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Martedì, 14 Aprile 2015 21:07

La Pace Messianica

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nel Sal 72 e in Is 11,1-9

di Mario Cimosa

In un momento storico nel quale sentiamo nuovamente rullare i "tamburi di guerra"

mi è tornata alla mente questo articolo letto tempo fa, ma che è sempre uno "squillo di speranza" per il genere umano.

Nello sviluppo della linea messianica dell'AT il Salterio occupa un posto privilegiato. Alcuni Salmi riprendono i motivi della promessa messianica di Natan a Davide (2 Sam 7).

Tra questi il Sal 72 (71} che sviluppa il terna della missione del re, una missione di giustizia e di pace, occupa un posto importante. Si tratta di un canto regale di epoca isaiana. La figura del re ha, come nel libretto dell'Emmanuele di Isaia, connotazioni religiose e messianiche e prepara le interpretazioni successive nella linea messianica.

Isaia poi descrive nei tre oracoli dell'Emmanuele un ritratto sempre più preciso del re-messia futuro che culmina nel terzo oracolo (Is 11,1-9) dove si parla di un germoglio che esce dalle radici di Iesse e che realizzerà un regno fondato sulla giustizia e sulla pace.

In questo breve studio mettiamo a confronto i due ricchi testi,1 mostrando come in essi dialogano e si integrano a vicenda la giustizia e la pace, per cui non ci può essere la seconda se manca la prima: « opera della sedaqah sarà il shalôm » (Is 32,17). Ci sono altri due testi poetici, proprio in Isaia, nei quali sedaqah (« giustizia ») sta in parallelo con shalôm (« pace ») e sono Is 48,18: « simile a un fiume sarebbe divenuto il tuo shalôm, e la tua sedaqah come le onde del mare » e Is 60,17: « costituirò il shalôm come tuo sovrano e la sedaqah come tuo governatore ». Sono qui in parallelo non solo le due realtà ma anche i due termini.

II Salmo 72 (71)

Sul valore « messianico » del Salmo 72 (71), prima ancora che i critici ne vedessero la messianicità esplicita o implicita, diretta o indiretta si pronuncia S. Agostino, il quale fa sul sottotitolo « di Salomone » questa riflessione interessante per la prospettiva dalla quale noi vogliamo leggerlo: « Le cose cantate in questo salmo si adattano meravigliosamente a Cristo Signore. Si comprende pertanto che anche il nome di Salomone è usato in senso figurativo, in modo che si intenda Cristo: Salomone significa, infatti, "pacifico", e tale vocabolo si adatta perfettamente e veramente a Cristo... Poiché dunque abbiamo trovato il vero Salomone, cioè il vero "re di pace", prestiamo attenzione a ciò che in seguito il salmo ci insegna ».2

In cinque scene che si richiamano a vicenda il Sal 72 (71) insegna che nel regno messianico domineranno la giustizia (di Dio e del re), una giustizia eterna, universale, destinata ai poveri e agli umili, che produrrà il shalôm (la pace messianica) sintesi di tutti i beni donati ad ogni uomo.

I primi quattro versetti danno l'annuncio dei temi principali:

« O Dio, dona al re le tue leggi,

a questo sovrano un giudizio come il tuo.

Governi il tuo popolo con giustizia

e difenda i tuoi poveri con giusti giudizi.

Per questa giustizia anche monti e colline

diano al popolo la pace.

Il re difenda il diritto dei poveri,

salvi i bisognosi e schiacci i violenti ».

Interessante il contenuto concreto di sedaqah (« giustizia ») shalôm (« pace ») descritto nei vv. 15-17:

« ...Abbondino le messi nel paese,

ondeggino sulle cime dei monti

rigogliose come sul Libano.

Le città siano fiorenti come prati verdeggianti... » (v. 16).

Fermiamo l'attenzione sui due termini sedaqah (« giustizia ») e shalôm (« pace ») e sul loro rapporto reciproco.

