Ecumene

Venerdì, 22 Febbraio 2008 23:33

Al banchetto dei giusti (Giuseppe Laras)

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Giudizio di Dio, castigo o ricompensa, immortalità dell'anima: sono i capisaldi della concezione ebraica sulla vita nell'aldilà.

Ebraismo: il Paradiso nella Bibbia e nella tradizione

Al banchetto dei giusti

di Giuseppe Laras *

Per Paradiso o Gan-Eden – con riferimento al luogo di delizie destinato inizialmente da Dio ad Adamo - o Olam Ha-bá, “mondo a venire”, come preferibilmente viene indicato nella tradizione ebraica, si intende la dimensione spirituale ultraterrena in cui trovano riparo le anime dei buoni dopo la morte fisica.

Ciò richiama e presuppone due fondamentali principi di fede: l’immortalità dell’anima e la retribuzione. In altre parole, l’anima, dopo la sua esperienza all’interno del corpo, non muore con quest'ultimo ma dovrà affrontare nell’aldilà il giudizio di Dio.

Nella tradizione religiosa dell'Ebraismo c'è cura soprattutto nel sottolineare il principio della ricompensa e del castigo, e non tanto nel descrivere nei dettagli come si tradurrà tale giudizio divino, nel senso di indicare che cosa contempleranno o proveranno le anime nel mondo a venire. C'è in proposito un significativo e ripetuto avvertimento dei Maestri: «Tutte le visioni dei Profeti riguardano esclusivamente l'era messianica». Per quanto, invece, concerne il mondo a venire: «Nessun occhio ha contemplato ciò che Dio, e nessun altro all'infuori di Lui, riserberà a colui che Lo ha atteso» (Isaia 64, 4 in Tal. Ber. 34 B). Ciò che, d'altra parte, viene ribadito e l'alterità del mondo a venire in quanto dimensione spirituale erogatrice di un tipo di gioia o di beatitudine non confrontabili, quanto ad intensità, a quelle che si possono provare nel corso dell'esistenza corporea. Il grande teologo medievale Mosè Maimonide (1138-1204), sulla scia di pensieri e tradizioni presenti nel più antico retaggio religioso dell'Ebraismo, sottolinea come «nel mondo a venire non vi siano corpi ma solo le anime dei giusti, prive di corpi come gli angeli...», e quindi «non vi è cibo né bevanda, né procreazione, ma solo le anime dei beati che con le corone sul capo contemplano e godono dello splendore della Provvidenza divina».

L'espressione riguardante le corone sul capo verrebbe a ribadire come la beatitudine del mondo a venire non sia di tipo materiale, legata cioè all'apparato dei sensi, ma esclusivamente di tipo spirituale contemplativo.

Al di là, tuttavia, di tali fondamentali ed inequivocabili precisazioni, tendenti a salvaguardare la dimensione spirituale del mondo a venire e la connotazione del premio slegata dalla corporeità, nell'ampia letteratura talmudico-midrashica abbondano descrizioni anche dettagliate sia del Gan-Eden sia del Ghehinnon intesi, rispettivamente, come luogo di delizie per le anime dei buoni e luogo di punizione o di dannazione per le anime dei cattivi; se vogliamo, il Paradiso e l'Inferno.

Secondo tali descrizioni abbastanza ricorrenti, sia il Gan-Eden sia il Ghehinnon comprenderebbero al loro interno sette “reparti" o gironi riservati a ciascuna delle sette categorie di buoni o di cattivi che vi dimorano.

Per quanto riguarda il Gan-Eden, secondo una tradizione diffusa, i sette gironi, dall'alto verso il basso hanno – con riferimento anche ad espressioni del Salmo 15 – le seguenti denominazioni: Presenza, Tenda, Dimora, Tabernacolo, Montagna Sacra, Montagna di Dio, Luogo santo. I buoni ammessi nel Gan-Eden riceveranno una collocazione conforme ai meriti che avranno acquisito nel mondo terreno.

Caratteristica principale di questo soggiorno celeste sarà quella di restituire al pio fedele, che ha subito nel mondo terreno delle privazioni, gioia e soddisfazione. La gioia riservata a quanti meriteranno di essere accolti nel Gan-Eden è spesso rappresentata con l'immagine di un meraviglioso banchetto.

Rielaborando, infatti, la figura del mitico Leviatano, offerto da Dio «in pasto al popolo del deserto», cui accenna misteriosamente il Salmo 74 (versetto 14), un Midrash ne fa l'elemento principale del banchetto preparato da Dio per i giusti: «Nel mondo a venire il Santo e Benedetto Egli sia preparerà un banchetto per i giusti con la carne del Leviatano...; della sua pelle Dio farà una tenda destinata ai fedeli e, come bevanda, farà loro bere un vino conservato fin dai sei giorni della creazione».

Tali immagini, pur così marcate nella loro materiale crudezza, intendono trasmettere un messaggio sullo stato di delizia e di beatitudine che accompagnerà le anime dei giusti, allorché queste coglieranno la presenza di Dio nelle vesti rassicuranti di un affettuoso e premuroso anfitrione.

Vi sono infine altri passi, sempre della letteratura talmudico-midrashica, che esasperando tale comunione nel mondo a venire fra le anime dei beati e Dio, immaginano ad esempio che esse, parafrasando Isaia (25,9), dicano: «Guardate, ecco il nostro Dio, Colui nel quale abbiamo sperato e che ci salverà; ecco il Dio che abbiamo atteso, gioiamo e rallegriamoci nella Sua salvezza»; e che Dio stesso, come per rassicurarle intorno sull'esistenza di una stretta comunione con Lui, proferisca al loro cospetto: «Io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo» (Levitico 26,12).

In quest’ultima promessa di Dio alle anime si può cogliere la preoccupazione dei Maestri d'Israele, all'interno di un contesto descrittivo immaginifico e carico di pathos, di tenere comunque sempre rigidamente distinto il piano di Dio rispetto a quello, anche molto elevato in senso spirituale, proprio delle anime. Non vi è né vi potrà mai essere identità fra loro.

Anche nell'aldilà, ove l'anima, una volta conclusa la sua esperienza terrena, potrà sperimentare un'infima e beata comunione con Dio, Dio rimarrà sempre Dio e le anime non cesseranno di essere altro da Lui anche se a Lui rimarranno legate da un vincolo molto intenso come quello che lega Dio al Suo popolo.

* Rabbino capo di Milano

Per saperne di più:

Abraham Cohen, Il Talmud, Laterza, Bari 2003.

(da I luoghi dell’infinito)

Letto 3812 volte Ultima modifica il Venerdì, 04 Giugno 2010 20:25
Fausto Ferrari

Religioso Marista
Area Formazione ed Area Ecumene; Rubriche Dialoghi, Conoscere l'Ebraismo, Schegge, Input

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