Ecumene

Sabato, 04 Novembre 2006 19:47

La Madre di Dio, "Terra promessa" (Inno Acatisto, XI) (Michelina Tenace)

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Maria è la prima nell'ordine delle creature ad avere ricevuto la pienezza di grazia come totale accoglienza dello Spirito Santo e quindi totale testimonianza del Figlio, ma anche totale "svuotamento" di ogni peccato.

La Vergine Madre di Dio e Madre della nuova umanità in Cristo

Ci sono vari motivi che possono spingere un cristiano a parlare della Madre di Dio: perché ha ricevuto una visione, perché professa il dogma e perché prega. Un'altra è la via della fede che accoglie le parole della liturgia e del dogma, dove la Madre di Dio è adornata dei titoli più belli e più degni. L'inno Acatisto è insostituibile nella sua bellezza e completezza poetica e dogmatica. Una via sempre accessibile a tutti è quella della preghiera.

A conclusione di questo secondo volume di Dire l'uomo, rimane la certezza che tutti gli argomenti trattati si illuminano nella figura della Madre di Dio, come l'esempio che chiarisce, rende accessibile a tutti il contenuto della divinizzazione: Dio non solo ci ha comunicato in tanti modi che l'uomo è prezioso ai suoi occhi, non solo ci ha mandato il suo Figlio per dircelo, ma ha trovato anche un modo per incoraggiarci ed aiutarci nel cammino: nascendo da una donna, ha rivelato che l'umanità porta la soluzione al peccato, porta la capacità di far nascere Dio nel mondo. In ogni capitolo è stato ripreso e sviluppato da varie angolature che la creatura, uomo o donna, è creata ad immagine di Dio ed è chiamata a manifestare la somiglianza accogliendo totalmente lo Spirito Santo. Se questo è il riassunto della teologia della divinizzazione, allora Maria ne è la perfetta realizzazione, ed anche la più semplice fede è in grado di confessare che non può essere che così. Ne è prova la popolarità della preghiera del rosario. La Madre di Dio sta dalla parte del popolo, dei poveri, dei piccoli, dei moribondi che tengono stretto il rosario, fiduciosi di tenere in mano la chiave di un mistero che sta a loro molto vicino... Un mistero che si pronuncia con umiltà, senza concetti che vogliono "afferrare", ma solo con parole che chiedono "aiuto" e dicono "grazie".

La Madre di Dio non si impone alla fede. Nel cammino di fede, semplicemente, la troviamo sempre presente, o all'inizio o alla fine, perché porta dentro, per aver una volta portato il Figlio, tutta l'umanità che da lei il Figlio ha preso e mai lasciato. Ma quell'umanità lei l'aveva ricevuta da Dio! La Madre di Dio è venerata perché, come creatura ad immagine di Dio, ha assolto nella storia al compito di aderire liberamente a Dio e far nascere così un'umanità-figlio di Dio, un'umanità di figli di Dio. La veneriamo perché, venerando Dio, veneriamo colei che l'ha generato. Ma a che servirebbe a Dio questa venerazione se non riconoscessimo che, nello stesso atto di generare, la Madre genera la divinità e l'umanità insieme? Madre di Dio e madre nostra. Queste espressioni non sono sentimentalismi, ma contengono invece la verità del cristianesimo, quella definita dai dogmi. Verità che dice la nostra parentela con Dio, con Cristo, con lo Spirito Santo. Per la grazia di questa parentela umana che ci rivela la parentela divina, Maria ha un posto speciale nella devozione cristiana, sia nella Chiesa cattolica che nelle Chiese ortodosse. Secondo la tradizione, noi la veneriamo soprattutto perché Theotòkos, Genitrice del Figlio che è Dio. Tutti gli altri titoli o dogmi sviluppati lungo la storia sono solo l'espressione della ricchezza di contenuto di questa principale affermazione cristologica: il Cristo che noi diciamo Dio è nato da una creatura che per "creazione" poteva essere chiamata a tale onore.

Non c'è altro cammino che porti dall'immagine ricevuta alla somiglianza compiuta, se non quello che in qualche modo riflette la Madre di Dio come creatura piena di grazia, quindi vergine.

La discesa dello Spirito Santo sulla creatura ad immagine e somiglianza di Dio

Per quanto possa sembrare assurdo, la difficoltà non è di credere che l'essere umano sia simile a Dio. Il problema è di sapere di quale dio si reputa l'immagine.

Chi è il Dio ad immagine del quale il cristiano professa di essere stato creato? A poco servono i trattati di teologia. «Che gli uomini imparino a cercare Dio, gli angeli ad adorarlo, solo lo Spirito Santo insegna a trovarlo e a possederlo» scriveva Guglielmo di Saint Thierry (1). Ma già prima Ireneo aveva avvertito: «senza Dio non si può conoscere Dio» (2). Che significa? Che lì dove Dio si è rivelato per quello che è, lì è possibile attingere per sapere chi egli sia, quindi anche chi siamo noi. La parola "rivelazione" ha questo compito: delineare l'ambito in cui è possibile conoscere Dio con Dio. Per esempio, l'ambito della Sacra Scrittura permette all'uomo che la legge e medita, di conoscere Dio con Dio, Dio attraverso la sua Parola ispirata. Dalla Scrittura sappiamo poco e molto di Dio. Le parole che ricorrono più spesso per evocare il mistero che è Dio sono "il Santo", "il Fedele", "il Dio dei vivi" "il Vivente"... Riassumendo in due "definizioni", potremmo dire che il Dio cristiano si è rivelato principalmente con due nomi: «Io sono» (nell'Antico Testamento) e «Dio è Amore» (nel Nuovo Testamento).

Quindi, chi è l'uomo a sua immagine? Uno che vive. Uno che ama. Nella vita e nell'amore la creatura porta l'impronta del Creatore come la sua immagine. Dicendo che la creatura porta per creazione ciò che di più personale Dio abbia, si afferma la presenza in ogni uomo del soffio divino, dello spirito, vita e amore che, come il tralcio alla vite, legano la creatura al Creatore.

