Il libro e le sue letture
di Maurice Borrmans
Non è raro per un cristiano sentire il suo interlocutore musulmano affermare, con forte convinzione e non senza un certo orgoglio: "Anche noi, anche noi crediamo nella Bibbia!". Questo anche se l'interlocutore non ha mai aperto il Libro sacro degli ebrei e dei cristiani... Si potrebbe allora pensare che tutti i monoteismi, musulmano, ebraico e cristiano, condividano lo stesso testo sacro e non si diversifichino tra di loro che su delle "interpretazioni delle diverse scuole". Una simile illusione dovrebbe essere ben presto dissipata da uno studio comparato delle religioni. Sin dal momento in cui musulmani e cristiani tentano di dialogare nella ricerca di uno stesso Dio, sono chiamati a prendere consapevolezza della profonda diversità del lessico religioso, che è simile soltanto in apparenza.
Dio dice a Maometto, secondo il Corano: "...se hai dei dubbi su ciò che ti riveliamo, interroga quelli che leggono il Libro già rivelato prima di te" (10,94).
"Il Libro" (al-Kitâb): ecco la parola ambigua ripetuta 230 volte nel Corano nel corso dei 14 capitoli (sure), sia che si tratti di quelli che Maometto ha trasmesso ai suoi discepoli alla Mecca, dal 610 al 622, o di quelli insegnati a Yathrib, diventata Medina, dal 622 al 632, data della morte del profeta dell'Islam. Il "Libro" di cui parla il Corano è la Bibbia? E in caso positivo, è la Bibbia nel suo complesso o solo l'Antico Testamento? Quest'ultima ipotesi non è accettabile. In realtà, la parola "Libro" è usata senza distinzioni per indicare tanto il libro affidato a Mosè (2, 53), quanto i libri in cui sono raccontate le storie di Abramo e della sua discendenza (19, 41), di Giovanni e del padre Zaccaria (19,3); è anche il libro che parla di Gesù e di sua madre, Maria (19, 16) o, semplicemente, il Corano stesso, "il libro che non ammette dubbi. È guida per i timorati di Dio" (2, 2). Inoltre, nel Corano, ebrei e cristiani sono chiamati "Genti del Libro" (Ahl al-Kitâb) (54 volte), mentre vi è contemporaneamente affermato che "tutti (i Credenti, cioè i musulmani) hanno creduto in Allah, nei Suoi Angeli, nei Suoi Libri e nei Suoi Messaggeri; (dicendo): Non facciamo alcuna distinzione fra i Suoi Messaggeri" (2, 285). Secondo questo passo, esisterebbero dunque più libri attribuiti a Dio! Ma l'espressione "i Suoi Libri" ricorre soltanto tre volte nel Corano. Bisogna dunque ammettere che la parola "Libro" rimane abbastanza misteriosa.
Che cosa ne dice oggi un catechismo musulmano (Le Perle Teologiche, dello sceicco al-Tâhir al-Jazâhirî; 1851-1920)? Da alcuni commenti che vi si trovano sul terzo articolo della fede dell'Islam, "la fede nei libri dell'Altissimo", si può dedurre questo: il musulmano crede "che l'Altissimo possiede più Libri che egli ha fatto discendere (è l'espressione coranica usata per designare la "rivelazione" nella forma di una dettatura ad litteram) sui Suoi Profeti...e che ne fanno parte la Torà (Tawrât), il Vangelo (Injîl), i Salmi (Zabûr) e il Corano (Qur'ân)". Per la precisione: "La Tawrât, Egli l'ha rivelata al Suo interlocutore Mosè", ma "la Torà attualmente in uso presso le Genti del Libro ha subito delle contraffazioni".
Lo "Zabûr è un Libro che l'Altissimo ha rivelato al suo servo Davide... Vi si trova un insieme di preghiere, di invocazioni, di esortazioni e di giudizi".
