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Giovedì, 17 Dicembre 2020 11:18

Priscilla (con Aquila) In evidenza

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da I LA COLLABORAZIONE FEMMINILE

NELLA PRASSI APOSTOLICA DI PAOLO

prof. Dario Vota

DONNE NELLA LETTERA DI PAOLO AI ROMANI

PRISCILLA (CON AQUILA)


Le più antiche citazioni di questa donna (con suo marito) si trovano in due lettere di Paolo scritte negli anni tra il 55 e il 58 d.C. (quindi 25 anni o poco più dopo la fine della vicenda terrena di Gesù): 1Cor (scritta a Efeso nel 55 o 56 d.C.) e Rm (scritta a Corinto tra 56 e 58):

1Cor 16,19:

19Le Chiese dell'Asia vi salutano. Vi salutano molto nel Signore Aquila e Prisca, con la comunità che si raduna nella loro casa.

Paolo, nel mandare da Efeso, dove si trova, alla comunità cristiana di Corinto i saluti delle comunità (le "Chiese") dell'Asia minore, aggiunge i saluti di due persone, Aquila e Prisca, nella cui casa si radunano i cristiani di Efeso. Bisogna ricordare che nei primi tempi del cristianesimo non esistevano luoghi come le nostre chiese, e le piccole comunità di cristiani si riunivano in case private, grazie alla disponibilità di qualche persona o coppia che si faceva carico dell'ospitalità e spesso anche di sostegni economici alla comunità.

Rm 16,3-5:

3Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù. 4Essi per salvarmi la vita hanno rischiato la loro testa, e a loro non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese del mondo pagano.

5Salutate anche la comunità che si riunisce nella loro casa.

Dai saluti finali di Rm deduciamo che poco tempo dopo (uno o due anni) Prisca e Aquila si sono trasferiti da Efeso a Roma e qui continuano a svolgere un servizio missionario. Da Paolo ricevono, come si vede, dei grandi elogi:

1) sono anzitutto definiti "collaboratori", con un termine – συνεργοὶ (sunergòi) – che Paolo nelle sue lettere usa per indicare chi lavora con lui nell'impegno missionario; e non semplicemente qualcuno che "dà una mano" al responsabile della comunità cristiana, ma qualcuno che si assume pienamente il compito dell'apostolato con la consapevolezza di esserne stato chiamato da Dio;

2) è notevole il fatto che Prisca sia anteposta ad Aquila, cosa che sottolinea il ruolo forte che questa donna svolgeva: cosa non di poco conto nella mentalità antica;

3) Paolo dice che Prisca e Aquila hanno addirittura rischiato la vita ("la testa") per salvare la sua, e per questo tutte le comunità cristiane sorte nel mondo pagano devono essere loro grate; dunque non sono semplicemente persone che hanno "dato una mano" nella comunità, ma hanno messo tutta la loro vita di coppia nel ministero che, come coppia, si sono assunti nella Chiesa;

4) Infine i due sono un punto di riferimento della comunità cristiana che si riunisce nella loro casa.

Una ventina d'anni dopo questa due lettere di Paolo, verso l'80 d.C., Luca, autore degli Atti degli Apostoli, inserisce al cap. 18 della sua opera una serie di notizie su Priscilla e Aquila che ci permettono di ricostruire un quadro più ampio della vicenda di questa coppia di cristiani:

At 18,1-3.18-19.24-26:

1 Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto. 2Qui trovò un Giudeo di nome Aquila, nativo del Ponto, arrivato poco prima dall'Italia, con la moglie Priscilla, in seguito all'ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo si recò da loro 3e, poiché erano del medesimo mestiere, si stabilì in casa loro e lavorava. Di mestiere, infatti, erano fabbricanti di tende. (...)

18Paolo si trattenne ancora diversi giorni, poi prese congedo dai fratelli e s'imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. (...) 19Giunsero a Èfeso, dove lasciò i due coniugi e, entrato nella sinagoga, si mise a discutere con i Giudei. (...)