Ricevere lo Spirito significa ricevere tutto, ma come una promessa da realizzare nella libertà. «In quanto creatura, l’uomo è immagine», ma «la somiglianza la riceve mediante lo Spirito» (3). La dignità dell'essere "ad immagine" è il dono di Dio all'uomo, la dignità dell'essere "a somiglianza" è il dono dell'uomo come risposta al dono di Dio. Fra l'immagine e la somiglianza c'è la distanza della libertà, della storia, della vocazione di ognuno. Nella chiamata ad essere "come Lui", da parte di Dio c e quindi questa condizione che riflette la stessa verità dell'essere immagine: all'amore si risponde solo con amore, alla libertà che ama viene incontro una libertà che ama. Ad immagine della relazione assoluta, ad immagine della Trinità, corrisponde una partecipazione che non può che essere relazionale. L'unica condizione della divinizzazione è che il dono (dono della relazione) sia vissuto nella relazione con la Persona che lo dona: il dono stesso è ad immagine e somiglianza di Colui che dona. Perciò l'amore è un dono da vivere amando. Non lo si può staccare dalla relazione che ama né dalle persone che si amano. Allo stesso modo, la libertà è un dono da vivere liberandosi. Diceva Dostoevskij che un uomo ha raggiunto la vera libertà quando si è liberato da se stesso. Appunto perché liberato da sé è pronto ad amare l'altro. Così, se Dio è il Vivente, l'uomo ad immagine di Dio è l'uomo vivente. La gloria di Dio è l'uomo vivente, infatti, come affermava Ireneo. Ossia: la condizione ed insieme la verifica che dice se siamo o no "immagine di Dio" è "vivere da divini" nella condizione di creatura.

Come sappiamo, i Padri hanno elaborato la risposta a "chi è l'uomo" non partendo dalla fenomenologia, né dalla filosofia, ma da una domanda di fede: è possibile credere nella risurrezione, che è il dono più grande perché manifesta la gloria di Dio nell'uomo vivo? Se si può credere nella risurrezione, allora che cosa nell'uomo può dar ragione di questa speranza? Proprio la presenza dello Spirito Santo, per cui sappiamo di poter accedere alla nostra vocazione: per il fatto di essere creati ad immagine di Dio, noi diciamo che la vocazione della creatura umana è di realizzarsi come persona nella relazione d'amore che apre alla vita eterna. Infatti, è nella relazione d'amore che consiste l'eternità. Rimanete nell'amore e vivrete, dice il Signore. E la Chiesa ci conferma che, nel ricevere lo Spirito Santo, abbiamo accesso alla vita nuova, creature viventi ad immagine del Vivente.

L'uomo vivente è la gloria di Dio. È questa la gloria che si è manifestata in sua Madre, creatura sulla quale è sceso lo Spirito Santo come nel primo giorno della creazione, per far nascere la vita. «Lo Spirito Santo scenderà»: come per opera di un'epiclesi divina pronunciata da Dio sulla creatura e che la rende feconda di Dio stesso.

Gregorio di Nissa che canta la creatura, ogni creatura, e Atanasio che canta la Madre di Dio dicono la stessa lode al Creatore per lo stesso mistero dell'essere creati ad immagine e somiglianza di Dio che si compie in Maria.

«Sappi come il tuo Creatore ti ha onorato al di sopra di ogni creatura. Non il cielo è un'immagine di Dio, né la luna, né il sole, né la bellezza degli astri, né alcunché di ciò che si può vedere nel creato. Tu solo sei stato fatto immagine della realtà che supera ogni intelligenza, somiglianza della bellezza incorruttibile, impronta della vera divinità, ricettacolo della beatitudine, sigillo della vera luce. Quando tu ti volgi verso di lui, tu divieni ciò che è egli stesso [...]. Nessuna delle cose che esistono è dunque tanto grande da poter essere paragonata alla tua dimensione. Dio può misurare tutto il cielo col suo palmo. La terra e il mare sono chiusi nel palmo della sua mano. E tuttavia lui che è così grande e contiene tutto il creato nel palmo della sua mano, tu sei capace di contenerlo, egli dimora in te e non trova angusto muoversi entro il tuo essere, lui che ha detto:

"Abiterò e camminerò in mezzo a loro" (Lev 26, 12)» (4).

«O Vergine, la tua gloria supera ogni cosa creata. Che cosa, infatti, è paragonabile alla tua nobiltà, o madre del Dio Verbo? A cosa ti paragonerò, o Vergine, in tutta la creazione? Sono eccelsi gli angeli di Dio e gli arcangeli, ma quanto tu li superi, o Maria! Infatti angeli e arcangeli servono con tremore colui che abita nel tuo seno, e non hanno l'ardire di parlare; tu, invece, parli con lui liberamente! Diciamo che i cherubini sono eccelsi, ma tu sei più eccelsa di loro: i cherubini sostengono il trono di Dio, tu invece sostieni Dio stesso tra le tue braccia.

I serafini sono presenti davanti a Dio, ma tu sei più presente di loro: i serafini coprono il loro volto con le ali, non potendo guardare la gloria perfetta, tu invece, non solo contempli il volto, ma lo accarezzi e dai il latte alla sua bocca santa» (5).

Maria partecipa alla nostra condizione umana vincendo il peccato che aveva offuscato l'immagine e fatto perdere la somiglianza con Dio.

«E come per mezzo di una vergine il genere umano fu condannato a morte, per mezzo di una vergine fu salvato, rimanendo controbilanciata la disobbedienza verginale dalla verginale obbedienza. Riparato il peccato del primo uomo per opera del Primogenito [Gesù Cristo], superata l'astuzia del serpente dalla semplicità della colomba [Maria], caddero le catene che ci tenevano legati alla morte» (6).

