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Venerdì, 06 Novembre 2020 18:33

LA DONNA CANANEA

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Prof. Dario Vota

In questi due brani di vangelo di Mc e Mt, Gesù incontra una donna straniera, pagana, greca, di origine siro-fenicia, con una caratteristica speciale che non ricorre spesso nei vangeli: è una mamma.

Le diversità tra i due brani sono dovute al fatto che i due evangelisti parlano a due comunità differenti: Mc si rivolge a pagani e Mt ad ebrei; in Mt vengono fatte alcune precisazioni, importanti per i suoi destinatari ebrei, rispetto alla tradizione del popolo eletto.

Il fatto si svolge in terra straniera, nella zona chiamata di Tiro e Sidone (l'attuale Libano), che dista dal lago di Tiberiade, da dove Gesù parte, una ventina di Km: l'equivalente più o meno di un giorno o due di cammino.

Gesù, dopo avere sfamato le folle con la moltiplicazione dei pani e "litigato" con i farisei su ciò che è puro o impuro, esce dalla Galilea; è stanco e amareggiato soprattutto per la disputa che ha avuto con i farisei e gli scribi venuti apposta da Gerusalemme per "criticarlo" riguardo alla sua non osservanza delle tradizioni cultuali esteriori (come il lavarsi prima di mangiare, ecc.).

Gesù se ne va, varca il confine, entra in una terra straniera ma forse considerata dagli ebrei ancora un po' loro in quanto Mt la chiama terra di Canaan, cioè in teoria appartenente al popolo eletto (perché assegnata da Dio nell' A. T. ). La zona era infatti abitata prevalentemente da pagani ma, molto probabilmente, anche da gruppi di ebrei. Le distanze sono limitate, e possiamo pensare che le vie di comunicazione con quel territorio fossero più di una e facilmente praticabili, anche per gli scambi commerciali che sicuramente si praticavano.

Per Gesù varcare il confine è anche preludio di un cambiamento, di un implicito aprirsi a nuove esperienze in terre e con persone sconosciute.

Esamineremo ora l'episodio considerando le differenze trai due evangelisti.

Mc dice: "Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto".

La sua intenzione sembra essere quella di starsene in pace con i suoi amici, nascosto a riflettere e riposarsi, non sembra avere intenzioni missionarie. La stanchezza del maestro e i suoi sentimenti di amarezza e delusione sono indici della sua piena umanità.

"Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi"

La sua fama ha valicato i confini della Galilea (c'erano infatti tra i seguaci di Gesù anche stranieri di quella regione) e questa donna, che era al corrente dei suoi miracoli, viene e si getta ai suoi piedi. Osa entrare in casa; lei, straniera e pagana, osa rompere le convenzioni sociali e le regole di purità cultuale imposte da Israele. Secondo il vangelo di Mc, è l'unico personaggio straniero che osa infrangere e trasgredire a queste regole; ma lo fa per un motivo più che valido e condivisibile: la guarigione della figlia.

"Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia"

Mc si dilunga nella descrizione della donna; dice infatti che è greca di lingua e di cultura, di origine siro-fenicia. Essere di cultura greca significava avere dei modi di vita simili al mondo greco, che implicavano l'appartenenza ad una classe abbiente, quindi anche ricca, e come donna godere magari di una maggiore libertà. Nello stesso tempo la sua origine siro-fenicia la qualificava in modo peggiorativo, perché gli appartenenti a quel popolo erano considerati dei trafficanti, un po' intrallazzoni, gente di cattiva reputazione, sicuramente pagana.

"E lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva ... "

Questi tempi dei due verbi, presuppongono un discorso tra di loro; in quale lingua però? Sappiamo che la donna parla il greco e Gesù l'aramaico: come si capivano allora, visto che per Mc non ci sono altri interlocutori? Possiamo pensare che Gesù, pur non parlandolo, capisse il greco in modo sufficiente e che la donna altrettanto capisse la lingua ebrea o, essendo vicino al confine, la parlasse addirittura. Resta il fatto che il colloquio avviene.

Il commento di Mt è invece diverso:

"Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: "Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio."

Si limita a definirla una donna cananea: con una sola parola la squalifica agli occhi degli ebrei. Essere "cananei" significava infatti appartenere a un popolo eterno nemico di Israele, con una religione crudele e idolatrica, profondamente disprezzato; soprattutto le loro donne erano considerate rischio di perversione e di allontanamento da Dio. Questa donna si mise a gridare: la sua voce, il suo grido, sono fastidiosi, disturbano; è il grido di una pagana che irrita la quiete di Gesù e dei suoi discepoli.

