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Lunedì, 30 Agosto 2010 20:54

I tempi sacri della Liturgia

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di: P. ADRIEN NOCENT O.S.B.

La liturgia è attività della Chiesa peregrinante sulla terra e vivente nel tempo; le sue celebrazioni come si dispiegano in uno spazio così si svolgono in un tempo. Come vi sono luoghi sacri in cui si riunisce l’assemblea, così vi sono i tempi sacri per le celebrazioni liturgiche.

 

Ma come il culto cristiano è, per sé, svincolato da spazi determinati, così esso non è “schiavo” di tempi o epoche imposte da necessità a lui estrinseche. S. Paolo riprende i Galati perché “osservano mesi, giorni e tempi e anni, confidando in questi elementi miseri ed impotenti” (Gal. 4,8—11). Libera da questa servitù, la Chiesa organizza il suo culto in giorni e secondo epoche che ricevono il loro vero significato dal rapporto con i grandi avvenimenti della storia della salvezza. Come già il popolo ebraico, così la Chiesa ha una concezione storica, e non cosmica, del tempo sacro.

 

1. La Pasqua e il senso della festa cristiana

 

L’avvenimento fondamentale del Cristianesimo è la Pasqua del Signore, cioè il suo passaggio dal mondo al Padre, nella dolorosa Passione e nella gloriosa Risurrezione. Con l’ingresso del Cristo nel Cielo hanno già inizio i tempi escatologici, i tempi ultimi annunciati dai Profeti. Con la Chiesa il Regno di Dio è già inaugurato e l’eternità è già inserita nel tempo. E’ iniziato il sabato etérno, diranno i Padri, affermando che il cristiano è sempre in festa, perché il Signore ha promesso di essere sempre presente offrendo ai suoi fedeli la possibilità di vivere sempre in unione con lui. Si arrivava persino a sostenere che per i cristiani è inutile organizzare feste; ma in ciò si vede una intenzione polemica contro i giudei e, specialmente, i pagani che riducevano tutta la religione alla osservanza delle feste sacre.

In verità la Chiesa apostolica ha un giorno, ogni sette, che vede la comunità raccolta per celebrare, nell’Eucaristia, la Risurrezione del Signore. Il primo giorno della settimana, chiamato ben presto giorno del Signore, domenica, diventa il giorno commemorativo della Pasqua. La domenica è così la festa cristiana per eccellenza. “Secondo una tradizione apostolica, che ha origine dallo stesso giorno della Risurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto giorni, in quel giorno che si chiama giustamente domenica. In questo giorno infatti i fedeli devono ritrovarsi insieme perché, ascoltando la Parola di Dio e partecipando all’Eucaristia, facciano memoria della Passione, della Risurrezione e della Gloria del Signore Gesù e rendano grazie a Dio che li ha generati nella speranza viva per mezzo della Risurrezione di Gesù Cristo dai morti (1 Pt 1,3). Perciò la domenica è la festa primordiale, e come tale sia proposta e fatta penetrare nella pietà dei fedeli, in modo che risulti anche giorno di gioia e di riposo dal lavoro” (C.L. art. 106).

Fra le domeniche dell’anno ha particolare rilevanza quella in cui si commemora con particolare solennità la Risurrezione del Signore, unitamente alla sua Passione (C.L. art. 102). Il “passaggio” del Cristo viene celebrato annualmente nel “triduum paschale” che, introdotto dalla Messa a ricordo della istituzione della Eucaristia il giovedì santo, occupa il venerdì santo nella commemorazione della Morte e culmina nella Veglia che, con la Messa, inaugura il tempo pasquale della gioia e della grazia. Le solennità pasquali sono il tempo privilegiato della liturgia della Chiesa. Da esse prende avvio il tempo pasquale di cinquanta giorni, concluso dalla festa di Pentecoste. La Chiesa si prepara alla celebrazione del mistero pasquale con la Quaresima.

