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Lunedì, 20 Dicembre 2004 01:29

Gian Claudio

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Gian Claudio
Acura di Giorgio De Stefanis

PRESENTAZIONE


Può una persona nata e cresciuta nella paura, nell’insicurezza, nella timidezza,

di salute cagionevole, desiderosa di una vita appartata, fare grandi cose?


 Probabilmente molte volte nella sua vita ha detto, o pensato, “no, io non sono capace/degno, gli altri sono più bravi!”


Noi:
Ci conosciamo?
Abbiamo i nostri progetti?

Ma li abbiamo verificati con quelli di Dio?

INDICE

1- Traccia di riflessione per gruppi
  • Attualizzazione
  • Momento di silenzio
  • Dibattito     
2- Il suo patrimonio spirituale
  • Introduzione
  • Momento di silenzio
  • Dibattito  
3 - Approfondimento per l'animatore torna alla Rubrica


1 - TRACCIA DI RIFLESSIONE

PER GRUPPI


ATTUALIZZAZIONE


    JEAN CLAUDE è venuto al mondo in una famiglia numerosa (nove figli), modesta ma dignitosa e che possedeva una sana religiosità.

    Questa partenza normale era un buon presupposto per formare una persona serena e felice, ma ben presto le cose si complicano. Il Padre è sospettato di essere simpatizzante degli avversari politici del gruppo che ha preso il potere, e deve nascondersi nei boschi per quattordici mesi. In casa, oltre ai problemi della sua assenza si aggiunge lo stress legato al timore per la sua vita. E’ una situazione analoga a quella che, ad esempio, hanno vissuto molti bambini in Jugoslavia negli scorsi anni.

    Questo difficile periodo si conclude, torna la serenità in famiglia, JEAN CLAUDE ha cinque anni. Ma un nuovo dramma si abbatte su questa famiglia: nel breve periodo di venti giorni la Mamma e poi il Papà muoiono.

    Non è proprio fortunato questo bambino! Già era timido di suo, poi vivere in queste situazioni di paura, insicurezza, sofferenza possono indurre chiunque a chiudersi in se stesso, a piangersi addosso. Di fronte a questi avvenimenti qualcuno avrà certamente pensato che“avrebbe dovuto farsi benedire”!

    Fortunatamente uno zio si prende cura dei bambini.Ma la governante, che concretamente si occupa di loro, è ossessionata da manie religiose, dal peccato, dalla penitenza e dalle confessioni.
    Non era certo questa la figura femminile di cui JEANCLAUDE aveva bisogno, per sopperire alla mancanza della Madre! Diventa così sempre più triste e solitario, amante della riservatezza e dell’isolamento e desideroso di una vita nascosta dagli altri, a stretto contatto con Dio e con la natura.
   
    In questa situazione è naturale che sia attratto dalla figura della Madonna, alla quale la Madre lo aveva affidato, assieme ai fratelli, in punto di morte.
    A quattordici anni cerca, probabilmente, di colmare l’insicurezza, il vuoto e la sofferenza entrando con il fratello in seminario. Egli non pensa al sacerdozio, ma a qualcosa di nascosto: fare l’eremita!
    La vita non facile del seminarista, che si aggiunge alla debolezza già accumulata nel suo fisico, fanno sì che caduto gravemente malato sia rimandato a casa. Riceve l’unzione degli infermi!

    Non possiamo che dire: per fortuna è intervenuto il Buon Dio! Ora potrà percorre una strada più “normale”; fatta di affetti umani,insomma più vicina ai suoi bisogni.

    Quali considerazioni si possono fare sull’adolescenza di JEAN CLAUDE e sul suo futuro?
 dal punto di vista:
  • umano
  • di fede

Sorprendentemente supera la crisi, e la vita riprende! Come?

    Torna in seminario, non più per fare l’eremita, ma per entrare in una famiglia monastica. E’ sempre la scelta di chi cerca la solitudine, la riservatezza, l’isolamento, la “grandezza delle piccole cose”.
    Continua a non ambire al sacerdozio, che ritiene una vocazione troppo alta per lui, che si sente incerto. Il suo “piccolo progetto”, condiviso da altri seminaristi, è quello di vivere in una comunità religiosa ispirata da principi d’azione e di contemplazione, ad imitazione di Maria!

    Ciò significa realizzare la “santa femminilità” che porta alla salvezza. Dio nel suo infinito amore è stato anche “mamma” per noi: sempre vicino, sempre discreto, sempre pronto a perdonarci! Probabilmente JEAN CLAUDE ha fatto l’esperienza della “maternità”di Dio, molto prima di tanti altri credenti.