Se Dio è vita e amore, relazione eterna, allora, quando una creatura non ama, non vive.

Il peccato è raccontato nella Bibbia come l'atto che non fa diventare l'uomo immortale e divino, ma, anzi, lo porta all'opposto nella morte, perché «la separazione da Dio è morte, l'allontanamento dalla luce è oscurità, il rifiuto di Dio è la perdita di tutti i beni» (7). «L'amore è la vita stessa della natura divina. Non si può partecipare alla sua vita senza l'amore» (8). Il peccato è morte perché, se la vita significa amare, non amare significa morire.

Se amare significa possedere lo stesso Spirito di Dio, non avere l'amore, non avere lo spirito, non avere la divinità sono sinonimi. «Per partecipare infatti è indispensabile possedere nel proprio essere qualcosa di corrispondente al partecipato» (9). La creatura che pecca non corrisponde a Dio, non partecipa, non realizza la sua vocazione di essere immagine di Dio, non realizza la sua dignità di creatura che porta dentro lo stesso Spirito di Dio. La creatura nel peccato non corrisponde al dono ricevuto, non vive la relazione di ascolto e di fiducia della parola data da Dio come promessa.

Al contrario, il peccato ci convince ad ascoltare altre voci, altre promesse per diventare divini, ma di divino nel peccato non riceviamo niente se non la parodia del potere di procurare la morte al posto della vita. «Dio non può essere considerato responsabile del male, lui l'autore di ciò che è, e non di ciò che non è; lui che ha fatto la vista e non la cecità [...]. Se quando la luce brilla di un puro splendore [...] qualcuno vela volontariamente la propria vista abbassando le palpebre, il sole non può essere responsabile del fatto che quegli non ci vede» (10).

Così nell'uomo privato della vera immagine di Dio, si crea un buio, un vuoto di grazia, vuoto di fiducia, vuoto di bontà, vuoto di speranza. Come sono difficili i rapporti fra creature vuote, impaurite, sospettose, ambiziose in modo ridicolo, di grandezza e di dominio. Il peccato umilia la creatura nelle relazioni umilia la sua dignità, la sua aspirazione a vivere, ad amare, a donarsi, a partecipare alla vita divina, ne fa una creatura "per la morte". «Dio è amore, è fonte di amore. Il Creatore della nostra natura ha partecipato anche a noi la capacità di amare [...] Se non c'è l'amore, tutti gli elementi dell'immagine sono trasformati». Tutti gli elementi possono servire la morte.

Nel peccato «l'uomo ha voluto impadronirsi delle cose di Dio senza Dio, prima di Dio, e non secondo Dio» (12). Non secondo l'Immagine, dal momento che la creatura non la conosceva più. Conosceva le cose, non la Persona. Conosceva gli attributi di Dio, non aveva più l'esperienza di un amore di una relazione assoluta, che crea e chiama a vivere. Chiamato a diventare come Dio, chiamato alla divinizzazione nell'amore, l'uomo dopo il peccato non avrebbe potuto portare a compimento l'opera di Dio e ricevere la vita e la conoscenza (13) se il Verbo non fosse venuto in nostro aiuto per ristabilire un modo di convivenza familiare tra l'uomo e Dio. Per questo era necessario che una creatura diventasse familiare con Dio, che lo accogliesse come Verbo, e che facesse suo il Verbo, la Parola data, gli desse la sua carne di creatura perché diventasse udibile, visibile, assimilabile, e così cambiasse la storia della caduta in storia di redenzione.

È interessante vedere nella Sacra Scrittura un parallelismo significativo che mette Maria ed Eva a confronto (Gen 3,1-7 e Lc 1,26-39) come due possibili interventi della creatura sullo sfondo della stessa chiamata alla partecipazione alla vita divina:Eva è detta "Madre di tutti i viventi", Maria è chiamata "Madre di Dio", ossia Madre della Vita. Nelle due scene la dinamica in cui è coinvolta la creatura è simile, ma l'esito è opposto.

Avvenne che Maria, come Eva, ricevette come creatura un messaggero che esaltava la sua persona. "Salve tu che sei chiamata ad essere come Dio", dice il serpente a Eva, e non mente. "Salve piena di grazia, il Signore è con te": sono le parole dell'Angelo a Maria, che dicono quella stessa verità traviata dal serpente: la creatura ha del divino.

Davanti ad un tale mistero, insinuato più che rivelato, Eva ragiona come se la divinizzazione fosse un ideale sul quale riflettere e non una relazione da vivere. Ragionando, Eva esercita il dubbio, si difende, perché la discussione si deve concludere con uno che ha ragione e uno che ha torto. Gli argomenti pro e contro porteranno via l'attenzione al cuore, la custodia del tesoro.

Maria rimane turbata perché il legame tra la creatura e il Creatore è un grande mistero dell'amore di Dio sul quale non si può ragionare, ma - e questo è ben diverso - si deve, nella meraviglia di una tale ispirazione, cercare "che senso ha un tale saluto". Maria si domandava che senso avesse tale saluto. Il suo timore, quello per cui l'angelo le dice di non temere, è il timore di Dio, il principio della Sapienza, il timore della creatura che confessa che Dio è Dio e la creatura è creatura. Mentre il ragionamento di Eva si conclude con il dubbio, con il sospetto su Dio, l'atteggiamento di Maria è "sapienziale", religioso, si orienta alla confessione della verità nel timore di Dio.

