Formazione Religiosa

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 62

Domenica, 20 Giugno 2004 17:00

La vita in Cristo secondo Nicola Cabasilas (a cura di P. Franco Gioannetti)

Vota questo articolo
(5 Voti)

I seguenti brani sono tratti dal Volume "La vita in Cristo". In esso Nicola Cabasilas (Tessalonica 1321 - Monte Athos 1391) parla dei sacramenti, dei loro effetti e delle azioni umane per mantenere la grazia ricevuta.

A) I sacramenti dell'iniziazione creano l'uomo nuovo ed introducono alla vita di Cristo, ma ciò è affidato all'operosità umana.

Risalendo dall'acqua battesimale, portiamo il Salvatore nelle anime nostre, nella testa, negli occhi, nelle viscere, in tutte le membra, puro da peccato, libero da ogni corruzione, quale risorse e apparve ai discepoli e ascese al cielo, quale verrà di nuovo a chiedere conto di questo tesoro. Così, una volta generati e come coniati nell'immagine e nella forma del Cristo, perché non possiamo introdurre alcun'altra forma estranea, egli occupa le vie per le quali entra la vita. Poiché la vita del corpo si sostiene con l'aria e col cibo, egli si insinua nelle anime nostre per le stesse vie dell'aria e del cibo e fa sue entrambe le porte, l'una come unguento e profumo, l'altra come cibo appropriato. Infatti lo respiriamo ed egli diventa il nostro cibo. Così, mescolandosi e fondendosi a noi in tutto, fa di noi il suo corpo e diviene per noi quello che il capo è per le membra.

Questa è la vita in Cristo: i divini misteri la formano, ma anche l'umana cura vi ha qualche parte.

(Libro I, cap. 6)

 

B) L'efficacia di tale lavoro viene però, in modo fondamentale, dal Cristo incontrato nei sacramenti.

Se saremo così uniti al Cristo nel sacramento, nella preghiera, nella meditazione, nei pensieri, eserciteremo l'anima ad ogni virtù, conserveremo - come ordina Paolo - il deposito che ci è stato affidato e custodiremo la grazia infusa in noi dai misteri.
Lui solo infatti ci inizia ai misteri ed è i misteri,
lui solo egualmente custodisce in noi il dono che ci ha fatto e ci dispone a perseverare in ciò che abbiamo ricevuto, perché - dice - senza di me non potete fare nulla.

(Libro VI, cap. 12)


C) Per rimanere cristiani occorre custodire, attraverso la volontà di Cristo, la carità.

In linea di massima si può dire che la grazia infonde nell'anima la percezione dei beni divini: dando a gustare grandi cose, ne fa sperare di ancora più grandi e, fondandosi sui beni già ora presenti, inspira ferma fede in quelli ancora invisibili.
La nostra parte invece è di custodire la carità. Non basta semplicemente incominciare ad amare ed accogliere in sé questa passione: bisogna conservarla e alimentare il fuoco perché duri.
Quando la volontà è presa fino in fondo dal Cristo e aderisce a lui solo, tutto quanto si vuole, si ama e si cerca, è lui. Poiché il Cristo è lo scrigno di tutti i beni, se non portiamo stabilmente in lui tutta la nostra volontà, se ne lasciamo cadere qualche particella fuori da questo tesoro, essa rimane sterile e morta: se uno non rimane in me è gettato fuori come il sarmento e inaridisce, e li raccolgono e li gettano al fuoco e ardono.

(Libro VII, cap. 6)


D) Per rimanere cristiani occorre anche legare i pensieri ai doni ricevuti nella iniziazione sacramentale.

Principio di ogni azione è il desiderio e principio del desiderio è il pensiero.

Dunque prima di tutto si deve cercare di distogliere l'occhio dell'anima dalle vanità per avere il cuore sempre pieno di buoni pensieri, sicché non ci sia mai un posto vuoto per quelli cattivi.
Sono molti gli argomenti di cui conviene far materia di meditazione, lavoro dell'anima, delizia e occupazione della mente. Ma di tutti il più dolce e il più utile - sia che se ne parli, sia che lo si pensi - è il discorso sui misteri e sulla ricchezza che da essi abbiamo ricevuto: chi eravamo prima di essere iniziati, chi siamo divenuti poi, quale era l'antica servitù, quale la libertà presente e il regno, quali beni ci sono già stati elargiti, quali ci sono riserbati in futuro e, prima di tutto, chi è colui che ci dona tutti questi benefici, qual è la sua bellezza e quale la sua bontà, come ha amato il genere umano e quanto è grande il suo amore.