La Pasqua, tanto nella celebrazione settimanale che in quella annuale, è la festa cristiana per eccellenza. Il riferimento alla domenica si organizza la settimana, in cui risalteranno i giorni di mercoledì e venerdì, legati, secondo antichissima tradizione, alla passione del Signore. Ancora oggi il venerdì, con l’impegno di mortificazione, richiama a tutti i cristiani il sacrificio della Croce. Nelle quattro Tempora, mercoledì e venerdì hanno speciale liturgia eucaristica. Sulla Pasqua annuale si organizza, come abbiamo visto, il ciclo liturgico principale.

La Chiesa però non si sofferma solo nella meditazione degli avvenimenti pasquali del Signore. “Nel corso dell’anno poi, distribuisce tutto il Mistero di Cristo, dall’Incarnazione e dalla Natività fino alla Ascensione, al giorno di Pentecoste e dell’attesa della beata speranza e del ritorno del Signore” (C.L. art. 102). Questa attesa ha la sua espressione liturgica nell’Avvento, che prepara la festa del Natale. La celebrazione del Mistero della “venuta del Signore nella carne e nella gloria” (Natale ed Epifania) costituisce il secondo ciclo liturgico dell’anno.

Lungo l’anno la Chiesa celebra le feste della Vergine Maria, Madre di Gesù, e dei Santi. In queste feste non si perde di vista il mistero centrale del culto, che viene visto nella sua concreta realizzazione in Maria e nei Santi. “Nella celebrazione di questo ciclo annuale dei misteri di Cristo, la Santa Chiesa venera con particolare amore Maria Santissima Madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera della salvezza del Figlio suo... La Chiesa ha inserito nel corso dell’anno anche la memoria dei Martiri e degli altri Santi... Nel loro giorno natalizio infatti la Chiesa proclama il mistero pasquale realizzato nei Santi che hanno sofferto con Cristo e con Lui sono glorificati. . .“ (C.L. art. 103 — 104).

Tutte le feste della Chiesa hanno quindi qualche rapporto con la Pasqua del Cristo, poiché proclamano la realizzazione del mistero pasquale in un avvenimento o in una persona (Maria o i Santi), e ne assicurano l’attuazione nella comunità ecclesiale.

 

2. Il giorno liturgico

 

La celebrazione di una festa si concentra in una o più azioni sacre, ma per sè caratterizza tutta una giornata. L’elemento base della divisione del tempo liturgico è il giorno, preso nella sua determinazione cronologica corrente: dalla mezzanotte alla mezzanotte ma in pratica si è tornati alla concezione giudaica dalla sera del sabato alla mezzanotte della domenica. Ciò che differenzia il giorno liturgico da quello profano é l’insieme delle azioni liturgiche compiute dalla Chiesa, allo scopo di santificare lo scorrere del tempo. Queste azioni sono principalmente: il Sacrificio eucaristico e la preghiera pubblica della Chiesa, l’Ufficio divino.

“L’Ufficio divino, secondo la tradizione cristiana, è ordinato a santificare tutto il corso del giorno e della notte per mezzo della lode divina” (C.L. art. 84).

Le diverse “ore” di cui si compone si distribuiscono nella giornata con questo ordine: “Le Lodi, come preghiera del mattino, e i Vespri, come preghiera della sera, sono il duplice cardine dell’ufficio quotidiano, e perciò debbono essere ritenute le ore principali e come tali celebrate.”; durante il giorno le “ore” di Terza, Sesta, Nona, corrispondenti alle ore 9, 12, 15, sono chiamate “ore minori”; Compieta chiude la giornata. L’ora di mattutino è celebrata durante la notte, nelle comunità che hanno il coro; ma essa sarà riformata in modo da poter essere recitata convenientemente nel momento più opportuno della giornata. (C.L. art. 89)

La Messa può essere celebrata in ore diverse, per la comodità dei fedeli. In questi ultimi anni si sono introdotte le Messe vespertine, anche nei giorni feria li. I giorni liturgici in cui non si celebra una festa (del Signore, di Maria, o di un Santo) prendono il nome di “ferie”. Col nome di “vigilia” si intende un giorno liturgico che precede una festa, ed ha nei riguardi di questa ruolo di preparazione. Alcune feste (Natale, Pasqua, Pentecoste,) hanno un’ottava, quasi prolungamento per una settimana della meditazione e della gioia della Chiesa.