L'oggetto della conversazione che Eva ha col serpente sono le cose: il giardino, gli alberi, come? quanti? perché? Nella conversazione di Maria con l'Angelo, è la Persona al centro, e le persone: l'Altissimo, Dio, Gesù, il Figlio, Davide, Giacobbe... Davanti alle cose, prevale il bisogno di conoscere. Se si tratta di persone, allora si parla di amore, di vita, di relazione. «Non conosco uomo». Questa risposta di Maria ha tanti significati: dopo aver confessato la sua fede in Dio, con timore e turbamento confessa la sua condizione di creatura, per cui da creatura può fare sorgere la vita solo dall'unità con un uomo. Maria conosce i suoi limiti di creatura, mentre Eva conosce solo i suoi diritti. Quando si tratta delle persone, i limiti possono essere colmati dall'amore. Quando si tratta del diritto alle cose, basta allungare la mano e prendere!

Eva prende il frutto. Maria offre se stessa. Ad Eva il frutto è dovuto. Dio rimane il donatore, il padre ricco ma non amato. Eva riduce tutto il progetto divino a ciò che a lei sembra bello, buono, gustoso. Maria ascolta la parola dell'angelo che le dice: Dio ti ama, si trova bene con te, si sente a casa sua, vede in te il proprio Figlio ad immagine del quale sei stata creata, anzi lo vuole far nascere da te per il bene di tutta l'umanità... Maria si lascia coinvolgere in un progetto grande, si lascia conquistare dalla chiamata all'amore. «Eccomi. Sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». Questa parola detta da Dio e con la quale Maria è d'accordo è la stessa parola pronunciata alla creazione e accompagnata dallo stesso gesto: il dono dello Spirito Santo per cui niente è impossibile a Dio e questo si vedrà nella creatura che farà cose impossibili.

Eva diventa povera di tutto e schiava del nemico della natura umana. Maria diventa la "serva del Signore", ricca di Dio stesso, la pienezza dello Spirito, la pienezza del Figlio. Diventa serva ad immagine del Servo, amico dell'umanità. Eva si sente estranea davanti a Dio, perde la familiarità con Dio. Maria diventa Madre di Dio.

Eva si nasconde e si vergogna, ed insieme con lei si lamenta Adamo. Maria si espone, si mette in viaggio per servire e trova con chi rallegrarsi.

Eva inaugura la storia di un'umanità peccaminosa, Maria diventa primizia dell'umanità redenta, la prima che seguiranno gli altri, tutti quelli che accoglieranno come lei la Parola e la metteranno in pratica.

Maria è creatura piena di grazia

Quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli (Rm 8,29).

Ogni creatura trova dunque la sua identità in Cristo, può leggere il suo destino in Cristo, lo può spiegare nella conformità all'immagine di Cristo. L'umanità ha ricevuto il massimo in Cristo: «dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia» (Gv 1,16). La comunicazione della pienezza di Cristo è sempre la condizione della pienezza dell'uomo. L'accoglienza di questa pienezza fa diventare figli di Dio (cf Gv 1,12) ad immagine del Figlio. I primi martiri lo hanno sperimentato e manifestato. Stefano, per esempio, di cui si dice che era uomo pieno di fede e di Spirito Santo (At 6,8), è stato il primo testimone (martire) di Cristo risorto, e la Chiesa lo celebra il giorno dopo Natale. Stefano, pieno di Spirito Santo, fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra (At 7,55). Lui è simile alla visione, è simile al Figlio dell'uomo. I doni di Dio sono tali che portano alla nostra più grande somiglianza con Dio per una vita simile alla sua, quaggiù e lassù: «ci ha donato i beni grandissimi e preziosi che erano stati promessi, perché diventaste per loro mezzo partecipi della natura divina essendo sfuggiti alla corruzione che è nel mondo a causa della concupiscenza» (2 Pt 1,4).

Maria è la prima nell'ordine delle creature ad avere ricevuto la pienezza di grazia come totale accoglienza dello Spirito Santo e quindi totale testimonianza del Figlio, ma anche totale "svuotamento" di ogni peccato. Dio può assumere in lei tutta la realtà umana divenendo realmente Uomo, ma senza peccato, perché la sua umanità è integra.

"Piena di grazia" significa che per la sua pienezza non c'era posto per il peccato: "immacolata" perché piena di Spirito Santo. Non l'assenza del peccato ci meraviglia in lei, ma la pienezza della grazia... pienezza dalla quale poteva nascere il Salvatore, pienezza alla quale attingiamo nelle preghiere di intercessione alla Madre di Dio, pienezza che la rende sempre feconda, "incinta", come la dipingono alcune icone orientali.

Maria, come creatura, pur portando la pienezza dello Spirito Santo e la divinità nel suo grembo, non diventa Dio. Perciò in Maria contempliamo il mistero della pienezza di grazia della creatura redenta e non una quarta ipostasi nella divinità. Lei, dicono gli orientali, è la "più rassomigliante". In slavo, un monaco stimato santo viene chiamato prepodobnejsja, molto rassomigliante. La Madre di Dio è prepodobnejseja, la più rassomigliante. Si possono quindi stabilire tre gradi: il cristiano è simile a Dio (podoben), il monaco è più simile (prepodobnyj) e Maria è la più rassomigliante (prepodobnejseja) a Dio (14).

Maria rimanda sempre al Figlio, tutto chiede al Figlio, tutto fa succedere per obbedienza al Figlio. Maria ci indica che il Figlio è per noi "regola di fede" in questo senso. «Ecco la regola della nostra fede, le fondamenta dell'edificio, la saldezza del nostro essere. Il primo articolo: Dio Padre [...]. Il secondo articolo: il Verbo di Dio, il Figlio di Dio, Cristo Gesù Nostro Signore [...]. Il terzo articolo: lo Spirito Santo, per mezzo del quale i profeti hanno profetizzato, i Padri hanno ricevuto una rivelazione, i giusti sono stati guidati sulla via della giustizia; e che alla fine dei tempi è stato effuso in modo nuovo sull'umanità, per rinnovare l'uomo su tutta la terra, in vista della sua unione con Dio» (15).

La pienezza di grazia fa venire la pienezza dei tempi per cui Dio mandò il suo Figlio...

