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Venerdì, 18 Luglio 2008 01:04

“A) IL GIORNO DEL SIGNORE”- Percorsi formativi “Città dei Ragazzi”:

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Meditazione e Preghiera

a cura del Centro di Spiritualità

“Città dei Ragazzi”

di P. Andrea Gasparino

 

A) IL GIORNO DEL SIGNORE

 

- Percorsi formativi

 

Senza la domenica non possiamo vivere

 

- Durante una violenta persecuzione dell’imperatore Diocleziano, (303 — 305 d.C.), ad Abitene, località della provincia romana detta Africa proconsularis (odierna Tunisia), 49 cristiani vengono imprigionati e condotti in tribunale. Alla domanda del proconsole Anulino che chiede a Emerito, uno di loro, se, contro l’editto dell’imperatore, si erano tenute nella sua casa le «assemblee», il martire risponde affermativamente, e aggiunge che non l’aveva impedito perché «Noi cristiani senza la domenica non possiamo vivere»

- Ogni vero cristiano nutre questa convinzione. Perché?

Necessaria una premessa.

- L’uomo ed i suoi interrogativi. Da sempre l’uomo si porta dietro i grandi interrogativi: “Chi è l’uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte?”. E in particolare: Con la morte finisce tutto? Cosa ci sarà dopo questa vita?”.

- Risposte della ragione Bisogna riconoscere che già la ragione umana dà qualche risposta che ci prepara ad accogliere le risposte della fede. Ad esempio non è difficile capire che la vita terrena, senza uno sbocco ultraterreno, non ha senso... La morte, poi, appare un limite inaccettabile al nostro istintivo e profondo desiderio di vita. Sentiamo che l’amore è più forte della morte, per cui ci rifiutiamo di pensare che le persone care che ci hanno lasciato siano finite nel nulla. Di conseguenza sentiamo il bisogno di ricordarle, di parlare con loro, di pensarle ancora vicine. Per questo visitiamo e orniamo di fiori le loro tombe. Tutte le culture e tutte le religioni hanno tenuto in alta considerazione il culto dei morti.

Questi argomenti però non ci bastano, abbiamo bisogno di risposte certe e sicure che ci può dare solo Dio, e che solo la fede può cogliere

- La Parola di Dio. Dice il libro della Sapienza: “Dio ha creato l‘uomo per l‘immortalità; lo fece a immagine della propria natura” (Sap 2,23). E San Paolo afferma con molta chiarezza: “Non vogliamo lasciarvi nell‘ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza. Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui” (1 Ts 4,13-14).

- Gesù, risposta definitiva. La risposta che cerchiamo ce la dà quel Gesù che si è fatto vedere vivo ai suoi Apostoli dopo la sua risurrezione, e ha inaugurato la condizione definitiva degli uomini dopo la morte, facendone partecipi tutti coloro che lo seguono, perché Egli è risorto come “primizia di coloro che sono morti! (1 Cor 15,20). Nella morte e risurrezione di Gesù abbiamo la prova convincente di tutto ciò che dovrà accadere per ciascuno di noi dopo questa vita terrena. Conte Cristo è risorto, anche noi entreremo nella vita definitiva con Dio.

Situazione precaria dell’uomo.

L’uomo è continuamente a rischio di dimenticare le grandi risposte della fede e di conseguenza, il senso profondo della vita. Le cause principali possono essere:

1I Le passioni disordinate (superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia, pigrizia) che tolgono all’uomo la vera libertà.

2. La pressione del paganesimo dilagante che mai come oggi ha avuto a disposizione mezzi di diffusione di grande efficacia.

3. Le tentazioni di satana che sa far leva abilmente sulle debolezze dell’uomo per trascinarlo in una situazione di avvilente schiavitù spirituale.

4. Anche le occupazioni, o meglio le preoccupazioni e i desideri e problemi quotidiani possono appesantire la vita e spegnere la speranza alta che Gesù ci addita. (Si all’episodio evangelico di Marta e Maria - Lc 10,38-42).

Il rimedio di Dio: il Giorno del Signore.

Dio, che conosce la nostra debolezza e le tentazioni alle quali siamo esposti, ci ha indicato come rimedio il Giorno del Signore, tempo che lui stesso ha fissato «per trasformare i momenti fugaci di questa vita in semi di eternità» (Dies D. 84).

E’ uno dei dieci comandamenti: Ricordati di santificare le feste.

- Per gli Ebrei il giorno del Signore era, ed è, il sabato. E’ importante considerarlo perché noi cristiani siamo figli della spiritualità ebraica.

- Era grande l’entusiasmo con cui Israele viveva il sabato. Già la sera precedente i pii israeliti entravano nel giorno del Signore, in un clima di grande festa. Anche la casa doveva essere ripulita, ed era la donna che dava il tocco della festa: profumava la casa, metteva la tovaglia bianca sul tavolo, accendeva la luce del sabato quando spuntavano le prime stelle e l’incaricato suonava il corno per far smettere il lavoro e dare inizio alla festa. Questa lampada doveva rimanere accesa fino alla sera del giorno dopo. (Ricordiamo come Luca termina la passione: “Già le luci del sabato erano accese...”)

E c’era, naturalmente, l’incontro nella sinagoga.

Questo era il clima in cui Israele viveva il sabato. Era il giorno in cui si privilegiavano i rapporti, con Dio e con i fratelli.

La Domenica.

- Per noi cristiani il giorno del Signore è la domenica, giorno della risurrezione del Signore. Non deve essere un “fine settimana” qualunque, ma l’inizio di una settimana nuova, un anticipo di quello che faremo in paradiso. Ogni particolare è importante, a cominciare dai segni esteriori, come ad esempio il vestito. C’è gente che si veste da festa per andare in ufficio lungo la settimana e la domenica si stravacca in pantofole... Questo vuol dire non avere il senso della festa. Tocca a noi cristiani comunicarlo, prendendolo in eredità da Israele.

- Santifichiamo la domenica con il riposo festivo e partecipando alla Celebrazione Eucaristica

* Riposo festivo. Consiste nel sospendere le attività ordinarie per dedicarci agli interessi più profondi ed essenziali della nostra esistenza (come un papà che al termine della giornata lavorativa si dedica alle cose sue e della famiglia...).

- Bisogna che la domenica torni ad essere il giorno nel quale trova grande spazio la gratitudine verso Dio, e nel quale la vita riacquisti quel respiro e quella bellezza che nei giorni feriali sono spesso inevitabilmente mortificati.

Non santifica la festa, per esempio, il giovane che passa la domenica a smaltire le fatiche notturne della discoteca. Non basta che vada a Messa alla sera dopo di aver dormito fino a mezz’ora prima!

Durante la domenica la famiglia deve trovare momenti per stare insieme, per radunarsi attorno ad una tavola imbandita, per andare a trovare i malati e per incontrare gli amici.

Santificare la festa vuol dire dare il respiro di Dio alla vita, toglierla dalle amarezze, dalla pesantezza, dalla meschinità in cui è costretta spesso nel resto della settimana.

 

Letto 3870 volte Ultima modifica il Sabato, 09 Gennaio 2010 15:34

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