L'Injîl, "l'Altissimo lo ha rivelato a Gesù, figlio di Maria (...) ma il vangelo, attualmente diffuso in quattro esemplari, è redatto da quattro autori, di cui uno non ha mai visto il Messia: ciascuno di loro contraddice gli altri in parecchi punti (...) e poi vi furono molti apocrifi che, in seguito, sono stati eliminati per sfuggire ad un eccessivo numero di opinioni contrarie e opposte". Parecchi altri catechismi insistono allo stesso modo sui "falsi" introdotti nel testo dell'Injîl dei cristiani.
Che ne è dei rapporti del Corano con la Bibbia? Esiste certamente un legame, ma è difficile precisarne l'esatto tenore e le forme letterarie. Il Corano non cita alla lettera nessun versetto della Bibbia, benché vi sia spesso affermato che il Libro dei musulmani "conferma le Scritture precedenti", la Torâ e il Vangelo. Contemporaneamente, sin dalle origini, i musulmani hanno sempre affermato che la vera Torâ non è il Pentateuco degli Ebrei e che il vero Injîl non è l'insieme dei quattro vangeli cristiani: Torâ e Injîl dovrebbero essere simili al Corano stesso, e dunque costituire un messaggio monoteistico che invita alla fede nel Dio unico, al culto sincero che gli si deve, alla morale personale e sociale... mentre il Pentateuco racconta la storia della creazione e il Vangelo quella di Gesù e dei suoi discepoli!
In modo abbastanza simile a quello dei libri sapienziali della Bibbia, il Corano propone riflessioni e meditazioni su rivelazioni anteriori e sulla storia dei profeti per incitare i lettori ad abbracciare il vero monoteismo originale, quello di Abramo e, prima di lui, quello di Adamo; insomma il monoteismo della "religione naturale" (della fitra), come ogni uomo "buono e ragionevole" deve professare. Maometto deve aver ascoltato fedelmente ciò che la tradizione orale riferiva, all'inizio del VII secolo, della "Bibbia scritta" e dei commenti rabbinici: il Corano ne rappresenterebbe la "rilettura interpretativa". Quali sono i personali criteri sulla base dei quali Maometto ha conservato o esaltato taluni avvenimenti e personaggi e ne ha dimenticati ed eliminati altri? Chi ha familiarità con la Bibbia e ne conosce perfettamente il contenuto rimane quanto meno perplesso di fronte ai significativi silenzi del Corano. Perché i profeti di Israele (Isaia e gli altri) e i loro messaggi non sono citati o ricordati? Per quale motivo l'ultima piaga d'Egitto, così importante per l'Esodo, è omessa, così come la Pasqua degli Ebrei? Perché non è raccontato il battesimo di Gesù, mentre anche Giovanni, che pure è presentato come suo precursore, non è citato come "il Battista"?
La lista completa di queste dimenticanze o di queste omissioni sarebbe troppo lunga e farebbe nascere troppe domande. Rimane quanto meno un fatto singolare: non è possibile comprendere il Corano in tutte le sue sottigliezze e in tutte le sue allusioni senza conoscere il quadro biblico della storia dell'umanità e dei messaggeri di Dio; per questo motivo il professor Muhammad Hamidullah nelle note alla sua traduzione in francese del Corano rinvia continuamente alla Bibbia. Il Corano si presenta così come un mosaico di cui un gran numero di tessere provengono sì dalla Bibbia, ma sono state ritagliate in un modo proprio. Il testo ricompone la storia dei profeti e scoraggia i musulmani dal consultare i libri degli ebrei e dei cristiani. Costoro sono considerati come "credenti devianti" e le loro scritture sono alterate: il Corano, infatti, secondo i musulmani, è l'"unico" documento che permette di aver accesso alla Bibbia autentica, quella voluta dal Dio dell'Islam.
Come ha scritto padre Jacques Jomier, "l'islam è un Antico Testamento, riletto e semplificato, e che non preannuncia alcun Nuovo Testamento".
È forse per questo motivo che ad alcuni è parso come un giudaismo senza messianismo.
(da Il mondo della Bibbia n. 5 – novembre/dicembre 1999)