    Abbiamo mai pensato alla testimonianza data da Maria? A tutti noi, ma in particolare rispetto ai valori “maschilisti”, cosa ci propone?

    JEAN CLAUDE vive in un ambiente scristianizzato e a volte ostile, perché crede in valori diversi e contrari alla fede. Una situazione che, pur nascendo da presupposti diversi dagli attuali, si concretizza anch’essa in una società carente divalori etici, morali e religiosi. Lui e altri seminaristi continuano sognare una congregazione che s’ispiri a Maria. Ma, come accade spesso nella vita, ben presto si separano e lui, diventato sacerdote, è mandato in aiuto del fratello, parroco di campagna. Non è un’esperienza facile per una persona come lui, introversa e timida, restia ai rapporti con gli altri e incapace di rendere interessanti le prediche e i discorsi; ma riesce a sciogliersi grazie al fratello e alla gente cordiale del paese. Nel quale, dopo un certo tempo, riesce adinserirsi profondamente.

    Che una comunità accolga un proprio pastore e lo aiuti a crescere, credo sia qualcosa su cui dovremmo positivamente riflettere!

 




    Il sogno di una congregazione che s’ispiri a Maria non è stata abbandonata, anzi ha trovato nuovi adepti. Egli abbozza una Regola, ma deve affrontare l’opposizione della curia locale ed il disinteresse di quella romana. Inoltre chi aveva lanciato inizialmente l’idea si allontana perché deluso dai contrasti.

    Gli affidano la predicazione delle missioni per rievangelizzare una vasta zona di parrocchie di montagna, da decenni non curata. Vi è ostilità nella gente, ma vivendo in mezzo a loro, soffrendo con loro, conquista la stima e l’affetto della popolazione; anche perché propone un cristianesimo nuovo e più vero, rispetto a quello che era stato prospettato in precedenza.

    Questo è uno dei momenti più felici della vita di JEAN CLAUDE, anche perché lo visse in collaborazione con un gruppetto affiatato di sacerdoti.

    Avevamo lasciato JEAN CLAUDE bambino, ora è un uomo con progetti, che vuole realizzare; prova delle delusioni, ma cresce come persona, aiutato dai fratelli in Cristo. Accetta di servire i fratelli, le fatiche su un fisico debole sono notevoli, la gioia di realizzare il progetto di Dio tra la gente di montagna è grande, il suo desiderio è comunque e sempre una vita lontana dai grandi avvenimenti.
    Quali considerazioni possiamo fare su questo periododella vita di JEAN CLAUDE ?
    Quali scelte di vita avreste fatto al suo posto?
Con i suoi condizionamenti fisici e caratteriali poteva ambire ad altro?

    Il successo pastorale gli fa piovere addosso delle responsabilità che lui non vorrebbe perché è sempre amante della vita appartata e nascosta. Anche fisicamente è provato dal periodo passato in montagna.
    Deve accettare la direzione del seminario della diocesi. E’ un periodo di contestazioni. L’esperienza personale e pastorale lo aiuteranno; egli sarà per gli studenti: deciso, coscienzioso, anche inflessibile ma pure tollerante, comprensivo e paterno, ma soprattutto rispettoso della loro personalità. I contatti tra il gruppetto iniziale di seminaristi, ormai preti, continua; ciascuno nel proprio ambito cerca di portare avanti il “progetto” e molti continuano ad aggiungersi.

    Nascono dei nuclei di fratelli insegnanti e di sacerdoti missionari ed insegnanti, ma nascono anche le invidie pertanto successo ed entusiasmo.

    JEAN CLAUDE è eletto Superiore di questi due nuclei.

    Questa Società, sognata con quattro rami: sacerdoti, suore, fratelli insegnanti e laici, costringe JEAN CLAUDE ad un viaggio a Roma per fare una richiesta di riconoscimento della stessa. Ma una Società a quattro rami non ha precedenti, ed è respinta. In cambio arriva la proposta di evangelizzare l’Oceania.

    Dopo tre anni è approvata la congregazione dei presbiteri, JEAN CLAUDE è eletto Superiore Generale e i primi missionari partono.


    Chi amava la contemplazione si trova ora ad affrontare nuove responsabilità: superiorato della società, tesoriere per le missioni, coordinatore delle attività del gruppo dei Padri. Per affrontare tutte queste difficoltà chiede a tutti i membri della Società d’essere uomini di forte fede e spiritualità. Dopo, cinque anni d’intenso lavoro decide di fermarsi per riflettere e dare un abbozzo alla Regola della Società, basata sulla massima di “vita occulta e sconosciuta” secondo il modello di Maria nella Chiesa primitiva.L’essenziale è l’annuncio evangelico, per il resto la consegna era andare dove gli altri non potevano o non volevano andare; disponibilità, la più ampia, per situazioni d’emergenza.