24Arrivò a Èfeso un Giudeo, di nome Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, esperto nelle Scritture. 25Questi era stato istruito nella via del Signore e, con animo ispirato, parlava e insegnava con accuratezza ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni. 26Egli cominciò a parlare con franchezza nella sinagoga. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio.

Da questi brani di At veniamo a sapere anzitutto che Aquila e Priscilla (qui chiamata col diminutivo, mentre Paolo la chiama Prisca) erano marito e moglie – lui ebreo della diaspora originario del Ponto (oggi Turchia del nord verso il mar Nero), lei non si sa (ma il suo nome era diffuso in Roma tra le famiglie aristocratiche) – divenuti cristiani.

Dal Ponto, Priscilla e Aquila erano emigrati, forse per ragioni di lavoro, a Roma (o proveniva dal Ponto il solo Aquila, che può aver conosciuto e sposato Priscilla a Roma). Vennero a contatto con la fede in Gesù Cristo e l'accolsero. E a Roma continuarono a praticare il loro lavoro di fabbricanti di tende (artigiani in proprio, si direbbe oggi).

Ma da Roma dovettero fuggire: Luca ricorda il provvedimento dell'imperatore Claudio (41-54 d.C.) databile all'anno 49 d.C.

Si spostarono in Grecia (si può pensare nella primavera dell'anno 50), stabilendosi a Corinto, città portuale e multiculturale che offriva occasioni di lavoro. Forse furono loro i primi a costituire un gruppo di cristiani a Corinto; comunque qui li incontrò Paolo, quando arrivò in questa città nel corso dell'anno 50 e vi si fermò per un anno e mezzo (At 18,11). Essi ospitarono Paolo, che si mise a lavorare con loro essendo anche lui fabbricante di tende.

Probabilmente la base missionaria di Paolo a Corinto fu proprio la casa di Priscilla e Aquila, che divennero suoi collaboratori nella missione, al punto che, quando Paolo decise di lasciare Corinto per la Siria, i due furono disposti a spostarsi di nuovo per continuare nell'impegno missionario, sacrificando la posizione che erano riusciti a farsi a Corinto, evidentemente comprendendo che la loro vita di coppia poteva aprirsi a qualcosa di più grande del loro lavoro quotidiano. Priscilla e Aquila si fermarono a Efeso, sulla costa egea della Turchia, dove Paolo li lasciò per tornare in Palestina e Siria; e a Efeso furono probabilmente loro i primi animatori di una comunità cristiana.

A Efeso giunse anche un certo Apollo, un ebreo di lingua greca proveniente da Alessandria d'Egitto, uomo colto e profondo conoscitore delle Scritture ebraiche, che conosceva già qualcosa di Gesù ma solo in relazione alla figura di Giovanni il Battista. Ascoltando la sua predicazione, verosimilmente nella locale sinagoga ebraica, Priscilla e Aquila compresero il valore di Apollo e gli fecero da catechisti: presero cioè come coppia l'iniziativa di essere testimoni e annunciatori di Gesù presso altre persone.

I due non vengono più nominati negli Atti degli Apostoli, ma dai due brani di Paolo prima citati sappiamo che per qualche anno restarono a Efeso, da dove, nel 55 o 56 d.C., mandarono tramite Paolo i loro saluti ai cristiani di Corinto (1Cor 16,19), e poi tornarono a Roma, dove, in un momento tra 56 e 58, Paolo mandò loro i suoi saluti (Rm 16,3-5).

Sulla base di queste notizie, si possono fare degli approfondimenti e alcune considerazioni sulla figura e sul ruolo di questi due impegnati e coraggiosi cristiani.

- Delle 6 volte in Priscilla è ricordata in scritti del NT, in 4 casi è citata prima del marito. Di una tale precedenza, inconsueta nel mondo antico, gli studiosi hanno ipotizzato motivi diversi:

1) qualcuno ha pensato a una sua maggiore ricchezza o a un suo stato sociale più alto rispetto al marito. Tuttavia il fatto che svolgesse un lavoro manuale anche duro (fabbricante di tende) fa pensare che non disponesse di mezzi tali da esentarla dal lavoro, e il fatto che lavorasse col marito indica che non gli era superiore né per condizione sociale né per una sua ricchezza personale;

2) per la maggior parte degli studiosi, la precedenza sul marito era dovuta più probabilmente a un ruolo preminente di Priscilla nella vita della comunità cristiana, un ruolo di guida.

