Ecumene

Martedì, 13 Luglio 2004 23:59

Il dialogo interreligioso a servizio della pace (Tommaso M. Violante)

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di Tommaso M. Violante

Sono già passati quindici anni. Quel lunedì 27 ottobre 1986 è entrato nella storia. Per la prima volta, nella bimillenaria vita della Chiesa, il Vescovo di Roma invitò i capi e i rappresentanti delle Chiese cristiane, delle Comunità ecclesiali e delle religioni del mondo a radunarsi ad Assisi, per vivere insieme una giornata di digiuno e pellegrinaggio e per stare insieme per pregare per la pace, necessaria, possibile e doverosa (cfr. Giovanni Paolo II, Discorso pronunciato durante l'udienza generale di mercoledì 22 ottobre 1986, in O Odigos, 4/1986, p. 3).

L'umanità viveva giorni difficili: diversi focolai di guerra divampavano un po' ovunque; il muro di Berlino non era ancora crollato e ricordava al mondo intero l'esistenza di due blocchi contrapposti; la fame e le malattie mietevano numerosissime vittime, spesso innocenti, in diversi paesi. Non c'era da stare allegri.

Certo le diplomazie dei paesi ricchi e industrializzati erano a lavoro, come sempre, per ricomporre gli equilibri, peraltro sempre precari, e per evitare conflitti su larga scala. In fondo, però, si trattava di salvaguardare e consolidare interessi economici e politici particolari.

Ad Assisi l'incontro si svolse in un clima sereno. Ci fu una larga partecipazione di rappresentanti di cristiani e non, tutti accomunati dal desiderio di elevare la propria preghiera per la pace. Fu una giornata memorabile, che, probabilmente, non mutò le situazioni, ma che impresse al mondo un segno indelebile e indicò uno stile nuovo.

Gli uomini del ventesimo secolo si resero conto che, al di là degli sforzi delle diplomazie e delle trattative della politica internazionale, per costruire la pace bisognava impegnarsi anche su un altro fronte: le religioni del mondo, nonostante le differenze, dovevano "dare il loro contributo alla nascita di un mondo più umano, più giusto, più fraterno" (Giovanni Paolo II, Discorso pronunciato durante l'udienza generale di mercoledì 22 ottobre 1986, in O Odigos, 4/1986, p. 3). Ecco il segno indelebile: la presa di coscienza, da parte dei fedeli delle diverse religioni, che la pace è dono di Dio e va implorata insistentemente. Pur nelle diversità tipiche di ciascuna fede religiosa, i rappresentanti delle grandi religioni mondiali si ritrovarono insieme e si misero in atteggiamento di preghiera, di digiuno e di pellegrinaggio, perché corale si elevasse all'Altissimo il grido dell'umanità assetata di pace. E lo stile nuovo? Il coinvolgimento delle religioni nel processo di costruzione della pace e la testimonianza, resa dinanzi al mondo intero, dell'urgenza di perseguire un interesse universale e di impegnarsi nel raggiungerlo. Non fu cosa da poco se si pensa che gran parte dei conflitti, nel corso della storia, sono stati causati da diatribe religiose. La storia dell'umanità, in ogni tempo e in ogni luogo, è piena di guerre sante e di crociate, lanciate e combattute dai seguaci delle varie religioni, in nome delle più disparate interpretazioni dei rispettivi libri sacri.

Quel 27 ottobre 1986 il Vescovo di Roma mostrò un cammino nuovo da percorrere insieme, indicando il dialogo interreligioso quale strumento per edificare un mondo pacificato. L'umanità intera, pur nella molteplicità e nella diversità delle fedi professate, fu chiamata a raccolta per accettare la sfida: o si costruisce insieme la pace o si va incontro ad una catastrofe planetaria. "C'è bisogno di preghiera intensa e umile - diceva il Papa - di preghiera fiduciosa, se si vuole che il mondo diventi finalmente un luogo di pace vera e permanente" (Giovanni Paolo II, Discorso pronunciato nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, in Assisi, il 27 ottobre 1986, in O Odigos, 4/1986, p. 3). La pace si può costruire se vi è rispetto dell'uomo, di ogni uomo, della sua cultura e delle sue tradizioni; se si offre all'uomo la possibilità di esprimersi pienamente e di realizzarsi, nella libertà e senza condizionamenti, semplicemente come uomo; se ad ogni uomo sono riconosciuti i diritti fondamentali, che manifestano e tutelano la sua dignità. In altre parole, la pace si può costruire se si creano le condizioni necessarie per un mondo vivibile e fruibile da parte di tutti. La pace si può costruire se si ha il coraggio e la forza di "rispettare, proteggere e promuovere la vita umana, dal seno materno fino al letto di morte, in favore degli individui e dei popoli, ma specialmente dei deboli, dei poveri e dei derelitti: l'imperativo è di superare l'egoismo, la cupidigia e lo spirito di vendetta" (Giovanni Paolo II, Discorso pronunciato nella piazza inferiore di San Francesco, in Assisi, il 27 ottobre 1986, in O Odigos, 4/1986, p. 7).