Per Mt, Gesù è per strada e con i suoi discepoli, non è solo e non è chiuso in casa. Questo cambio di collocazione facilita il discorso dell'evangelista, che rivolgendosi agli ebrei avrebbe avuto molte più difficoltà a giustificare l'irruzione di una donna pagana in una casa ebrea.

La donna grida: "Abbi pietà di me, Signore, figlio di Davide". La sua fede non conosce frontiere: lei pagana trova spontaneamente il più alto titolo della devozione ebraica, dimostrando una fede e una speranza che supera tutte le barriere. Essere chiamato "Figlio di Davide" da una pagana poteva irritare molto un israelita, che poteva sentirsi insultato anziché osannato, perché i pagani non avevano diritto di "contaminare" il popolo eletto; ma significa anche che la donna era a conoscenza della religione ebraica e conosceva il significato di questo titolo.

E lo chiama "Signore", titolo chiaramente messianico.

Questa donna inoltre ha una figlia gravemente malata, "posseduta da un demonio", e lei si rivolge a Gesù perché lo sa capace di liberare la propria bimba, avendo già compiuto per altri lo stesso gesto (es. l'indemoniato di Cafarnao Mc 1, 23-26 e anche l'indemoniato di Gerasa).

Questo incontro obbliga Gesù, volente o nolente, a verificare subito le sue tesi presentate ai farisei sul puro e impuro; infatti ella racchiude in sé tutti i caratteri dell'impurità: è donna, pagana e madre di un'indemoniata.

Essere indemoniati, posseduti da uno spirito immondo o maligno, era in sostanza la definizione di quella che oggi chiamiamo una malattia psichica o psicosomatica. Era considerato indemoniato chi era "pazzo", o anche soltanto in preda a esaurimento nervoso, oppure epilettico o con disturbi mentali. Queste persone erano scartate dalla società perché il loro male era imprevedibile e rendeva perciò il malato "inaffidabile", perché non era possibile prevedere le sue reazioni; il che rendeva anche molto difficile l'esistenza di chi gli era accanto, in questo caso la mamma.

Questa bimba ha un malattia che la taglia fuori dalla comunità, anche pagana, perché incute paura: è priva di sintomi palesi e per questo è attribuita al demonio. Si credeva inoltre che il demonio si annidasse tra i pagani. A ben guardare, sono entrambe queste persone, mamma e figlia, a soffrire profondamente nel corpo e nello spirito, individualmente e socialmente.

Questa donna straniera è dunque consapevole di non avere "diritti" per chiedere qualcosa a Gesù, ma la sua fede (ha senza dubbio sentito parlare di Lui e dei suoi miracoli) e il suo coraggio di mamma la spingono a chiedere la guarigione della figlia. Osa importunare un Rabbì, lo disturba, per chiedergli la guarigione da una malattia immonda.

"Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e Lo implorarono: "Esaudiscila, perché ci viene dietro gridondo!'",

Sempre seguendo Mt, Gesù non si irrita, ma semplicemente la ignora, come se non ci fosse; sono i discepoli che intervengono, seccati del suo insistere e gridare. La donna grida perché non ha altro mezzo per farsi sentire, e questo può essere visto anche come forma di preghiera del povero (come contemplato nei salmi: "Il Signore ascolta il grido del povero, del misero che non trova aiuto"). Questo grido insistente, dà fastidio ai discepoli, che intercedono per lei non troppo disinteressatamente. Falla smettere, dalle ciò che vuole, purché non ci disturbi.

Ma Gesù risponde ai discepoli dicendo: "Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d'Israele".

Questa risposta, udita chiaramente da lei, è una risposta dura, che la esclude categoricamente e fa sembrare chiuso lì il discorso, anche se con lei direttamente mai aperto; Gesù risponde indirettamente alle sue richieste con un rifiuto.

In Gesù questo è un atteggiamento perlomeno strano: non siamo infatti abituati a sentire un Gesù così tranciante, così xenofobo; di solito è lui che richiama all'accoglienza e alla misericordia.

Ad esempio, se leggiamo Le 7, 11-17 (la vedova di Nain), vediamo Gesù che si commuove di fronte al dolore di una mamma che ha perso il figlio e le dice: "Non piangere", ha compassione del suo dolore e le restituisce il figlio vivo. La vedova non aveva chiesto niente, è Gesù stesso che prende l'iniziativa. Ma questi, madre e figlio, erano israeliti. Egli manifesta in questo miracolo la sua misericordia e il suo potere di vincere la morte, anticipando così la sua risurrezione stessa.

Nel nostro caso si comporta esattamente all'opposto: questa mamma grida per farsi sentire e spiega che la figlia è crudelmente tormentata, cosa che dovrebbe intenerire Gesù, ed egli invece oppone un netto rifiuto a una madre disperata.

