I Dossier

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Spiritualità Marista

   

di Padre Franco Gioannetti


Nona parte


Povertà è dunque mettersi nelle mani di Jahvè pienamente e fiduciosamente, con la speranza, anzi con la certezza, che Dio salverà.


La "povertà" è allora un atteggiamento religioso in cui l’uomo pone tutta la sua speranza nelle mani di Dio.


Scrive Giavini nel suo libro: "Tra la folla al Discorso della Montagna":


«Essi (i poveri di Jahvè) pone nelle molteplici avversità dell’esistenza loro e del loro popolo e pur sentendo la drammaticità di una speranza nell’invisibile, mantengono ben salda la loro fede nel Dio delle promesse, nel suo promesso Messia e nel Regno futuro.
Essi dunque si tengono ben a distanza dalla disperazione, dal fatalismo rassegnato, dall’orgoglio di chi confida solo ed innanzitutto nell’uomo e nella storia umana. San Paolo li chiamerebbe ‘giusti per la fede’
».


Il "povero" è dunque colui che dà fiducia all’agire di Dio.


Spogli di tutto, in primo luogo di se stessi, i "poveri" si trovano nella condizione ideale per accostarsi a Dio e per collaborare al suo progetto.


Tutta la tendenza spirituale inaugurata dalla predicazione profetica e concretizzatasi, nel giudaismo, nei poveri di Jahvè, sarà la migliore preparazione al Vangelo il cui segno distintivo sarà la "povertà" (Mt 5/3; Lc1/52).


Con questo atteggiamento anche Maria fa la sua apparizione nella storia della salvezza, infatti fin dal primo momento ci appare profondamente spoglia di sé di fronte alla grandezza di Dio.


"Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1/38).


E’ povera ed umile, la sua stessa patria la "Galilea delle genti" (Mt 4/15: la Galilea dei pagani"), è disprezzata come lo è Nazareth:


"Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?" chiederà Natanaele (Gv 1/46).


Povera per la sua condizione sociale, per la sua patria, nata e cresciuta in un oscuro villaggio della Galilea, si riteneva una creatura senza importanza e tale doveva apparire agli occhi di tutti.


Povera per la sua condizione sociale, Maria è "povera" essenzialmente per la sua umiltà interiore, per il suo atteggiamento di assoluta dipendenza da Dio, per la sua verginità.


Una scelta questa insolita e sorprendente per il suo ambiente, considerando che per gli ebrei la verginità era come una sterilità temporanea, quindi una realtà che non dava né prestigio né onore.

Spiritualità Marista

   

di Padre Franco Gioannetti


Ottava parte


Ma è particolarmente nel libro dei Salmi che i "poveri" hanno espresso sentimenti e speranze.


Le loro domande esprimono il desiderio della benevolenza di Jahvé e questa loro richiesta è fatta con umiltà, disinteresse e confidenza sinceri.


Molti salmi sono delle autentiche preghiere di umiltà.


Vediamone qualche esempio:


Salmo 149/4
"Il Signore ama il suo popolo,
incorona gli umili di vittoria".


Salmo 25/9
"Guida gli umili secondo giustizia,
insegna ai poveri le sue vie".


Salmo 99/33
"Vedano gli umili e si rallegrino,
si ravvivi il cuore di chi cerca Dio,
poiché il Signore ascolta i poveri".


Salmo 113/7-8
"Solleva l’indigente dalla polvere
dall’immondizia rialza il povero,
per farlo sedere tra i principi
tra i principi del suo popolo".


Gli anawim, i "poveri" sono il vero popolo di Dio e sembrano avere coscienza di essere il "Resto d’Israele", di cui abbiamo parlato precedentemente.


Una delle espressioni più pure di questa preghiera di umiltà è il salmo 131 in cui appare lo spirito d’infanzia su cui torneremo più avanti.


Spirito d’infanzia, caratteristica importante per l’esperienza di fede e fondamentale perciò per la vita spirituale e per la spiritualità marista in particolare:


"Signore, non si inorgoglisce il mio cuore
e non si leva con superbia il mio sguardo;
non vado in cerca di cose grandi,
superiori alle mie forze.
Io sono tranquillo e sereno
Come un bimbo svezzato in braccio a sua madre.
Come un bimbo svezzato è l’anima mia.
Speri Israele nel Signore,
ora e sempre."


L’esilio, la dominazione straniera, il malcostume politico, l’idolatria, una ricchezza male acquisita e coniugata con l’orgoglio, il disordine, l’ingiustizia, la violenza, hanno prodotto molteplici reazioni ma hanno portato gli spiriti migliori di Israele a scoprire il valore vero della "povertà".


