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Sabato, 28 Gennaio 2006 13:17

Lectio ( Es 16, 1-15)

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La Manna

 Levarono l'accampamento da Elim è tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin, che si trova tra Elim e il Sinai, il quindici del secondo mese dopo la loro uscita dal paese d'Egitto. Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne.

Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nel paese d'Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne; mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatti uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine».

 

Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina secondo la mia legge o no. Ma il sesto giorno, quando prepareranno quello che dovranno portare a casa, sarà il doppio di ciò che raccoglieranno ogni altro giorno». Mosè e Aronne dissero a tutti gli Israeliti: «Questa sera saprete che il Signore vi ha fatti uscire dal paese d'Egitto; domani mattina vedrete la Gloria del Signore; poiché egli ha inteso le vostre mormorazioni contro di lui.

Noi infatti che cosa siamo, perché mormoriate contro di noi?». Mosè disse: «Quando il Signore vi darà alla sera la carne da mangiare e alla mattina il pane a sazietà, sarà perché il Signore ha inteso le mormorazioni, con le quali mormorate contro di lui. Noi infatti che cosa siamo? Non contro di noi vanno le vostre mormorazioni, ma contro il Signore».Mosè disse ad Aronne: «Da questo comando a tutta la comunità degli Israeliti: Avvicinatevi alla presenza del Signore, perché egli ha inteso le vostre mormorazioni!»0ra, mentre Aronne parlava a tutta la comunità degli Israeliti, essi si voltarono verso il .deserto: ed ecco la Gloria del Signore apparve nella nube. Il Signore disse a Mosè: «Ho inteso la mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore vostro Dio». Ora alla sera le quaglie salirono e coprirono l'accampamento; al mattino vi era uno strato di rugiada intorno all'accampamento. Poi lo strato di rugiada svanì ed ecco sulla superficie del deserto vi era una cosa minuta e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l'un l'altro: «Man hu: che cos'è?», perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: «È il pane che il Signore vi ha dato in cibo.

 

La terza tappa nel deserto, dopo Maràh ed Elim, è collocata nel deserto di Sin.

Nelle due tappe precedenti è emerso il primo pressante problema della permanenza

del popolo in luogo desertico: l'acqua. Qui si impone l'altro evidente problema: il cibo. La soluzione di questo problema viene narrata in un episodio che occupa l'intero capitolo 16 e che si ritiene frutto di un lavoro a più mani e di epoche diverse, il che giustifica una certa ripetitività, soprattutto nella seconda parte (vv. 16-36), che insiste sull'osservanza del riposo sabbatico e rivela una preoccupazione sacerdotale.

Alla preoccupazione umana per il futuro, Dio contrappone la fiducia nella sua fedeltà e nella sua provvidenza.

 

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Il dono della Manna

Fissiamo ora la nostra attenzione sulla prima parte (vv. 1- 15). Dopo la precisazione geografica della terza tappa (v. 1), trova ampio spazio la mormorazione da parte del popolo rivolta contro Mosè ed Aronne (vv. 2-3). La mormorazione in questo caso non si limita alla lamentela sulla penuria di cibo, ma è una contestazione radicale dell'esodo dall'Egitto, mediante 1'affermazione di due paradossi.

l. Innanzitutto il popolo, ritenendo responsabili dell'accaduto Mosè ed Aronne «voi ci avete fatti uscire in questo deserto» legge nell'intera vicenda solo un evento umano, mettendo fuori gioco Dio, che ne è stato il vero artefice: Israele di fatto ancora non si sente guidato da ­Dio e confonde la mediazione umana con l'opera divina.

2. Il punto più patetico della mormorazione è dato dalla no­stalgia dell'Egitto e delle sue si­curezze; meglio essere schiavi, ma sazi, che liberi e morire di fa­me: desiderando l'Egitto sotto i morsi della fame, Israele rischia di azzerare il progetto di Dio.

Improvvisamente, senza che vi sia una mediazione di Mosè presso il Signore (ellissi), i vv. 4-5 riportano l'intervento di Dio. Sembra che la narrazione venga snellita e velocizzata per porre in risalto quanto stia a cuore a Dio intervenire. Il popolo raccoglierà un alimento provvidenziale («pane dal cielo»). Si tratta forse della resina granulosa di un albero, che ancora oggi è detto «albero della manna». In ogni caso que­sta raccolta è una prova per Israele: l'ordine di Dio è che se ne raccolga, di volta in volta, solo la quantità necessaria per un giorno, fatta eccezione per la vigilia del sabato. Alla preoccupazione umana per il futuro, e alla tendenza al­ l'accumulo, Dio vuole contrapporre la fiducia nella sua fedeltà e nella sua provvidenza. È ciò che Gesù, nuovo Mosè, avrebbe insegnato al popolo della nuova alleanza: "Per la vostra vita non affannatevi di quello che man­gerete o berrete e neanche per il vostro corpo, di quello che indos­serete... di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro che è nei cieli sa che ne avete bisogno» (Mt 6, 25-32).