«Il Verbo di Dio abitò in mezzo all'uomo divenendo figlio dell'uomo perché l'uomo si familiarizzasse nella conoscenza intima del Padre e Dio si familiarizzasse ad abitare in mezzo all'uomo, secondo il beneplacito del Padre» (16).

La creatura non è stata abbandonata da Dio alla sua miseria (essere senza amore), alla sua solitudine (essere senza Dio), alla sua infecondità (essere senza eternità), alla sua morte quindi. «Il Verbo si [fa] carne [...] per distruggere la morte e vivificare l'uomo» (17). «Il Verbo si è fatto "portatore della carne" perché gli uomini possano divenire "portatori dello Spirito"» (18).

Dice Gregorio Nazianzeno che l'uomo aveva bisogno di un rimedio efficace per guarire da un male che non faceva altro che peggiorare. Questo rimedio non è stato negato. «E fu lo stesso Verbo di Dio, intemporale, invisibile, incomprensibile, incorporeo, principio nato dal principio, luce sorta dalla luce, fonte di vita e di immortalità, fedele espressione del modello, sigillo immutabile, presenza in tutto simile al Padre; fine e causa dell'uomo, egli va verso la propria immagine, riveste la carne per salvare la carne, si impregna di intelligenza pensante in favore della mia propria intelligenza, purificando e raddrizzando ciò che è simile a lui [...]. Dio entro l'umanità, un solo e medesimo essere, frutto di due principi opposti, la carne e lo spirito, l'una deificata, l'altro gratificato della deità. Oh! Strano accostamento, unione paradossale! [...] La ricchezza prende il volto della mia povertà [...] affinché io mi arricchisca della sua divinità [...]. Quale è mai questo mistero che mi riguarda? Io ho ricevuto l'immagine divina e non ho saputo custodirla; Dio ha rivestito la mia carne per salvare quest'immagine e rendere la carne immortale. Egli ci offre una nuova alleanza, molto più mirabile della prima» (19): la seconda alleanza della sua venuta è più della prima alleanza della creazione.

Noi crediamo che con la venuta di Cristo avviene una "nuova" creazione. I termini "nuovo" e "vecchio" sono termini di fede. Vecchio si riferisce all'uomo che pecca, all'Adamo primitivo o all'Adamo post-moderno, non importa la data del peccato. Nuovo si riferisce all'uomo che vive il dono dello Spirito Santo dato nella creazione per portare frutto di partecipazione, di redenzione dopo il peccato: il frutto è nuovo pur essendo il seme seminato dalla creazione! Non importa il tempo.

Quando viviamo la novità dello Spirito Santo, viviamo quello che è il significato di essere creatura nuova ad immagine e somiglianza di Dio: viviamo il progetto che Dio aveva creando l'uomo e la donna a sua immagine; viviamo la vittoria sul peccato portataci da Cristo; viviamo insieme la bellezza del dono della creazione e la bellezza del dono della redenzione.

È proprio questa creatura nuova (eppure da sempre voluta da Dio) che la Chiesa ci propone di contemplare in Maria, la Madre di Dio, e, dopo di lei, in tutti i credenti che vivono la novità dello Spirito. «Grazie a coloro che hanno raddrizzato la loro vita è possibile vedere negli uomini l'immagine divina» (20).

L'immagine di Dio nel cuore della creatura e l'immagine dell'uomo, questo bisognava rinnovare. L'immagine perfetta del Dio Padre invisibile sarà il suo Figlio venuto nella visibilità ad abitare in mezzo a noi. L'immagine perfetta nella somiglianza sarà Maria, la Vergine Madre di Dio che, essendo immagine, darà alla luce l'Immagine secondo la quale è stata creata. La Madre crea il Figlio, la Madre che è creata ad immagine del Figlio!

Si sottolinea così il legame stretto che c'è tra la creazione di Adamo e la nuova creazione in Maria. Il peccato di Adamo era un atto di affermazione di se stesso nell'autonomia dell'essere creatura: la grazia in Maria ristabilisce il riconoscimento del Creatore da parte della creatura, riconoscimento che è l'essenza della religione: io riconosco Dio come Dio, Creatore e infinito amore, e così riconosco me, creatura finita, immersa nell'infinito amore. Da qui deriva la verità, la grandezza delle parole di Maria, che nel suo "sì" dice la sua umile disponibilità alla grandezza del progetto del Creatore. Nel suo "sì" c'è il mistero dell'essere immagine (la creatura è chiamata a colloquio con il Creatore per corrispondenza di natura) e il mistero della somiglianza (la creatura che aderisce liberamente alla chiamata realizza veramente la sua somiglianza). Maria, divenuta Madre di Dio, ci rivela la grande fecondità della creatura che, accogliendo lo Spirito, fa la volontà di Dio perché accoglie la sua Parola. A chiunque viene allora detto: «Se conserverai così la Parola di Dio, non c'è dubbio che tu pure sarai conservato da essa. Verrà a te il Figlio con il Padre, verrà [lo Spirito Santo] che rinnoverà Gerusalemme e farà nuove tutte le cose. Questa venuta [...] farà in modo che "come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste" (1 Cor 15,49)» (21).

La fecondità dello Spirito accolto dà "carne", dà un volto, un corpo, un'identità, una presenza reale a Dio sulla terra. Maria, docile alla Parola di Dio, col suo "sì" ha dato Gesù al mondo ed è diventata il modello di ogni fecondità spirituale. Fecondità dell'amore a cui tutti siamo chiamati. «"Il Verbo si è fatto carne e ha abitato in mezzo a noi" (Gv 1,14). Mediante Cristo-uomo, tu vai verso Cristo-Dio. Dio è certamente al di là. Ma si è fatto uomo. Ciò che era lontano si è fatto, con la mediazione di un uomo, vicinissimo. È Dio il luogo in cui tu abiterai. È l'uomo il mezzo attraverso il quale devi venire. Cristo è nello stesso tempo la via che devi seguire e la mèta che devi raggiungere. E lui "il Verbo si è fatto carne e ha abitato in mezzo a noi" [...]. In Cristo, hai tutto: vuoi amare il tuo Dio? Lo hai in Cristo [...]. Vuoi amare il tuo prossimo? Lo hai in Cristo» (22).