Profeti e salmisti hanno aiutato questa riflessione affinché si giungesse da parte di coloro, che erano spiritualmente aperti, alla convinzione che è fondamentale mettersi nelle mani di Dio, pienamente e fiduciosamente, con la speranza e la certezza che Dio salverà.

Spiritualità Marista

   

di Padre Franco Gioannetti


Settima parte


Gradualmente gli ebrei più sensibili vengono così guidati a riflettere che la strada della salvezza può passare anche per quella dell’umiliazione e delle sconfitte.


Anche Geremia, liberato da Dio dalle mani dei suoi nemici, si qualificherà povero:
"Cantate inni al Signore,
lodate il Signore,
perché ha liberato la vita del povero
dalle mani dei malfattori"
(Ger. 20/13).


Al termine dell’esilio anche il grande continuatore di Isaia (detto Deutero-Isaia) guarderà a Sion come ad una città "povera" e chiamerà "povero" il popolo a cui annuncia la salvezza.
"Giubilate, cieli, rallegrati, o terra,
gridate di gioia, o monti,
perché il Signore consola il suo popolo
ed ha pietà dei suoi poveri"
(Is. 49/13)


Anche il successivo continuatore di Isaia, il cosiddetto Trito-Isaia, scriverà:
"…Su chi volgerò lo sguardo?
Sull’umile e su chi ha lo spirito contrito
E su chi teme la mia parola"
(Is. 66/2)


L’Israele dei "poveri", degli umili tende essenzialmente all’incontro con Dio, attende di divenire il popolo messianico.
Si tratta di un sogno, di un’attesa, della speranza di tornare dall’esilio nella Terra promessa, tutte cose che finiscono per maturare in una visione umile e caratteristica: il messia-profeta sarà il grande "povero", il "servo di Jahvé" (Is. 50/6-9; Is. 53/4-7).


Un messia-"povero" dunque che rappresenta un ideale di pietà, fatta di confidenza in Dio, pronta alla sofferenza ed alla morte. Questa povertà, espressa in una tendenza spirituale si manifesta come un’attesa, un’apertura totale a Dio, una umiltà profonda, un’obbedienza filiale. Un aspetto caratteristico del messia, è espresso dal profeta Zaccaria con le parole:
"Esulta grandemente, figlia di Sion,
giubila, figlia di Gerusalemme!
Ecco, a te viene il tuo re.
Egli è giusto e vittorioso,
umile, cavalca un asino,
un puledro figlio di asina"

(Zacc. 9/9).


In questa frase del profeta, Gesù stesso si riconoscerà:
"……
Essi condussero l’asinello da Gesù, e
Vi gettarono sopra i loro mantelli…
……
Quelli gridavano: Osanna! Benedetto Colui
Che viene nel nome del Signore!"

(Mc. 11/10)

Spiritualità Marista

   

di Padre Franco Gioannetti


Sesta parte


Per questi profeti Dio è l’avvocato dei poveri, il sostegno degli oppressi, i quali, a loro volta, testimoniano, con la vita, la piena confidenza in Jahvé, nelle cui mani rimettono la loro sorte.


Sarà nel VII secolo a. C. che umiliazioni, privazioni e povertà porteranno i profeti ad intuire che la "povertà" come esperienza religiosa può costituire un arricchimento.


Sarà il profeta Sofonia ad usare la parola "povero" per designare un atteggiamento religioso ed a presentare la "povertà" come un’attitudine religiosa.


Egli scrive:
"Cercate il Signore,
voi tutti, umili (poveri) della terra,
che eseguite i suoi ordini;
Cercate la giustizia,
cercate l’umiltà,
per trovarvi al riparo
nel giorno dell’ira del Signore"

(Sof. 2,3).


Ed aggiunge parlando al suo popolo:
"Farò restare in mezzo a te
un popolo umile e povero;
confiderà nel nome del Signore
il resto di Israele"

(Sof. 3/12).


Povertà è allora praticamente la fede, caratterizzata dall’abbandono in Dio, dall’umiltà, dalla confidenza.


Il profeta Sofonia ha avuto una intuizione decisiva; questa povertà è per lui il tratto caratteristico del "Resto" messianico (la parte del popolo umile e religiosamente viva e fiduciosa); perciò i "poveri" saranno appartenenti ad una tendenza spirituale che gradualmente raccoglierà tutti i disorientati dai disastri che il paese attraversa, coloro che calamità pubbliche e private hanno distaccato da precauzioni e preoccupazioni terrene.


