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Martedì, 01 Marzo 2005 13:49

Il suicidio degli adolescenti: un problema che ci tocca da vicino

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Il suicidio degli adolescenti: un problema che ci tocca da vicino

L’argomento è scomodo, ma parlando di disagio giovanile non possiamo fare a meno di affrontarlo.

Il suicidio adolescenziale è
sicuramente oggi uno dei problemi più angosciosi e più rimossi. Proprio
per la sua natura drammatica, inimmaginabile – la vita che si rivolta
contro se stessa – non riusciamo a pensare che il problema ci possa
riguardare. Per difesa o per orrore è difficile realizzare l’idea di un
dolore e una angoscia talmente estremi da sfociare in un suicidio.
Eppure il fenomeno esiste.

Il numero di adolescenti
che tentano il suicidio e il loro progressivo aumento, sono un dato
sicuramente allarmante e, nonostante l’ambiente abbastanza protetto dai
nostri gruppi scout, non possiamo dirci estranei alla cosa.

In tutti i paesi occidentali si
osserva un notevole incremento del tentato suicidio in età evolutiva e
in particolare in adolescenza. Esso rappresenta in Europa la seconda causa di morte fra i giovani,
considerando che le morti accidentali o violente costituiscono i due
terzi di tutte le morti per età considerata (15-25 anni). Negli ultimi
anni, questi numeri preoccupanti hanno indotto la nascita di numerose
ricerche e interventi volti alla prevenzione del suicidio e
all’individuazione dei potenziali fattori di rischio.

L’Unità Operativa di Psichiatria e
Psicoterapia dell’Età Evolutiva dell’Ospedale Maggiore di Bologna, ha
condotto, tramite un "self report" anonimo, una indagine volta a
determinare gli atteggiamenti suicidali, i fattori di rischio e le
associazioni di questi ultimi, negli adolescenti della città.
L’indagine ha interessato un campione rappresentativo di studenti di
diverse scuole superiori cittadine che hanno risposto ad un
questionario.

Le domande sono state strutturate in
modo da determinare l’ambiente di appartenenza della persona (ambiente
familiare, socio-economico, culturale), l’eventuale uso di droghe o
alcolici, il comportamento e l’orientamento sessuale; più una serie di
domande finalizzate alla valutazione dell’autostima, degli stati
depressivi, di sintomi patologici legati alla bulimia e anoressia.
Altre domande riguardavano la rilevazione della generale tendenza
suicidaria, mentre in maniera diretta, alcune erano relative
all’ideazione suicidaria, all’autolesionismo e al tentato suicidio. I
risultati sono poi stati messi a sistema con altri studi e sono state
elaborate alcune conclusioni su cui possiamo soffermarci a riflettere.

Innanzi tutto, è emerso che gli
adolescenti che hanno compiuto atti di autolesionismo sono stati il 9%;
quelli che hanno presentato una ideazione suicidaria, che hanno cioè
pensato di togliersi la vita, sono stati il 19%; quelli che ci hanno
provato il 5% (con una frequenza maggiore tra le femmine rispetto ai
maschi). Cosa vuole dire? Prendiamo un gruppo scout di 100 persone,
consideriamo che ad esempio 40 sono in età da scuola superiore: questo
vuol dire che potenzialmente, stando allo studio, 2 dei nostri ragazzi
potrebbero aver tentato (o tenteranno?) il suicidio. I numeri sono
abbastanza inquietanti.

Quando si verifica un suicidio, la
scelta premeditata e gli impulsi improvvisi relativi a tale gesto, si
combinano tanto intimamente che è molto difficile pretendere, da parte
di chi sopravvive, di comprendere perché un uomo si è ucciso.

Dallo studio compiuto emerge che alla base di tutto c’è il rapporto
familiare, che rappresenta un elemento fondamentale di sostegno emotivo
e un fattore protettivo. La presenza di conflittualità familiare, di
problemi di alcool in famiglia, di abusi con contatto fisico
intrafamiliari, e l’associazione di questi fattori aumentano le
probabilità di un tentato suicidio. La perdita di un genitore può
rappresentare un fattore di rischio significativo.