«Chi può comprendere l'amore
se non colui che ama?
Io mi unisco all'amato
la mia anima lo ama.
Nella sua pace là sono io.
Non sono più uno straniero
perché non c'è odio
presso il Signore.
Poiché amo il Figlio
io diventerò figlio
Aderire a colui che più non muore
è divenire immortale.
Chi si compiace della vita
sarà vivente» (23).

Maria rivela l'identità dell'umanità creata ad immagine e somiglianza di Dio nell'essere Sposa, Madre, Vergine

L'umanità è, riguardo a Dio, Sposa, Madre, Vergine. Nella Mulieris Dignitatem (sulla Dignità della Donna), Giovanni Paolo II afferma che queste tre parole - vergine, madre, sposa - contengono il riassunto dell'antropologia cristiana, perché dicono ciò che ogni uomo è chiamato ad essere secondo la vocazione cristiana. Vergine, madre, sposa secondo l'interpretazione più comune sono attribuibili solo alla donna. Ora, nel pensiero di Giovanni Paolo II, in continuità con la tradizione dei Padri della Chiesa, «il femminile è il simbolo di tutto l'umano» (24). «La Bibbia ci convince che non si può avere un'adeguata ermeneutica di ciò che è umano senza un adeguato ricorso a ciò che è femminile» (25). Dal femminile capire l'umano... Quale femminile però? Quello, appunto, della sponsalità, della maternità, della verginità.

Sposa

Ogni uomo, ogni donna è amato da Dio in Cristo, per cui nella Chiesa ogni essere umano - maschio e femmina – è "sposa", in quanto accoglie in dono l'amore di Cristo Redentore, come pure in quanto cerca di rispondervi col dono della propria persona sull'esempio di come la sposa deve rispondere con l'amore all'amore dello sposo (26).

La nostra rinascita in Dio avviene nel passaggio dalla morte alla vita quando amiamo. Perciò noi crediamo che l'amore e la fecondità di vita siano un'esigenza ontologica della persona (27), la realizzazione di sé come persona avviene nell'amore che si riceve e che si fa dono (28), espressione da parte della creatura della perfetta somiglianza con il Padre che dona il Figlio, con il Figlio che dona lo Spirito e con lo Spirito che, dandoci la santità, ci dona insieme il Padre e il Figlio. Questo è stato il dono di Maria: piena di grazia, ossia "senza peccato", ha dato se stessa senza considerare «un tesoro geloso la sua somiglianza con Dio»... È entrata in quell'ordine divino che misura la grandezza sulla relazione, sull'amore, quell'ordine dell'amore trinitario (29) per cui servire vuole dire regnare.

Madre

Maria concepì per opera dello Spirito Santo, e questa presenza efficace la rende Madre pur conservandola vergine. Come umiltà e grandezza non si oppongono nell'ordine della grazia, così non si oppongono maternità e verginità, ma rinviano allo stesso mistero della "carne cardine della salvezza" secondo l'espressione di Tertulliano, nell'incarnazione, ma anche nella risurrezione, come già la materia lo era nel mistero della creazione dal nulla. E anche l'eucarestia non esprime forse lo stesso mistero del corpo che si dà per opera dell'amore nell'epiclesi e nella sempre attuale passione-morte-risurrezione di Cristo?

Maria dà il Figlio all'umanità in un gesto sacerdotale di offerta. Nell'annunciazione offre a Dio se stessa come "carne", "terra" dalla quale formare il Nuovo Adamo. Nel parto offre alla terra il Figlio, vero Dio. In Maria l'umanità si offre a Dio e la divinità si offre alla creatura. Ogni Natale la devozione ci fa contemplare la Madre col Bambino Gesù. Ad ogni Natale celebriamo la nostra nascita a vita nuova in Dio che contempliamo nell'uomo. La festa di Natale è la festa dell'uomo per il quale si è riaperto il paradiso, diceva Gregorio Nazianzeno: «Anch'io proclamerò la grandezza di questo giorno: l'immortale si incarna, il Verbo si fa carne, l'invisibile si mostra, l'intangibile si può toccare, l'intemporale ha un inizio, il Figlio di Dio diviene Figlio dell'uomo: è Gesù Cristo, sempre il medesimo, ieri, oggi e nei secoli [...]. Ecco la solennità che oggi celebriamo: l'arrivo di Dio presso gli uomini, affinché noi andiamo a Dio, o piuttosto, più esattamente, affinché torniamo a Lui: affinché, spogliandoci dell'uomo vecchio, ci rivestiamo del nuovo, e come siamo morti in Adamo, così viviamo in Cristo, nasciamo con lui, risuscitiamo con lui [...]. Miracolo non della creazione, ma, sì, della ricreazione [...]. Perché questa festa è il mio perfezionamento, il mio ritorno allo stato di prima, all'Adamo delle origini [...]. Riverisci la natività che ti svincola dal legame del male. Onora questa piccola Betlemme che ti restituisce il paradiso» (30).

Il paradiso restituito significa poter vivere la vocazione ad essere persona e quindi ad essere immagine di Dio che è Persona, Relazione, Amore, Trinità. Ogni uomo porta in sé l'impronta incancellabile del Creatore come una promessa da realizzare, perché ogni uomo è creato ed amato da Dio.