La radice sedaqah ricorre nella Bibbia più di frequente, se si eccettua il libro dei Proverbi (94 volte), nei Salmi (139 volte) e in Isaia (81 volte). Il termine shalôm nei libri dell'AT ricorre più di frequente proprio in Isaia (29 volte) e nei Salmi (27 volte). Già è assai significativa la grande frequenza dei due termini nei due libri di cui ci occupiamo.

Il Sal 72 (71) comincia con la parola « Dio » da cui inizia ogni giustizia. La giustizia che il re messianico eserciterà ha la sua radice nella giustizia di Dio. Quella di Dio e quella del re unite assieme assicureranno al popolo una pace sicura (v. 3)

Il v. 3, che noi traduciamo: « per questa giustizia anche monti e colline diano al popolo la pace », ha dato luogo a due inter-pretazioni del senso di shalôm. Alcuni lo riferiscono alla fertilità del terreno e altri alla pace nel senso stretto della parola tenendo conto di altri testi come Is 11,6-9; 32,15-18; 45,8; 61,11; Sal 85,12. La pace, cioè la prosperità, l'abbondanza sono il risultato della giustizia.

Ma chi sono i primi destinatari di questa giustizia divina e regale? Sono i « poveri... i bisognosi » (v. 4); « il povero che grida aiuto, il misero che non trova soccorso... » (v. 12).

« Ai poveri, ai miseri, ai deboli, agli oppressi, alle vittime, il salmo dedica quattro versetti (vv. 4.12-14), ricchi di tutto il vocabolario ebraico della povertà. Si direbbe che il sovrano secondo il cuore di Dio non abbia in mente altra preoccupazione che quella di salvarli ». La giustizia consiste nel trattare gli uomini secondo il loro bisogno e il bisogno dei poveri non è quello dei ricchi. I miseri, gli oppressi, i calpestati devono essere difesi e protetti da coloro che usano contro di loro violenza, perciò « il re difenda il diritto dei poveri... schiacci i violenti... strapperà (i deboli e i poveri) dalla violenza e dal sopruso... » (vv. 4.14).

Soltanto la giustizia, quest'equilibrio, quest'ordine ristabilito dall'azione vigile e amorosa del re potrà produrre il shalôm: l'ordine perfetto delle cose. Per cui il rapporto che c'è tra sedaqah e shalôm è quello che c'è tra causa ed effetto. Perciò se il re sarà saddîq, cioè « riconoscerà le rivendicazioni emananti dalla comunità a cui appartiene e vi risponde »,5 nel suo regno ci sarà shalôm, pieno accordo o nel senso più ampio della parola, completezza, integrità, pace.

Riflettiamo un momento sul duplice strato o livello del Salmo, anzitutto quello letterale. Il suo Sitz-im-Leben è forse la liturgia, come si può vedere dal v. 15 in cui si prega per il re: « Abbia lunga vita! Si porti a lui oro di Saba, si preghi per lui in ogni tempo ». In secondo luogo quello messianico: il re ideale è servo del Signore (la prima parola del Salmo è, come dicevamo, « Dio ») e del popolo. Già il re di Giuda, a cui il Salmo primariamente si riferisce, ha come doni, tra altri, il benessere-shalôm e la capacità di far rivivere l'età dell'oro paradisiaca (Is 11,1-9). I carmi regali, tra cui il Sal 72, « oscillano » tra reale augurio e speranza utopica, tra messia (« consacrato » ora presente) e Messia (« consacrato » ideale).6 Perciò prima il giudaismo, poi il cristianesimo hanno sottoposto questi salmi a una rilettura messianica. Venuta meno la realizzazione di questi compiti affidati al messia dinastico restava la speranza nel Messia ideale.