E' anche vero però che in due casi Aquila è citato prima, il che sottolinea soprattutto la reciprocità nella vita di questa coppia: una coppia inseparabile e un modello di collaborazione (non sono mai citati separatamente).

- Priscilla e Aquila furono spesso in movimento per la causa del Vangelo. Nella loro vicenda migrazione e missione erano interconnesse: esempio di come nei tempi più antichi del cristianesimo i cambiamenti di luogo, o per spinta missionaria o a causa di persecuzione, furono un fattore primario nella diffusione del messaggio cristiano. La coppia migrò, spostando residenza e attività economica, almeno tre volte nell'arco di 7-8 anni (la loro casa era mobile quanto le tende che essi fabbricavano), ma i due non vennero mai meno al loro impegno di annunciare Gesù anche a rischio della vita. Come ogni migrante che sperimenta il trauma dello spostamento e dello sradicamento, conoscevano l'importanza di essere accolti e trovare riparo; anche per questo la loro casa divenne una chiesa domestica.

- La prima migrazione di Priscilla e Aquila è legata al provvedimento dell'imperatore Claudio contro gli ebrei di Roma.

Non si sa quando si formò una prima comunità ebraica a Roma, ma certo almeno dal I secolo a.C., se all'inizio del I secolo d.C. sono attestai dei giudei che abitavano in Trastevere in una zona residenziale povera e la loro comunità stava crescendo in numero e condizione sociale.

Non abbiamo dati sulla consistenza numerica di questa comunità giudaica al tempo del provvedimento di Claudio (49 d.C.); utilizzando alcuni dati da fonti letterarie romane, alcuni studiosi stimano che gli ebrei di Roma potessero essere da 20 a 30.000, tra schiavi, peregrini (stranieri liberi ma senza cittadinanza) e cittadini (che in caso di provvedimento di espulsione avevano diritto ad appellarsi a un tribunale). I giudei avevano goduto per tutto il principato di Augusto (27 a.C. – 14 d.C.) di alcuni privilegi riconosciuti dalla legge: erano stati emanati decreti che garantivano loro di praticare liberamente la loro religione, di riunirsi liberamente in sinagoghe, osservare il sabato, mandare offerte al tempio di Gerusalemme; il che dimostra che gli ebrei godevano a quel tempo di una certa influenza sociale.

Queste condizioni favorevoli cambiarono dopo Augusto: sotto Tiberio (14-37 d.C.) molti ebrei vennero espulsi da Roma (non è chiaro se per motivi religiosi o per questioni di ordine pubblico). La seconda espulsione avvenne sotto Claudio (41-54 d.C.), probabilmente nell'anno 49. Luca in At 18,2 afferma che il decreto di Claudio "allontanava da Roma tutti i Giudei". Il "tutti" è sicuramente esagerato, perché, essendo almeno 20-30.000 i giudei a Roma in quel tempo, una simile espulsione di massa sarebbe stata annotata nelle fonti che informano sul provvedimento, tra cui in particolare lo scrittore latino Svetonio, che si limita a dire che Claudio "espulse da Roma i Giudei che per istigazione di Cresto erano continua causa di disordine" (Vita Claudii XXIII, 4). Svetonio (che scrive verso il 120 d.C.), evidentemente non era a conoscenza (come lo era invece il suo contemporaneo Tacito) che Cristo era stato messo a morte in Palestina al tempo di Tiberio, e sembra credere che Cristo fosse un agitatore religioso presente a Roma al tempo di Claudio, mentre la spiegazione più probabile della sua notizia è che la predicazione su Gesù Cristo tra i giudei romani ad opera di qualche giudeo che aveva accolto la fede in Gesù come messia abbia generato tra questi dei contrasti che agli occhi dell'autorità romana potevano turbare l'ordine pubblico. L'espulsione colpì probabilmente i capi dei gruppi ebraici in contrasto all'interno delle sinagoghe romane, e tra questi forse proprio i cristiani, ancora confusi con i giudei come un gruppo di dissidenti all'interno del giudaismo; ma dovette essere semplicemente un provvedimento imperiale mirato ad eliminare focolai di turbolenza, e non una reazione mirata al cristianesimo.