La sfida fu raccolta con coraggio dai capi e dai rappresentanti delle Chiese cristiane e delle religioni. E furono loro, a conclusione della memorabile giornata, a lanciare da Assisi una ulteriore sfida a tutti gli uomini: l'invito, cioè, a farsi protagonisti della costruzione della pace nella quotidianità della vita, negli ambienti di lavoro, di svago, di studio. Tutti gli uomini del pianeta venivano invitati ad essere profeti della pace e artefici della pace; tutti in prima linea, tutti partecipi e solidali nell'implorare da Dio il dono della pace e nel lavorare per la sua affermazione. "La pace è un cantiere, aperto a tutti e non soltanto agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi. La pace è una responsabilità universale: essa passa attraverso mille piccoli atti della vita quotidiana" (Giovanni Paolo II, Discorso pronunciato nella piazza inferiore di Francesco, in Assisi, il 27 ottobre1986, in O Odigos, 4/1986, p. 7).

Soprattutto ai cristiani, appartenenti alle diverse Chiese e Comunità ecclesiali, il Pontefice romano manifestò il suo desiderio perché quella giornata si trasformasse in un gesto ecumenico di grande rilevanza.

Giovanni Paolo II sottolineava l'urgenza che i discepoli di Cristo Gesù, "la nostra pace" (Ef 2,14), testimoniassero dinanzi al mondo la missione della Chiesa di "essere il segno efficace e lo strumento di riconciliazione e di pace per la famiglia umana" (Giovanni Paolo II, Discorso pronunciato durante l'incontro di preghiera dei cristiani nella Cattedrale di San Rufino, in Assisi, il 27 ottobre 1986, in O Odigos, 4/1986, p. 5) e manifestassero la volontà di superare le loro divisioni per ricomporre l'unità del popolo santo di Dio. Non si può implorare insieme la pace se si continua a vivere divisi: urge riconciliarsi e ricomporre le lacerazioni.

L'incontro di Assisi costituì un appello a tutta l'umanità perché traducesse le proprie convinzioni religiose in occasioni di incontro e di dialogo, in parole di pace e di speranza, in gesti concreti di solidarietà e di condivisione.

Sono passati quindici anni da quel giorno. Giovanni Paolo II, Vescovo di Roma e capo della Chiesa cattolica, sempre più convinto che la pace sia dono di Dio e determinato nel desiderare che sia implorata insistentemente dagli uomini, ancora una volta chiama a raccolta i rappresentanti delle Chiese e delle religioni perché si ripeta la testimonianza di ritrovarsi insieme per "pregare per il superamento delle contrapposizioni e per la promozione dell'autentica pace" (Osservatore Romano, 19/20 novembre 2001, p. 1). L'appuntamento è fissato ancora ad Assisi, città di san Francesco, uomo di pace, per giovedì 24 gennaio 2002.

All'incontro sono invitati soprattutto i cristiani e i musulmani "per proclamare davanti al mondo che la religione non deve mai diventare motivo di conflitto, di odio e di violenza", e per testimoniare che "chi veramente accoglie in sé la parola di Dio, buono e misericordioso, non può non escludere dal cuore ogni forma di astio e di inimicizia" (Osservatore Romano, 19/20 novembre 2001, p. 1). Ancora una volta, dunque, un invito a tutti gli uomini di buona volontà, perché gridino al mondo intero che la pace è un bene prezioso per l'umanità, che va ricercato, custodito e protetto, e manifestino la volontà di fare tutto ciò.

Ai cristiani il Papa, in vista e in preparazione della giornata di preghiera, propone un giorno di digiuno per il prossimo 14 dicembre e lo fa essenzialmente per due motivi: perché "la preghiera acquista forza se è accompagnata dal digiuno e dall'elemosina" (Osservatore Romano, 19/20 novembre 2001, p. 1) e per esprimere solidarietà con i fedeli dell'Islam, che stanno vivendo il Ramadan. Digiuno e preghiera perché Dio "conceda al mondo una pace stabile, fondata sulla giustizia, e faccia sì che si possano trovare adeguate soluzioni ai molti conflitti che travagliano il mondo" (Osservatore Romano, 19/20 novembre 2001, p. 1).

Certamente l'incontro di Assisi assumerà per i cristiani di tutte le confessioni anche il significato di un gesto ecumenico importante e potrà costituire un ulteriore passo in avanti nella ricomposizione dell'unità. Il progresso ecumenico è fatto anche di gesti eclatanti, che richiamano l'attenzione dei mass media e infondono dosi sempre più abbondanti di speranza; ma è fatto soprattutto di piccoli passi, di quelli percorsi nella quotidianità della vita, spesso da anonimi, che si incontrano in fraternità, si riscoprono "fratelli ritrovati" e insieme pregano il Signore perché affretti il momento in cui i cristiani possano presentarsi uniti all'appuntamento con la storia. Sono questi piccoli passi che segnano il cammino, lungo e difficoltoso, ma irreversibile. Ad Assisi ci sarà il gesto eclatante e ci saranno tantissimi piccoli passi. Noi, probabilmente, non ci saremo nella città di san Francesco il 24 gennaio 2003, ma ci saranno i nostri piccoli passi, insieme con quelli di tantissimi altri discepoli di Gesù e uomini di buona volontà, a segnare la strada e a testimoniare il desiderio di un mondo pacificato.

 

Letto 2277 volte Ultima modifica il Venerdì, 06 Maggio 2011 22:52
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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