«[...] L'Invisibile, egli, che non può essere contenuto in nessuna umana realtà, colui che non si può vedere, sentire e toccare, ecco è nel giaciglio stretto da fasce. Chi riflette su queste cose, indegne di un Dio, sentirà tanto più di essere amato, proprio in contrasto con la grandezza divina. Colui, per mezzo del quale l'uomo è stato fatto, non aveva bisogno di divenire uomo; mentre noi avevamo necessità che Dio diventasse uomo e abitasse in noi; cioè, assumendo l'umanità, vivesse dentro di noi. La sua umiliazione è la nostra grandezza, la sua degradazione è il nostro onore; da una parte l'incarnazione di Dio e dall'altra, per contro, la nostra rinascita in Dio» (31).

La verginità-umiltà: l'umiltà che piacque a Dio

Spesso si disquisisce sulla verginità della Madre di Dio: ma ciò per cui piacque a Dio, e quindi la virtù di cui era piena per poter essere feconda, era la sua umiltà senza la quale non si capirebbe il grande merito di Maria nella storia della salvezza. Umiltà significa confessare di essere creatura glorificando il Creatore, l'opposto dell'atteggiamento che ha portato Eva a peccare. Maria sa di non essere Dio, di non essere capace senza l'uomo di generare figli. "Non conosco uomo" e "sono la serva del Signore" sono le parole più umili e più belle che abbia detto una creatura per essere degna di essere chiamata "la più Simile". Anche il suo Figlio, il Figlio di Dio, si farà servo, servo dell'umanità che si è dichiarata "serva del Signore".

Spiega così san Bernardo, commentando la scena dell'annunciazione: «[...] Bel connubio, della verginità con l'umiltà; molto piace a Dio quell'anima in cui l'umiltà dà pregio alla verginità, e la verginità adorna l'umiltà. Ma di quanta venerazione pensi che sia degna colei nella quale l'umiltà è esaltata dalla fecondità e la maternità consacra la verginità? La senti proclamare vergine, la senti umile; se non puoi imitare la verginità dell'umile, imita l'umiltà della vergine È virtù lodevole la verginità, ma è più necessaria l'umiltà. La prima è consigliata, l'al-tra è comandata. Alla prima sei invitato, alla seconda sei obbligato. Della verginità è detto: Chi può comprendere comprenda (Mt 19,12); dell'umiltà è detto: Se non diventerete come questo bambino non entrerete nel regno dei cieli (Mt 18,3); alla prima è promessa una ricompensa, la seconda è di stretta necessità. Insomma, puoi salvarti senza verginità; senza umiltà non lo puoi. Può, dico, piacere l’umiltà che rimpiange la verginità perduta; ma senza umiltà oso dire che neppure la verginità di Maria sarebbe gradita a Dio: Su chi, dice, si poserà il mio Spirito, se non sull'umile e compunto di cuore? (Is 66,2). Sull'umile, ha detto, non sul vergine. Se dunque Maria non fosse stata umile, non sarebbe disceso in lei lo Spirito Santo. E se non fosse disceso lo Spirito Santo, neppure avrebbe concepito per opera di Lui. Come infatti avrebbe concepito da Lei senza di Lui? È dunque chiaro che, perché essa concepisse per opera dello Spirito Santo, Dio, come essa confessa, ha guardato l'umiltà della sua serva (Lc 1,48), piuttosto che la sua verginità, concepì per la sua umiltà. Anzi, è chiaro anche che se la verginità piacque, certamente fu in vista della sua umiltà. Non è di tutti la verginità: molto di meno sono quelli che con essa hanno l'umiltà. Se dunque non puoi se non ammirare la verginità in Maria, studiati di imitarne l'umiltà, e per te è sufficiente» (32).

Il mistero che contempliamo nella maternità, sponsalità, verginità di Maria è il mistero della nostra divinizzazione da più punti di vista:

  • Sposa ci ricorda la dimensione dell'amore, dell'alleanza, della relazione totale ed inesauribile;
  • Madre ci ricorda la dimensione della nostra partecipazione alla vita divina nel dare o negare la vita che abbiamo ricevuto nella creazione come partecipazione alla stessa vita di Dio;
  • Vergine ci rimanda non a ciò che eravamo, ma a ciò che siamo chiamati ad essere. A causa del peccato nessuno è vergine. La verginità è quella dimensione escatologica che rivelerà il compimento del cammino di divinizzazione quando tutto il nostro cuore, la nostra mente, il nostro corpo saranno in funzione dell'amore. È la sapienza dell'integrità o l"' integrità della sapienza" che fa la creatura vergine, sapienza e integrità che sono «come la condizione e la conseguenza dell'amore» (33).

Ave Maria, piena di grazia

Ti veneriamo come creatura, Maria, che nella tua pienezza non hai dato posto, ascolto, spazio al peccato e perché così sei diventata nuovo inizio di umanità, nuova speranza di vita. Ave, "richiamo di Adamo". Ave, "riscatto di Eva". Ave, "fiore di incorruttibilità" (34), "tu che generasti la luce", "suolo che fai germogliare abbondanza di misericordia, mensa che presenti pienezza di doni" (35).

Il Signore è con Te

Il Signore è "in te ed è in ogni luogo, è con te e da te... Il Signore, nel modo che egli solo sa, è tutto in tutti e tutto in te" (36). Tu hai fatto della sua presenza con te una presenza con noi. E tu sei diventata per noi "Astro che non tramonta", luce con noi che ci "illumina al mistero della Trinità" (37).

Tu sei benedetta fra le donne

"Tu che la verginità e la maternità congiungi" (38), tu come donna vero simbolo dell'umanità, "tipo splendente della risurrezione" (39), "donna piena e sovrabbondante di grazia, vergine benedetta e più che benedetta, per la cui benedizione ogni creatura è benedetta dal suo Creatore e il Creatore è benedetto da ogni creatura" (40). Tu sei benedetta, perché come donna sei "iniziatrice della spirituale riforma e dispensatrice della divina bontà" (41).

Benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù

Tu sei creatura benedetta e Gesù in te si è fatto creatura, Lui, il Verbo increato. Perciò Lui è la nostra salvezza, perché ha condiviso tutto con noi e noi possiamo condividere tutto con Lui. "Io condivido tutto con Cristo, lo spirito e il corpo, i chiodi e la risurrezione. Cristo è per me patria, forza, gloria, tutto. Egli è la mia forza e il mio respiro, e il meraviglioso premio della corsa. È lui che mi concede di correre bene. Io l'amo come il mio più puro amore, perché con quelli che ama, egli è fedele al di là di ciò che possiamo concepire. In lui la mia gioia..." (42).

Santa Maria, Madre di Dio

"Tabernacolo del Verbo di Dio" e "Arca indorata dallo Spirito Santo" (43), "Tu hai dato la vita al Creatore della nostra vita" (44), "Salve, o Madre dell'Agnello e del Pastore "(45). Per questo la Chiesa tutta e noi qui ti onoriamo e ti preghiamo, come la Madre di Colui che è la Santità stessa. "Colui che tutto santifica è con la serva del Signore, con l'immacolata; con la tutta bella è il più bello tra i figli dell'uomo, per salvare l'uomo creato a sua immagine " (46). Madre della divinità umanizzata e dell'umanità divinizzata, Madre nostra.

Prega per noi peccatori

"O gradito incenso di intercessione" (47), "nave di quelli che vogliono salvarsi" (48), "stola che riveste coloro che sono privi di fiducia" (49), "tu per cui fu spogliato l'inferno" (50) prega per noi, umanità salvata dal Figlio, eppure peccatori "naviganti in questa vita" (51): la tua preghiera sia per noi come fosse per il Figlio che per noi, "per amore nostro apparve uomo come noi" (52), e per lui e con lui, "nella tua insuperabile potenza" "liberaci da ogni sventura", "da ogni male" (53), "guarigione del mio corpo, salvezza dell'anima mia"...(54).

Adesso e nell'ora della nostra morte. Amen

Michelina Tenace

Note

1) Lettre aux frères du Mont-Dieu, SC 223 (1975), p. 357.
2) Adv. haer, IV,6,4.
3) Adv. haer, V,6,1.
4) Gregorio di Nissa, In Canticum Commentarius, 2, PG 44,765.
5) Atanasio, elogio tratto dall'omelia in copto La Vergine Maria, Madre di Dio e abitacolo di Dio, in Lodi alla Madonna nel primo millennio delle Chiese d'Oriente e d’occidente, Antologia a cura di C. Berselli e G. Gharib, Roma 1981, pp. 29-30.
6) Adv. haer, V,19,1.
7) Adv. haer, V,27,2.
8) Gregorio di Nissa, De anima et resurrectione, PG 46, 96c.
9) Gregorio di Nissa, Oratio catechetica magna, 6, PG 45,21c.
10) Gregorio di Nissa, Oratio catechetica magna, 7, PG 45,32.
11) Gregorio di Nissa, De opificio hominis, PG 44,137c.
12) Massimo il Confessore, Ambigua, PG 91, 1156.
13) Cf. Massimo il Confessore, Quaest. ad Thalas., Prol., PG 90,257.
14) Cf. Dimistri di Rostov, Opere, Kiev 1881, vol. 3, p. 270.
15) Ireneo, Epideixis tou apostolikou kerygmatos,6, PO 12,664.
16) Adv. haer,III,20,2.
17) Ireneo, Epideixis tou apostolikou kerygmatos, 37, PO 12,687.
18) Atanasio, De incarn.8.
19) Gregorio Nazianzeno, Or. 45 De pascha, 9, PG 36,851-852.
20) Gregorio di Nissa, De opificio hominis, 18.
21) Bernardo di Chiaravalle, Or. 5 De Adv., 1-3, in Opera omnia, Edit. Cisterc. 4, Roma 1966, pp. 188-190.
22) Agosino, Orat. 261,6, PL 38,1206.
23) Odi di Salomone, 3, In The Odes and Psalms of Salomon, ed R. Harris - A. Mingana, II, pp. 215-216.
24) MD 25.
25) MD 22.
26) Cf. MD 27.
27) Cf. MD 29.
28) Cf. MD 18.
29) Cf. MD 29.
30) Gregorio Nazianzeno, Or. 38, sul Natale, PG 36,664-665.
31) Ilario di Poitiers, in Lodi alla Madonna nel primo millennio delle Chiese d'Oriente e d’occidente,cit., pp. 25-26.
32) Bernardo di Chiaravalle, In laudibus Virginis Matris, tr. it. Roma 1991, I.5 e I.6.
33) S. Boulgakov, La lumière sans déclin, cit,. p. 282.
34) Inno Acatisto, XIII.
35) Inno Acatisto, III e V.
36) Gregorio di Nissa, da un'omelia sull'Annunciazione, in Lodi alla Madonna nel primo millennio delle Chiese d'Oriente e d’occidente,cit., p. 32.
37) Inno Acatisto, IX.
38) Inno Acatisto, XV.
39) Inno Acatisto, XIII.
40) Anselmo d’Aosta, Or. 52, PL 158,955-956.
41) Inno Acatisto, XIX.
42) Gregorio Nazianzeno, Poemi dogmatici,PG 37,623-624.
43) Inno Acatisto, XXIII.
44) Inno Acatisto, V.
45) Inno Acatisto, VII.
46) Gregorio di Nissa, da un'omelia sull'Annunciazione, in Lodi alla Madonna nel primo millennio delle Chiese d'Oriente e d’occidente,cit., p 34.
47) Inno Acatisto, V.
48) Inno Acatisto, XVII.
49) Inno Acatisto, XIII.
50) Inno Acatisto, VII.
51) Inno Acatisto, XVII.
52) Inno Acatisto, XVIII.
53) Inno Acatisto, XXIV.
54) Inno Acatisto, XXIII.

 

Letto 3118 volte Ultima modifica il Mercoledì, 27 Marzo 2013 17:19
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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