Alcune situazioni sociali, politiche, religiose, morali che si manifestano con la disobbedienza a Dio, con l’oppressione dei deboli, con la corruzione, con la prepotenza, generano sofferenza.


Di fronte a queste realtà i "poveri di Jahvé" reagiscono con una fede più salda e con una sete di giustizia profondamente fondata sulla fiducia in Dio.

Spiritualità Marista

   

di Padre Franco Gioannetti


Quinta parte


Cercheremo, nei prossimi articoli, di porre le basi bibliche della nostra ricerca, nel tentativo di esplicitare, almeno parzialmente, il carisma marista.


P. Colin era solito dire:


"La Società (di Maria) è un piccolo albero che è cresciuto nell’ombra, nel piccolo campo della Vergine".


Un piccolo albero che ha sviluppato una spiritualità fatta di modestia, di umiltà, di semplicità, di povertà interiore, di fede, così da imitare lo spirito di Maria, umile e nascosto, raggiungendo così lo spogliamento di sé di fronte alla grandezza di Dio e sostituendo ogni proprio progetto con la ricerca, il confronto e l’attuazione del progetto di Dio.


P. Colin era solito dire:


"…bisogna che noi siamo morti a noi stessi, morti ai nostri desideri, morti alle nostre comodità…"


ed aggiungeva:


"(occorre)…anche, un grande sentimento di fiducia. Bisogna dire: mio Dio, Voi potete fare per mio mezzo delle grandi cose".


Secondo le sue intuizioni ed il suo vissuto spirituale è dalla fede e dai sentimenti di umiltà e di abnegazione che deriva tutta la forza della Società di Maria, la forza di superare gli ostacoli, di andare avanti per crescere interiormente come congregazione e come singoli religiosi.


Diceva ancora:


"Noi dobbiamo avere lo Spirito di Maria, umile e nascosta… uniamo dunque il silenzio, la preghiera all’azione. Noi dobbiamo essere missionari sia di azione che di preghiera".


Una spiritualità interessante permea il pensiero e l’azione del P. Colin. Una spiritualità che rifugge dal fare affidamento sulle sole proprie forze per riporre invece la propria fiducia in Dio.


Cerchiamo, per comprendere questo, un contatto con l’insegnamento della Parola. Lasciamo che la Scrittura stessa ci introduca nella povertà come umiltà, nell’esperienza dei "poveri di Israele", nel mistero di Maria e di Gesù.


Cosa dice la Bibbia della "povertà", chi sono i "poveri di Israele"?


Tre sono le correnti di pensiero nella Bibbia riguardo alla povertà.


Cercheremo di riflettere sulla terza corrente che intende la povertà come un atteggiamento religioso: il "povero" è un "umile". Nel senso che la povertà è umile apertura verso Dio.


Per raggiungere questo stadio di comprensione del concetto di "povertà" in senso spirituale il popolo di Israele dovrà percorrere una strada lunga e faticosa e sarà nel secolo VIII a. C. che la parola "povero" comincerà nella predicazione dei profeti a tingersi di un significato religioso.

Spiritualità Marista

   

di Padre Franco Gioannetti


Quarta parte

Parliamo qui concretamente di un determinato valore dell’esistenza che deve caratterizzare la forma di vita dei maristi.
Un loro modo caratteristico e proprio di imitare la santità inesauribile del Signore Gesù.


Infatti secondo la grazia data a ciascuno si manifesta la santità di Cristo nell’edificazione del Corpo di Lui.


"Ignoti e come nascosti" inviano perciò la nostra vita, la nostra spiritualità all’ideale di "vita nascosta" che si ricollega con lo stato di abbassamento (Kenosis) di Gesù nella sua Incarnazione e nella sua vita di Nazareth. Secondo il p. Colin chi accetta la spiritualità marista deve vivere in funzione di Cristo, il cui "abbassamento" si è manifestato a Betlemme, a Nazareth, al Calvario.


Come Gesù si è "abbassato", prendendo forma di servo, così chi aderisce alla spiritualità marista deve rinunciare a qualsiasi potere, ad ogni forma di autoritarismo, ad ogni forma di autosufficienza per darsi a Gesù. Questi sarà la vita del cristiano, del marista, a condizione che questo si spogli di tutto ciò che non è Gesù per "rivestirsi" di Lui e per lasciar agire Lui.


La vita "ignota e come nascosta" del cristiano-marista, che si spoglia di tutto per darsi a Gesù, è dunque il modo di imitare, nell’interiorità e nello stile di vita, le disposizioni di Cristo nei suoi "anni oscuri", nozione descritta da Paolo, quando dice nella lettera ai Colossesi "La vostra vita è nascosta con Cristo in Dio".