    Un nuovo tentativo di realizzare una congregazione con “quattro rami” è ancora respinto. Vista consolidata l’istituzione della Società di Maria JEAN CLAUDE chiede, in occasione del secondo incontro di tutta la congregazione, di potersi ritirare nella pace e nell’anonimato di una casa periferica; ma i confratelli non possono rinunciare ad una guida che ha usato l’autorità conferitagli come “servizio”.

Non capisco questo Dio!
   
    JEAN CLAUDE aveva bisogno di una famiglia “normale” e di un angolino da poter stare tranquillo; e invece che pesi gli ha caricato sulle spalle! E il libero arbitrio? E lo scegliere responsabilmente il proprio futuro?
    Quante volte pensate abbia detto a Dio: Signore non sono all’altezza di questi compiti! Ci sono tanti confratelli più bravi di me! Ci penseranno loro.

    Noi quante volte abbiamo risposto: non ho i talenti per farmi carico di quello che mi fai“guardare”, rivolgiti ad un altro!
   
    Questo periodo della vita avrebbe gratificato chiunque: comandare migliaia di persone, essere riverito dai potenti. Ma perché tutto ciò non lo esalta?

Adesso non capisco Lui!

    Molto penoso è stato per JEAN CLAUDE dover, in questo secondo mandato, sancire la fine del sogno marista di unaSocietà Religiosa di quattro rami, e lottare affinché questo avvenimento non disgregasse quanto di buono era stato ottenuto. Proprio Lui, che tanto aveva fatto per la sua realizzazione, ora poteva apparire come la persona che distruggeva quel poco che in quella direzione si era riusciti a fare. Furono momenti tristi e di  incomprensioni! Su JEAN CLAUDE pesarono anche i gravi problemi sorti nella missione dell’Oceania.

    I Fratelli insegnanti, le Suore Mariste, Suore missionarie della Società di Maria ora hanno una vita autonoma e così pure il gruppo laicale marista, che pur avviatosi per ultimo ha un’enorme espansione.

    La Società Marista è ormai consolidata e JEAN CLAUDE può pensare alle proprie dimissioni per dedicarsi alla stesura della Regola Marista e a dar vita ad un vecchio sogno ancora irrealizzato: la costituzione di un quinto ramo, quello contemplativo! Lui, che vive in tempi di ateismo e anticlericalismo, sente che solo attraverso la preghiera, la conoscenza e la contemplazione di Dio si può dare una risposta ai propri tempi.

    All’età di ottantacinque anni, nella serenità sognata per tutta la vita, JEAN CLAUDE si spegne circondato dall’affetto dei numerosissimi “compagni di viaggio”.


MOMENTO DISILENZIO
……………………………….. (5/10 minuti)


DIBATTITO

    I presenti sono invitati ad esprimersi liberamente su quanto ascoltato; mentre l’Animatore, attingendo ai supporti che seguono, conclude con un inquadramento storico

2 — IL SUO PATRIMONIO

SPIRITUALE


INTRODUZIONE

Si può sintetizzare in quattro punti:
  1. L’interiorità e cioè, l’unione con Dio, la preghiera, la meditazione, l’amore per la contemplazione, l’alternanza di periodi di lavoro con ampi spazi dedicati essenzialmente alla vita interiore.
  2. La povertà, il distacco dai beni materiali, dalla ricerca della rinomanza, del successo, delle amicizie potenti; il distacco dalla propria considerazione.
  3. La precarietà, cioè la disponibilità a quei servizi della Chiesa che danno meno soddisfazione e minore gloria, il sapere accettare la mancanza delle sicurezze e del sostegno di tutto ciò che conta nel mondo.
  4. La comunione era ciò che caratterizzava fortemente la Chiesa apostolica; la fraternità spirituale del Superiore, la comunione con il Papa, dovevano essere essenziali per la Società.

    Tutto questo aveva la sua base su una grande tradizione spirituale biblica; la povertà in spirito, l’abbassamento (kenosis) del Cristo nei suoi anni di Nazareth, lo spirito di infanzia.

    Un patrimonio che invitava i suoi discepoli a vivere senza far parlare di sé, nel silenzio, nel nascondimento come Gesù e Maria a Nazareth, seguendo Gesù Cristo, con abnegazione e con cuore indiviso e senza lasciarsi influenzare dalle tendenze mondane o dal desiderio del potere.

    La famiglia di Nazareth dovrà essere per i Maristi modello di vita, come lo sarà Maria presente nella Chiesa nascente.