La scelta di presentare insieme questi due testi: Sal 72 (71) e Is 11,1-9, in vista dell'insistenza di entrambi sulla dimensione sociale di giustizia e di pace, ci fa condividere le conclusioni del Ravasi, che riassume e fa sua tutta una corrente esegetica: « II Sal 72, perciò, è un canto regale dell'epoca monarchica isaiana o del VII sec. a.C., in cui la tipologia del sovrano acquista contorni sempre più nobili e religiosi preparando così la strada alle successive reinterpretazioni ».7

Isaia 11,1-9

L'oracolo si può dividere in tre parti: la prima descrive il germoglio e la sua relazione allo spirito del Signore (vv. 1-2); la seconda ne annunzia l'azione (vv. 3-5); l'ultima predice i beni futuri (vv. 6-9).

Nella prima parte notiamo la relazione che questo re futuro avrà con lo spirito del Signore, il cui dono al re è considerato da G. von Rad come uno dei tratti più originali della ideologia regale di Israele, per cui non ci sono paralleli né in Babilonia, né in Egitto e che manca anche nel Sal 72 (71) che abbiamo analizzato.

Nella seconda si descrive l'azione di questo re-messia che consisterà nell'esercizio di una giustizia perfetta. Al v. 4 ricorre il termine sedeq (« giustizia ») e, specificando ulteriormente quanto era già insinuato in Is 9,6, si dice chi saranno i destinatari di questa giustizia esercitata dal re. Sono i dallim (« gli oppressi ») e gli 'anawim (« i poveri») : quelli che non hanno appoggi e non possono difendersi.

L'immagine suggestiva del v. 5 indica che questa giustizia sarà perfetta: « la giustizia e la fedeltà saranno legate a lui come una cintura stretta attorno ai fianchi ». La giustizia (sedeq) e la fedeltà. L'immagine suggestiva del v. 5 indica che questa giustizia e la costanza nella sua applicazione saranno la veste e l'ornamento del Germoglio.

Nella terza parte i tempi futuri del messia vengono descritti come un ritorno al paradiso terrestre, come un'epoca in cui trionferà il shalôm (« la pace »). Il vero significato di questa pace universale, tra gli uomini e la natura si trova espresso al v. 9. È posto sulla bocca stessa di Dio: « Nessuno farà azioni malvagie o ingiuste su tutto il monte del Signore. Come l'acqua riempie il mare, così la conoscenza del Signore riempirà tutta la terra ». In questo nuovo paradiso non ci sarà più alcun male; esso avrà come centro il Monte Santo su cui Dio sarà presente.

« L'Emmanuele, che era stato presentato dal profeta come il segno di un'imminente liberazione da un pericolo immediato e come l'iniziatore di un'epoca che rinnoverà i segni gloriosi di Davide e di Salomone (Is 7,16-17), che diventerà in seguito l'artefice di una liberazione (Is 9,3-4) e causa di una grande gioia (Is 9,1-2), l'iniziatore di un regno glorioso (Is 9,6), appare ora come il re giusto per eccellenza, ricco di ogni dono dello spirito, che restituirà la felicità delle origini prima del peccato ».

Lettura cristologica dei testi

La missione del re d'Israele affidata a lui nel giorno dell'intronizzazione e descritta nel Sal 72 (71): essere costruttore di giustizia e di pace, non è stata mai concretamente realizzata da nessun re terreno in modo pieno e definitivo.

Perciò il Giudaismo lungo la sua storia ha dato al Salmo sempre un significato messianico. Per noi cristiani poi chi ha veramente realizzato questo compito messianico è stato Gesù di Nazaret.

Rileggendo infatti il Salmo alla luce del NT si vede come il suo contenuto è assimilato e vissuto dal Signore Gesù. Nei giorni della sua vicenda terrena è davvero « fiorita la giustizia e abbondato la pace » (Sal 72,7). Bambino, a Betlemme, ha ricevuto le offerte dei « re di Tarsis... dei re degli Arabi e di Saba... » (Sal 72,10). Durante la sua vita pubblica ha insegnato con la parola e con l'esempio che servire vuol dire regnare, e lo ha mostrato servendo per amore fino alla morte di croce. Si è identificato con il povero e con l'oppresso sollevandolo dalla miseria e dalla povertà. Ha fatto questo nei due momenti supremi della sua vita: nella nascita, da povero, a Betlemme; nella morte ignominiosa sulla croce, al Calvario. Al « ...della sua gloria è piena la terra » (Sal 72,19) fa eco Giovanni nel prologo del Vangelo: « Noi abbiamo visto e contemplato la sua gloria » (Gv 1,14).

