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Domenica, 08 Gennaio 2006 17:13

Lectio Es 17, 1-7

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L’acqua scaturita dalla roccia

Tutta la comunità degli Israeliti levò l'accampamento dal deserto di Sin, secondo l'ordine che il Signore dava di tappa in tappa, e si accampò a Refidim. Ma non c'era acqua da bere per il popolo.

 

Il popolo protestò contro Mosè: «Dateci acqua da bere!». Mosè disse Loro: «Perché protestate con me? Perché mettete alla prova il Signore?». In quel luogo dunque il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatti uscire dall'Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè invocò l'aiuto del Signore, dicendo: «Che farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!».

 

Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani di Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e và! Ecco, io starò davanti a te sulla roccia, sull'Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè così fece sotto gli occhi degli anziani d'Israele. Si chiamò quel luogo Massa e Meriba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo:«Il Signore è in, mezzo a noi sì o no?».

 

Rileggi con calma ed attenzione il testo sopracitato finché non abbia messo radici in te.

 

 

MEDITATIO

 

Nel deserto non solo Dio mette alla prova l'uomo ma an­che l'uomo mette alla prova Dio. Tutte le mormorazioni d'Israele, al di là della valutazione morale, mostrano un popolo che riven­dica di continuo l'intervento di Dio per trovare una risposta alla domanda che campeggia in que­sto episodio ma che fa da sfondo anche al pellegrinaggio di fede di ogni uomo: «Il Signore è in mez­zo a noi si o no?» (v, 7). .

La tappa di Refidim, la quarta del cammino esodico, viene se­gnata dall'«ordine che il Signore dava di tappa in tappa» (v. 1). Il narratore ci informa che è Dio stesso a stabilire la tabella di marcia dell'Esodo, configuran­dosi come il vero condottiero del suo popolo.

Sembra che i nomi geografici abbiano qui un valore ermeneu­tico, interpretativo, dell'evento narrato: Refidim significa "soste­gni", ad indicare la continua ri­cerca di sicurezza da parte del

popolo; questo stesso luogo si chiamerà Massa (''prova'') e Me­riba ("denuncia") per ricordare che in questo luogo Israele ha messo alla prova il Signore e ha denunciato Mosè. Nel v. 2b, in­fatti, Mosè usa questi due verbi ("mettere alla prova" e "denun­ciare") per definire l'azione in atto contro Dio e contro di lui. È ancora il problema dell'acqua a provocare la mormorazione ed è ancora a Mosè, visto come luogotenente e mediatore, che è rivolta la richiesta «dateci acqua da bere» (v. 2); la presenza di Aronne sembra essere implicita.

Questa stessa richiesta assume il tono dell'accusa e della polemica nel v.3: «Ci hai fatto uscire dall’Egitto per farci morire di sete nel deserto». Il momento è drammatico: il popolo si percepisce ormai prossimo alla fine, sono in pericolo i figli e il bestiame, segni della benedizione di Dio.

La protesta monta al punto che Mosè teme per la sua stessa vita: non solo viene contestata la sua opera fino ad allora compiuta ma addirittura si minaccia di lapidarlo (v. 4). «Che farò io per questo popolo?»: lo stesso Mosè, più che in altre circostanze, sembra essere sopraffatto dallo scoraggiamento. La tradizione deuteronomistica vedrà in questo stesso evento la causa della punizione di Mosè, che sembra qui disperare dell'amore di Dio: egli non potrà entrare nella terra promessa ma solo contemplarla dal monte Nebo a causa dell'incredulità (Dt 32,51).

L'intervento di Dio (vv. 5-6) consiste in un ordine dato a Mosè di compiere un gesto solenne, quasi liturgico: Mosè deve passare davanti al popolo, cioè riaffermare il suo ruolo di guida autorevole, seguito processionalmente dagli anziani d'Israele, che fungono da testimoni credibili, e deve recare in mano il bastone dei prodigi d'Egitto che è la reliquia tangibile delle opere compiute da Dio nei momenti più critici e qui assurge a simbolo della fedeltà del Signore. Questo stesso emblema della potenza e della fedeltà, percuotendo l'arida roccia, fa scaturire una sorgente zampillante che estingue la sete del popolo.

La spiegazione del nuovo nome dato alla località (v. 7) fornisce una chiave di lettura dell'evento. Israele in quel luogo ha messo alla prova Dio. N elle raccomandazioni del Deuteronomio

1'esperienza di Massa diviene il paradigma di ogni atteggiamento che voglia piegare Dio alle pretese umane: «Non metterete alla prova il Signore vostro Dio come lo metteste alla prova a Massa» (Dt 6,16).

Questo non significa tanto rinunziare a chiedere che Dio intervenga e mostri la sua provvidenza ma implica piuttosto il divieto di imporre a Dio i nostri progetti.

La nostra fede povera, soprattutto nell'ora oscura della prova, a volte esige dei segni e non è detto che Dio voglia negarceli, solo non dobbiamo pretendere di imporre a Dio cosa debba fare.

«Il Signore è in mezzo a noi si o no?». È la domanda che affiora inquietante quando siamo braccati dalla sete di felicità e di vita. È allora che dobbiamo imparare a percuotere col bastone del nuovo Esodo, la Croce di Cristo, l'arida roccia della nostra miseria da cui, nonostante tutto, può ancora scaturire l'acqua viva che Gesù stesso ci ha garantito (cfr. Gv 4,1-42).

È utile notare che Paolo individua in questo evento esodico la prefigurazione del dono dell'Eucaristia. Egli vede, infatti, nella nube e nel passaggio del mar Rosso gli eventi anticipatori del Battesimo (1Cor 10,1-2); nella manna e nell'acqua scaturita dalla roccia vede preannunciata l'Eucaristia: «Tutti (gli israeliti) mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevvero, infatti, da una roccia spirituale che li accompagnava e quella roccia era il Cristo» (1Cor 10,3-4).

Gli antichi commenti rabbinici ritenevano, infatti, che questa roccia zampillante acqua avesse accompagnato Israele durante tutto il cammino nel deserto (di qui si vedrebbe spiegata la duplicazione di questo episodio in Nm 20,1-13).

L'interpretazione paolina ci spinge a riconoscere nel Battesimo l'inizio del nostro personale cammino esodico di liberazione e nell'Eucaristia la fonte di energia perché questo cammino progredisca ed il segno efficace della presenza premurosa e fedele di Dio. Se, infatti, Israele nel suo esodo potè godere di quei doni divini, la Chiesa, comunità della nuova Alleanza ha nel sacramento dell'Eucaristia la garanzia della presenza di Colui che si è reso cibo e bevanda di vita per il suo popolo.

Dal momento che, però, l'atteggiamento sprezzante e ingrato di molti israeliti indusse Dio al loro abbandono, la Chiesa e il cristiano rischiano nel loro esodo di fare la medesima esperienza qualora non corrispondano adeguatamente alla discreta ma costante presenza di Dio: «Ciò avvenne come esempio per noi» (cfr. 1Cor 10,5-13). Ignorare questa lezione significa vanificare l'esperienza d'Israele e rendere sterile l'intera storia della salvezza. .

 

“Ora rileggi il testo ed applicalo a te stesso”.

Come reagisci nei momenti della prova?

Ed in quelli della delusione?

Ma sai leggere i segni di Dio nella tua vita?

O almeno ci provi?

 

Al termine della Meditatio puoi concludere con una preghiera, quella che la parola stessa avrà posto nel tuo cuore e sulle tue labbra.

 

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Letto 5937 volte Ultima modifica il Mercoledì, 26 Febbraio 2014 15:50

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