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Venerdì, 19 Gennaio 2007 11:20

C'erano una volta Giocondo e Tristano ...

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C'erano una volta Giocondo e Tristano ....

di Salvo Salviati

 

Vivevano una volta, in un paese non lontano da qui, due strani ometti.

Il primo, di nome Giocondo Sereni, abitava in una casetta tutta bianca, con la porta e le finestre d’un bel verde brillante e un bel balconcino sempre pieno di fiori. Sul tetto avevano fatto il nido gli usignoli.

Il secondo si chiamava Tristano Cupi.

La sua casa, proprio in fondo al paese, sulla strada del Cimitero, era fatta di solida pietra scura, con la porta e le finestre di quercia nera, sempre chiuse, anche durante le giornate più calde e luminose dell’estate. Gli unici fiori della casa, una pianta di crisantemi, nata spontanea accanto alla porta. Sul tetto sembrava si fossero date appuntamento tutte le civette della regione.

Il signor Giocondo era la persona più amabile del paese. Voleva bene a tutti, sorrideva a tutti, trovava tutto bello e tutto giusto, cercando la giustificazione di tutto. Non c’era una cosa che sembrasse dargli noia, niente che lo infastidisse, che lo urtasse. Niente che potesse togliergli il sorriso dalle labbra o che potesse strappargli un giudizio negativo.

Trovava meravigliosa la gente giovane e bella e interessante quella brutta.

Ammirava il ricco per la sua abilità nell’accumulare il denaro e chiamava fortunato il povero per la semplicità della sua vita. Trovava divertenti gli stupidi, interessanti e furbi gli imbroglioni. Riteneva premiate dalla sorte le madri prolifiche, ma diceva fortunate alle zitelle per la mantenuta libertà.

Il signor Tristano era un tipo completamente diverso. Trovava da ridire su tutto. Nessuno poteva dire d’averlo mai visto sorridere. Niente al mondo era giusto, ben fatto o riuscito. In tutto, anche nelle cose che agli altri apparivano perfette, trovava qualcosa di storto, di sbagliato.

I poveri gli davano la nausea, ma i ricchi gli facevano schifo. I sani erano degli incoscienti: gli ammalati di domani, che poi si sarebbero lamentati di quanto essi stessi si andavano procurando.

Il profumo dei fiori fa male alla testa, il sole rincretinisce, il freddo fa venire la polmonite, gli uccelli sono nocivi perché mangiano il raccolto e i cacciatori crudeli perché ammazzano gli uccelli. Su tutto insomma, aveva un giudizio negativo. Le sue parole erano poche, taglienti, dure, spesso anche giuste, ma sempre negative.

Logicamente gli abitanti di quel paese non avevano molta simpatia per il signor Tristano, anche se nessuno aveva mai avuto il coraggio di contraddirlo nei suoi giudizi, che, per quanto negativi fossero, erano sempre estremamente lucidi e motivati.

In compenso, col passare degli anni, anche il signor Giocondo aveva visto decrescere la simpatia degli altri nei suoi confronti. La gente non trovava più il piacere d’una volta nel ricevere i suoi sorrisi e i suoi complimenti. Non è simpatico a nessuno chi trova buono e giusto il tuo operato e poi apprezza in ugual misura quello che fa il tuo vicino, col quale non ti parli da anni. Un buon giudizio lusinga quando riguarda uno solo, o pochi. Quando invece riguarda tutti, finisce col non interessare nessuno.

Il signor Giocondo capiva lo stato d’animo dei suoi compaesani e , tanto per non smentirsi, lo trovava giusto. Anzi, il fatto che tutti ormai la pensassero alla stessa maniera nei suoi confronti, gli confermava che il paese era fatto di gente brava a sincera alla quale non si poteva non voler bene.

Le cose erano andate avanti così per anni. I due si conoscevano di vista e di fama, ma avevano sempre evitato ogni rapporto personale.

Tristano pensava che Giocondo era uno sciocco superficiale e Giocondo trovava Tristano commovente per tutta la tetraggine che era costretto a portarsi addosso.

Siccome gli anni passano per tutti e per tutti, indipendentemente dal carattere e dalle qualità personali, arriva il giorno della partenza, anche per i due ometti venne il momento d’andarsene da questa terra.

Destino volle che se ne andassero insieme, lo stesso giorno, quasi la scomparsa dell’uno rendesse inutile la permanenza dell’altro.

Al momento decisivo il signor Giocondo pensò che non era bello andarsene così da un mondo tanto bello e piacevole. Fu il suo primo pensiero triste e, guarda caso, fu anche l’ultimo.

Il signor Tristano ebbe invece il tempo di pensare che poteva considerarsi lieto d’andarsene da un mondo tanto sbagliato, al quale lui non aveva certamente lesinato critiche e rimproveri: e fu così che lasciò la vita con un piccolo sorriso sulle labbra: Il suo primo sorriso.

Essondosene andati insieme, furono messi a riposare uno accanto all’altro, nel piccolo cimitero a pochi passi dalla casa del signor Tristano. Sulla terra che copriva le loro nuove residenze, nacquero spontaneamente erbacce e margherite, quasi a formare una coperta che li riparasse entrambi.

La gente, passando lì davanti, non rideva più dei sorrisi di Giocondo e non temeva più i giudizi di Tristano, ma li ricordava. E nel ricordo li fondeva insieme, quasi si fosse trattato di una sola persona nella quale, bonomia e saggezza, severità e rigore, avessero trovato un raro, meraviglioso equilibrio.

Letto 2583 volte Ultima modifica il Venerdì, 29 Gennaio 2010 14:49

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