 

Dopo aver letto il testo, rileggilo lentamente e con attenzione più volte fino a che esso penetri in te vi metta radici. Applica tutto/a te stesso/a alla Parola.

MEDITATIO

Il discorso di Mosè ed Aronne al popolo (vv. 6-8) è una confu­tazione dei due paradossi della mormorazione:

1. È Dio ad aver guidato 1'eso­do di Israele «Questa sera sapre­te che è il Signore che vi ha fatto uscire dal paese d'Egitto») e dun­que è contro di Lui che è rivolta ogni mormorazione (cfr. il ritor­nello nei vv. 7b.8b: «Noi che cosa siamo? Non contro di noi vanno le vostre mormorazioni, ma con­tro il Signore»).

2. La nostalgia e il rimpianto della sazietà dell'Egitto non han­no ragion d'essere perché Dio sta per dare «alla sera carne da mangiare e al mattino pane a sa­zietà» (v. 8a).

Nell'ora della prova sembrano compromessi la presenza e il ruolo salvifico di Dio. Pur avendo fatto tante esperienze della vicinanza di Dio, Israele stenta, ad abbandonarsi fiduciosamente alla sua premurosa provvidenza.

Nei vv. 9-10 si offre ad Israele la possibilità di guarire la propria incredulità: «Avvicinatevi alla presenza del Signore», a questo invito «essi si voltarono verso il deserto e videro la gloria del Signore nella nube» (v. lO). Anche 1'ora di maggior crisi, anche il deserto più ostile, diventano il luogo della manifestazione di Dio, l'occasione di sperimentare la sua presenza e il suo amore. Prima ancora che di mangiare, Israele sembra aver bisogno di vedersi Dio vicino: è ciò che Egli concede in questa epifania straordinaria nel cuore del deserto in una nube. Questa presenza trova la sua concretizzazione nel dono della manna e delle quaglie (vv. 11-15). Alcune ripetizioni nel testo sono attribuibili, come già ricordato, alla natura composita del capitolo.

Assicurando il cibo quotidiano, Dio si mostra ad Israele come il sovrano premuroso e previdente che ha cura del suo popolo. La manna accompagnerà il pellegrinaggio esodico fino all'ingresso nella terra promessa, quando gli israeliti mangeranno i frutti della terra di Canaan (Gs 5, 11-12).

La tradizione rabbinica ha visto nel dono della manna il più grande miracolo compiuto nell'Esodo. Per questa ragione, i giudei dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci chiedono a Gesù di rinnovare i prodigi dell'Esodo con il dono della manna, attendendosi che egli si riveli in tal modo come un nuovo Mosè (Gv 6,30-31).

Gesù supera quest'attesa ed afferma che Egli stesso è il pane dal cielo, di cui la manna era solo figura ed anticipazione: “In verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero (...). lo sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete” (Gv 6,32-35). Gesù è il vero pane perché più necessario del pane.

Nell’ora della croce egli offrirà il suo corpo come pane spezzato per divenire sorgente di vita: «Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,51). Ogni volta che la Chiesa celebra l'Eucaristia, si rinnova questo dono e il popolo della nuova alleanza riceve il Pane della Vita nel tempo del suo pellegrinaggio verso la terra promessa.

Ora sempre in silenzio leggi ancora il testo offerto qui sopra, in silenzio, senza fretta.

Quindi tutta la Parola applicala perché Dio parla a Te oggi.

Anche tu hai, avrai avuto, avrai delle preoccupazioni di vario genere.

Ti può accadere di volere delle sicurezze.

Puoi tendere ad accumulare delle “cose”.

Può anche accaderti di protestare con Lui o di lamentarti di LUI.

A queste varie realtà contrapponi o desideri contrapporre una vera fiducia nella sua fedeltà?

ORATIO

Quanto la Parola ti ha detto ora, trasformala in preghiera, non importa anche se è breve! È pur sempre qualcosa che sgorga dal tuo cuore.

Massimiliano Palinuro

 

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Letto 5239 volte Ultima modifica il Mercoledì, 26 Febbraio 2014 15:48

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