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Domenica, 15 Gennaio 2012 16:07

Adolescenti e chiesa a confronto

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Gli adolescenti desiderano educatori che sappiano guidarli in modo autentico alla ricerca della vera interiorità. La formazione degli adulti diventa così un passaggio fondamentale.

Il lavoro di analisi sul documento della Cei Educare alla vita buona del Vangelo ha permesso agli studenti di un liceo classico del centro storico di Milano di riflettere e di confrontarsi sugli Orientamenti pastorali, proposti dall'episcopato italiano. Nel primo articolo gli adolescenti si sono concentrati sul capitolo intitolato Educare in un mondo che cambia; nell'articolo successivo si sono cimentati con il capitolo Gesù, il maestro, soffermandosi in modo particolare sul paragrafo n. 20, La Chiesa discepola, madre e maestra.

Quest'ultimo articolo (i primi due sono apparsi su Sett. n. 11/11, p. 6 e n. 21/11, p.11), vede le riflessioni degli studenti sul terzo capitolo Educare, cammino di relazione e fiducia. In qualità di insegnante di religione cattolica, avendo proposto questo tipo di lavoro sul testo, ritengo che sia stata per loro un'occasione di ricchezza sia per essersi confrontarti con argomenti spesso ignorati, sia perché la condivisione del proprio pensiero ha dato loro modo di dialogare con i propri coetanei.

Questi articoli possono servire anche a noi adulti per conoscere maggiormente il mondo giovanile e comprenderne i bisogni esistenziali.

In linea generale quasi tutti gli studenti hanno apprezzato quanto hanno affermato i vescovi, nel terzo capitolo, a proposito dell'adolescenza e cosa vive l'adolescente in questa fase assai complessa e delicata. Molti si sono stupiti che i vescovi potessero trattare tali argomenti, visto che per loro questi dovrebbero occuparsi solo di cose della Chiesa.

Se negli altri due articoli è emersa dalle loro riflessioni una certa spaccatura, non senza punte polemiche, tra Chiesa intesa come istituzione e Chiesa vista come comunità cristiana, qui ci troviamo di fronte ad un'altra spaccatura - forse più insidiosa - tra pubblico e privato, tra fede personale e religione, tra essere e agire.

Proviamo ad addentrarci in questa tortuosa questione, attraverso le risposte anonime degli stessi studenti.

L'educazione sessuale non spetta solo agli specialisti

«Pensi sia importante una sana educazione affettiva-sessuale? La Chiesa può essere utile? Può fornire delle linee guida importanti per te adolescente?».

A partire da queste domande sono emerse diverse posizioni e riflessioni in merito, ma il comune denominatore potrebbe essere riassunto con questa battuta: solo lo specialista può parlare di sessualità e dare le linee guida, gli altri no (compresa la Chiesa).

Vediamo alcune risposte. «Per quanto riguarda l'aspetto affettivo penso che la Chiesa possa trasmettere dei valori forti e importanti. Invece per quanto riguarda l'aspetto sessuale non penso che possa fornire delle linee guida». E ancora «No, la Chiesa in questo caso dovrebbe stare fuori; sarebbe più utile uno specialista». «Nell'educazione affettiva sessuale - ha scritto uno studente - ritengo che la Chiesa non possa essere d'aiuto: molte delle idee in questo campo sono, secondo me, antiquate». «Penso che sia importante ricevere un'educazione sessuale adeguata per eliminare il più possibile rischi e imprudenze. Penso però che la Chiesa non debba cercare di educare in questo senso perché è un ambito scientifico e sociologico. Inoltre, fornire divieti, come l'uso del preservativo, può portare a malattie anche gravi e limitare i rapporti sessuali che invece sono una cosa sana e naturale». Un altro studente ha dichiarato che «è importante avere tante informazioni sia dalla Chiesa che non, ma ognuno deve fare come si sente». «Sì, penso sia importante perché, se si hanno rapporti, è bene essere preparati anche sulle conseguenze. Non credo che la Chiesa possa essere utile, perché preferirei parlare con un medico o con un esperto di questi argomenti».

Da quest'ultima risposta - ma anche da altre non riportate per questione di spazio - affiora l'idea che l'esperienza sessuale sia strettamente connessa con gli aspetti tecnici di un rapporto sessuale, escludendo l'aspetto affettivo-relazionale che inevitabilmente entra in gioco. Sembra che l'aspetto sessuale sia qualcosa di staccato dal mondo interiore, come se riguardasse solamente un incontro di corpi. Dunque, qualcosa che ti coinvolge in parte, anzi qualcosa - l'esperienza sessuale - che puoi vivere a distanza, perché non ti implica totalmente, non ti lega a niente e a nessuno.

Questo è il messaggio che respiriamo quotidianamente e culturalmente. Purtroppo, anche le giovani generazioni sono vittime di tali messaggi, ritenuti fondati e veritieri perché pensati da tutti, o almeno così ci fanno credere. Ecco perché risultano necessari adulti appassionati di educazione, come suggerisce il paragrafo n. 31: «In questa fase [gli adolescenti] hanno bisogno di educatori pazienti e disponibili, che li aiutino a riordinare il loro mondo interiore e gli insegnamenti ricevuti, secondo una progressiva scelta di libertà e responsabilità». I primi a volte a non affrontare il tema tanto delicato della sessualità sono proprio i genitori e gli insegnati che delegano ad altri il compito di in-formare a livello nozionistico l'adolescente, catechizzandolo bene sui rischi a cui può andare incontro.