Risulta quindi fondamentale
l’importanza del funzionamento familiare, ma anche la percezione dello
stesso da parte dell’adolescente: la percezione di buone relazioni
familiari è un fondamentale fattore protettivo. Spesso, infatti, i
tentati suicidi possono essere letti come dei messaggi di aiuto inviati
principalmente ai familiari per ottenere protezione e sostegno.

L’uso
di droghe, ma ancora di più i problemi di alcol e di abuso di farmaci,
sono altri elementi significativi. Una insufficiente relazione con i
coetanei che sfocia in una improvvisa tendenza all’isolamento sociale
rappresenta una fonte di rischio suicidarlo immediato. Il crollo del
rendimento scolastico, le difficoltà di relazione con i compagni e con
gli insegnanti e l’abbandono scolastico rappresentano altre variabili
significative.
Inoltre, altri aspetti che interessano in maniere
significativa i giovani a più alto rischio suicidarlo sono: l’abuso
sessuale, l’orientamento omosessuale, la presenza di un evento
traumatico occorso negli ultimi 12 mesi e i disturbi del comportamento
alimentare. La ripetizione del gesto suicidario nel tempo è considerato
un fattore di rischio gravissimo.

In generale, gli adolescenti con
tendenza al suicidio soffrono di depressione e bassa autostima; questo
si traduce in un senso di inadeguatezza, di paura della maturità e
sfiducia nel prossimo.

Il suicidio è l’ultimo atto di un
lungo cammino nella sofferenza, la parola fine, l’ultima battuta che
non consente il diritto di replica. È una triste evidenza, ma non vi è
nulla da fare se non un' infinita prevenzione. A supporto di questo E’
NOTO CHE IL GESTO SUICIDARIO SPESSO VIENE ANNUNCIATO PRIMA DI ESSERE
REALIZZATO.

E noi capi che cosa
possiamo fare? Non dovremmo sempre pensare che i problemi siano troppo
grandi e che non siamo abbastanza competenti. Intanto, nella nostra
veste di educatori, ma anche di fratelli e sorelle maggiori, oppure
complici, dobbiamo cercare di identificare i fattori di rischio,
leggere i segnali, immaginare le possibilità e attuare tutte le misure
di prevenzione di cui possiamo disporre. Il suicidio è un gesto
drammaticamente solitario che rappresenta l’assenza di relazione. Non
abbiamo quindi paura di parlarne apertamente con i nostri ragazzi,
prendendo ad esempio spunto dai risultati del questionario per
innescare una riflessione. Cerchiamo, inoltre, di favorire i meccanismi
"dell’autoaiuto", anche fra i ragazzi, ovvero la loro capacità di
cogliere nell’altro segnali di sofferenza e di aiutarlo direttamente ad
aprirsi e confidarsi o, indirettamente, cercando di prestare maggiore
attenzione alle sue necessità e richieste.

Non è vero che possiamo fare poco: intuire e suonare un campanello d’allarme, potrebbe fare la differenza.

Il suicidio è un forte segnale di un
disagio che non riguarda solo l’inevitabile fatica del processo di
emancipazione, ma che deve spingere la società intera ad interrogarsi
sulla propria inadeguatezza e difficoltà a comunicare valori e
significati che motivino la vita stessa anziché negarla.

Qualcuno potrebbe obiettare che il
suicidio rappresenta "la massima libertà", noi dobbiamo in realtà che
non dell’infinito delle possibilità vive la libertà, ma della scelta e
dei limiti che essa induce. Il suicidio è assolutamente quello che non
deve accadere. La vita è sacra e con tutte le nostre forze dobbiamo
cercare di trasmettere e comunicare che attraverso la vita ci viene
data un’occasione unica di spenderci per gli altri, trovando in questo
modo la nostra felicità.

Sergio Bottiglioni

Letto 3036 volte Ultima modifica il Domenica, 01 Maggio 2005 22:26

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