Spiritualità Marista



di Padre Franco Gioannetti


Terza parte

Fu proprio il suo "bisogno di gustare Dio" e la conseguente sua esperienza di Dio che permisero a p. Colin di essere molto concreto e molto incarnato, nel suo tempo, sia nel lavoro pastorale, sia nell'educazione dei giovani, sia nell'apertura alle missioni in Oceania, sia nel concepire la Società di Maria (è il nome ufficiale della nostra congregazione) in una visione profondamente consona alla sensibilità odierna.

Su una base di partenza profondamente spirituale p. Colin intuì sia la necessità di uno stile di vita per coloro che sarebbero divenuti maristi sia le necessità della Chiesa del suo tempo. Due intuizioni ugualmente attuali per il tempo presente.

Dalla realtà della sua persona ancorata saldamente al Signore il Padre ebbe molto presto la coscienza di un carisma particolare per la crescente Società di Maria; un dono di Dio, il Carisma, che le avrebbe permesso di rivelare al mondo un aspetto della santità inesauribile di Cristo.

Questo Carisma noi lo troviamo in due intuizioni, tra loro complementari, avute da p. Colin fin dal primo momento del suo agire:
· L'inserimento nel mistero della vita nascosta di Gesù
· Essere come Maria nella Chiesa nascente

Con queste due intuizioni va messa in relazione un'espressione coliniana caratteristica dal Padre introdotta anche nelle varie redazioni delle Costituzioni della Società di Maria:
vivere…"come ignoti e nascosti in questo mondo".

Questa espressione indica il modo di essere del marista nella Chiesa e circoscrive l'aspetto specifico del mistero di Cristo che il marista deve imitare per vocazione, in quanto egli deve essere un testimone della grazia salvifica contenuta nel mistero dell'abbassamento (Kenosis) e degli anni oscuri di Gesù.

In che modo?

Facendosi, come Gesù, "ignoto e come nascosto in questo mondo".

Quale marista?

Qualsiasi persona che sia stata chiamata ed abbia accettato di vivere la spiritualità della società di Maria.

Spiritualità Marista



di Padre Franco Gioannetti


Seconda parte

Continuando il nostro discorso su padre Colin notiamo che la sua costanza ed abnegazione portano il sigillo della fede, dell'umiltà, della dolcezza, aspetti tipici di coloro di cui la Bibbia dice:
"Beati coloro che hanno un'anima di povero perché di essi è il Regno dei cieli".

Caratteristica del padre era la sua struttura spirituale di base, essa era in parte quella dell'eremita, molto quella del contemplativo, a condizione che noi togliamo dal nostro immaginario la figura del contemplativo legata alla figura del monaco ed alla struttura della clausura. Ci sono situazioni tipiche nella vita del padre che vanno tenute in considerazione per comprenderlo meglio: il silenzio dei piccoli paesi, il fascino del verde, la solitudine dei boschi, la pace riposante de La Neyliere, le sue frequentazioni di monasteri trappisti, il suo concetto di vita religiosa mutuato dai grandi principi insiti nelle origini della vita monastica, l'influsso della Regola di San Benedetto che traspare in alcuni punti delle costituzioni da lui scritte per la nostra congregazione.

E' certamente ricorrente ed importante nella sua vita il bisogno di preghiera, silenzio, meditazione. Riporto alcuni passaggi, alcune frasi, prese dal libro "Parole di un fondatore":
"Senza la preghiera il vostro ritiro è fallito. E' la preghiera che fa i santi".
"Io cercherei di unirli a Dio, di portarli allo spirito di preghiera……Ma, quando un novizio ha gustato Dio una volta, ritornerà incessantemente a Lui."
"Per pregare bene, occorre prima di tutto prendere una risoluzione".
"Io gli dico: Signore fatemi agire voi stesso".
"Se siamo uomini di preghiera, il buon Dio ci farà conoscere la sua volontà".
"Dopo la preghiera della sera non occupatevi né delle lezioni, né degli studi, ma preparate la vostra meditazione"


Troviamo poi una sua espressione tipica su cui torneremo in vari modi:
"Il bisogno di GUSTARE Dio"