È fondamentale, inoltre, aiutare l'adolescente a riconoscere la sessualità come mistero affascinante e al contempo fragile dell'esperienza umana che coinvolge tutta la persona (mente, anima e corpo) e ne caratterizza l'identità. Dunque, è importante educare a considerare la sessualità come qualcosa di bello, pulito, coinvolgente e, allo stesso tempo, è altrettanto importante saper attendere la maturazione di tutta la persona e della sua capacità di amare, coltivandola in modo saggio senza precipitare nell'istintività e nell'inesperienza.

Questioni esistenziali, certezze, punti di riferimento

Danno l'idea, a volte, questi giovani di essere in un altro mondo. Di non essere colpiti da niente e da nessuno. Di essere al di sopra di tutti. Forse questa copertura l'abbiamo spesso utilizzata anche noi alla loro età. Forse per paura di essere toccati là dove le domande diventano dolorose e ti tolgono l'aria, dove le incertezze e le inadeguatezze emergono tutte insieme. Eppure i giovani pensano e le loro risposte dicono che hanno bisogno di adulti che sappiano prendersene cura, ascoltando e dialogando con loro senza paura di essere provocati, ma stando nella provocazione.

Analizzando il paragrafo n. 32, riporto alcune riflessioni interessanti. «I giovani di adesso sono difficili da educare rispetto alle generazioni passate in quanto sono circondati da un mondo che non offre grandi valori educativi. Inoltre, contribuisce il fatto che ora più che mai i giovani siano lontani dalla Chiesa e dalla religione, la quale è un ottimo strumento educativo».

Un adolescente ha scritto: «Credo che sia importante avere delle guide valide durante l'adolescenza. Purtroppo, non è sempre facile incontrare persone di questo tipo, pronte ad ascoltarci». E un altro: «Credo che quello che è scritto sia giusto e sarebbe da attuare. Non basta scrivere o parlare di valori corretti, bisogna insegnarli nel modo migliore valorizzando i giovani. La Chiesa ha un 'immagine antiquata, sbagliata per il mondo di oggi, e per attirare di più dovrebbe inviare i propri messaggi in un modo diverso, più coinvolgente e con più capacità attrattiva». Altri hanno scritto: «Per poter rendere i giovani una risorsa preziosa per il rinnovamento della Chiesa è necessario seguirli nella loro vita privata, a scuola, nei momenti difficili aiutandoli ad essere uomini migliori». «Penso che i giovani vadano capiti e guidati in base alle loro difficoltà e non bisogna invece cercare di scontrarsi sempre con loro». «I ragazzi hanno certamente bisogno di crescere in ambienti positivi. E importante che l'educatore li aiuti a trovare il loro equilibrio».

Da queste risposte, sembra emergere una certa consapevolezza: i giovani percepiscono il bisogno di educatori validi, di adulti in grado di confrontarsi e di dialogare con loro.

Educare alla fede, alla speranza e all'amore

Il lavoro sul documento Cei ha permesso di scoprire un mondo giovanile attento, curioso, critico sui grandi perché della vita. In questi tre articoli abbiamo avuto modo di vedere oltre le apparenze e le etichette che spesso noi adulti applichiamo agli adolescenti. Sono emersi giovani sensibili, desiderosi di capire e di riflettere, di vivere sani valori, di essere educati a diventare uomini e donne del domani.

Il documento episcopale si presenta così come segno profetico che indica i bisogni dei giovani e illumina gli educa tori a prendersene cura. Indicativo a proposito quanto si legge al paragrafo n. 32: «La comunità cristiana si rivolge ai giovani con speranza: li cerca, li conosce e li stima; propone loro un cammino di crescita significativo. I loro educatori devono essere ricchi di umanità, maestri, testimoni e compagni di strada, disposti a incontrarli là dove sono, ad ascoltarli a ridestare le domande sul senso della vita e sul loro futuro, a sfidarli nel prendere sul serio la proposta cristiana, facendone esperienza nella comunità». Dunque, l'educazione deve tornare, per essere autentica, all'educatore, il quale fonda il suo essere e il suo fare sul Vangelo. Solo in questo modo il giovane può fidarsi e lasciarsi educare alla vita buona del Vangelo, perché si educa ciò che si è.

E l'educatore guida attraverso la sua persona. Non tanto con le parole, ma attraverso quell'esperienza che mette in luce come l'educatore, sotto l'azione dello Spirito, viva la sua vita cristiana.

Ciò di cui, a mio avviso, i giovani hanno più bisogno è di adulti autentici che sappiano far brillare la propria interiorità trasmettendo loro fede, speranza e amore. In fondo, i giovani non aspettano altro che incontrare persone che in primis mettano in pratica i valori etici proposti, che vivano la fatica e la bellezza del diventare cristiani ogni giorno.


Barbara Marchica

 

Letto 4672 volte Ultima modifica il Mercoledì, 08 Maggio 2013 09:23

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