,
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi.


Seconda Lettura 1 Cor 9, 16-19.22-23

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!
Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo.
Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch'io.

Canto al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Cristo ha preso le nostre infermità
e si è caricato delle nostre malattie.

Alleluia.

Vangelo Mc 1, 29-39

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: "Tutti ti cercano!". Egli disse loro: "Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!".
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

OMELIA

«E subito usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni» (v. 29).
Dalla sinagoga alla comunità dei credenti in Gesù. Questo è l’esodo-passaggio che secondo la prima comunità cristiana Gesù fa compiere ai suoi: dalla sinagoga alla Chiesa (qui rappresentata dalla casa di Pietro). Non più un luogo dove celebrare l’incontro con Dio nell’attenta osservanza di Leggi e precetti, ma spazio quotidiano dove vivere relazioni fraterne e cura della fragilità.
È infatti nella ‘nuova casa’ che vi si trovano due coppie di fratelli – simbolo della fraternità ristabilita – intente alla cura della suocera di Pietro. Per Marco ora il luogo preposto all’incontro con il Mistero è quello dove si vivono relazione fraterne volte al bene degli altri. Se Dio è Amore (1Gv 4, 8) allora se ne fa esperienza anzitutto amando.
Come la coppia di fratelli assume una valenza simbolica, anche la suocera di Pietro può essere qui letta in modo paradigmatico. Questa donna anziana e inferma non è altro che la Chiesa malata. E a quanto pare malata fin dalle sue origini. È prostrata, incapace di stare in piedi, ma soprattutto di svolgere il suo compito precipuo: servire. Qui infatti si sta facendo servire. (cfr. Mc 10, 45).
Gesù le si avvicina prendendole la mano (v. 31). Quella mano che Eva all’origine usò per catturare, strappare e fagocitare la vita, e che secondo un’antica leggenda subito dopo le si rattrappì. Eva/suocera/Chiesa è la condizione in fondo dell’umanità intera: illudersi di poter vivere di potere, di cose e successo.
Ora Gesù guarisce quella mano aprendogliela e portando questa creatura alla sua autentica natura: possibilità d’accogliere e donare: la vedova infatti “si alzò” (in greco viene usato il medesimo verbo della risurrezione), mettendosi a servizio dei presenti (v. 31b).
Questa è la guarigione che Gesù è venuto a portare all’uomo di sempre: capacità di mettersi a servizio degli altri, ossia vivere da risorti: «Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita [e dunque risorti] perché amiamo i fratelli» (1Gv 3, 14).
Gesù poi al mattino presto ‘scompare’ alla vista dei suoi e si ritira. Venuto nel mondo per insegnarci che l’unico modo per poter vivere da risorti è l’amore e la cura verso l’altro, egli sarà per sempre il ‘presente’ indisponibile. Non un ‘distributore automatico’ utile ai nostri bisogni, ma dono da accogliere.
«Tutti ti cercano» gli dicono (v. 37), e lui va altrove.
L’amore che si dona non accetta poi che gli amanti dipendano da lui. Infatti l’amore non crea dipendenza e costrizione; lascia liberi. Anche di perdersi.

 
Paolo Scquizzato
 
Domenica, 14 Gennaio 2024 16:39

II domenica Tempo Ordinario. Anno B

 

II domenica Tempo Ordinario. Anno B

Omelia di Paolo Scquizzato

Prima Lettura 1 Sam 3, 3b-10. 19

Dal primo libro di Samuèle

In quei giorni, Samuèle dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio.
Allora il Signore chiamò: «Samuèle!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire.
Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuèle!»; Samuèle si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuèle fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore.
Il Signore tornò a chiamare: «Samuèle!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuèle: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta"». Samuèle andò a dormire al suo posto.
Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: Samuèle, Samuèle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta».
Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.

Salmo Responsoriale Dal Salmo 39

Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.

Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio.

Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo».

«Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo».

Ho annunciato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai.

Seconda Lettura 1 Cor 6, 13c-15, 17-20

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, il corpo non è per l'impurità, ma per il Signo­re, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza.
Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall'impurità! Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all'impu­rità, pecca contro il proprio corpo.
Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!

Canto al Vangelo Gv 1,41.17b

Alleluia, alleluia.

«Abbiamo trovato il Messia»:
la grazia e la verità vennero per mezzo di lui.

Alleluia.

Vangelo Gv 1,35-42

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbi - che, tradotto, significa maestro -, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui: erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa», che significa Pietro.

OMELIA


Gv 1, 35-42 I discepoli domandano a Gesù: ‘Dove stai di casa?’. E lui risponde: ‘Venite e vedrete’. Alla domanda ‘dove stai di casa perché così possiamo trovarti, prendere, comprendere?’, la risposta ‘fate in voi esperienza di me. Son sempre stato lì. Vivete il distacco dalle vostre attese e dai vostri desideri, e così saprete chi sono’.

E sarà questa un’esperienza che lascerà il segno: «Erano circa le quattro del pomeriggio» (v. 39), l’ora in cui si cessava di lavorare nei campi, l’ora del riposo.

Il Dio che il nostro cuore desidera e cerca, verrà esperito nel momento in cui si smetterà di cercarlo e ‘lavorare’ per lui.

Cessato di affannarsi per lui, di voler compiere la sua volontà, di compiacerlo, di desiderarlo, solo allora se ne farà esperienza. Morto il mio piccolo dio, il Senza Nome comincerà ad essere il Vivente. Quando saranno interdette tutte le scale verso il ‘cielo’, ci si sperimenterà semplicemente parte di lui.

Conoscere Dio significherà dunque non conoscerlo: «La suprema conoscenza di Dio è conoscere Dio come sconosciuto» (Tommaso d’Aquino).

Che la nostra vita sia un abitare in silenzio ‘le quattro del pomeriggio’. Vivere un ‘riposo’ come sapersi già nel Tutto, da sempre. E lì vivere la fucina della trasformazione.

Dopo l’esperienza di lui infatti Andrea incontra Simone suo fratello (v. 41): riconosciutici parte del Tutto, si può cominciare a ricostituire ciò che era frantumato da sempre, la fraternità, infranta quando Caino uccise Abele. Ma non solo. Simone, perché ritrovato finalmente sé stesso come parte del Tutto, e perché ristabilita l’unità fraterna può riceve il nome nuovo, Pietro: «Tu sarai chiamato Cefa» (v. 42). Scoperto il nostro Sé autentico, e ristabilita la fraternità scopriremo finalmente il nostro vero nome.

Paolo Scquizzato

 

 

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