L'impegno di Gesù per la salvezza dell'uomo, la sua prassi messianica hanno avuto come obiettivo la pratica della giustizia di Dio, che come fondamento ha l'equilibrio e l'ordine nel cuore dell'uomo attraverso la liberazione dal peccato, che è la radice di ogni sopruso e di ogni ingiustizia.

Tutto il Salmo si riferisce così al Cristo, al mite re di pace, al Gesù glorioso dell'ingresso solenne a Gerusalemme, al vero re che dinanzi a Pilato rivendica la sua dignità di re di giustizia e di pace, al Signore trionfatore sulla morte nella risurrezione.

Il Sal 72 (71) sintetizza perciò tutto il mistero di Cristo Salvatore.

Anche Is 11,1-9, se letto alla luce del NT, sembra offrire un perfetto « identikit » di Gesù di Nazaret.

Ripieno di Spirito Santo, anch'egli ha iniziato la sua missione pubblica a Nazaret, mostrando l'«oggi » della salvezza e dell'evangelizzazione dei poveri nella sua venuta di « unto di Spirito Santo » (Lc 4). Si è presentato come figlio di Davide, anzi più grande di Davide stesso. È il « germoglio » della radice di Iesse di cui parla il profeta. Con la sua parola e i suoi miracoli ha inaugurato quel regno di giustizia e di pace di cui parlava il profeta Isaia. Con la sua sapienza ha davvero riempito la terra. Come dice Paolo nella lettera agli Efesini: Gesù è la nostra pace; e lo è perché ha predicato e realizzato la giustizia, liberando l'uomo dalla schiavitù dell'egoismo, del peccato, dell'ingiustizia che sono la distruzione della pace nel senso più biblico e più umano della parola.

Il regno inaugurato da Gesù di Nazaret ha rovesciato la situazione degli uomini dando all'umanità quello a cui sempre ha aspirato, anche se molte volte l'ha visto solo come un'utopia: la pace. Prima gli uomini non si potevano vedere, erano nemici gli uni degli altri; ora invece non solo gli uomini, ma tutto l'universo creato ha partecipato a questo regno di giustizia e di pace. «Lupi e agnelli vivranno insieme in pace...» (Is 11,6-9). In questo regno più nessuno temerà nulla. Il nuovo re non « compirà imprese straordinarie ma restituirà l'impero della giustizia e farà degli umili già duramente oppressi (Is 1,17.23; 3,14ss) l'oggetto privilegiato delle sue illuminate decisioni ».9 Gesù, come Jahvè nell'AT, viene in aiuto ai poveri, è dalla loro parte. Toccare i poveri è come toccare Dio nella pupilla dei suoi occhi. Gesù è venuto per «evangelizzare i poveri» ed inaugurare un regno di giustizia e di pace.

Concludendo, nel Sal 72 (71) e in Isaia 11,1-9 il concetto di pace (shalôm) è così legato a quello di giustizia (sedaqah) che non può essere compreso senza di questo. La pace è il dono messianico per eccellenza, un bene essenziale in tutte le dimensioni dell'esistenza umana.

La Parola di Dio resta punto di riferimento anche per l'oggi: non è possibile costruire una pace vera e duratura, o meglio ancora, Dio non può fare questo suo dono a chi non si sforza di realizzare la giustizia, a chi non tende a ricostruire quell'equilibrio del cosmo e dell'umanità che è la giustizia di Dio.

Da "Parole di vita" 2/1985; visitalo!

 

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Letto 2929 volte Ultima modifica il Martedì, 14 Aprile 2015 21:52

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