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Sabato, 19 Giugno 2004 12:37

I due miracoli dei pani (François Brossier)

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I due miracoli dei pani
François Brossier *



Un lettore attento del Vangelo di Marco rimane un poco sorpreso di scoprire al capitolo 8 un secondo racconto della "moltiplicazione dei pani". Si tratta di un miracolo diverso da quello riferito al capitolo 6 oppure è lo stesso raccontato una seconda volta? Preferiamo porre la questione in modo diverso: nella dinamica dell’opera dì Marco che significato hanno questi due racconti? Le differenze tra i due, per quanto piccole, non potrebbero rivelare il ruolo di ognuno dei due racconti nel quadro di questo Vangelo?


Dopo la prima parte del ministero di Gesù in Galilea (Mc 1,14-6,13), si pone per le folle la questione dell'identità di Gesù: chi è quest'uomo che insegna con tanta autorità e compie simili miracoli? Si apre a questo punto, dopo l'intermezzo della morte del Battista, quella che si potrebbe chiamare "la sezione dei pani" (6,30-8,21).


Il contesto letterario dei due miracoli dei pani


La struttura di questa sezione è chiara: una prima parte narrativa è centrata sulla prima moltiplicazione dei pani; la seconda parte discorsiva tratta del puro e dell'impuro; una terza parte narrativa è centrata sulla seconda moltiplicazione dei pani.


Uno stesso tema percorre tutta questa sezione, il tema dell'incomprensione dei discepoli; essa concerne precisamente il senso del miracolo dei pani. È dunque molto probabile che i due miracoli pongano la questione dell'identità di Gesù e del senso della sua missione.


Il primo miracolo sulla riva occidentale


Il primo racconto ha per quadro la riva occidentale, cioè la riva ebraica. L'azione di Gesù viene narrata secondo la lirica dei racconti veterotestamentari: la raccolta provvidenziale della manna e delle quaglie nel deserto (Es 16 e Nm 11)e la moltiplicazione dei pani compiuta dal profeta Eliseo (2 Re 4,42-48). In un primo tempo, è chiaro che viene stabilita una parentela di Gesù con le grandi figure dell'Antico Testamento, Mosè ed Eliseo. Tuttavia è altrettanto evidente che il racconto di Marco possiede una incontestabile tonalità eucaristica (6, 41).


Il ruolo dei discepoli che sono associati alla distribuzione del pane e il numero di 12 panieri orientano verso la vita della Chiesa primitiva che celebrava la Cena in memoria del Signore. Quale che sia la natura del miracolo operato da Gesù, è chiaro che esso si riproduce ormai ogni volta che i cristiani celebrano la frazione del pane in memoria di lui: il pane eucaristico è offerto in sovrabbondanza a tutti i credenti.


* Professore presso l’Institut Catholique di Parigi



Il secondo miracolo in territorio pagano


Abbiamo detto che molti elementi sono comuni ai due racconti, in particolare la tonalità eucaristica (8,6) Appaiono tuttavia due differenze fondamentali: da un lato il racconto si attua sull’altra riva, in territorio pagano: inoltre insiste ripetutamente sul numero 7 (7 pani e 7 cesti). Il contesto pagano è sottolineato, nel capitolo precedente, nell’episodio della donna siro-fenicia e nella menzione di Tiro, di Sidone e della Decapoli.


Quanto al numero 7 in questo contesto delle nazioni pagane, esso non deve essere estraneo al numero delle 70 nazioni che si supponeva esistessero nel mondo. Infine, il numero di 7 cesti che corrisponde ai 12 nel primo racconto, presuppone una struttura comunitaria diversa da quella evocata dal numero 12. Noi vediamo comparire questa struttura dei "sette" in Atti 6,1-7 dove indica il numero degli "Ellenisti" incaricati del servizio delle tavole, carica esercitata in precedenza dai Dodici. Gli "Ellenisti", come indica il loro nome, sono di lingua greca e saranno i primi missionari al di fuori di Gerusalemme.


La funzione dei due racconti nel vangelo di Marco


Ci troviamo dunque in presenza di due racconti di un pasto di tono eucaristico: uno in un mondo ebraico, l'altro in un mondo pagano. Per i cristiani la lezione è chiara: Gesù è venuto a portare il pane di vita a tutti gli uomini e non soltanto al popolo ebraico. Non solo i pagani possono godere delle briciole che cadono dalla tavola (7,28), ma possono partecipare in piena uguaglianza al banchetto eucaristico.


Resta tuttavia una grave questione che agiterà i primi anni della Chiesa: è possibile una vera comunità di tavola tra Ebrei e pagani? (cf Atti 10,9-16; l5,l-29 Gai 2,11-12). L'ostacolo deriva dai tabù alimentari i degli Ebrei. Ora, proprio tra i due racconti, è collocata la discussione tra Gesù e i farisei sul puro e l'impuro; Gesù dichiara: "Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può contaminarlo..?" (7,15). Così viene tolto l'ostacolo per una vera comunione di tavola.


La struttura di questa sezione del Vangelo di Marco appare dunque densa di significato con i suoi due pasti separati dalla discussione sul puro e l'impuro. Alla fine del Vangelo (16,7), l'angelo della tomba vuota rimanda i discepoli in Galilea. È là che effettivamente scopriranno ciò che il Risorto attende da loro. In particolare, nel passo che ci interessa, scopriranno che la missione presso i pagani non à una iniziativa dei primi missionari cristiani: la Galilea ha posto Gesù direttamente alla presenza di pagani; è dunque nel ministero di Gesù che affonda le sue radici la missione presso le nazioni pagane.


(tratto da Il mondo della bibbia n. 21)

Letto 5570 volte Ultima modifica il Sabato, 19 Giugno 2004 13:11

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