In quanto espulsi a seguito di quel provvedimento, si può pensare che Priscilla e Aquila fossero tra i membri più attivi e impegnati di quel gruppo di giudei romani che avevano accolto la fede in Gesù (probabilmente il primo gruppo di cristiani costituitosi a Roma).

- Dopo l'espulsione da Roma, Priscilla e Aquila emigrarono a Corinto, luogo ideale per provare a riavviare la loro attività artigianale: centro commerciale importante, città popolosa in cui doveva essere sempre alta la richiesta di tende di vario genere, sia nuove che da riparare (da tende da sole in tela per case private e botteghe, a tende in cuoio e pelle come ripari impermeabili). Il loro mestiere è indicato in At 18,3 come quello di σκηνοποιοὶ (skenopoiòi), termine che può designare in specifico chi fabbrica tende ma in generale anche qualunque artigiano che lavora tessuti di lino o tele o pelli. A Corinto li incontrò Paolo, si stabilì in casa loro e con loro lavorò.

Il fatto che Priscilla e Aquila fossero in grado di offrire ospitalità a Paolo fa pensare che il loro lavoro non fosse una semplice attività di sussistenza, pur senza renderli benestanti. Scavi archeologici hanno messo in luce a Corinto qualche esempio di botteghe e laboratori di artigiani: si trattava di locali modesti con dimensioni varianti da 3x4 m a 4x6 m, e i proprietari vivevano al piano di sopra; probabilmente era così la casa di Priscilla e Aquila a Corinto, dove si riuniva un piccolo gruppo di credenti.

- La coppia deve essere diventata cristiana già prima di lasciare Roma, sia perché è probabile che siano stati cacciati dall'Urbe solo dei giudeo-cristiani (e tra essi forse solo delle figure-guida) sia perché è assai improbabile che dei giudei espulsi per dei contrasti sorti attorno alla fede in Cristo si associassero con uno come Paolo che era credente in Cristo, se non fossero già stati cristiani. Ma se è così, si può pensare che siano stati proprio Priscilla e Aquila a fondare una comunità cristiana a Corinto, visto che vi arrivarono prima di Paolo.

- La partenza con Paolo per Efeso avvenne dopo che questi si era fermato a Corinto per un anno e mezzo, il che significa che Priscilla e Aquila ripartirono dopo essere stati a Corinto al massimo per due anni o poco più. Per loro fu certamente un sacrificio perché dovettero lasciare l'attività che qui erano riusciti a mettere in piedi, ma evidentemente il loro impegno per il messaggio di Gesù era la cosa che più contava per loro. Lo spostamento a Efeso li portò in una città enorme, di circa 250.000 abitanti, terza città del mondo romano per popolazione dopo Roma e Alessandria, capoluogo e principale centro commerciale della provincia romana d'Asia, meta di affollati pellegrinaggi religiosi al tempio di Artemide (considerato nell'antichità una delle 7 meraviglie del mondo). A Efeso Priscilla e Aquila furono con Paolo i fondatori di una nuova comunità cristiana; e poiché Paolo li lasciò dopo poco tempo, è verosimile che fu la coppia a costruire, animare e fare da guida del gruppo efesino di credenti in Gesù. E quando Paolo li raggiunse in un successivo viaggio missionario, probabilmente risiedette nella loro casa, e a Efeso scrisse, nel 55 o 56 d.C., la prima lettera ai cristiani di Corinto, in cui inserì i saluti di Priscilla e Aquila con la comunità che si riuniva nella loro casa.