La liturgia santifica il giorno con l’ufficio divino, la cui recita è doverosa solo per i sacerdoti ed alcune comunità religiose. Da esso non sono però esclusi i fedeli. “Procurino i pastori d’anime che le “ore” principali, specialmente i vespri, siano celebrate in chiesa con la partecipazione di tutti, nelle domeniche e nelle feste più solenni. Si raccomanda che gli stessi laici recitino l’Ufficio divino o con i sacerdoti, o riuniti tra loro, e anche da soli” (C.L. art. 100).

Il Concilio auspica che si componga qualche piccolo “ufficio”, sullo schema del l’ufficio divino.

Nella pietà cristiana ci sono altre forme semplici per santificare la giornata, nei momenti principali del suo svolgimento. La “Didachè”, libro della fine del primo secolo, prescrive ai cristiani di recitare il Pater al mattino, a mezzogiorno e alla sera. Anche la recita dell’”Angelus”, in questi tre momenti, associa i fedeli ad una comune preghiera nel ricordo dei misteri della Incarnazione e Redenzione (specialmente nella orazione).

 

3. Tempi e feste dell’anno liturgico

 

Il “Codice delle rubriche” del 1960 ha introdotto una divisione più logica dell’anno liturgico, ed una terminologia più significativa. Il documento conciliare prevede la possibilità di una riforma, “conservando o riprendendo gli usi e le disposizioni tradizionali dei tempi sacri, secondo le condizioni della nostra epoca”. Si raccomanda che si “mantenga la natura originale delle feste per alimentare debitamente la pietà dei fedeli nella celebrazione dei misteri della Redenzione cristiana, ma soprattutto nella celebrazione del mistero pasquale.” (C.L. art. 107). E’ opportuno conoscere la divisione dell’anno liturgico secondo il Messale romano attualmente in vigore.

 

A) Tempo di Avvento

 

B) Tempo natalizio, che comprende:

a) Tempo di Natale, dai primi vespri di Natale, sino al 5 gennaio

b) Tempo dell’Epifania, dai primi vespri dell’Epifania, sino al 13 gennaio (Commemorazione del Battesimo di Gesù).

 

C) Tempo quaresimale, che comprende:

a) il Tempo di Quaresima, dal mercoledì delle ceneri al sabato avanti la prima domenica di Passione

b) il Tempo di Passione, che include la Settimana santa e, in questa, il “triduum sacrum”, comprendente il Giovedì, il Venerdì e Sabato santi. Il “triduum”, e perciò tutto il tempo quaresimale, ha termine prima della Messa della Veglia pasquale.

 

D) Tempo pasquale, che inizia con la Messa della Veglia pasquale e si estende sino al sabato dell’ottava di Pentecoste, e che comprende:

a) il Tempo di Pasqua

b) il Tempo dell’Ascensione, dai primi vespri dell’Accensione sino alla vigilia di Pentecoste

c) l’Ottava di Pentecoste, dai primi vespri di Pentecoste sino al sabato successivo.

 

Non vi è quindi un Tempo di Pentecoste, ma una serie di domeniche “per annum” che si numerano a partire dalla Pentecoste.

Le feste dei Santi si succedono secondo il calendario liturgico, in giorni fissi dell’anno. Esse possono quindi sovrapporsi alle domeniche o cadere in importanti periodi liturgici. In alcuni secoli le feste dei Santi avevano acquistato tale importanza da eliminare la liturgia domenicale e quella quaresimale.

Il Vaticano II afferma: “L’animo dei fedeli sia indirizzato prima di tutto verso le feste del Signore, nelle quali, nel corso dell’anno, si celebrano i misteri della salvezza. Perciò l’Ufficio proprio del tempo abbia il suo posto conveniente sulle feste dei Santi, in modo che sia debitamente celebrato l’intero ciclo dei misteri della salvezza”. (C.L. art. 108). Dato il gran numero dei Santi sempre crescente, il Concilio ha disposto: “Perchè le feste dei Santi non abbiano a prevalere sulle feste che commemorano i. misteri della salvezza, molte di esse siano lasciate a ciascuna Chiesa particolare o Nazione o Famiglia religiosa; siano invece estese a tutta la Chiesa soltanto quelle che celebrano Santi di importanza universale” (C.L. art. 111)

 

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