Ma non ha fatto i conti con ciò che può fare una mamma. La donna infatti non demorde, non si perde d'animo e insiste; conosce la fama di Gesù e ha fiducia. E' venuta da lui sicura di trovare aiuto.

"Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a Lui, dicendo: "Signore, aiutami!""

Chiamandolo "Signore", gli attribuisce in pieno il titolo messianico, cioè gli riconosce il potere divino, valore molto ben compreso dalla comunità ebraica della diaspora a cui Mt si rivolge. La donna si prostra ai suoi piedi in atteggiamento di supplica ma anche di adorazione. C'è chi dice anche che letteralmente, "si accuccia ai suoi piedi", quasi come un cane, che aspetta fiducioso una risposta dal padrone. La certezza di questa fede pagana è anche un richiamo alla fede distratta degli ebrei e nostra oggi.

La donna cambia atteggiamento: non chiede più pietà ma reclama un gesto, abbassa le pretese, attirando ancora di più l'attenzione, ma in questo modo dà ancora maggior risalto alla sua fede.

Le risposte dei due evangelisti sono uguali, anche se Mc fa precedere la risposta di Gesù con un cappello più gentile: "Lascia che prima si sfamino i figli", non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini".

In Mc Gesù sembra concederle una possibilità che viene però annullata dalla frase successiva.

Gesù questa volta le risponde, ma con durezza. Quelle che usa sono espressioni forti, che sembrano escludere la donna da qualsiasi diritto: non ha diritto di prendere, cioè sottrarre, togliere;ma non ha neanche il diritto di chiedere, non può avanzare pretese e il pane non va gettato, cioè sprecato per darlo a chi non ne è degno. Il pane inoltre, si getta solo agli animali, cani o galline per esempio, e questo indica in pieno la scarsa considerazione che ha Gesù per lei.

Tra gli israeliti, inoltre, il cane era considerato un animale immondo, ed essere paragonati ad esso era un grave insulto, un segno evidente di disprezzo. In Mt però già i verbi e gli atteggiamenti della donna evidenziavano il suo atteggiamento da "cane", quasi una preveggenza della donna al futuro paragone o al segno di disprezzo degli ebrei verso questo animale.

Dicendo: "Non è bene", il maestro esprime tutta la sua legalità, tutto il suo ebraismo. Si confà perfettamente alla legge. E' infatti la volontà di Dio salvare il popolo di Israele, e per questo Gesù è venuto e deve sottostare alla volontà del Padre, e la donna deve capire che non dipende da lui, deve perlomeno aspettare che prima si sazino i figli.

Se do qualcosa a te, lo sottraggo ai figli che ne hanno diritto, tu sei solo un cane e non ti spetta nulla, sembra dirle Gesù. Gettare il pane è inoltre un gesto dispregiativo: il pane si dona e non si getta.

Questa donna però non si scoraggia, neppure di fronte al rifiuto, resiste alla delusione e nonostante tutto intuisce, dietro l'intransigenza di Gesù, una presenza invisibile.

Anche se Gesù la tratta male - cosa normale per gli ebrei nei confronti dei pagani - la donna non pensa di abbandonare il campo perché è sicura di fare una giusta richiesta. Mentre supplica per un miracolo, è come difendesse un suo diritto. Mentre sembra solo mossa da un circoscritto dramma familiare, presta la sua voce a tutte le minoranze oppresse della storia. E' un'anticipatrice di tutti gli oppressi che chiedono giustizia.

Questo incontro opera però in Gesù un cambiamento, provoca una maturazione, un superamento di confine, una crisi di coscienza, che lo porta a considerare i gentili con altri occhi. Gesù sta acquistando una consapevolezza diversa, comincia a mettere in dubbio la sua precedente categorica affermazione di essere venuto solo per gli israeliti. Parlando a questa donna e guardandola, inizia con lei un rapporto di conoscenza che diventerà di stima.

Al centro dell'episodio non c'è tanto la guarigione della bimba quanto la questione dell'annuncio della salvezza per i pagani. Gesù è provocato da questa donna sofferente a chiedersi se ha diritto di essere aiutata, ed è lei stessa con la sua fede in Lui e l'amore per la figlia a chiarirgli le idee e fornirgli la risposta; la cananea non è una questuante, è consapevole dei propri "diritti" anche se non riconosciuti.

E' umile e fiera, non ha paura di confrontarsi e, incrollabile nella sua fede, risponde, per Mt: "Signore, anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei padroni".

Mentre Mc modifica leggermente: "Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli"

Risposta sorprendente quanto acuta e sostanzialmente uguale nel significato; ella dice in realtà: i cagnolini non sottraggono niente ai padroni o ai figli, mangiano gli scarti, ciò che andrebbe buttato e, anzi, ciò che non è neppure considerato, sono solo briciole. lo non chiedo per me ciò che spetta di diritto agli altri, mi accontento di ciò che essi scartano, che lasciano cadere senza accorgersene, che non serve più. Non voglio prevaricare il diritto di Israele, mi accontento di poco.