- Della loro attività di animazione cristiana Luca ricorda in At 18,24-26 la catechesi ad Apollo, che era, come si è detto, un ebreo di lingua greca proveniente da Alessandria d'Egitto, uomo colto e profondo conoscitore delle Scritture ebraiche, che conosceva già qualcosa di Gesù, sia pure solo in relazione alla figura di Giovanni il Battista, e, preso da fervore per la sua nuova fede, non esitava a predicare Gesù a Efeso in qualche sinagoga ebraica della città. Luca afferma che Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio. I due, insomma, compresero quanto quest'uomo colto e abile oratore avrebbe potuto dare a servizio del Vangelo e divennero suoi catechisti. Ed è importante e significativo che anche in questo caso, come catechisti, agirono come coppia di sposi.

- Da Rm 16,3-5 sappiamo che Prisca e Aquila si trasferirono di nuovo a Roma (in un anno tra 56 e 58, quando Paolo scrisse la lettera ai cristiani di Roma) e anche qui erano punto di riferimento

della comunità cristiana che si riuniva nella loro casa

L'ultimo riferimento a Priscilla e Aquila nel NT si trova nella seconda lettera a Timoteo:

2Tm 4,19: Saluta Prisca e Aquila e la famiglia di Onesìforo.

Poiché 2Tm è rivolta a Timoteo che si trova ad Efeso, si potrebbe dedurre che Prisca e Aquila si siano spostati ancora, questa volta di nuovo a Efeso.

Ma c'è il problema della data di questa lettera.

2Tm è considerata tra quelle "deutero-paoline", cioè scritte non da Paolo ma da autori che si ponevano nell'alveo della tradizione di Paolo, richiamandosi al suo pensiero e alla sua autorità. Fa parte delle "lettere pastorali" (1 e 2Tm, Tt), sulle quali c'è tra gli studiosi consenso quasi unanime che siano da attribuire a un autore diverso da Paolo, che scrisse in anni successivi al tempo delle lettere autentiche di Paolo. Ma quanto dopo? Secondo alcuni negli anni '60 del I secolo d.C., ma secondo la maggior parte diversi decenni dopo, non prima di fine I secolo d.C., perché le "pastorali" presuppongono delle comunità cristiane già strutturate con una organizzazione gerarchica di vescovi e diaconi.

In 2Tm l'autore chiede al suo destinatario Timoteo di salutare Prisca e Aquila, che si troverebbero ad Efeso come Timoteo. Ma la probabile data piuttosto tarda della lettera fa pensare che il riferimento alla coppia sia solo la ripresa formale di un ricordo di persone che erano state ben conosciute nelle comunità cristiane.

L'attenzione alla figura di Priscilla si è fatta particolarmente intensa negli studi su personaggi del NT negli ultimi decenni, da quando la ricerca storica e teologica ha cominciato a sottolineare il punto di vista femminile. In questo ambito è stata anche ripresa da alcuni studiosi una ipotesi, proposta per la prima volta a inizio '900, che vede in Priscilla l'autrice della Lettera agli Ebrei.

 

TRIFENA, TRIFOSA, PERSIDE

Nella lunga lista di saluti di Rm 16, Paolo ricorda tre donne che hanno "faticato per il Signore".

12Salutate Trifena e Trifosa, che hanno faticato per il Signore. Salutate la carissima Pèrside, che ha tanto faticato per il Signore.

Egli usa il verbo κοπιὰω (kopiào) = "faticare", che è il medesimo con cui definisce il suo lavoro di predicazione e di insegnamento. Così, qualche anno prima, nella 1^ lettera ai Tessalonicesi (scritta nell'anno 50 o 51 d.C.), Paolo aveva chiesto ai cristiani di Tessalonica di "avere riguardo per quelli che faticano tra voi, che vi fanno da guida nel Signore e vi ammoniscono; trattateli con molto rispetto e amore, a motivo del loro lavoro (1Ts 5,12-13).

Trifena e Trifosa sembrano nomi tipici di schiave o liberte. Il fatto che Paolo le nomini accanto a figure di rilievo come Febe e Prisca, è un indizio che ai suoi occhi (e nel suo insegnamento che arriva a noi) non conta la provenienza né la condizione sociale, ma la dedizione al Vangelo.

 

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"DONNE IN PRIMA FILA NELLE PRIME COMUNITA' DI CRISTIANI"




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