(Libro VI, cap. 2)


E) … ed anche alle Beatitudini che modellano l'agire del cristiano.

Consideriamo quali opere bisogna compiere perché il Cristo stesso ci dichiari beati,

e se non dipendano tutte da questi pensieri. Chi considera beati il solo veramente beato? I poveri in spirito, coloro che piangono, i miti, coloro che hanno fame e sete della giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, coloro che sostengono persecuzioni e ogni genere di obbrobri per ardente amore del Cristo. Ecco chi raggiunge la vita beata. Dunque, se constatiamo che il coro dei beati è stato plasmato nella sua bella forma da questi pensieri e che da questi pensieri sono intrecciate le loro corone, sarà assolutamente evidente per tutti che occuparsene con assiduità e meditarli è via sicura, passaggio e scala alla vita beata.

(Libro VI, cap. 5)


F) Ma il "pensiero dei pensieri" è Cristo (come non ricordare la preghiera eucaristica?).

Perché la nostra meditazione sia sempre rivolta a Cristo, per poter perseverare ad ogni istante in questo impegno, invochiamolo continuamente, a tutte le ore, come l'oggetto dei nostri pensieri. Non c'è alcun bisogno di alcun apparato per la preghiera, né di luoghi speciali, né di grida per invocarlo, perché non c'è luogo dove non sia già presente e già unito a noi, lui che è più vicino a coloro che lo cercano del loro stesso cuore.
Riflettiamo ora anche alla forma della nostra supplica: certo non pretendiamo di chiedere e di ricevere quello che conviene agli amici, ma ciò che è permesso anche a servi colpevoli che hanno offeso il loro Signore, e soprattutto ad essi. Ora noi invochiamo Dio con la lingua, con la volontà, con i pensieri, per applicare il rimedio a tutte le facoltà con le quali abbiamo peccato, l'unico rimedio salutare: infatti non c'è altro nome nel quale dobbiamo essere salvati.

(Libro VI, cap. 11)


G) I pensieri debbono essere in contatto con il quotidiano dell'esistenza.

La meditazione non richiede sudore,

né fatica, né consumo di ricchezze, non procura disonore, né vergogna, non ci reca danno in nulla.
Anzi, non è affatto proibito occuparsi delle varie arti e non c'è nessun impedimento all'esercizio di qualunque mestiere: il generale continuerà a condurre l'esercito, l'agricoltore a coltivare la terra, l'architetto procederà ai suoi lavori, nessuno per questo motivo dovrà privarsi delle solite occupazioni. Non è necessario raggiungere regioni remote, né prendere un cibo inconsueto, né mutare abito, né rovinarsi la salute, né osare qualche altra impresa audace; ma restando in casa propria, senza perdere alcuna sostanza, è possibile avere continuo commercio con questi pensieri.

(Libro VI, cap. 4)


H) Rimanere cristiani è rapportarsi con i sacramenti ricevuti e guardare alla meta definitiva.

La vita futura non porterà affatto pienezza di felicità a quelli che avrà accolti senza le potenze e i sensi ad essa necessari: morti ed infelici abiteranno quel mondo beato e immortale. E la ragione è che allora, benché sorga la luce e il sole offra il suo raggio puro, non è più il tempo di plasmare l'occhio. Il profumo dello Spirito si effonde copiosamente e riempie tutto, ma non lo coglie chi non ha l'olfatto.
In quel giorno gli amici di Dio possono comunicare nei misteri col Figlio di Dio e apprendere da lui quello che ha udito dal Padre; ma è necessario che vi giungano già amici e con le orecchie già fatte. Non è quello il tempo di fare amicizia, di aprire le orecchie, di prepararsi la veste nuziale e tutto quel che è richiesto per quelle nozze. L'esistenza presente è l'officina di questa preparazione e coloro in cui essa non si compie prima che muoiano, non possono in alcun modo partecipare alla vita divina. Ne fanno fede le vergini e l'invitato alle nozze: giunti senza avere l'olio e la veste, non poterono più farne acquisto.
In conclusione: questo mondo porta in gestazione l'uomo interiore, nuovo, creato secondo Dio, finché egli qui plasmato, modellato e divenuto perfetto - non sia generato a quel mondo perfetto e che non invecchia.

(Libro I, cap. 1)

Vedere anche: La vita in Cristo di Nicola Cabasilas

 

Letto 7002 volte Ultima modifica il Giovedì, 19 Aprile 2012 10:01

Search