Mc però fa notare che i cagnolini sono sotto la tavola quindi fanno parte della "famiglia" per così dire e sono amici dei figli, soprattutto se bambini.

Mentre Mt per tre volte riporta la parola Signore pronunciata dalla donna, in Mc ciò avviene una sola volta: non solo in questo episodio ma in tutto il suo vangelo una sola volta Gesù viene chiamato "Signore" ed è questa donna pagana e impura a riconoscergli questo titolo divino.

E' la frase chiave, che suscita l'ammirazione di Gesù e gli fa cambiare opinione e programmi. E' lei che quasi impone a Gesù il miracolo. Non è offesa di essere paragonata ai cani, anzi sfrutta questa osservazione a suo vantaggio. Le briciole che cadono sotto il tavolo sono nutrimento, anche se in quantità minima, e raggiungono lo scopo di saziare. Per questo evocano il mistero del Regno di Dio che non viene misurato in quantità, ma come evento di salvezza è sovrabbondante e illimitato anche se in forma minuta. La salvezza che Gesù porta nel mondo è per tutti gli uomini, ed è questa donna a pretenderla e far sì che Gesù non sia solo per il suo popolo ma per tutti.

Gesù la ammira e la loda, e Mt riporta: "Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri". E da quell'istante sua figlia fu guarita." Gesù non è facile alle lodi, ma in questo caso fa un'eccezione. Sono ammirato dalla tua fede, mi hai convinto, hai fugato i miei dubbi, è giusto che sia così, te lo meriti, voglio che sia esaudito il tuo desiderio.

Mc dice: "Per questa tua parola, va', il demonio è uscito da tua figlia". Questa tua parola è diventata per me un annuncio. Questa tua pretesa era "sconveniente", ma tu, per fede e per amore e con la logica, hai saputo volgere a tuo favore la mia volontà.

Gli evangelisti non parlano di una sua replica, lei si fida.

Mc conclude: "Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n'era andato".

Trova la figlia coricata sul letto, il testo greco parla di klìne, che significa letto di tipo

signorile con materasso e coperte, cioè non solo un giaciglio (kràbatos) come avevano comunemente i poveri, coricata cioè in atteggiamento di quiete, di riposo, tranquilla, rilassata, e finalmente guarita.

L'esposizione di Mt è molto più esplicita di quella di Mc, perché il suo annuncio è rivolto agli ebrei. Quando Mt scrive il suo vangelo, la nazione-Israele non esiste più ( distrutta da Tito nel 70), l'episodio della cananea è di esempio per una fede nuova e intrepida, senza paura, che riunisce il Dio dell' A. T. in un unico Dio con Gesù.

Questa donna straniera è il prototipo di tutti i credenti, non solo per la sua fede, ma perché tutti noi cristiani dobbiamo sentirci un po' stranieri/ ospiti e nello stesso tempo fratelli verso ogni persona.

RIFLESSIONI

La costante di questo racconto è la preghiera, umile, gridata, contrattata, ma sempre piena di fiducia. Quante volte anche noi ci troviamo di fronte al silenzio di Dio o a quella che presumiamo la sua indifferenza? Questa donna dovrebbe essere per noi motivo di speranza nel perseverare sempre.

Questi brani ci parlano inoltre di coraggio e speranza, di diffidenza e di stanchezza, di fatica a cambiare opinione e accettare chi è diverso, di sofferenza e caparbietà, di giustizia e solidarietà.

Sono molto attuali, anche noi oggi abbiamo paura di confrontarci con gli stranieri, con i diversi e abbiamo paura di essere contaminati.

Attraverso il dialogo e l'informazione possiamo anche noi diminuire la diffidenza, talvolta anche molto giustificata.

L'insistenza di qualcuno può darci fastidio, ma può anche portarci grandi arricchimenti.

Gesù è stanco e vuole riposarsi; tante volte noi corriamo infaticabili senza sapere verso cosa, mentre invece il fermarsi è giusto per riflettere e meglio comprendere.

L'INCONTRO CON LA DONNA CANANEA

letture

Mc 7,24-30

24 Partito di là, andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto.

25 Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi.

26 Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia.

27 Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini».

28 Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli».

29 Allora le disse: «Per questa tua parola, va': il demonio è uscito da tua figlia».

30 Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n'era andato.

Mt 15,21-28

21 Partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone.

22 Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio».

23 Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro ~ridando!».

4 Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d'Israele».

25 Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutamì!-.

26 Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini».

27 «E' vero, Signore - disse la donna -, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro ~adroni».

28 Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita.

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