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Sabato, 15 Gennaio 2005 10:50

Tre proposte: 3 - Il luogo ove Dio parla

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3 - Il luogo ove Dio parla

 

 

Dopo aver constatato l’orrore ispirato dal deserto, poi la sua rappresentazione demoniaca presso gli autori biblici, possiamo ora scoprire che il deserto è anche una realtà positiva: è una terra ove Dio è presente, un mondo di silenzio in cui Egli parla all’uomo.

La storia del popolo ebreo comprende una traversata del deserto, quello del Sinai, nel quale ha camminato per quaranta anni. Questa realtà, non può essere totalmente negativa. E nel deserto che il popolo sfuggito al Faraone ha sentito le parole di Dio.Nel deserto, Dio ha parlato ed è intervenuto per salvare il suo popolo.

L’intervento di Dio si manifesta per mezzo dell’opera di Mosè, dall’incontro con il roveto ardente (Es 3), fino alla sua morte sul monte Nebo (Deut 34). Prenderemo qui in esame soprattutto gli avvenimenti che si svolsero nel deserto, avvenimenti che sono rappresentati sia da azioni che da parole. In tutti questi avvenimenti, Dio manifesta la sua sollecitudine nei confronti di Mosè e del popolo ebreo, il che costituisce il motivo di una sempre rinnovata riconoscenza, espressa nella preghiera dei Salmi:

     “Egli inviò il suo servo Mosè,

     Aronne che Egli aveva scelto;

     Compì per mezzo loro i suoi prodigi

     I suoi portenti nella terra di Cam…

     L’Egitto si rallegrò per la loro partenza,

     e fu invaso dal terrore;

     Stese una nube per proteggerli,

     un fuoco per illuminarli la notte.

     Essi chiesero, e fece venire le quaglie,

     li sfamò con il pane del cielo;

     Aprì le rocce e le acque sgorgarono,

     nel deserto scorrevano come un fiume.

     Fece uscire il suo popolo con esultanza

     I suoi eletti con canti di gioia”

           Sal 105,26-27,38-41,43)

 

Un Dio vicino

     L’intervento di Dio nei confronti del popolo ebreo nel deserto si manifesta anche attraverso le parole della Torah, in particolare, le Dieci Parole (Es 20, Det 5) che sono la luce per camminare verso la felicità. Se Dio si manifesta in questo modo, è soprattutto in ragione di questa situazione di confronto con le forze del male che il popolo ebreo deve subire nel deserto; confronto che proseguirà lungo tutto il corso della sua storia, anche quando esso si sarà infine stabilito nella sua terra.Tuttavia, la vita passata nel deserto, resterà come simbolo di questo confronto permanente.

Il legame tra il deserto e l’intervento di Dio, risulta più evidente se si considera che nella lingua ebraica i due vocaboli ”parola”e “deserto” sono costruiti sulle tre lettere DBR. Così, nel Cantico dei Cantici la parola “deserto” acquista tutto un altro significato: luogo dal quale escono le parole, vocabolo tradotto con”bocca” ma che si potrebbe ugualmente tradurre con”parlatorio”. Si può così comprendere il legame messo in evidenza dal profeta Osea, tra il deserto e la parola rivolta da Dio al suo popolo simbolizzato da una sposa:

           “ed è perciò che la conquisterò,

            la condurrò nel deserto

            e parlerò al suo cuore” (Os 2,16)

 

Se dunque il deserto significava il confronto con le forze del male e la tentazione che ne deriva, allo stesso modo, in ragione dell’intervento costante di Dio nei confronti del suo popolo, il deserto potrà essere inteso come una situazione in cui l’uomo ascolta la Parola e scopre il cammino verso Dio.

Ed perciò che, per poter meglio ascoltare la parola di Dio, l’ebreo in preghiera, si rivolgerà a Dio, ponendosi in una situazione di “deserto”:

“Dio, sei tu mio Dio, io ti cerco,

la mia anima ha sete di te,

a te anela la mia carne,

terra arida, assetata, senza acqua” (Sal 63,2).

La ricerca di Dio è paragonata alla ricerca di questa acqua che disseta gli animali del deserto:

“Come una cerva anela ai corsi d’acqua,

così l’anima mia anela a te o Dio.

La mia anima ha sete di Dio, del Dio vivente,

quando vedrò il volto di Dio?” (Sal 42,2-3)


Dio, sorgente di vita

 L’ebreo che prega sa che l’uomo non vive solamente di pane, ma vive della Parola che esce dalla bocca di Yahvé (De 8,3). Un certo distacco da tutto ciò che occupa l’esistenza quotidiana è necessario per essere capaci di accogliere la Parola.

Poiché il deserto è il luogo in cui Dio parla agli uomini, è dunque nel deserto che Giovanni, figlio di Zaccaria e di Elisabetta, sarà inviato dopo il battesimo, per preparare la venuta del Messia, compiendo così la profezia di Isaia: ”Una voce grida nel deserto, aprite la strada a Yahvé, nella steppa, appianate il cammino per il nostro Dio…. allora la gloria di Yahvé si rivelerà e ognuno la vedrà, perché la bocca di Yahvé ha parlato” (Is 40,3 e 5). E dunque verso il deserto che si diressero i giudei di Gerusalemme e di Giudea per essere battezzati da Giovanni Battista nelle acque del Giordano, confessando i loro peccati(Mc 1,5).

Alla realtà del deserto, luogo ove Dio parla agli uomini, si trova così associata la realtà del silenzio, condizione indispensabile perché l’uomo sia in grado di ascoltare. Coloro che, negli eremi o nei primi monasteri cristiani, aiutavano i loro fratelli a incontrare e ad ascoltare Dio, indicavano nel silenzio e nella solitudine le componenti indispensabili della vita spirituale.

Letto 2890 volte Ultima modifica il Domenica, 10 Gennaio 2010 17:18

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