    Purtroppo il suo progetto di Societas a più rami non era stato compreso e le famiglie mariste ormai vivevano come Congregazioni autonome. A loro si sarebbero aggiunte, sulla scia di una laica lionese, le suore Missionarie Mariste.

    Le quattro famiglie formano oggi la “Famiglia spirituale marista” che annovera circa 10.000 elementi senza contare ilaici.

Tratto da: Jean Claude Colin, un uomo al di là dei tempi” di P.Franco Gioannetti; collana “EROI” ed. Città Nuova”


MOMENTO DISILENZIO

……………………………….. (5/10 minuti)


DIBATTITO

    I presenti sono invitati ad esprimersi liberamente su quanto ascoltato; mentre l’Animatore, attingendo ai supporti che seguono, vivacizza gli interventi sulla figura umana e fede di JEANCLAUDE



3 - APPROFONDIMENTO

PERL’ANIMATORE


Chi era Jean Claude?

    Comprendere Jean Claude in tutti i suoi lati ed aspetti è compito proibitivo, data la complessità del suo carattere.

    Nato e cresciuto nella paura, nell’insicurezza, nella timidezza Colin riuscì in un’impresa di altissimo livello dando prova di carattere inspiegabilmente molto forte e di una volontà eccezionale. Religioso sconosciuto è stato padre di santi (St. Pierre Louis Chanel), di beati (Champagnat), di martiri.

    Schivo nei rapporti con gli altri, Claude riuscì a far di sé un uomo amatissimo, grazie al fascino che la sua persona emanava. Chiuso in se stesso divenne un formi­dabile predicatore, ricondusse alla fede intere zone della sua diocesi con discorsi appassionati e sinceri. Timido ed introverso fu capace nei momenti difficili di scoprire doti di combattività inimmaginabili a lui stesso.

    Psicologicamente, Padre Colin era senza dubbio un passionale: un uomo che si identifica con la sua opera e si concentra tutto negli scopi che si prefigge raggiun­gendo un livello di attività ed energia formidabile. Un uomo tenace nella sua umiltà e talora autoritario nello svolgimento dei suoi compiti. Un uomo impaziente ed esigente nei confronti degli altri cosi come nei confronti di se stesso.

    La complessità di animo di Colin fece di lui un uo­mo vincente. Il piccolo orfano, privo di affetti familiari ed amante della solitudine e della vita eremitica, riuscì a superare i suoi limiti, la sua insicurezza e la sua picco­lezza,realizzando con la sua grande volontà uno stru­mento evangelico destinato a lasciare un segno tangibi­le nella storia della Chiesa.

    Un progetto che sarebbe stato capito in pieno solo ai nostri giorni.

    La vera grandezza di quel piccolo orfano, diventato Fondatore di una famiglia religiosa ormai colonna por­tante dell'evangelizzazione cristiana, va ricercata nella sua spiritualità.
   
    Colin visse alla luce di Dio. Più lo si os­serva, più l'uomo Colin scompare ed emerge l'alone del­la sua potenza spirituale, di fronte alla quale doti e doni umani non esistono più perché sopraffatti dallo Spirito, così che possiamo dire, per assurdo, che egli si è annul­lato nella sua potenza di uomo tendente alla santità. Si è annullato in Dio con cui era in comunicazione. È Dio che gli ha suggerito le opere, lo ha spinto ad agire, ha mosso il suo cuore e ha donato alla sua mente la capacità di spaziare e rendersi valida in ogni campo dell'attività umana.

    È stata la mano di Dio che ha concesso a Colin di adattarsi come nessun altro alla sua difficilissima opera e costruire una Società imbevuta di questo stesso carat­tere. Il Card. Castracane disse di lui: «Nessun sacerdo­te che io conosca ha compreso questa era tanto profon­damente come il padre Colin. Spero che la Società che ha fondato non arrivi mai a perdere questa qualità».
    È stata la mano di Dio che ha insegnato a Claude come capire il prossimo ed entrare profondamente nel suo animo.

    La sua spiritualità, il suo amore per il Signore e per Maria, a cui affiderà nella Regola Marista il ruolo di Fondatrice della Società, la sua disponibilità al sacrifi­cio fanno di Claude un modello al di là dei tempi, è l'im­magine chiara e santa del marista che nella fede, nell'umiltà, nella capacità di aprirsi agli altri, si sacrifi­ca per la crescita del popolo di Dio e per la gloria del messaggio cristiano.

Tratto da: Jean Claude Colin, un uomo al di là dei tempi” di P.Franco Gioannetti; collana “EROI” ed. Città Nuova”

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Letto 2690 volte Ultima modifica il Martedì, 12 Gennaio 2010 16:50

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