Spiritualità Marista

   

di Padre Franco Gioannetti


Prima parte


Parlare di spiritualità è impegnativo, parlare delle diverse spiritualità è rischioso perché in questo campo la chiesa cattolica ha conosciuto una proliferazione di spiritualità fino all’attuale spiritualità dei laici che è degenerata in una visione veramente divisa in particelle.
Certamente lo Spirito che agisce in tutti chiede agli uni e agli altri di compiere diverse funzioni nell’unico corpo di Cristo e di esplicitare maggiormente, in modo diversificato, alcuni aspetti specifici della inesauribile santità di Cristo; pertanto la stessa spiritualità cristiana ha diverse applicazioni ed evidenziazioni. Ma tutto senza incorrere nell’errore del passato e cioè quello delle differenziazioni rigide ed esclusive, badando piuttosto all’essenziale complementarietà delle differenti forme di realizzazione dell’unica vocazione alla santità e soprattutto badando al fondamento che è Gesu’ Cristo.
Per poter parlare di spiritualità marista e per poterla comprendere è necessario puntualizzare che noi religiosi maristi siamo figli di un uomo molto particolare dell’ottocento francese:
padre Jean Claude (Giovanni Claudio) Colin, un uomo nato e cresciuto nella zona di Lione. Una città anche questa particolare: con le sue grandi realizzazioni religiose, con la sua produzione industriale ed i problemi e le ingiustizie correlate, ed anche con la grande fioritura delle logge massoniche.
 Un uomo profondamente spirituale, molto timido, con i classici problemi derivanti dalla timidezza, ma anche con un grande senso pratico.
 Dicevamo, un uomo particolare e non sempre compreso; anzi, addirittura incompreso in alcune sue grandi intuizioni.
 E’ stato un uomo, un cristiano, un religioso, un sacerdote che ha vissuto un suo mondo fatto di fede, di ricerca e di scoperta dei progetti di Dio, di accettazione delle ispirazioni nate dalla sua contemplazione e comprensione della figura di Maria. Un uomo profondamente umile ma anche dotato di una grande forza di volontà.
 La sua stessa vita fisica è stata stimolata o superata da quella spirituale in un rapporto di stretta interdipendenza, ciò che lo ha sostenuto sono state la sua profonda fede in Dio e la sua unione con Maria.
 La sua personalità aveva una insicurezza di base, dovuta ad una infanzia infelice e povera di amore, era un piccolo orfano. Vi era stata troppa rigidità in chi si era occupato di lui dopo la morte dei genitori. Una insicurezza dovuta anche ad una giovinezza vissuta tra lotte interne e scrupoli e ad una età matura in cui aveva avuto un ruolo di estrema importanza senza mai averne avuto il desiderio. In questa realtà personale ha preso il sopravvento una superiorità spirituale tale da renderlo capace di affrontare e superare situazioni importanti e complesse.

Sabato, 26 Giugno 2004 11:27

Premessa

Premessa

Il motivo per cui vengono presentati in questa sezione contributi relativi alla spiritualità marista è dato dal fatto che tra i promotori figurano alcuni membri della Società di Maria.

I Padri Maristi sono una congregazione religiosa la cui origine risale alla prima metà del 1800, in Francia, nella zona di Lione. La famiglia dei Padri Maristi si chiama Società di Maria.

Jean Claude Colin è il fondatore dei Padri Maristi. E’ stato uno dei tanti comuni mortali, forse con qualche problema in più a causa della sua drammatica infanzia e del periodo storico turbolento nel quale è vissuto: il periodo post-rivoluzione francese.

Eppure Colin ha lasciato un solco ben definito nella storia della Chiesa. Dal momento in cui egli si è aperto all’azione di Dio con generosa disponibilità è diventato strumento innovatore della Chiesa del suo tempo.

Non è stato né un filosofo né un pensatore. Non ha scritto trattati di spiritualità o di teologia. Colin ha fondato un gruppo di apostoli di misericordia per recare una ventata di speranza ad un tempo disperato: la Società di Maria.

 

Modello dei Maristi è Maria
con la sua dolcezza di donna
la sua dedizione di madre
la sua fede di autentica credente.

 

Egli ripeteva senza stancarsi quella frase che per lui era la sintesi per una vita apostolica efficace: sconosciuti e nascosti nel mondo.

Lo stile di vita richiede la radicalità delle scelte, di vivere con modestia, senza mettersi in mostra, rifuggendo tutto ciò che brilla agli occhi degli uomini. Perché questa caratteristica di nascondimento e di piccolezza? Perché questo è lo stile di Maria nel compiere la sua missione con Gesù nella Chiesa. I Maristi sono chiamati a costruire una Chiesa che prende Maria come proprio modello, una Chiesa sempre alla ricerca di Gesù Cristo, non padrona ma serva, capace di abbandonare ogni posizione di privilegio, attenta alle necessità degli uomini, pronta a scoprire le inquietudini e i segni di speranza del mondo.

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